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Autore: gab_24    17/03/2015    0 recensioni
Questa è la storia di un ragazzo, molto giovane e con un grande futuro davanti, nonostante la morte dei suoi genitori e del suo migliore amico nel giro di pochi anni è riuscito a tirarsi su, lui è Jack Johnson e a soli 22 anni è già a capo di una delle aziende più importanti del mondo, ereditata dai suoi genitori.
Jack è un tipo molto eccentrico, estroverso, solare, potente e sicuro di se, ha tutto, soldi, donne, fama e potere, ma cosa accadrebbe se un giorno un uomo come lui incontrasse il vero amore per la prima volta?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 : Un nuovo inizio.

 Jack si rassegnò, andò in camera sua, si mise a letto. Non bevve, non si ubriacò, non fece nulla; non ne aveva la forza e tanto meno la voglia. Così si tirò via la maglietta, si mise sotto le coperte e fissò il soffitto. La stessa identica cosa fece Jemma, con un'espressione persa, come quella di Jack, ma la differenza è che la faccia di Jemma esprimeva anche delusione mentre quella di Jack tristezza. 

Passarono i minuti e poi le ore, e Jack si addormentò. Sorse la luce del sole, Jack non si svegliava ed era oramai mezzogiorno e mezza e il suo risveglio, con sua grande sorpresa fu causato da Jemma che lo svegliò con un freddo «Buongiorno signor J.J.» poi aggiunse «La prego di alzarsi, la colazione è pronta oramai da ore» con tono quasi disturbato. Il fatto che fosse stata Jemma a svegliarlo e rivolgergli la parola mise Jack decisamente di buon umore e fece un incredibile sorriso. Come Jack si tolse le coperte e scoprì il suo fisico Jemma ne rimase terribilmente affascinata e Jack lo capì. Perciò si alzò in piedi di fronte a lei, quest’ultima se ne andò subito con passo fiero e sguardo offeso.
 
In quel momento Jack si fece un sacco di pensieri, su cosa fare, su come agire per farsi perdonare. Era la prima volta che si trovò così in difficoltà, la cosa gli parve strana ma cercò comunque di rimanere concentrato e venne a capo del problema e la soluzione era...essere se stesso! Quello che gli veniva meglio, puntare sulla simpatia. Però sentì una leggera tensione dentro se e a quel punto si tirò uno schiaffo con la mano sinistra e si disse «Avanti Jack, questo non sei tu. Forza, ce la puoi fare!» e a quel punto si convinse, sorrise e si fece avanti. 

Andò in cucina dove Jemma che stava lavando i piatti, esattamente di spalle, lui si sedette per mangiare la sua colazione, un tazzone di latte con biscotti al cioccolato. Jemma sapeva che Jack la fissava, lo sentiva, sentiva i suoi occhi verdi speranza attaccati che le fecero salire un nervoso addosso, tanto che ad un certo punto si girò e chiese a Jack di smettere di fissarla. Lui rispose che non riusciva a togliere lo sguardo dai suoi bellissimi capelli, di un biondo che al sole brillava più del sole stesso. Di seguito Jack ribaltò la situazione dicendo «La prego, ora è lei che fissa me. Non lo faccia, la supplico. I suoi bellissimi occhi addosso a me, mi fanno venire i brividi e mi fanno battere il cuore così forte da causare un terremoto dentro me». 
Il suo sguardo era sorpreso e Jemma l’aveva già quasi perdonato, voleva far intendere che era ancora arrabbiata con lui, ma non riusciva a nascondere che era commossa da quello che lui aveva appena detto; in fin dei conti, nessuno le aveva mai detto delle parole così belle, ma nonostante ciò, cercò di restare indifferente e si girò dall'altra parte con sguardo fiero. 

Jemma però non fece caso al fatto che aveva fissato Mister J.J. per una buona decina di secondi con sguardo intenso e infatti Jack subito dopo chiese «Signorina Olivers, perché mi ha fissato così a lungo?» Jemma spalancò gli occhi, mentre dava le spalle a Jack, per essersi resa conto che aveva ragione e che lo aveva fissato per tanti secondi e quindi cercando di “pararsi il culo” disse «B-beh...non me ne sono resa c-conto, ok? S-stavo solo guardando la squallida persona che è!» e Jack rispose «Oh, ha pure ripreso a balbettare! Vuole dire che le metto tensione?!» Jemma spalancò di nuovo gli occhi rendendosi conto che Jack aveva nuovamente ragione. 

