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Autore: leila91    04/03/2015    15 recensioni
" [...]Bella e fredda, come una mattina di pallida primavera, e non ancora maturata in donna [...]"
Ciao a tutti!
Questo lavoro ripercorre tutta la vita di Dama Eowyn, uno dei personaggi a mio parere più belli che Tolkien abbia mai creato.
Partendo dalla sua infanzia, passando per l'adolescenza trascorsa al palazzo di suo zio Theoden, fino alle vicende narrate nel Signore degli Anelli: l'incontro con Aragorn, lo scontro con il Re Stregone e la sospirata felicità trovata con Faramir.
Per gli avvenimenti pre!LOTR mi baserò quasi esclusivamente sulla mia fantasia, rispettando ovviamente ciò che il Professore narra nelle Appendici.
In alcuni punti si è reso necessario un mix tra movieverse e bookverse... Spero non infastidisca nessuno :)
Vi ho già scocciati anche troppo: spero di riuscire a trasmettere, a chiunque deciderà di seguirmi, il profondo amore che nutro per questo personaggio, e di renderle pienamente giustizia.
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Theoden, Theodred
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io non sono un uomo


   
 

Per quanti racconti, leggende o canzoni, relativi a battaglie ed imprese gloriose, si possano ascoltare, nessuno di essi potrà mai preparare davvero una persona ad affrontare tali situazioni.
Éowyn ricordava di aver già sentito parole simili a quelle che ora si stavano agitando caoticamente nella sua mente.
Era stato Thèodred a menzionargliele, a metterla in guardia. Sempre lui, il suo meraviglioso cugino, che l’aveva amata come pochi altri, con sincerità e passione.
 
Che cosa direbbe se mi vedesse ora?
 
No, non doveva pensarci, non c’era più tempo per riflessioni del genere.
Nessun ripensamento, nessun indugio, nessuna paura.
Concentrati, Éowyn, le stava dicendo una voce non sua, se sarai in grado di visualizzare il pericolo, allora saprai anche affrontarlo. Da che parte arriva il tuo nemico?

Il problema è che queste bestie sono troppe, dannatamente troppe, fu la sua risposta, secca e risolutiva.
Ed era la verità: neanche nelle sue più accese fantasie,
Éowyn aveva mai immaginato che potesse davvero esistere un simile esercito.
 
Le terre del Nemico devono essersi sicuramente svuotate! 
 
I cavalieri di Rohan erano giunti alle prime luci dell’alba: timidi raggi di sole avevano annunciato il loro arrivo, squarciando il minaccioso manto di nubi che ottenebrava il cielo.
Le verdi e sconfinate pianure del Pelennor si stendevano rigogliose innanzi agli occhi dei Rohirrim, e al loro limitare, sorgeva Minas Mirith, la Città Bianca, Roccaforte dei Re.
 
Un panorama assai suggestivo, che normalmente avrebbe mozzato il fiato a qualunque viandante in procinto di entrare nel regno di Gondor, appariva ora completamente deturpato.
Toglieva sì, ancora il respiro, ma per motivi completamente diversi e, -Éowyn non riusciva a trovare una parola più adatta- sbagliati.
L’erba sarebbe dovuta essere verde, fresca, intrisa di rugiada e profumata di Primavera.
Invece era putrida e di un innaturale colore vermiglio: il colore del sangue, che dilagava sul campo di battaglia.
Là dove normalmente avrebbero dovuto sorgere felci, pianticelle e distese di fiori, non vi era altro che una moltitudine di fetidi Orchi.
Finalmente, dopo averne tanto sentito parlare, Éowyn aveva potuto mirarli con i suoi occhi.
Quella vista le aveva procurato orrore e sgomento, ma anche cieco furore.
Per colpa loro, aveva perso tutto ciò che di più caro aveva al mondo.
Per colpa loro, ancora una volta, rischiava di ritrovarsi nuovamente da sola.
E per sempre.
 
