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Autore: Sophiefla    13/03/2015    1 recensioni
Siamo noi i narratori della nostra vita. Dopo la morte di mia madre capii che avrei dovuto iniziare a scrivere la mia storia da sola, fino a quel momento era stata lei a farlo per me. Ma mai avrei pensato che avrei iniziate realmente a vivere solo in quel pomeriggio di pioggia, quando incontrai lui.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sto scrutando Londra dal finestrino dell'aereo quando la voce dell'hostess, che annuncia l'imminente atterraggio, mi distoglie dai miei pensieri. 
Un sorriso si forma sulle mie labbra, finalmente sono qui. 
Sono pronta a vivere il mio nuovo inizio, a trovare un po' di sollievo dalla sofferenza dell'anno appena passato. Gli ultimi mesi sono stati i più difficili della mia vita, esattamente un anno fa ho perso mia madre a causa di una brutta forma di cancro. Ho passato settimane a cercare di riprendermi e a capire cosa ne sarebbe stato della mia vita ora che la persona che le aveva dato inizio se n'era andata. La gente si chiede come sia possibile superare una perdita del genere. Non si supera, ecco come.
Ci si scende a patti, ti svegli ogni mattina e ti costringi a fare quello che fanno le altre persone, finché dopo un po non ti sembra più così strano. Non posso esprimere a parole quando senta la sua mancanza, ma la sento vicina a me in ogni momento, ogni singolo giorno, ed è questo che mi da la forza di andare avanti.
Dopo la morte di mia madre mi sono chiusa in me stessa, non riuscivo ad accettare il fatto che lei non ci sarebbe stata, era così ingiusto. Mio padre mi diceva che dovevo essere forte, che la mamma avrebbe voluto che lo fossimo tutti. Ma come potevo?
Non l'avrei vista applaudire alla mia laurea, non mi avrebbe accompagnata a provare il mio abito da sposa, non l'avrei più sentita cantare a squarciagola le canzoni di Prince mentre passava l'aspirapolvere per casa.
Ho iniziato a riprendere in mano le redini della mia vita grazie a mio padre e ai miei fratelli, loro avevano subito la mia stessa perdita, dovevamo supportarci l'un gli altri, da soli non ce l'avremmo mai fatta. Fu mio padre a dirmi che non dovevo rinunciare ai miei progetti di venire a studiare a Londra, che non dovevo farmi abbattere perché la mamma non l'avrebbe mai voluto. Dovevo iniziare la mia vita, lei ne avrebbe sempre fatto parte, sarebbe sempre stata parte di me, nel mio cuore. 
Mio padre è un uomo meraviglioso. Originario di Londra, sono più di vent'anni che lavora nella cardiochirurgia. Ha conosciuto mia madre durante il suo viaggio di laurea, stava facendo un inter rail in Europa, si incontrarono a Parigi, dove mia madre viveva, e si innamorarono follemente. Mio padre racconta sempre di come gli si fermò il cuore quando la vide per la prima volta. "Mi bastò uno sguardo per capire che sarebbe stata la donna della mia vita". Due anni dopo si sposarono e mio padre non se ne andò più dalla Francia. Poi ci sono i gemelli, i miei due fratelli maggiori: Charles e Lewis. Charles vive a Parigi con mio padre mentre Lewis abita a Londra da ormai tre anni, sarà una fortuna averlo al mio fianco in questa splendida e sconosciuta città.
Mentre guardo l'aereo avvicinarsi sempre di più al suolo inglese continuo a sentirmi in un turbinio di dubbi e paure riguardo il mio trasferimento a Londra, ma mi sento pronta. 
Non mi sono mai sentita così pronta in vita mia.

"In che senso non trovate le mie valige?" Chiedo ancora sconvolta all'inserviente dell'aeroporto di Heathrow.
"Nel senso che sono andate smarrite signorina, perse" Mi risponde l'uomo di mezz'età, come se stesse dando delle indicazioni stradali.
Mi pizzico la base del naso con le dita, nel tentativo di non perdere la pazienza. Davvero un ottimo inizio, penso scoraggiata. Decido di trasferirmi dall'altra parte dell'Europa e mi smarriscono i bagagli che contengono, letteralmente, tutto quello che ho.
Fantastico.
"Non si preoccupi signorina Lloyd, appena troveremo le sue valige gliele faremo recapitare all'indirizzo che ci fornisce" dice l'uomo con fare annoiato, allungandomi un foglio da compilare.
Faccio un respiro profondo e scrivo i miei dati e l'indirizzo di casa di Lewis nel modulo, consegnandolo poi al dipendente dell'aeroporto. Lui prende prontamente i fogli e mentre me ne sto per andare sfodera un falso sorriso. "Ah, e benvenuta a Londra".
Alla faccia del benvenuto!
Spero che ritrovino in fretta i miei bagagli perché ora come ora ho solo il bagaglio a mano dietro. Esco velocemente dall'aeroporto e l'odore di pioggia tipico della città mi investe. Scorgo la coda per i taxi che arriva più o meno alle porte scorrevoli dell'entrata, direi che non è proprio la mia giornata. Mi avvio verso la stazione della metropolitana che porta in centro e da lì cercherò un altro taxi. 
Provo di nuovo a chiamare Lewis al cellulare ma come al solito non risponde. Adoro mio fratello ma posso dire per certo che la puntualità non è una delle sue caratteristiche, negli ultimi anni il nostro rapporto è migliorato molto e ci siamo avvicinati. Ricordo gli anni della sua adolescenza, un ragazzo chiuso e introverso che non potevo dire davvero di conoscere, ha passato anni a nascondere la sua vera identità per paura di non essere accettato. Quando mia madre si è ammalata è cambiato radicalmente, ha capito che la sua omosessualità non sarebbe stata un problema per noi e che l'avremmo amato incondizionatamente a prescindere dal suo orientamento sessuale. Sono così felice che abbia accettato se stesso, ora è la persona che preferisco al mondo, il mio migliore amico.