Non seppe cosa dire, continuò a balbettare qualcosa di incomprensibile ma poi fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi, e si girò dicendo «Senta...» poi venne interrotta da Jack che si alzò ed esclamò «No, senta lei! Non sarebbe tanto arrabbiata con me per ieri sera, se lei non fosse interessata a me» Lei spalancò la bocca con sguardo sorpreso e disse «Come osa insinuare questo, eh?» e lui disse «Ahh, amo quando le donne cercano di negare l’evidenza!» In seguito Jemma disse «Non è assolutamente vero» e Jack rispose «Ah si? E allora perché è così arrabbiata con me? Per quale motivo non le va bene che io stavo per andare a letto con un’altra?» e Jemma, non sapendo che dire, esclamò qualche parola incomprensibile quando alla fine disse «Beh...ehm...p-perché era t-tornato troppo tardi e no-on mi pareva rispet-ttoso nei miei confronti...» Jack sorrise e si girò, si risedette, continuò la colazione ed esclamò solamente un secco e apparentemente felice «Ok». 
A quel punto Jemma, incredula, si girò e riprese a lavare i piatti;, dopo un paio di minuti di silenzio Jack le chiese «Signorina Olivers,sa...io amo l’igiene, mi faccio la doccia almeno 2 volte al giorno, e il suo occhio è ancora un po' nero, perché non si fa una bella doccia e poi se lo disinfetta?». Jemma si girò senza avere il tempo di dire qualcosa che Jack esclamò «No tranquilla tanto, ora la mia doccia è anche la tua no? Quindi può andare tranquillamente» e nel suo sguardo lasciava intendere il senso compromettente della frase. Jemma incantata di fronte la sua bellezza, che ogni tanto la fa bloccare, rimase con la bocca leggermente aperta immaginando loro due assieme in doccia completamente nudi, poi scosse la testa per togliere il pensiero dalla sua mente e Jack nel mentre passò davanti al tavolo che divideva i due, trovandosi faccia a faccia con Jemma e le disse «Ho finito la colazione, ora devo andare». 
In quel momento Jemma stava chiudendo gli occhi aspettandosi un bacio, ma nulla, rimase delusa; ma allo stesso tempo capì che Jack voleva darle una lezione per farle capire che quello di ieri era un errore e di errori se ne fanno, ma per lui di certo lei non era un errore. Jemma capì e sorrise e tornò a lavare i piatti. 

Poco tempo dopo Jemma stava andando verso la camera di Jack per chiedergli dove fosse la cantina. Sentì, man mano che si avvicinò, una canzone ad alto volume, la canzone era “This Love” dei Maroon 5 e quando aprì la porta socchiusa, vide Jack in mutande che ballò da solo di fianco al letto cantando a squarcia gola. Jemma non riuscì a trattenere la risatina sotto i baffi che si interruppe quando fece caso al corpo perfetto di Mister J.J. in mutande, per giunta. Cercò di concentrarsi e dopo un bel respiro entrò in camera per chiedere l’informazione. 

