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Autore: Mary Evans    09/03/2015    7 recensioni
Terzo anno. Metis, Harry e Gideon, insieme alla neo ritrovata cugina Evelyn e alla madre di quest' ultima, nonchè madrina di Gideon, Marlene Black, ricevono la sconcertante notizia che Sirius Black è scappato da Azkaban. A differenza di provare quel terrore che molti hanno avuto, tuttavia, loro ne sono stati felici. Perchè? Cosa nasconde il nostro gruppetto? Cosa è successo da quando Evelyn Black ha iniziato il suo primo anno? E perchè Marlene McKinnon in tutti questi anni ha continuato a farsi chiamare con il cognome da sposata affibbiandolo anche alla figlia e incurante del disonore che avrebbe portato loro?
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Metis Potter'
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Harry non capiva perché dovesse cercare di lisciarsi i capelli, nè perchè sua sorella Metis fosse costretta ad indossare un vestito.
La sorella di zio Vernon, Marge, adorava criticarli, e quindi sarebbe stata contentissima se avessero trascurato il loro aspetto. Tutte le volte, Harry veniva paragonato a Dudley, e Metis veniva criticata per il suo aspetto ossuto e malconcio. L'ultima volta che era venuta a trovarli avevano entrambi otto anni, ed erano all'oscuro di qualunque cosa riguardasse la magia.
Adesso ne avevano tredici, e le cose erano cambiate: anche se erano sempre dei ragazzini ossuti, erano dei ragazzini MAGHI ossuti.
Inoltre, grazie alle riserve di cibo inviate loro dalla signora Weasley tramite la signora Figg, adesso non erano poi tanto ossuti.
«Vai alla porta!» sibilò zia Petunia a Metis, e lei obbedí, anche se di malavoglia.

Per quella sera aveva deciso di essere uguale a sua madre, modificando leggermente i suoi lineamenti e indossando un vecchio vestito che la zia aveva conservato in soffitta. Si era anche allungata i capelli.
Quando Petunia l'aveva vista era svenuta, ma Metis era stata irremovibile: per quella sera, voleva la sua mamma più vicina.
Sarebbe sembrata ad occhi esterni una presa di posizione sciocca, ma quella mattina aveva scoperto di essere finalmente diventata donna, e l'indifferenza della zia l'aveva fatta soffrire più di quanto le avrebbe mai fatto piacere ammettere.
Aperta la porta, sulla soglia c'era zia Marge. Somigliava molto a zio Vernon: larga, bene in carne e paonazza, aveva perfino i baffi, anche se non cespugliosi come quelli dello zio. In una mano reggeva un'enorme valigia, e infilato sotto l'altro braccio c'era un vecchio bulldog dal pessimo carattere.
«Dov'è il mio Dudders?» ruggì zia Marge. «Dov'è il mio nipotino tesorino?»
Dudley caracollò avanti, i capelli biondi incollati piatti sul testone, il cravattino appena visibile sotto molteplici strati di doppio mento. Zia Marge scagliò la valigia nello stomaco di Harry, mozzandogli il respiro, sollevò da terra Dudley, lo strizzò forte con il braccio libero e gli stampò un grosso bacio sulla guancia.
I gemelli sapevano benissimo che Dudley tollerava gli abbracci di zia Marge solo perché veniva ben ricompensato, ed erano certi che, una volta sciolto l'abbraccio, Dudley avesse una crocchiante banconota da venti sterline ben stretta nel pugno ciccione. Tuttavia si scambiarono un'occhiata divertita per la sua espressione soffferente, venendo ricompensati da uno scappellotto di zia Petunia.
«Petunia!» esclamò zia Marge, passando davanti ai gemelli come se fossero degli appendiabiti. Zia Marge e zia Petunia si baciarono, o meglio, zia Marge urtò il mascellone contro lo zigomo ossuto di zia Petunia. Zio Vernon entrò, sorrise gioviale e chiuse la porta.
«Tè, Marge?» chiese. «E Squarta che cosa prende?»
«Squarta prende il tè dal mio piattino.» disse zia Marge mentre entravano tutti in cucina esclusi Harry e Metis, che si guardarono con una smorfia.
Quella donna era priva di ogni principio di igene personale se lasciava ad un cane quelle libertá. Ma beh, finchè continuava ad ignorarli poteva fare quel che voleva.
