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Autore: LadyDanger    07/03/2015    1 recensioni
[da CAPITOLO 4]
Erano diversi ma sapevano adattarsi l'uno all'altra come l'acqua si adatta al contenitore nella quale viene messa. Sapevano completarsi.
Avrebbe voluto entrare nella testa di Eva e leggere ogni suo pensiero, per capire cosa pensasse di lui, cosa la turbasse, cosa la facesse sempre esitare. Non è facile sostenere gli occhi di qualcuno che amiamo ma abbiamo deluso. Vogliamo sempre il perdono anche quando non siamo disposti a pentirci di ciò che abbiamo fatto. Crediamo che essere perdonati significhi alleggerirsi di un peso. La verità è che il perdono è il più grande peso che può gravarci sulle spalle, a volte addirittura sulla coscienza.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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44444 La testa di Eva era appoggiata al petto di Matt Sanders e l'unica cosa che riusciva a vedere da quella posizione era l'oceano. Le onde si scioglievano sulla battigia, barche che rientravano e in lontananza la sagoma del Pier di Seal Beach prendeva forma. L'aria si era fatta più fredda e il vento più presente. Non riusciva a pensare a niente, non riusciva a connettere i pensieri tra di loro. L'unica cosa alla quale riusciva a pensare, in quell'esatto istante, era il profumo di Matt. Che profumo vi aspettereste da un uomo alto quasi 1.90m, pieno di tatuaggi e sempre vestito di nero? Non sapeva mai spiegarlo, quando ne faceva parola con qualcuno. Le sembrava di essere stesa su un lenzuolo appena lavato. La prima volta credette di essere pazza ma la sensazione non smise mai di esserci. Era un profumo delicato, leggero, dolce.
«Hai sempre lo stesso profumo» gli disse Eva con lo sguardo fisso all'orizzonte.

Eva si staccò, voleva guardarlo come per paura di non poterlo fare, poi, più. Gli occhi di Eva lo interrogavano indirettamente, lo scrutavano centimetro per centimetro, lo accarezzavano. Matt rimase impassibile, sotto uno sguardo che aveva imparato a reggere nonostante l'istinto di cedervi. Era spaventato, anche più di lei. Sapeva di vivere su un terreno instabile e aveva costantemente paura di vederla sprofondare senza riuscire a salvarla in tempo. Un carattere così nessuno è disposto a gestirlo, neanche lui stesso lo era stato tempo addietro. In lei aveva trovato la forza di un mare in tempesta pronto a contrastare qualsiasi cosa avesse cercato di turbarli, qualsiasi cosa avesse cercato di portarle via l'uomo che aveva aspettato per una vita intera.
Erano diversi ma sapevano adattarsi l'uno all'altra come l'acqua si adatta al contenitore nella quale viene messa. Sapevano completarsi.

Avrebbe voluto entrare nella testa di Eva e leggere ogni suo pensiero, per capire cosa pensasse di lui, cosa la turbasse, cosa la facesse sempre esitare. Non è facile sostenere gli occhi di qualcuno che amiamo ma abbiamo deluso. Vogliamo sempre il perdono anche quando non siamo disposti a pentirci di ciò che abbiamo fatto. Crediamo che essere perdonati significhi alleggerirsi di un peso. La verità è che il perdono è il più grande peso che può gravarci sulle spalle, a volte addirittura sulla coscienza.
Quando andò a parlarle lo fece per gioco, perché erano fatti così, tutti loro. Da sempre. La serietà non era un prerogativa che volevano. Non perché la vita non fosse degna di essere presa sul serio, anzi, spesso e volentieri si erano resi conto di quanto tutta quella realtà nel quale ogni giorno camminavano non sorridesse a nessuno, volevano solo sdrammatizzare tutti quei musi lunghi che vedevano, tutti quegli occhi persi che non sapevano dove appigliarsi, tutte quelle idee che non portavano da nessuna parte se non nel più profondo baratro che la mente ospita. Non volevano essere come loro. Volevano non dover mai guardarsi l'un l'altro e non sapere cosa dire per via della tristezza di uno di loro. Si erano promessi di vivere insieme e di vivere nel migliore dei modi possibili e lo stavano facendo. Questo a grandi linea era ciò che attirava tutti i guai che loro, ovviamente, non rifiutavano mai.