Vengo trasportata dal fiume di persone fuori dal vagone della metropolitana, sento il cellulare vibrare e la foto di Lewis compare sullo schermo.
-Joy, ti prego perdonami! Sono stato trattenuto al lavoro, ci sono le prove generali per la settimana della moda ed è un delirio, sto venendo a prenderti- dice mio fratello.
-Lew tranquillo, rallenta!- rido. -Ho preso la metro, sono quasi in centro prendo un taxi e ti raggiungo a casa-
-Sicura?- mi chiede.
-Si certo, non preoccuparti- gli dico.
-D'accordo tesoro, chiamami quando arrivi- dice Lewis.
-Va bene- riattacco il telefono e vado verso l'uscita.
Inizio a salire le scale e vengo letteralmente investita dalla pioggia, c'è un vero e proprio temporale e in pochi minuti ho i vestiti zuppi, dovrò farci l'abitudine immagino dopotutto questa è Londra.
Quest'avventura non è iniziata proprio nel migliore dei modi. Mi giro verso la strada e vedo arrivare un taxi, la mia salvezza!
"Taxi!" urlo, richiamando la sua attenzione nel baccano della metropoli.
La macchina accosta e senza perdere tempo apro la portiera e salgo sul sedile posteriore.
Un movimento a sinistra attira la mia attenzione, mi volto e vedo un ragazzo che è salito nel mio stesso momento sul taxi.
Mi guarda con un'espressione scocciata.
"Scusami? Questo taxi è mio" gli dico, interrompendo il silenzio.
Il ragazzo scoppia a ridere. "Ah si? Cos'è te lo sei comprato?" dice con aria di sfida.
"No, ma ci sono salita prima io" dico infastidita.
"Se fai un cenno a un taxi e questo si ferma non puoi saltarci sopra e pretendere che sia tuo" spiega con un forte accenno inglese.
Lo guardo allibita e mi lascio sfuggire una risata ironica. "Invece è proprio così che funziona!" dico alzando la voce.
Il ragazzo riccio si passa una mano fra i capelli frustrato.
"Senti, forse tu non sei di queste parti, ma qui ci sono delle regole ok? Non puoi semplicemente fare la ragazzina viziata e rubare i taxi alla gente"
"Ma se sono salita prima io!?" urlo.
"Ma cosa stai dicendo? Sono stati io a salire per primo!" mi sbraita addosso.
Sbuffo, stremata e mi rivolgo al tassista.
"Senta: chi è salito per primo?" dico indicando entrambi.
Il tassista ci guarda per qualche secondo con aria indifferente, poi tira fuori un giornale e si mette a leggere.
"Fantastico!" esclamo.
"Allora cosa facciamo? Giochiamo a chi resiste di più senza scendere dall'auto?" Chiede con fare ironico.
Sbuffo esasperata.
"E va bene! Hai vinto!" grido arrabbiata. "Tieniti il tuo maledetto taxi, stronzo di un inglese!" dico aprendo la portiera e scendendo.
Un attimo dopo sento l'altra portiera sbattere e vedo che anche il ragazzo è uscito della macchina.
Ha uno sguardo infuriato.
"Scusa, come mi hai chiamato?" chiede infastidito.
Sto considerando l'ipotesi di ignorarlo e risalire sul taxi, quando questo parte e gira l'angolo, lasciando me e lo sconosciuto sotto la pioggia.
"Ecco, complimenti! Il taxi se n'è andato senza nessuno dei due a bordo" dico cercando di ripararmi dalla pioggia con la borsa.
"Oltre che essere uno stronzo sei anche stupido" lo accuso.
Il ragazzo mi guarda sbigottito. 
Non è di mia consuetudine rivolgermi così alle persone, figuriamoci a qualcuno che non conosco. Però, diamine, questo ragazzo testardo e arrogante mi sta facendo uscire di testa.
Gli lanciò un ultima occhiataccia e mi dirigo nella direzione opposta, tiro fuori il telefono e compongo il numero di Lewis.
Risponde al primo squillo. 
-Pronto, Joy?- dice.
Sto per rispondere quando la grida del ragazzo mi interrompono.
"Sai cosa? Sei solo un'acida stronza che pensa di avere il mondo ai suoi piedi!" Urla lungo la strada.
Non mi disturbo neanche a girarmi, alzo il braccio e gli mostrò il dito medio.
-Ma che cavolo...? C'è qualcuno che ti urla addosso?- chiede Lewis stranito.
-Lasciamo stare, ti racconto tutto dopo- dico sedendomi sui gradini di un palazzo.
-Puoi venirmi a prendere, per favore?-

  
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