Jack non la vide entrare perché era di spalle e lei per un attimo non seppe come chiamare la sua attenzione, gli toccò così la spalla tre volte con il dito, lui si girò di colpo spaventandosi stoppando la musica, disse «Ma non si bussa?!» e lei rispose che l’aveva fatto, anche se non era vero, e che lui non aveva sentito per la musica troppo alta. Jack disse che non era nulla di grave e infine aggiunse «Quindi? Perché è qui? Vuole dirmi che sono squallido perché ho istinti sessuali come tutti gli altri maschi o per altro?» Jemma, sentendosi in colpa si scusò brevemente e balbettando, Jack apprezzò il gesto e disse che era Ok. Voleva sapere perché era qui e Jemma disse che voleva sapere dov’era la cantina al che le spiegò la strada e Jemma si diresse verso di essa, ma si fermò dicendo «Jack, ehm volevo dire Signor J.J. , davvero mi scusi non volevo  comportarmi così, non sapevo a cosa credevo e cosa mi sia preso. Tutti commettono errori, giusto?» Jack a quel punto esclamò «JEMMA! Lei può pure chiamarmi Jack, glielo permetto. E comunque credo che quello di ieri non era un semplice errore, lei lo sa bene». 
Imbarazzata Jemma stette in silenzio perché non c’era nulla da dire, sapeva che Jack aveva ragione. In seguito aggiunse «Venga qui, di fronte a me» Jemma andò e lui le chiese «Mi concede un ballo?» con occhi fissi e intensi verso quelli di Jemma, senza distogliere lo sguardo, lei rispose di sì a faccia bassa visibilmente rossa e imbarazzata. I due iniziarono a ballare e ad un certo punto Jack prese in braccio Jemma, in quel momento non era mai stata tanto imbarazzata ma allo stesso tempo le sembrava di stare in paradiso, sentendo addosso a se l’addome di J.J. , faccia a faccia, avere le sue braccia attorno a se era una sensazione unica. Jack la rimise giù, poi danzando Jack mise spalle al muro Jemma tenendola per le mani e aprendole le braccia. Lei imbarazzata rimase con lo sguardo basso, in seguito Jack disse di guardarlo, lei lo guardò e i due si fermarono, si fissarono. Jack chiuse gli occhi proprio come fece Jemma in cucina, avvicinò la testa verso quella di Jemma, quest’ultima non resisteva a quelle labbra, ma ci riuscì e gli mise un dito davanti alle labbra e a quel punto Jack aprì gli occhi come stupefatto e Jemma disse la stessa frase di Jack prima in cucina «Non ho finito di lavorare, ora devo andare», Jack si girò e seguì Jemma con lo sguardo incredulo e sorrise, ma tutto ciò lo fece ancora più innamorare di quanto lo già era. A quel punto si accorse che quella ragazza gli piaceva tanto, davvero tanto. 

Nel frattempo Edward, che aveva minacciato Jack che si sarebbe fatto sentire, siccome gli doveva dei soldi, stava iniziando a mettersi d’accordo con i suoi fratelli, ovvero Kenny ( Tom Hardy) e Brad ( James Frenchville ). I due andarono da Edward e chiedendo cosa sia successo, lui risponde che Jack l’ha tradito, afferma poi di averlo sempre odiato come Jack credeva e disse che gli doveva dei soldi; siccome i fratelli di Edward hanno parecchie conoscenze, lui voleva fargliela pagare, ma passandola liscia e facendola passare liscia pure ai suoi fratelli siccome Jack è una persona importante a capo di una delle aziende d’investimento più importanti d’America, se non la più importante. 
Quindi serviva un piano curato al minimo dettaglio, quando Edward disse questo, i due fratelli dissero che vedevano cosa potevano fare e che si sarebbero preparati al meglio. Se ne andarono e Edward si girò, guardò fuori dalla finestra e fissò l’immensità del cielo, per poi sorridere, immaginando già mille piani per farla pagare a Jack.
 
Il mattino dopo Jack ricevette una chiamata che lo svegliò mezz’ora prima dell’orario di quando aveva puntato la sveglia per andare a lavoro, era la sua matrigna che gli disse di aver saputo del casino che aveva combinato il giorno del 15° compleanno dell’azienda e gli disse di prepararsi che lei sarebbe arrivata entro una 20ina di minuti. Jack la mandò a fanculo, gliene disse di tutti i colori, ma non fece in tempo a dire niente che lei gli aveva chiuso il telefono in faccia. Ancora incredulo, iniziò a spararle in abbondanza, ma alla fine si preparò e dopo una doccia e una buona colazione, si fece trovare pronto per l’arrivo della sua matrigna che arrivò poco dopo; quando suonò Jack chiuse gli occhi sapendo che andava incontro a una litigata. 