No, si disse, non se la mia spada potrà dire la sua. In una maniera o nell’altra, tutto avrà fine oggi.
 
E si sentiva stranamente sollevata all’idea.
 
Con una mano la giovane reggeva le redini; l’altro braccio invece era avvolto attorno al petto di Meriadoc.
Sentì il piccolo Hobbit irrigidirsi e trattenere il fiato, come se avesse preso solo ora coscienza, tutto di un colpo, di che cosa li stesse realmente aspettando.
 
Prima che potesse anche solo pensare a una qualche -benché inutile!- parola di conforto, vide Nevecrino, il destriero di suo zio, sfrecciare velocemente davanti alle prime file di cavalieri.
Éowyn si sforzò di concentrarsi sul discorso che il Re stava pronunciando, per scuotere ed incoraggiare i suoi uomini, ma molte di quelle parole si persero nel vento, prima di giungere alle sue orecchie.

Éowyn si rese conto, con profondo sconcerto, che avrebbero potuto essere le ultime che avrebbe mai sentito pronunciare da lui.
 
“Un giorno rosso, prima che sorga il sole! Morte!” esclamò Thèoden, levando alta la spada.
L’esercito gli fece eco, alzando le lame verso il cielo.
 
“Avanti, Eorlingas!” concluse lui, tornando a guardare davanti a sè.
Il caratteristico segnale della carica, dettato da un corno, risuonò nell’aria, e fu così che tutto ebbe inizio.
 

* * *

 
Éowyn si sentiva come se ogni cosa stesse sfuggendo al suo controllo.
Pochi minuti prima era al sicuro sulla cima di un colle, ora invece aveva già tranciato di netto la testa ad una decina di Orchi, e mutilati barbaramente altrettanti.
Il giovane Merry non era stato da meno: la sua piccola lama si era data parecchio da fare.
Il morso dell’Hobbit è profondo!* pensò
Éowyn quando vide il Mezz’uomo infilzare l’ennesimo nemico.
 
Da vicino gli Orchi erano, se possibile, ancora più ripugnanti: gli occhi maligni, vacui e spenti, erano privi di quella calda scintilla vitale che abita in ogni essere umano; la pelle secca, quasi in putrefazione, era ricoperta di macchie simili a disgustose pustole.
Creature disumane, che non meritavano la vita, così pensava, o si sforzava di pensare Éowyn, e nel suo cuore non sentiva alcuna pietà.
 
“Per la Contea!” sentì urlare Merry.
“Per Rohan!” gli fece eco lei.
 
L’essere a cavallo forniva a entrambi un considerevole vantaggio: i loro colpi piovevano micidiali dall’alto, quelli degli Orchi invece erano meno potenti, a causa dello sforzo che costoro dovevano sostenere per alzare le armi, al fine di raggiungere i cavalieri.
 
Quella carneficina sembrava non avere mai termine: laddove un nemico cadeva pareva ad Éowyn che ne spuntassero fuori altri dieci.
Quanto tempo doveva essere passato dall’inizio della battaglia? Un’ora? Due? Un’intera giornata?
Dopo quella che le parve un’eternità, gli assalti cominciarono incredibilmente a farsi meno frequenti, e di minore violenza.
O forse era solo una sua illusione, dovuta alla stanchezza?
Merry accanto a lei stava ansimando pesantemente, ma aveva anche un’espressione soddisfatta, quasi esaltata.
La sua lama grondava sangue e la sua fronte, coperta da un piccolo elmo, era impregnata di sudore.
Merry digrignò i denti, assumendo un’espressione così diversa dal solito, così innaturale per lui, che Éowyn ne fu quasi scioccata.
Lei non doveva essere in condizioni migliori, lo sapeva bene: il braccio che reggeva la lama era alquanto intorpidito, per non parlare dei muscoli delle gambe.
 
“Rendete sicura la Città!”
 