«Harry, ricorda il permesso.» gli rammentó Metis, e con un sospiro lo accompagnó al piano di sopra per posare la valigia della "balenottera", come l'avevano soprannominata anni prima.
«Se solo Gideon fosse qui... »
Metis fece una smorfia a quel nome. Non parlava con Gideon da quel maledetto giorno sulla torre di astronomia ma, dopo quello che aveva visto, come poteva far finta di niente e continuare ad essere sua amica? E poi per lui lei non era importante. Non piú, almeno. Non da quando era entrata nella sua vita quella Evelyn…
Ci misero quanto piú tempo potevano, e quando tornarono in cucina, a zia Marge erano stati serviti tè e torta alla frutta e Squarta, in un angolo, leccava rumorosamente il piattino. Videro zia Petunia rabbrividire impercettibilmente notando le gocce di tè e bava che macchiavano il pavimento pulito. Zia Petunia odiava gli animali.
«Chi ti cura gli altri cani, Marge?» chiese zio Vernon.
«Oh, c'è il Colonnello Fubster che si occupa di loro.» esclamò zia Marge. «Ora è in pensione, ed è contento di avere qualcosa da fare. Ma non ho proprio potuto lasciare a casa il povero vecchio Squarta. Quando è lontano da me piange.»
Squarta prese a ringhiare mentre i gemelli si sedevano. Per la prima volta da quando era arrivata, l'attenzione di zia Marge si concentrò su di loro.
«Allora!» abbaiò. «Siete ancora qui!»
«Sì.» disse Metis, sfidandola con lo sguardo.
«Non dire sì con quel tono ingrato, ragazzina.» ringhiò zia Marge afferrandole il colletto del vestito. Harry si alzó di scatto, inviperito.
Nessuno poteva toccare sua sorella.
«Vernon e Petunia sono stati maledettamente gentili a tenervi. Io non l'avrei fatto. Sareste andati dritti all'orfanotrofio se vi avessero abbandonato sulla porta di casa mia.»
Metis moriva dalla voglia di dire che avrebbe preferito stare in un orfanotrofio invece che con i Dursley, ma il pensiero del permesso per Hogsmeade la fermò. Lo stesso non accadde con Harry.
«Lasci immediatamente mia sorella!» sibiló al suo indirizzo, e una forza invisibile la fece allontanare da Metis.
Zia Marge fece una smorfia.
«Vedo che non siete affatto migliorati dall'ultima volta. Speravo che la scuola vi avrebbe ficcato in testa un po' di buone maniere.»
Prese una gran sorsata di tè, si asciugò i baffi e disse: «Dove hai detto che li hai mandati, Vernon?»
«A San Bruto.» rispose prontamente zio Vernon, mentre costringeva i gemelli a sedersi nuovamente a tavola.
«È un istituto di prim'ordine per casi senza speranza.»
«Ho capito.» disse zia Marge. «Usano la frusta a San Bruto, ragazzini?» abbaiò.
«Ehm...» Zio Vernon fece sì con la testa dietro la schiena di zia Marge, e anche se ancora arrabbiato per prima fu Harry a rispondere.
« Sì.» disse «Certamente.»
L'ironia era palese, ma Marge non sembró accorgersene visto il modo in cui annuiva.
«Ottimo.» disse zia Marge «Io non la capisco, questa mania di non darle alla gente che se lo merita. È da smidollati, da mollaccioni. Una bella battuta è quello che ci vuole in novanta casi su cento. E te, ti picchiano spesso?» disse rivolta a Metis.
«Oh, sì.» rispose lei, scambiandosi un'occhiata con il gemello «Un sacco di volte.»
Zia Marge socchiuse gli occhi.
«Il vostro tono continua a non piacermi, ragazzini.» profferì.
«Se usate quei toni svagato per parlare delle frustate che prendete, è chiaro che non ve ne danno abbastanza. Petunia, se fossi in te scriverei una lettera al direttore. Per ribadire che approvi l'uso delle maniere forti con i ragazzi.»
Prima che l'argomento divenisse troppo spinoso, per fortuna, zio Vernon cambiò bruscamente discorso porgendo un bicchiere colmo di vino alla sorella.
«Hai sentito il telegiornale stamattina, Marge? Di quel prigioniero evaso? Che storia...»