Aprì la porta, la vide e non le disse nemmeno “ciao”, si limitò ad un freddo e secco «Cosa vuoi?» con tono disturbato. Peggy rispose che lo sapeva già aggiungendo «Io sono qui perché tu sei uno stupido coglione! Pensi sempre a divertirti e non pensi mai al lavoro!» poi Jack replicò dicendo che lui era il migliore nel suo campo e che lei doveva solo stare zitta. Peggy rimase ammutolita per un attimo e poi rispose «Si, però i giornali non fanno che parlare delle tue bravate, tu non concedi quasi mai un intervista e devo pararti io il culo, brutto stronzo! Cresci e prenditi le tue responsabilità». 
I due iniziarono ad urlare dando vita al loro ennesimo litigio, che addirittura svegliò Jemma che scese giù a vedere. Quando Peggy vide Jemma domandò a Jack «C-che ci fa lei qui? È solo una tua casalinga cazzo, perché te la sei scopata? Sei un brutto porco, non resisti proprio. Sei una delusione, ti scopi la prima puttana che metto a lavoro per te». Jack appena udì quelle parole spalancò gli occhi, preso da uno scatto d’ira tirò uno schiaffone a Peggy e una volta caduta a terra le tirò un pugno e le urlò di portarle rispetto. Non aveva mai reagito così per una sua ragazza. Peggy lo guardò preoccupata e disgustata, si alzò a fatica e gli disse che lo avrebbe denunciato ed era la volta buona che sarebbe andato in prigione, dopo tutte le cagate fatte. 

Jack capì di aver sbagliato, ma non era pentito, affatto. Però capì che ora era nei guai per essersi messo contro quella serpe. Jemma arrivo di corsa subito dopo e gli disse «Perché lo hai fattooo?! Hai esagerato, non dovevi!!» A quel punto Jack capì di aver davvero esagerato ma non disse niente, perché un uomo fiero come lui che riesce ad avere sempre ragione, non ammette mai di non aver ragione; quindi si va a mettere il suo smoking per andare a lavoro. Poco prima di uscire dalla porta, dice a Jemma «Mi dispiace, sono fatto così.» e chiuse la porta. 

Jemma rimase scioccata per l’accaduto e dopo qualche secondo di nulla assoluto guardò l’orologio, vide che mancarono ancora due ore all’inizio del suo turno e allora tornò a dormire, pensando e ripensando all’accaduto. 

Una volta arrivato a lavoro, Jack venne avvisato che le azioni stavano andando a ribasso e che ci fu un calo della borsa devastante sui propri investimenti. Jack era il direttore, il capo di tutto, perciò doveva cercare di rimettere in sesto le cose, ma...troppe distrazioni, troppi problemi...e quindi non riuscì a far nulla. Quel giorno fu disastroso per l’azienda Johnson che poco dopo il compimento del suo 15° compleanno ebbe uno dei giorni più devastanti di sempre, che misero quasi in crisi l’azienda stessa, mandandola in via di fallimento. 
Nei giorni successivi, nonostante i problemi, Jack riuscì a risollevare l’azienda grazie al suo talento nel campo, ma l’azienda non tornò quella di prima e dopo un breve periodo di stop riprese a tirare su, ogni giorno, per 2 volte al giorno o più, si fece di ogni droga che gli capitò sotto tiro, poi tramite qualche pusher riuscì a trovare dell’eroina da iniettarsi. 
Jemma notò il calo psicologico di Jack che era tornato in uno stato di depressione profonda che peggiorò il suo lavoro, tutta l’intera azienda e lo stato di Jemma, che vedendo Jack così spento la portò a profonda tristezza e rammarico. Poi un giorno, così, dal nulla, arrivò una lettera per Jack con scritto che doveva presentarsi in tribunale in data : 24 Maggio. 

Jack quando la lesse, la primissima cosa che fece fu precipitarsi da Jemma e chiederle se in sua assenza, poteva occuparsi lei della casa invece che la sua matrigna. Jack prese la mano di Jemma e la pregò guardandola negli occhi, la pregò molte volte, cosa che in tutta la sua vita aveva fatto raramente. Jemma era indecisa, era una grossa responsabilità, ma vide le occhiaie di Jack, miste alle borse enormi sotto gli occhi, il fisico notevolmente dimagrito, le innumerevoli ferite sulle braccia e la carnagione sbiancata in un bianco cadaverico da far paura. Infine decise di accettare. Jack fece un sorriso, forse l’unico vero sorriso dopo giorni, infine fece un sospiro di sollievo. 