Era stato suo zio a parlare: per la prima volta dopo molti giorni l’espressione di Thèoden sembrava nuovamente spavalda, sicura, e non più rassegnata.
 
“Forse… Forse il peggio è passato! Forse ce l’abbiamo davvero fatta!”
Per qualche secondo fu questo che Éowyn si concesse di sperare, mentre assisteva alla fuga di innumerevoli Orchi.
I suoi compagni stavano massacrando i rimanenti, e sembrava solo questione di tempo prima che la strada verso Minas Tirith venisse finalmente liberata da quelle fetide bestie.
Con la coda dell’occhio vide Elfhelm avvicinarsi a suo zio: sembrava in procinto di dirgli qualcosa.
“Ѐ fatta!” pensò rassegnata, “Ora gli racconterà tutto. Ma perché fare una cosa del genere? Rischierebbe solamente di finire nei guai…”
Ma che cosa il suo capitano avesse avuto veramente intenzione di dire a Thèoden, Éowyn non lo scoprì mai. Un gemito sommesso di Merry la costrinse a voltare il capo dalla sua parte.
Confusa, seguì lo sguardo dello Hobbit, che era fisso davanti a sé e pieno di terrore, e fu allora che li vide.
 
Parevano usciti direttamente da uno dei libri della sua infanzia.
Molti anni prima aveva letto di loro in alcuni racconti: creature esotiche e imponenti, ma anche inesorabilmente letali.
Non le avevano portato altro che incubi, pieni di zanne e fragori simili a tuoni.
Incubi che credeva ormai sopiti per sempre.
 
“Quelli… Quelli sono…” balbettò Merry.
“Olifanti…” concluse
Éowyn.
 
 “Tieniti forte” sibilò a Merry, cercando di riprendere il controllo delle proprie emozioni.
Tirò le redini di Dahira, incitando la cavalla al galoppo con fare deciso.
“Ma cosa… Cosa fai?” urlò il piccolo Hobbit, incredulo, “Non staremo veramente…?”
Tanto grande era l’agitazione che si era impadronita di lui, da indurlo a balbettare, e a dimenticarsi persino di rivolgersi a lei con il consueto ‘voi’.
“Per i nostri amici, Merry!” esclamò Éowyn, come se non lo avesse nemmeno sentito.
Non erano certo arrivati fino a quel punto per tirarsi indietro proprio ora!
 
 
L’impatto di quelle mastodontiche zampe con il terreno fu più forte di quanto Éowyn si fosse mai aspettata.
Il suolo tremò sotto gli zoccoli di Dahira, ma fortunatamente la cavalla non s’impennò, continuando imperterrita il suo galoppo.
“Vai così bella, vai così!” la incalzava Éowyn digrignando i denti, e con gli occhi ridotti a fessure.
Facendo appello a ogni briciolo della sua abilità, acquisita durante le innumerevoli cavalcate, guidò l’animale sotto l’enorme e pingue ventre dell’Olifante, tenendosi sulla traiettoria che li avrebbe portati a passare esattamente in mezzo alle sue gambe.
 
“Prendi le redini!” intimò a Merry, quando non furono che a pochi metri di distanza.
Lo Hobbit obbedì senza esitare, ed Éowyn, libera da ogni impaccio, imbracciò la spada, e assestò un paio di fendenti ben precisi alle zampe posteriori dell’animale.
La bestia si accasciò al suolo, appena una manciata di secondi dopo che Dahira fu sbucata dall’altra parte.
 
Molti altri soldati stavano adottando una simile tattica, e non passò molto tempo prima che diversi Mumakil* giacessero trafitti a terra, con profonde ferite agli arti.
 
La tempra dei Rohirrim non è facile da scalfire pensò Éowyn con orgoglio, di fronte a quelle scene.
Sussultò involontariamente poi, quando con la coda dell’occhio scorse suo fratello poco distante, in sella a Zoccofuoco.
Lo vide imbracciare la lancia, e con precisione letale abbattere uno degli uomini a cavallo degli Olifanti.
Quando costui cadde a terra, senza vita, Éowyn notò che aveva gli occhi più allungati rispetto a quelli del popolo di Rohan, e il viso coperto da una strana tintura.
 