I gemelli si scambiarono un sorriso. Gli mancava davvero tanto Sirius. Era un peccato che non avessero potuto passare con lui piú tempo, in seguito alle feste in Egitto con i Weasley, ma lui era pur sempre un fuggitivo. Marlene e Evelyn erano sotto sorveglianza speciale, cosí dopo una breve visita Sirius era stato costretto alla latitanza.
Peró, almeno, non era solo: Nefer e Lilith erano voluti andare con lui, non avevano voluto sentir ragione.
Nel frattempo, Marge aveva ripreso a criticarli.
«Non devi rimproverarti per come sono venuti su i ragazzi, Vernon. Se c'è qualcosa di marcio dentro, uno non può farci niente.»
I gemelli cercarono di concentrarsi sui loro piatti, ma tremavano loro le mani ed erano rossi di rabbia.
«È una delle regole base dell'allevamento» disse. «Con i cani è sempre così. Se c'è qualcosa che non va nella madre, anche i cuccioli avranno qualcosa che non...»
In quel momento, il bicchiere esplose in mano a zia Marge. Frammenti di vetro volarono in tutte le direzioni e zia Marge prese a sputacchiare e a strizzare gli occhi, il faccione rosso grondante di vino.
«Marge!» squittì zia Petunia. «Marge, va tutto bene?»
«Non è niente.» grugnì zia Marge, asciugandosi la faccia col tovagliolo «Devo averlo stretto troppo. Mi è successa la stessa cosa l'altro giorno a casa del Colonnello Fubster. Non agitarti, Petunia, è solo che ho una presa molto salda...»
Ma zia Petunia e zio Vernon lanciarono ai gemelli occhiate sospettose. Poi zia Petunia fece il caffè e zio Vernon tirò fuori anche una bottiglia di brandy, ma zia Marge aveva già bevuto parecchio. Il suo faccione era molto rosso. A Metis si rivoltó lo stomaco dal disgusto, al punto che perse la concentrazione e ritornó al suo aspetto originale.
«Ma sì, appena appena.» disse ridacchiando.
«Un po' di questo, un po' di quello... come il ragazzo.»
Dudley stava facendo sparire la quarta fetta di meringata.
Zia Petunia beveva il caffè con il mignolo teso. Harry e Metis avrebbero tanto voluto eclissarsi in camera loro, ma incontrarono lo sguardo furioso di zio Vernon e capirono di dover resistere.
«Aah.» disse zia Marge schioccando le labbra, e posò il bicchiere vuoto «Che mangiata, Petunia. Di solito la sera mi faccio due cosette veloci, con dodici cani a cui badare...»
Ruttò sonoramente e si batté il grosso stomaco ricoperto di tweed.
«Scusate. Ma mi piace vedere un ragazzo sano.» riprese, strizzando l'occhio a Dudley.
«Diventerai un bell'omone, Dudders, proprio come tuo padre. Sì, ancora un po' di brandy, Vernon... Ma quello lì...» piegò il capo verso Harry, che alzó il sopracciglio.
«Quello lì ha l'aria poco sana, è così piccolo. Succede anche con i cani. Il Colonnello Fubster l'anno scorso me ne ha annegato uno. Una specie di topo, ecco cos'era. Debole. Malnutrito. E anche lei.» indicó con il mento Metis «Ha cambiato aspetto, mi sembra. Ma rimane sempre una spostata.»
Metis dovette stringere i denti per non rispondere, e allo stesso tempo fermare Harry che era giá pronto a buttarsi sopra quella balenottera spiaggiata per aver insultato sua sorella.
«Dipende tutto dal sangue, cattivo sangue non mente. Ora, non sto dicendo che la tua famiglia ha qualcosa che non va, Petunia.» e batté sulla mano ossuta di Petunia con la sua, simile a un badile «Ma tua sorella era la mela marcia. Capita anche nelle migliori famiglie. Poi è scappata con un buono a nulla ed ecco il risultato.»
«Quel Potter.» disse zia Marge ad alta voce afferrando la bottiglia di brandy e versandone ancora, un po' nel bicchiere un po' sulla tovaglia «Non mi avete mai detto che lavoro faceva.»
Zio Vernon e zia Petunia erano molto tesi. Perfino Dudley alzò gli occhi dalla torta per osservare i genitori.
«Lui... non lavorava.» disse zio Vernon, lanciando ai gemelli un'occhiata obliqua. «Era disoccupato.»