La ringraziò infinitamente e inoltre la pregò di non far entrare mai nessuno, soprattutto perché aveva paura per lei, inoltre le ricordò che lui si fidava davvero di lei e che lei è la prima donna di cui si fida veramente, dopo sua madre. 

Jemma arrossì, era lusingata e disse un semplice e dolce «Ok» che, nonostante la sua semplicità, lo rassicurò molto. I due si guardarono intensamente, ma poi squillò il telefono. Jack chiuse gli occhi, pensando ai problemi, problemi e ancora problemi, però rispose, non voleva commettere altri errori. Era Liam che avvisò Jack che gli aveva trovato un buon avvocato, l’avvocato era Steven, l’amico e assistente di Jack. 

Liam spiegò che Steven aveva un diploma da avvocato e sapeva il fatto suo, Liam disse di fidarsi di lui come nel lavoro. Jack si convinse e ringraziò infinitamente Liam che prima di chiudere «Non ti preoccupare, questo brutto periodo passerà» Jack sorrise, gli scese una lacrime, disse uno dei grazie più sinceri della sua vita e chiuse il telefono. 

Nonostante tutto, Jack sapeva che avrebbe superato quel brutto periodo perché lui era il tanto e famoso MISTER J.J. , o almeno sperava di superarlo. Si girò verso Jemma e disse «Vado su a riposare, son stanco» Jemma lo accompagnò e gli rimboccò le coperte, Jack aspettò che uscì per tirare fuori da sotto il suo mobile una collana con una croce. Uscì dal letto e si mise a pregare. L’uomo tanto forte a occhi altrui che affermò di non credere in Dio più volte, pregò! In realtà aveva sempre creduto a Dio, perché lui si sentiva un dio, ma con le difficoltà che la vita gli ha messo davanti ha capito che nessuno è invincibile, capì che era il momento di mollare il suo personaggio per un momento, di mettere l’orgoglio da parte, e pregare. 

Lo fece, aveva le lacrime agli occhi, si tirò su, fece un grande respiro e si mise nuovamente sotto le coperte. Si addormentò in un batti baleno, cosa che non succedeva da giorni, forse perché ora si era tolto di un peso, quello di chiedere perdono, perdono per quello che la vita lo aveva fatto diventare, per il mostro che era e che oramai era costretto ad essere. Lui pregò per avere una vita diversa, di avere il tempo di riuscire a togliersi tutti questi pesi, responsabilità, preoccupazioni e difficoltà. 

Il mattino dopo, arrivato a lavoro, ha dovuto discutere in una riunione con i suoi assistenti e molti dipendenti su chi avrebbe dovuto badare all’azienda in caso Jack vada dentro. Dopo lunga indecisione, Jack comunicò che sarà Steven a badare all’azienda in sua assenza. Liam rimase deluso, perché si aspettava fosse toccato a lui, ma non fu così. 
Quindi Liam andò da Jack pochi minuti dopo la riunione, lo vide che stava scendendo dall’ascensore e riuscì ad entrare in tempo poco prima che si chiuse. Senza che nemmeno Jack potesse aprire bocca, Liam si lamentò con lui della scelta e chiese il motivo, poi disse che Steve era un immaturo, era troppo poco cresciuto per gestire un’azienda così importante e che per giunta non stava attraversando un bel momento. 

