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Autore: Eriok    16/03/2015    2 recensioni
Non so quando inizió...
… sapevo soltanto che era vero amore, sin dal principio.
«Mamma! Guarda!».
È lei, mi chiama... Dovresti vederla, sai? È tutta uguale a te. Bellissima, con i suoi capelli rosso fuoco. Forte, tenace. E quegli occhi, azzurro verdi - la nostra fusione - un po' miei, un po' tuoi. Nostri.
«Brava, Victoria...brava...».
Sì, perché quella volta abbiamo vinto… la nostra vittoria. E lei è il miglior premio che potessi avere con te, Shepard.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

 

la prima volta che ti ho vista... è stato nel momento del bisogno.

 

«C’è qualcuno? Vi prego, aiutatemi, sono intrappolata!»

 

Già... in una stupida bolla.

Io, una grande archeologa, intrappolata nel mio piccolo mondo costruito intorno alle macerie di un impero perduto e affascinante, lasciando il resto chiuso fuori.

Il perché?

Allora davo solo cibo alla mia fame di conoscenza, ma in realtà, ora che ci penso, io avevo solo paura.

Paura d'esser giudicata, di essere vista non per com’ero, ma per come apparivo: una giovane Dama che pretende di fare la saccente, figlia di una potente Matriarca.

In quel momento chiesi aiuto, per la prima volta, a qualcuno. Volevo uscire da lì e tu, Shepard, senza indugio, mi hai liberata.

E io non ti ho mai ringraziato abbastanza, per questo. Mi hai salvato dalla vita chiusa e monotona che io stessa stavo costruendo intorno a me, per evitare gli altri.

 

«Lei è con me.»

 

Con quella frase tu, Shepard, mi hai sorpresa per la seconda volta. Non ho mai visto qualcuno combattere per me, per difendermi. E i miei occhi, in quel momento, erano solo per te.

 

«Volevo sapere di più su di te. Per capire cosa ha trasformato te nella donna che sei ora. C’è qualcosa di interessante su di te, Shepard.».

«Sei interessata a me, o solo alle visioni dei Prothean?» disse, alzando un ciglio.

«È iniziato da quello, lo ammetto. Ma poi è andato oltre...».

Silenzio, e i tuoi occhi mi riempiono di emozioni che non so tradurre. Non è un linguaggio che conosco.

«Tu mi intrighi, Shepard.».

 

I miei ricordi sono vividi, colorati, forti e carichi di tutti i dettagli che la mia mente conserva con avidità.

I tuoi occhi, i tuoi capelli, le tue visioni, tutto è dentro la mia mente come se fosse successo solo ieri.

E invece... è passato così tanto tempo Shepard...

Il brutto di essere una Asari è la memoria fotografica e laterale.

Va oltre la pura vista, olfatto, udito, gusto e tatto.

Scava i sentimenti e li imprime nei ricordi, come una filigrana che non puoi rimuovere, né evitare.

E Dea... vorrei solo non annegarvi in essi così tanto da dimenticarmi di respirare.

 

«Liara...ci sei?».

l'ombra sfocata della dottoressa Chakwas si pone davanti alla vista dell'Asari.

“Cosa vuoi?” pensa “Lasciami beare nei ricordi ancora per un poco... per favore...”.

«Come ti senti?»

La sua voce nelle sue orecchie rimbomba. Si sente stordita. Porta una mano alla testa, e sente il braccio pizzicare, come se non si muovesse da tempo.

«Mmm...».

Mugugna, sente la mancanza di qualcosa. Qualcosa di importante.

«Shepard!» urla, d’un tratto, tirandosi su in modo brusco, la mano sul ventre, scoprendolo stranamente piano. Un immediato giramento di testa la riporta sul cuscino del letto dove giaceva.

«Il mio bambino! Dov'è?!» parla forsennata l’Asari, guarda la dottoressa cercando una risposta nel suo volto coperto di qualche ruga prematura. Lo sguardo si illumina per qualche secondo.

«È nata prematura, Liara, ma sta bene...» risponde, cercando di calmare la sua paziente. E vide il petto passare da uno stato di completa agitazione a uno rilassato.

«Solo...» aggiunse, e lo sguardo deviò dai suoi occhi.

«Solo cosa?» domandò Liara, preoccupata. Era ammalata, non sarebbe sopravvissuta?

 

No, Dea, non farmi questo. Non togliermela.

Dea... ti prego.

 

«È strana. Non mi è mai successo un caso simile prima d’ora.» disse l’umana, corrugando la fronte. Liara lo tradusse come segno di dubbio, di problema.

«Cos’ha che non va?» la mano della neo madre prende con forza quello della dottoressa, e lei le sorride, cercando di calmarla.

«È in perfetta salute, Liara. Non ha niente che non va. Solo...».

«Voglio vederla. Subito!» la richiesta era lampante, e la dottoressa parve rifletterci, per qualche minuto, alla richiesta. Ma forse avrebbe fatto peggio a non assecondare la donna, che mostrava qualche bagliore dei poteri biotici.

«Arrivo subito.» e si alzò. Sparì dietro la porta bianca, e solo in quel momento Liara si accorse che non era più nell’infermeria della Normandy. Era in una stanza d’ospedale, da sola. Il letto, molto grande, l’avvolgeva con delicatezza, vari tubi collegati a lei che filtravano il nutrimento e le scorie del suo corpo. Dev’essere stata priva di sensi per parecchie ore – oppure giorni – per sentirsi così vuota. Si passò la mano sul ventre piatto. Sentì una leggera fitta. Sollevò il lenzuolo e scorse un medicamento. Le avevano fatto un “cesareo”, se non ricordava male. Una procedura di emergenza, per far partorire il bambino in tutta sicurezza.