«Lo immaginavo!» disse zia Marge buttando giù una gran sorsata di brandy e asciugandosi il mento con la manica «Un fannullone, un mangiapane a ufo, uno sfaticato che...»
«Non è vero.» disse Harry all'improvviso. Tutti tacquero. Harry tremava. Non era mai stato così arrabbiato.
«ANCORA UN PO' DI BRANDY!» strillò zio Vernon, che era impallidito. Svuotò la bottiglia nel bicchiere di zia Marge.
«Tu, ragazzo.» sibilò rivolto a Harry «Vai a dormire, vai...»
«No, Vernon.» disse zia Marge. Le era venuto il singhiozzo. Tese una mano per interrompere il fratello, gli occhietti iniettati di sangue fissi su Harry «Va' avanti, ragazzo, va' avanti. Sei fiero dei tuoi genitori, vero? Figurati, due che si ammazzano in un incidente d'auto. Saranno stati ubriachi...»
«Non sono morti in un incidente!» esclamò allora Metis scattando in piedi.
Zia Marge rispose colpendola forte in volto con la sua mano grassoccia.
Quando il corpo di Metis colpí il pavimento nessuno ebbe il coraggio di dire niente. Zia Petunia e Zio Vernon erano allibiti, ed Harry era sotto shock.
Metis aveva le lacrime che premevano di uscire ma si costrinse a non piangere.
Zia Marge, nel frattempo, continuó a parlare: «Sono morti in un incidente, piccola perfida bugiarda, e vi hanno scaricato come un fardello sulle spalle dei loro bravi, operosi parenti!» strillò zia Marge furiosa «Sei un' insolente, ingrata mocciosa...»
Ma zia Marge all'improvviso tacque.
Lo shock era scomparso, ed Harry l'aveva fatta volare contro la parete opposta con una magia volontaria senza bacchetta. Gli occhi verdi brillavano di rabbia repressa mentre aiutava la sorella a rialzarsi.
Nessuno si mosse. Gli zii e Dudley sembravano affetti da un pietrificus perchè non corsero affatto ad aiutare zia Marge. Riguardo lei, per un attimo, fu come se le mancassero le parole. Sembrava gonfia di una rabbia inesprimibile, una rabbia che continuava a premere, a premere da dentro. Il suo faccione rosso cominciò ad allargarsi, i suoi occhietti presero a sporgere e la sua bocca si stirò a tal punto da impedirle di parlare. Un attimo dopo, parecchi bottoni saltarono dalla giacca di tweed e rimbalzarono sulle pareti. Si stava gonfiando come un pallone mostruoso, con lo stomaco che esplodeva dalla gonna di tweed e le dita simili a salsicce.
A quel punto, il pietrificus sparí.
«MARGE!» gridarono zio Vernon e zia Petunia in coro, mentre il corpo di zia Marge cominciava a sollevarsi dalla sedia e a librarsi verso il soffitto. Ormai era completamente rotonda, un'enorme boa di salvataggio con gli occhi porcini, e le mani e i piedi sporgevano in modo bizzarro mentre navigava a mezz'aria, con uno scoppiettio soffocato. Squarta entrò a scivoloni, abbaiando furiosamente. Zio Vernon afferrò un piede di zia Marge e cercò di tirarla giù, ma rischiò a sua volta di sollevarsi da terra. Un istante dopo, Squarta fece un balzo e affondò i denti nella gamba di zio Vernon.
I gemelli scattarono prima che qualcuno potesse fermarli, diretti nella loro camera al piano di sopra. Raccattarono i bauli e il resto delle loro cose in fretta e furia senza parlarsi, precipitandosi di nuovo dabbasso proprio mentre zio Vernon usciva dalla sala da pranzo, la gamba del pantalone ridotta a brandelli sanguinolenti.
«TORNATE SUBITO QUI!» strillò. «NON SO CHI DI VOI DUE MOSTRI É STATO A RIDURLA IN QUEL MODO MA RIMETTETELA SUBITO A POSTO!»
Ma Harry, preso da una rabbia incontenibile, memore dello schiaffo alla sorella, aprí con un calcio il baule, afferrò la bacchetta magica e la puntò contro lo zio.
«Se l'è meritato.» disse respirando affannosamente «Se l'è proprio meritato. E stai lontano da me. Stai lontano da entrambi.»