Jack sorrise e disse «Beh, per gestire un’azienda di questo tipo non ci vuole maturità o cosa, l’importante è essere se stessi. Perché essere semplici è la chiave per far bene ogni tipo di lavoro. Lui è se stesso quando parla con i clienti, lui è una persona che sa parlare. L’importante qui non è l’efficienza, serve saper intrattenere e saper parlare, ecco perché ho scelto lui. Tu sei bravo eh, però sei troppo...troppo lavoratore, troppo efficiente.» 
Al piano inferiore, Liam dopo aver guardato con aria disgustata Jack, del tipo “Come hai potuto farmi questo? Dopo tutto quello che faccio per te? “, prese e uscì dall’ascensore. 
Intanto Jemma, che era a casa di Jack a fare i mestieri, ricevette una chiamata dal suo cellulare, era il proprietario del Night Club, ovvero Yves Sky (Ben Geldreich). Jemma non lavora più lì, ma è anche vero che non ci è più andata di punto in bianco, senza nemmeno avvisare. Per paura non rispose, il telefono smise di squillare e poco dopo arrivò un messaggio con scritto “Dove sei brutta troia?! Io e te dobbiamo fare i conti”, Lei si spaventò, ma poi pensò di essere al sicuro essendosi trasferita da Jack. Quindi posò il telefono, cancellò il messaggio e riprese a fare le pulizie. 

Qualche ora dopo, presa dalla stanchezza, si fermò un attimo e approfittò per segnarsi le parti mancanti da pulire della casa. Mancava solo la sala principale, andò in sala e ricominciò a pulire; poi si fermò rimanendo nuovamente affascinata dalla muraglia di maschere, tanto che siccome non c’era Jack, prese la sua preferita, se la mise e si guardò allo specchio sorridendo. 

Quell’attimo, per lei bellissimo, fu interrotto dal suono del campanello di casa. Si girò tesa e pensò a cosa fare, se andare ad aprire la porta o meno. Ci provò, andò a posare la maschera e poi aprì la porta. Era Edward. Lei non poteva sapere chi fosse, anche se gli parve di averlo già visto, e la stessa cosa fu per lui, aspettandosi Jack rimase sorpreso di trovarsi lei. Poi Edward le chiese «Ci siamo già visti?», Jemma sapeva che si erano già visti ma rispose di no.

 Lui dunque cambiò discorso e disse a Jemma che Jack gli doveva 5.000 dollari, se no si sarebbe ritrovato in guai grossi. Jemma dopo qualche attimo di silenzio, pensando al perché di tutto ciò, si limitò ad un freddo e secco «Sì!». 
Edward sorrise come saluto e se ne andò. Ad un certo punto si fermò perché si era ricordato chi fosse Jemma e si girò dicendole «Dì a Jack di non scappare. Di non scappare dai guai, altrimenti poi ti ritrovi in guai più grossi» volendo far intendere a Jemma che non doveva andarsene dal Night Club di punto in bianco. 

Dopo aver chiuso la porta ,anche Jemma ricollocò la sua faccia al Night Club e capì il senso della frase diretta a Jack, ma soprattutto a lei, facendole capire che lui non starà zitto. La paura di Jemma fu il timore che Edward potesse dire dove stava ai proletari del locale, che tra l’altro erano amici dei fratelli di quest’ultimo. Jemma però cercò di non pensarci e continuò a cimentarsi nelle faccende di casa per concludere in fretta, in modo da far trovare a Jack la casa pulita. 

Si fece sera, Jemma oramai aveva finito i mestieri di casa da un po’, siccome mancava poco all’arrivo di Jack preparò la cena. Jack tornò a casa e nonostante domani lo aspettava un processo, non era per niente teso. Dopo aver scambiato qualche parola con Jemma, i due iniziarono a mangiare. Verso tarda sera i due erano in sala, erano molto allegri assieme, ridevano e scherzavano, ma ad un certo punto Jack disse «Chiunque ti lascerebbe andare sarebbe un’idiota!» Jemma gli rispose «Perché?» con tono stupito e Jack le disse «Perché...beh, perché sei troppo dolce e arrapante.» Jemma esclamò una risata molto divertita e altrettanto divertita gli disse «OHH! Dovresti imparare l’educazione te» e lui replicò dicendo «Essere educati per te significa essere falsi? Io sono solo sincero, ricordatelo.». Poi alzandosi dal divano e dirigendosi verso camera sua, aggiunse «Ecco perché sto sul cazzo a tutti. Notte bambola!» e Jemma tutta rossa e stupita dalla profondità della frase di Jack, disse «N-notte Jack» con tono molto dolce. 
Arrivato in camera sua, Jack si spogliò, si mise dei pantaloni della tuta per la notte e si mise al lato del letto, e pregò. Pregò per Ben e per i suoi genitori, Lily e Skyler. 