Éowyn rimase qualche secondo immobile ad osservare il fratello, come se fosse indecisa se rivelargli o meno la sua presenza.
Così presa da quei pensieri non udì la voce terrorizzata di Merry chiamarla, e quando si accorse del pericolo era ormai troppo tardi.
L’Olifante appartenente al guerriero ucciso da Éomer, senza ormai più nessuno al suo comando, stava rovinando brutalmente al suolo, travolgendo ogni cosa sulla sua traiettoria.
Éowyn e Merry compresi.
 
                         
                                                          
* * *


 
Come fosse riuscita a uscirne indenne, senza neanche una costola incrinata, Éowyn non riusciva davvero a spiegarselo.
Fu l’adrenalina che la spinse a reagire, accantonando ogni inutile pensiero sul fondo della mente.
Piantando i gomiti riemerse a fatica dalla gigantesca carcassa dell’animale abbattuto, tossendo e sputando a terra.
Era ricoperta di polvere e fango dalla testa ai piedi, ma incredibilmente incolume.
“Merry!” urlò, guardandosi intorno febbrilmente: dov’era finito? Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdona-
 
Uno strillo micidiale fendette l’aria, interrompendo i suoi pensieri.
 
Éowyn voltò il capo sgomenta, alla ricerca della fonte di quel suono.
Non assomigliava a niente che le fosse mai capitato di udire in precedenza.
Era un urlo agghiacciante, disumano, stridulo e affilato come una lama.
 
Un’ombra scura e indistinta sfrecciò, rapida come una saetta, qualche metro sopra di lei, calando poi in picchiata poco distante.
L’obiettivo che aveva puntato era un uomo dritto e fiero, dal portamento regale e dalla chioma brizzolata, a cavallo di un bianco destriero.
Il cuore di Éowyn perse un paio di battiti nel riconoscerlo: era suo zio.
 
Il mondo circostante parve inizialmente fermarsi, poi tutto prese a vorticare.
Tutta la sua intera esistenza passò davanti agli occhi sgranati di Éowyn, in appena un battito di ciglia.
Rimase, come imbambolata, a guardare quel terrificante essere alato conficcare gli artigli nella carne di Nevecrino, e scaraventarlo per terra.
Il cavallo travolse completamente Thèoden, imprigionandolo sotto di lui, e non si mosse più.
Se fosse stato il terrore a ucciderlo, o le tremende ferite, Éowyn non avrebbe saputo dirlo.
Tutto ciò che la sua mente riuscì a percepire fu che il Re non avesse più scampo, completamente alla mercè di quel mostro.

Come mossa da una forza misteriosa,
Éowyn si avvicinò di corsa alla carcassa di Nevecrino, vincendo la paura e la repulsione, che l’avevano tenuta immobilizzata fino a un secondo prima.
 
Con somma angoscia, nell’avvicinarsi si accorse che la misteriosa creatura alata aveva un cavaliere sul dorso, anch’esso scuro come una notte senza stelle.
I suoi abiti parevano consistere in un unico tetro mantello, mentre le mani erano ricoperte da quelli che sembravano guanti di ferro.
Il capo era circondato da una maschera nera, attorno alla quale era disposta una corona d’acciaio, scintillante di una luce micidiale.
Era alto, terribilmente alto.
Almeno due volte un uomo mortale.
Ma ciò che più colpì Éowyn, fu il fatto che il terrificante cavaliere non avesse volto!
Tutto ciò che riuscì a intravedere, nella spaventosa orbita, buia e vuota, al centro della maschera, furono due sottili bagliori rossi, simili a delle fiamme.
 