Fece andare Metis dietro di lui e le fece aprire la porta.
«Ce ne andiamo.» disse Harry «Addio.»
E un attimo dopo erano fuori, lungo la strada buia e tranquilla, trascinando il baule, con la gabbia di Edvige sottobraccio.
Senza parlarsi, giá sapevano dove andare.
Camminarono fianco a fianco fino alla casa della signora Figg che, quando aprí, sembró quasi felice di vederli con i mano i loro bagagli, anche se erano quasi le undici e mezzo di sera.
Prima che loro potessero dire qualcosa, li anticipó.
«Era ora che decideste di andarvene da quel luogo.» sbottó la signora Figg facendogli segno di entrare velocemente «Anche se, devo dire, potevate scegliere un momento piú appropriato.»
Metis la guardó sorpresa.
«Ma come...»
«Come facevo a saperlo?» completó la vecchia Arabella. «Le urla di quella grassona si sentono anche da qui, sapete?»
Effettivamente, ascoltando bene, la voce di zia Marge era facilmente riconoscibile.
Harry e Metis si scambiarono un'occhiata.
«Siete nei guai ragazzini, fatevelo dire, ma dubito che una predica sia quello che vi ci vuole al momento.»
Si alzó un momento per andare a pendere un contenitore pieno di polvere che porse ai gemelli.
Ne presero entrambi un mucchio borbottando un "grazie" alla vecchia signora per aver subito compreso la situazione, e si strinsero nel camino insieme a tutte le loro cose.
«E salutate Gideon da parte mia!» esclamó la vecchia signora, appena un attimo prima che i gemelli le sorridessero e dicessero a gran voce: «Casa Black, Claremont Square» e sparissero in un turbinio di fiamme verdi.

Mentre in una casa non molto lontano due donne e un ragazzo venivano svegliati dall'improvviso arrivo di due ospiti, in quella che era stata la casa della sua famiglia per secoli, Grimmuld Place numero 12, Sirius Black spulciava libri nella biblioteca.
Ad assistere all'assurditá dell'evento, un uomo e due gatti.
«Non provarci nemmeno, Remus.» sibiló Sirius.
Remus Lupin sorrise.
«Non ho detto niente.» ribatté lui avvicinandosi «Stavo solo pensando che questa é la prima volta che ti vedo entrare di tua volontá in una biblioteca per leggere addirittura.»
L'ironia era evidente, ma il bel Black si limitó a sogghignare.
«James ha visto una scena simile quando stavamo studiando per diventare animaghi.» lo informó. Poi si rivolse a Nefer accarezzandolo.
«Vero, amico?»
Il gatto miagoló in risposta, mentre Lilith sembró alzare gli occhi al cielo e balzó giú dal tavolo per fare le fusa a Remus. Lui sorrise per un attimo, prima che uno specchietto familiare nella sua tasca iniziasse a parlare.
«Amore, so che non puoi parlare,» disse la voce di Marlene Black, «Volevo solo informarti che Harry e Metis sono scappati da casa Dursley dopo aver gonfiato la zia con della magia accidentale. Adesso sono qui a casa con i loro bagagli, hanno usato la metropolvere di Arabella.»
I due uomini e i due gatti si guardarono in silenzio per qualche minuto prima di scoppiare a ridere.
Per quanto due gatti possano scoppiare a ridere, ovviamente.
«Hanno davvero gonfiato quella balena di Marge Dursley?»
Sirius non riusciva davvero a smetterla di ridere.
«Giá.» commentó Remus «Sono riusciti in quello in cui avete fallito tu e James il giorno del matrimonio del fratello. Sará meglio che vada a vedere come stanno. Dubito che la magia involontaria sia avvenuta senza una ragione.»
Salutó ancora con un sorriso l'amico e i due gatti prima di smaterializzarsi.
Sirius Black si rivolse ai due gatti.
«Eravate voi i geni in trasfigurazione e incantesimi: perché non mi date una mano invece di stare solo lí a guardare?» esclamò con un sopracciglio inarcato. Al che Nefir e Lilith scattarono in due direzioni diverse, e quando Sirius si ritrovó a correr loro dietro cercando di decifrare i loro miagolii sulla posizione dei libri da prendere sullo scaffale, si rese conto che, forse, chiedere aiuto a due gatti non era stata la cosa piú intelligente da fare.




  
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