Il mattino dopo, dopo essersi lavato, si vestì con jeans neri, i suoi preferiti, e una felpa senza cappuccio grigia, con scarpe sportive ai piedi. Poi si diresse verso la cucina dove trovò la colazione fatta da Jemma, e mentre Jack iniziò a mangiare, lei gli disse «Jack, io voglio venire con te!» Jack non capendo bene disse «Cosa?!», Jemma gli spiegò che voleva accompagnarlo al processo e lui rispose che andava bene. Ma poi come avrebbe fatto a tornare? Prima che Jemma potesse rispondere, Jack disse che la sua macchina diventò sua, lei che non poteva accettare ma lui rispose «Tu devi accettare» il tutto con un sorriso sul viso. 

Durante il viaggio, i due fecero un discorso
Jemma «Ma non sei teso?» 
Jack «No, non sono teso. Io non ho paura.» 
Jemma «P-perché? Sei sicuro del tuo difensore? Di Steven?» 
Jack «No, non sono questi i problemi della vita. Io ho sbagliato e ne devo pagare le conseguenze. Certo, confido in Steven per difendermi, ma indipendentemente da come andrà, ho abbastanza soldi per uscire di prigione. Ho parecchi contatti, cioè gente esterna che può pagarmi la cauzione, quindi non sono teso. Ma questa eperienza mi è servita per capire che devo cercare di controllarmi.» 
Jemma «Ah ok, va bene. E quindi quando pensi di tornare?» 
Jack «Non so, appena possono questi miei agganci mi faranno uscire di prigione, ma non credo di stare dentro più di una settimana. Ho già dato i soldi a questo mio amico.» 
Jemma «Come si chiama?» 
Jack «Si chiama Michelangelo ( Danyel O’Bryen )» 
Jemma «Ah capisco, beh sperò tu possa tornare presto...». 
Dopo questa frase Jack si girò verso di lei e i due si fissarono giusto per qualche secondo, molto intensamente fino a quando Jemma si avvicinò per dargli un bacio, ma Jack si rigirò perché doveva guidare. 

Arrivati al tribunale, passarono minuti ora che si riempì. Tutti ai loro posti, il processo iniziò e il giudice chiese a Jack 
«Signor J.J. , lei ammette di essere colpevole del reato commesso?»
 e Jack, seduto molto comodamente con gambe incrociate e braccia dietro la testa, con un sorriso spavaldo fissando negli occhi il giudice con aria di sfida, disse «Sì, signore». 
Passarono ore ed era tempo di far parlare l’accusa e la difesa. 
Per tutto il tempo parlò solo l’avvocato di Peggy accusando di vari reati l'imputato.

 Durante il suo discorso fece l’errore di dire «Jack» che si alzò di scatto e disse «Scusami, è Mister J.J. per gli sconosciuti. Grazie.» e intanto Steven, di fianco a lui, sorrise. Dopo ore di accusa finalmente toccava alla difesa, ovvero a Steven che si alzò, andò verso il centro e quando ci fu pieno silenzio, disse grazie e iniziò a parlare «Dopo questa lunga serie di accuse, osservando l’atteggiamento ottuso e aggressivo del signor Bright ( avvocato della difesa di Peggy ), con grande stupore non posso che essere affascinato da quanti errori ha commesso; cioè, mi sorprendo di come lui possa essere avvocato, con così tanti errori commessi in un solo processo. Ma nella mia geniale mente ripenso all’accaduto, ci ripenso e ripenso, non posso non ripensarci, non ci riesco, ed è strabiliante come io sia arrivato a trovarmi in un dilemma. Mi sono davvero trovato davanti ad un vicolo cieco, senza uscita. Cerco un appiglio ma non ci riesco. Ma alla fine, dopo svariati ragionamenti, ho avuto l’illuminazione geniale. Prima avevo un blocco, come il blocco dello scrittore, ma poi è passato tutto, e sono riuscito a risolvere il trabocchetto, ad uscire dal labirinto, e dopo così tanto tempo, sono arrivato alla conclusione. Ovvero che Jack ha torto marcio, e io non posso difenderlo in alcun modo.» 
Tutti stettero zitti, Jack compreso, deluso. Erano tutti stupefatti da come si era comportato Steven. 