C'erano promesse che si erano fatti che non avrebbe infranto per niente al mondo.
Un fischio richiamò all'attenzione i due, che con la mente erano lontani anni luce dai loro corpi. Jimmy faceva segno a Matt di raggiungerli.
Si incamminarono lentamente, non guardandosi mai ma con l'istinto di volerlo fare ogni secondo che passava.
«Mi sembrava una scena di Beatiful» sentenziò Brian con il cinismo di chi è convinto che a lui una scena del genere non sarebbe mai capitata.
«Devi guardarlo spesso allora..»  rispose Eva che non vedeva l'ora di stuzzicare Haner. Lui come un pesce abboccò, iniziando con una serie di lamentele e discorsi su quanto lei fosse terribilmente fastidiosa, inutile, ingombrante nelle loro vite, etc, etc, etc.
«Risparmia le energie, Gates.»
Jimmy era abituato ad essere giudice di pace, per tutti. Non che fosse l'antipatico della situazione ma a chi piace sentire due adulti litigare come bambini di cinque anni? Faceva del suo meglio per tenere a bada lo spirito infantile di Brian che accennava continuamente ad uscire. Voleva farsi sentire, voleva prevalere sul resto. Questo in una persona con pieno autocontrollo e piena consapevolezza di se stessa non avrebbe inciso granché; stiamo, però, parlando di Synyster Gates e questo la dice lunga, molto lunga, sulla situazione.
Jimmy fumava una sigaretta, apparentemente indifferente al tutto. Chissà cosa pensava, si chiedeva Eva. Se lo chiedeva ogni volta che lo vedeva o che aveva occasione di parlarci. Credo fosse l'effetto che faceva un po' a tutti quelli che si rapportavano con lui. Era presente ma una parte di lui era costantemente lontana, dispersa chissà dove, con chissà chi. Una persona curiosa, particolare, un tipo. Eva era affascinata da quel suo modo di fare sempre gentile ma mai scontato. Non avevano avuto troppe conversazioni ma quelle che c'erano state l'aveva fatta sempre lasciata un po' sorpresa.
«Io avrei fame.»
Zachary Baker non era un tipo singolare, con quell'alone di mistero che lo circondava. No, no. Aveva sempre, comunque, indipendentemente fame. Forse l'agitazione, lo stress delle situazioni nel quale si ritrovava. C'è da dire che la tensione sapeva tagliarla bene e non solo quella.
«Ve lo immaginate un mondo senza questo cotechino vivente?» domandò Brian con tutta la delicatezza che era riuscito a raccimolare. C'era sempre questa sottile competizione tra i due, una gara a non-si-sa-cosa. L'umorismo di Haner era tutto da capire, era rimasto bloccato probabilmente all'età adolescenziale, quella dove per far colpo sfottevi un po' chi ti stava attorno. Lo amavano comunqe così com'era e soprattutto lo sopportavano, così com'era.
Zacky gli lanciò un'occhiata carica di disprezzo, avrebbe voluto fosse carica anche di pugni pronti a rovinargli quel bel faccino di cui tanto si vantava ma su quello doveva lavorarci ancora un po'. Jimmy girò lentamente lo sguardo verso Haner e non ci fu bisogno di altro per fargli capire come la situazione si sarebbe dovuta evolvere. Johnny li guardava tutti ammutolito, chiedendosi, come sempre, come facesse a convivere con dei folli e ad essere comunque sano di mente. Annuiva per farli contenti e dentro di sè commentava ogni cosa che dicevano. Lui ed Eva avevano legato da subito, forse perché entrambi sapevano cosa voleva dire essere "l'ultimo arrivato" della situazione. Si intendevano con uno sguardo e se la ridevano alle loro spalle, ignari di ogni tipo di commento.
Matt era qualche passo dietro di lei. Osservava la sua sagoma e cercava di memorizzarne i lineamenti. Era particolarmente serio, a tratti cupo, in volto. Pensieri turbavano la sua mente che invece sarebbe dovuta essere libera in vista del concerto che avrebbero tenuto qualche ora più tardi.
«Credo sia meglio andare. Dobbiamo essere sul posto almeno quattro ore prima.» Ricordò loro Brian, che quando si trattava di musica diventava improvvisamente serio e devoto. Jimmy diede un ultimo tiro alla sigaretta, dopodiché buttò a terra il mozzicone e ci piantò la punta del piede sopra spegnendolo del tutto.