Le sarebbe rimasta la cicatrice, ma per ora non le importava.

«Eccoci qui...» la voce, resa angelica dalla donna, guardava il fagottino che mormorava senza senso. Liara sorrise, si sentì sollevata, e il cuore più leggero. Eccola lì, a pochi passi dal lei, il nuovo motivo di gioia della sua vita. Il suo cuore, separato dal suo corpo, che respirava da sola. Che si muoveva da sola.

La dottoressa diede con cautela il fagotto all’Asari, osservandone con cura le reazioni. Pronta a domande, collassi, o addirittura a una sfuriata. E invece niente. Vide solo i suoi occhi brillare – finalmente – dopo tanto tempo passati nell’oscurità. Le mani che reggono, come se lo facesse da tempo, in maniera delicata e dolce il piccolo essere tra le sue mani. Sorrideva, alla sua bambina, le parlava.

«Ciao, amore della mamma.» disse Liara, e iniziò a piangere. Le lacrime scendevano copiose dal volto di lei e, come per rincuorarla, la bambina vi pose una manina sul volto, riconoscendo la voce della madre.

Una mano rosa e grassoccia.

La dottoressa Chakwas aspettò qualche minuto, in silenzio. E poi fece finalmente la domanda che le premeva da quando prese quel piccolo fagotto in mano.

«Liara. Tu sai che è Umana, questa bambina...vero?» chiese.

«Lo so dove vuoi andare a parare, dottoressa.» inspirò l’Asari, e si asciugò le lacrime velocemente con una mano. Iniziando inconsciamente a coccolare la fanciulla che portava in braccio. «Ci sono certi segreti che è ora che vengano alla luce.» lo sguardo risoluto. Ora non aveva più paura, era piena di forza di volontà.

 

«Quindi se una Dama decide di rimanere incinta...» la dottoressa cammina, cercando di seguire le parole dell’Asari e allo stesso tempo ricordando tutte le sue nozioni sulla fisionomia Asari – poca, a dir la verità «È impossibilitata a partorire un’Asari, ma bensì solo a partorire un bambino della razza dell’altro genitore.» incalzò Liara, mentre allattava la figlia al seno. Sorrideva, mentre guardava la bambina succhiare il latte, affamata. Gli occhi vispi, verdi azzurri. Piccoli ciuffi rossi sul capo, le mani che non smettono di muoversi.

 

È proprio come te, Shepard. L’unica cosa che ha preso da me, nostra figlia... sì, nostra figlia... sono alcune pagliuzze del colore dei miei occhi. E niente più.

 

La dottoressa Chakwas rimase come intontita. Non riusciva a capire...perché?

Liara rispose come leggendole nel pensiero.

«Una Dama è il primo ciclo di vita della razza Asari. Comparato agli umani, un adolescente. Un ragazzo può mettere alla luce un bambino comunque, ma non è conveniente sia socialmente che fisicamente parlando, perché è un individuo che non ha raggiunto lo stato di vita adulto e non sa ancora cosa significa mettere al mondo un neonato, con tutti i costi e le attenzioni che richiede.».

«Sì, ma il bambino se seguito con le dovute cure, nasce comunque.» ribadì la donna, ascoltando l’Asari.

«Con noi è diverso. Ancora non sappiamo come funziona il nostro corpo in campo riproduttivo. Il problema è dovuto alla trasmissione dei geni al nascituro. Essendo “adolescenti” non sappiamo comandare il nostro corpo, e in questo caso noi prendiamo troppi geni dal “padre”, ricreando – delle volte – una perfetta copia dello stesso. Inconsciamente le Dame non incrociano i propri geni con quello del partner, evitando così di rimanere incinte.» Liara parla come se fosse ovvio. In realtà per l’umana era come una rivelazione shockante.

«Devi capire che le Asari si vergognano di questa loro “incapacità”, e quindi evitano accuratamente che si venga a sapere. E io sono la perfetta incarnazione delle loro paure. Se si venisse a sapere che le Dame – se decidono di rimanere incinte – replicano il gene del padre, che ripercussioni avremmo? Immagina cosa potevano fare i Krogan, prima della cura della genofagia.» Liara aggrottò la fronte. Nella mente il futuro più brutto per le sue coetanee, ricercate e usate come carne per la riproduzione «Non potevano permetterlo.».

«Ma adesso i Krogan non sono più un problema.» ribadì la dottoressa Chakwas, guardando Liara «Non capisco perché comunque si siano opposte con fermezza a te.».

«Hanno paura che io mostri alla galassia intera il nostro difetto. Di smontare la perfezione che aleggia intorno a noi. Eppure guardami, dottoressa.» e la donna alzò gli occhi, e si guardarono per un momento.

«Non ho saputo salvare mia madre da Saren. Non ho saputo credere nella rinascita di Shepard. Non ho potuto seguirla nella distruzione dei Collettori. Non ho potuto salvarla nemmeno dopo la sconfitta dei Razziatori. Non sono perfetta. Non siamo perfette. Ed è ora che la galassia se ne renda conto.» le lacrime scendono ancora per il suo volto, e la bambina come sentendola iniziò a urlare a squarciagola.

«Sh, piccola, calma...Sono qui...» e iniziò a mugugnare una canzoncina, calmandola immediatamente.

Sentì un fazzoletto asciugarle il volto. La dottoressa le sorrise, poggiandole una mano sulla guancia.

«Non sarai perfetta, Liara, ma guarda che bambina hai dato alla luce.» e uscì, lasciando la neo madre alle prese con il pisolino della figlia.

«Sì...» mormorò, ripensando al volto di Shepard «Almeno tu, Victoria... sei perfetta.» e le baciò con delicatezza la fronte.

   
 
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