Éowyn sguainò la spada, tremante, andando a porsi fra il mostro e Nevecrino, senza arretrare di un centimetro.
La voce di quell’essere, sibilante e glaciale, le fece tremare le ginocchia.
 
“Spostati, stolto! Non metterti fra il Nazgul e la sua preda, se vuoi avere salva la vita!”
“Non avvicinarti!” ribattè Éowyn, cercando di racimolare ogni stilla di coraggio, “Ti ucciderò se osi toccarlo!”
“Uccidermi?” la voce del Nazgul si fece quasi gracchiante, “Come osi rivolgermi simili parole? Non sai niente della morte! Nessun uomo mortale può uccidermi!”
 
L’orrenda bestia, simile a un incrocio fra un rettile e un serpente, sibilò a quelle parole del suo padrone, spalancando poi le fauci e avventandosi contrò Éowyn.
Lei si spostò fulminea di lato: le sue gambe si erano mosse quasi da sole, seguendo degli schemi e dei passi ormai ben radicati nella sua mente da molto, moltissimo tempo.
Schiva di lato, più fluida… Il nemico non se lo aspetta! E poi colpisci!
Calò inesorabile, con tutta la forza della disperazione.
La lama di Thèodred* colpì a più riprese il collo della bestia alata, fino a quando non la decapitò del tutto.
I suoi ultimi strilli, pieni di lamento e dolore, avrebbero perseguitato Éowyn in molte notti a venire, ma non furono nulla rispetto alla collera del suo padrone.
 
Il Nazgul si districò lentamente dalla carcassa della cavalcatura, ergendosi alto e terribile di fronte alla giovane.
Tra le mani reggeva una spaventosa e acuminata mazza nera.
Éowyn si ritrovò improvvisamente paralizzata, e il Nazgul, con un solo potente colpo, le mandò in frantumi lo scudo.
Éowyn cadde in ginocchio: sentì una fitta lancinante al braccio sinistro e comprese immediatamente che doveva essersi spezzato.
Il pensiero le fece salire un’ondata di nausea e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: E così, quella era la fine. Aveva fallito, non era riuscita a salvare il suo popolo, Merry, la sua famiglia… Il suo cuore pianse per Thèoden, che giaceva ad appena un paio di metri, all’oscuro di tutto. Non avrebbe mai potuto dirgli addio, domandargli perdono, ringraziarlo per tutto e dirgli che lo aveva amato quanto e più di un padre…
 
Mi dispiace così tanto.
 
Chiuse gli occhi preparandosi all’inevitabile, ma a farglieli riaprire quasi immediatamente, non fu il freddo colpo di grazia che si sarebbe aspettata, quanto un sorprendente ed acuto grido di angoscia.
Éowyn fissò incredula il Nazgul accasciarsi a terra davanti a lei, in preda a innaturali spasmi di dolore.
Si contorceva, come se stesse subendo i più atroci tormenti: ma chi, chi poteva mai avergli inflitto una tale sofferenza? E in appena pochi secondi?
Éowyn si rialzò, racimolando ogni briciola di energia rimanente: sarebbe stato da pazzi non approfittare di un’occasione del genere.
Con la mano destra si sfilò l’elmo, rivelando le sue fattezze al Nazgul, che per un attimo cessò le sue grida disumane, fissandola in preda allo stupore.
 
Éowyn ghignò: non c’era assolutamente nulla di divertente in quella situazione, ma non riuscì a trattenersi, fu più forte di lei.
 
Promettimi una cosa, Éowyn.
 
“Nessun uomo mortale può ucciderti, dici tu!” proruppe con voce ferma, avvicinandosi allo Spettro, “Ebbene, voglio che ti resti impressa nella memoria l’immagine di colei che libererà la terra dalla tua mefitica presenza…”
 
Tutto quello che vuoi!
 
“Questa è la tua fine, orrendo dwimmerlaik*, signore delle carogne!”
 
Non ti dimenticare chi sei.
 