«Ragazzaccio!» gli disse Haner sogghignando. Jimmy ruotò gli occhi nella direzione di Brian e gli fece l'occhiolino, accompagnato da un ghigno malizioso.
«Vieni con noi?» chiese Jimmy ad Eva.
«Credo che vi raggiungerò poco prima dell'inizio del concerto. Ho un paio di cose da sbrigare.»
«Sicura? Non sarà comodo entrare con tutta la calca.» le chiese Matt, mentre le stampava l'ennesimo bacio sulla tempia.
«Ho i miei assi nella manica» lo tranquillizzò lei, come quasi tutte le volte in cui lui mostrava palesemente la sua preoccupazione.
Era particolarmente premuroso, da sempre. Eva non ricordava una sola volta in cui lui l'avesse lasciata fare senza metter bocca. Da un lato le faceva piacere ricevere quelle attenzioni, dall'altro si sentiva continuamente sotto osservazione.
Salirono su una vecchia Cadillac che velocemente sparì, lasciando Eva immobile per qualche secondo.
Tornò a casa e trovò Trevor e Lara all'inizio del vialetto che conduceva al portico d'ingresso. I polmoni si ridussero a due noccioline e il cuore le salì in gola determinato ad uscirle dalla bocca.
Era troppo vicina per invertire la direzione ed entrare dal retro così proseguì fino a che Lara non la notò arrivare e le rivolse la peggiore delle espressioni che riuscì a fare.
A quel punto il cuore di Eva era sul punto di esplodere, letteralmente. Scese dalla bici con le mani che le si erano improvvisamente gelate, sia per la temperatura che era notevolmente calata che per la paura che l'aveva invasa.
Eva vide Lara incamminarsi dentro casa con un'andatura che rispecchiava perfettamente lo stato d'animo nel quale era immersa. Trevor rimase fermo dov'era, pronto sicuramente a dire qualcosa.
«Credevo che mentire a me fosse plausibile, sotto certi aspetti. Sì, sono tuo fratello, c'è un imbarazzo di fondo che credevo comunque avessimo superato. Ma mentire alla tua migliore amica?»
Eva chinò il capo in segno di disagio e mortificazione. Avrebbe voluto dire qualcosa ma la gola era totalmente occupata dai suoi sensi di colpi che bloccavano il flusso delle parole.
«Entra. Avete tanto di cui parlare.»
«Trevor mi..»
«Ti dispiace. Lo so. Ti dispiace sempre dopo che rovini qualcosa. Peccato non accorgesene prima, no?»
Sperare nella comprensione del fratello era forse chiedere troppo in quella situazione ma era una cosa alla quale non sapeva dire di no, la sparenza.
Al suono di quelle parole Eva non rispose più di sè e istintivamente si buttò addosso al fratello, abbracciandolo e affondando il viso rigato di lacrime nel suo petto. Lo strinse sperando che le parole che non era riuscita a far uscire dalla bocca passassero dal suo corpo a quello del fratello. Le braccio di Trevor la avvolsero e la scaldarono. Era ferito ma rimaneva comunque la persona che la amava di più al mondo.
Eva si staccò ed entrò in casa, dove trovò la madre, con la quale non aveva il rapporto che avrebbe desiderato, intenta a leggere una rivista in cucina e a cucinare patate e arrosto. La salutò con bacio sulla guancia. Una madre, per quanto possa non rispecchiare la figura che abbiamo in mente, rimane comunque chi ti ha messo al mondo. Renèè guardò il volto della figlia e capì immediamente che qualcosa in lei era cambiato e che per ovvi, o meno, motivi lei non era stata scelta per essere parte di quel cambiamento. Si limitò quindi ad accarezzare la guancia ancora umida della figlia e successivamente ad accarezzargli la spalla.
Eva salì le scale come farebbe qualcuno diretto alla gogna. Aprì con la mano sinistra la porta della sua camera: trovò le solite pareti rosse, i soliti poster, la grande libreria colma di libri usurati e il suo letto con seduta sopra Lara con le mani in grembo.
Si tolse la giacca in pelle che appoggiò alla maniglia della porta, mise le scarpe al solito posto e si mise a sedere al fianco di Lara.