“Io non sono un uomo! Tu stai fissando negli occhi una donna: Éowyn figlia di Éomund, io sono!”
 
Urlando con quanto fiato avesse in corpo,
Éowyn conficcò la lama nello spazio dove avrebbe dovuto esserci il volto dell’infernale creatura, fra la corona e il manto.
 
Una volta assestato quel colpo tremendo,
Éowyn ritrasse velocemente la lama, e la lasciò cadere a terra, come se scottasse.
Appena toccato il suolo, essa si ruppe in mille pezzi.
Éowyn sentì le ginocchia cedere nuovamente, e le forze venirle meno, mentre osservava il corpo del Nazgul disfarsi, accartocciarsi, ripiegarsi su sé stesso, completamente svuotato.
Un ultimo urlo, straziante, si levò nell’aria; poi anche quell’ultima atroce nota si spense, perdendosi nel vento, e dello Spettro non rimase più nulla, se non il vestiario vuoto.
 
Éowyn si allontanò con repulsione, strisciando dolorante fino al corpo immobile di Nevecrino, un solo angosciante pensiero nella sua mente:
 
Zio!
 
 
 
 
 







 

Note:
* frase pronunciata da Aragorn nel libro, riferendosi a un buon colpo sferrato da Frodo.
* altro nome degli Olifanti (si ringrazia Melianar per la consulenza :-*).
* vi ricordo che nella mia versione la spada di Eowyn le è stata regalata dal cugino.
* non ho idea di che voglia dire ma Eowyn a un certo punto lo chiama così.

Le ultime frasi in corsivo sono un dialogo tra Eowyn e Thèodred, preso dal capitolo 7 (il punto in cui lui promette di insegnarle a combattere).
 
Benni’s Hole:
 
Per prima cosa perdonate l’attesa! Questo capitolo mi ha dato parecchio filo da torcere e come avrete potuto notare è il più lungo che abbia scritto finora. Spero che la cosa compensi il ritardo.
Mettetevi comodi, ho un po’ di cosette da dire:
Dunque, lo so che è crudele finirlo così, ma avevo paura di mettere troppa carne al fuoco inserendo anche il dialogo tra zio e nipote. Quello sarà quindi posticipato nel prossimo capitolo, e dovrebbe essere anche l’ultima scena ‘movieverse’. Nel libro è Merry a raccogliere le ultime parole del re, ma sinceramente questo è uno dei pochi momenti in cui preferisco la versione PJ: è troppo toccante l’addio Thèoden/Eowyn e non posso non inserirlo, per come ho scelto di gestire la storia.
Spero che il capitolo non sia risultato troppo lento o pesante da seguire. Non avevo mai scritto una scena d’azione e so che l’attendavate tutti con ansia… Mi scuso veramente tantissimo se dovessi aver rovinato qualcosa ç_ç
Alcune espressioni sono prese dal libro ma ho cercato di limitarle il più possibile, mettendoci del mio e rendendo la scena più Eowyn-centrica possibile.
Ah, il cavallo di Eowyn e Merry nel libro si chiama Windolfa, ma qui ho deciso di lasciare la mia Dahira.
Se voi eravate di curiosi di leggere del Re Stregone io lo sono ancora di più di sapere che ne pensate ^^ (aiutooooo)
Perciò fatevi sotto xD, vi aspetto.
A parte gli scherzi grazie di cuore a tutti voi che leggete, recensite, preferite, seguite o ricordate: non mi stancherò mai di ripetervi quanto siate meravigliosi. Il vostro supporto è commovente, siete la mia gioia virtuale.
Nello specifico grazie in particolare a:
new entry tra le recensiste: Crisbo, Kanako91, PuccaChan_Traduce
chi mi ha aggiunta tra le preferite: Chibi_Hunter
 
dopo questo papiro lungo quanto il capitolo mi dileguo e torno a studiare (si sto ancora studiando -.-”, ma da domani sarò in vacanzaaaaaa ♥)
 
Benni
   
 
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