Le sembrò di rivevere la stessa scena vissuta ore prima con il fratello. Lara alzò lo sguardo e la fissò determinata ad ottenere la verità, cosa che Eva le aveva negato fino a quel momento.
«Pensavi non mi potessi meritare di sapere cosa stesse succedendo realmente con Matt? Non so, forse mi credevi troppo pudica? Troppo suscettibile? Troppo ingenua?»
«Avrei voluto dirti tutto. Ho provato tante volte, tante. Non volevo coinvolgerti in una storia così, in una situazione surreale.»
Lara emise un suono che somigliò vagamente ad un'accenno di risata, mentre scuoteva la testa. Sciolse le mani e si massaggiò il collo, poi le posò sulle cosce.
«Sei sempre stata ribelle, rivoluzionaria, impertinente. Ti sei imposta spesso su regole che non accettavi e volevi a tutti i costi cambiare. Hai fatto cazzate che non credevo saresti stata capace di fare. Ma arrivare a coprire qualcuno che ha quasi ammazzato un uomo, Eva. Io.. pensavo di conoscerti. Non credo di sapere più chi ho davanti ora.»
Eva spalancò gli occhi e strinse le mani in due pugni.
«Sono sempre io.. »
«No. No. No. Non lo sei. Non lo avresti mai fatto prima. Non lo avresti fatto per nessuno. Hai sempre avuto un minimo di raziocigno nonostante tutto. Non sei la Eva che conosco da una vita.»
«Non potevo abbandonarlo. Vorrei poter spiegarti, vorrei darti motivazioni convincenti che ti faccessero ricredere. So che qualsiasi cosa dirò non sarà abbastanza. Lo amo. Amo Matt come non credo si possa amare altro se non la vita stessa. Avrei sconvolto la vita di chiunque pur di non perderlo. Credevo di potervi tenere fuori da tutto, non pensavo che un giorno come questo sarebbe arrivato.»
«Hai pensato, anche solo per un fottuto momento, che quell'uomo può sporgere denuncia per tentato omicidio?»
Ad Eva si gelò il sangue. Per quanto avesse affrontato il ricordo di quella notte, non lo aveva fatto invece con le conseguenze che quell'uomo avrebbe potuto provocare alle loro vite. Credeva sarebbe finita come una delle tante risse alle quali aveva assistito. Uno le dà, l'altro le prende. Questa volta si era arrivati quasi al limite ultimo. Lo sapava ma forse non ne era abbastanza coscente.
«Hai pensato che potresti essere coinvolta se qualcuno, oltre a voi, avesse assistito alla scena?»
«Non c'era nessuno, era tutti ubriachi e assuefatti dall'alcool e dal concerto al quale avevano assistito e p..»
«NON PUOI SAPERLO! CAZZO!» la voce di Lara si alzò di parecchi toni, tanto che Eva le tirò un polso chidendole indirettamente di abbassarla.
«Perché sei così stupida Eva, perchè! Ti ha fottuto il cervello quel pezzente! Non ti ha causato che problemi! Sei stata il suo giocattolo per mesi, ti sei fatta soggiogare da un paio di occhi verdi e qualche tatuaggio.. Dio..»
«Hai mai amato qualcuno al punto di non riuscire a respirare al pensiero di non averlo più accanto?»
«No e spero non accada mai se ciò dovesse significare fare del male a chi amo e a chi mi ama.»
«Sono stata con lui, poco fa. Lo rivedo stasera.»
«Vengo con te. Non mi fido di lui, tanto meno di te ora come ora.»
Lara si stese sul letto, si mise su un fianco e chiuse gli occhi sperando di addormentarsi. Eva rimase seduta nella stessa posizione con lo sguardo fisso sul muro rosso davanti a lei.
Passarono circa due ore dalla loro discussione a quando furono sedute nella macchina di Lara dirette verso Long Beach, dove il concerto sarebbe iniziato tra poco più di 3 ore.
Lara guidava con lo sguardo irremovibile dalla strada, Eva aveva le ginocchia al petto e la testa appoggiata al finestrino. I suoi occhi scrutavano il buio che aveva avvolto tutto. Si addormentò, mentre alla radio qualcuno dedicò una canzone a tutte quelle persone incapaci di resistere ai desideri del proprio cuore.










"There's nothing you say
and nothing you try
can change time."




 
   
 
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