Dopo l’udienza, il giudice diede 3 anni e 7 mesi a Jack. Lui con le lacrime agli occhi e con sguardo incredulo, non tanto per la decisione finale del giudice ma per il tradimento di Steven, che credeva fosse uno dei suoi pochi veri amici; lo prese da parte e gli chiese in tono di supplica «Perché? Perché Steve?» e quest’ultimo rispose «La cifra che hai dato a Michelangelo è strabiliante e so che basta per pagarti la cauzione. Ma io e lui abbiamo deciso di dividerci i soldi e mi ha detto che lo avrebbe fatto solo se io ti avrei mandato dentro. E poi, guarda che in ogni caso c’era poco da fare. Non sapevo come darti ragione, avrei dovuto barare. Tu dici che è meglio essere sinceri, no? Beh, io son stato sincero. Ciao ciaoo, le Hawaii mi aspettano!». 
Jack, colmo di rabbia e con le lacrime agli occhi, lo volette inseguire per picchiarlo ma i poliziotti lo fermarono e dissero che era ora di andare. Mentre fu portato via, lanciò uno sguardo di dispiacere a Jemma che aveva assistito a tutto, poi i loro sguardi furono divisi dalla chiusura della porta.

 Appena i loro sguardi si interruppero, lo sguardo di Jemma fu diretto a Steven che si stava dirigendo verso l’uscita con un sorriso di chi ce l’aveva fatta, un sorriso cattivo e nascosto davanti a una maschera buona. Lui se ne accorse e rimase stranito perché quello sguardo era di puro odio; tra l’altro fu strano perché Jemma è una persona che non aveva mai provato odio vero, nemmeno quando veniva maltrattata o insultata al Night Club, ma anche lei, come Jack, credeva nell’amicizia e anche lei era del parere che l’amicizia è un tesoro che va condiviso con pochi. 

Purtroppo lei non poté fare nulla, così si recò verso casa, nonostante si era abituata a stare senza la presenza di Jack, quel giorno fu diverso, sentiva la solitudine e la tristezza, abbattuta dall’accaduto. Non sapeva cosa fare, con una lacrima che le scese dall’occhio si sedette delicatamente a terra. Aveva una disperazione dentro il suo corpo così calmo, una disperazione che voleva uscire e stava per uscire, ma che Jemma riuscì a contenere dentro di se. 

Nel frattempo, man mano che passarono i giorni, l’azienda sotto le mani di Steven crollò sempre più, le azioni andavano male, l’azienda che Jack riuscì a far riprendere anche se lievemente si ritrovò di nuovo nei guai e in via di fallimento. 

Intanto i giorni passarono anche in carcere, Jack da solo, senza nessuno, tutto il giorno a fissare il muro, solito cibo, solita ora d’aria, nulla di più. Con lo sguardo disperso e gli occhi spalancati, con la sua divisa grigia da carcerato, i capelli che crescono e la barba più lunga e folta, si era rassegnato a marcire lì per tre anni, tre lunghissimi insuperabili e infiniti anni. 

In un giorno come gli altri, mentre Jemma puliva casa sentì suonare alla porta. Con molto timore andò ad aprire e si trovò davanti a due energumeni, ovvero Kenny e Brad, i due fratelli di Edward, che furono mandati lì da quest’ultimo dopo che aveva contattato il capo del Night Club, Yves, dicendo dove stava Jemma. 

Lei capì immediatamente chi fossero, uno dei due, ovvero Kenny, era il suo ex-ragazzo, conosciuto lì al Pub. Kenny la fissò con sguardo glaciale masticando una cicca, senza staccare gli occhi dalla ragazza che chiese cosa volevano. Kenny non rispose e Brad di entrare e rubare tutte le cose di valore che trovava. Lei voleva fermarlo, ma era bloccata dallo sguardo assassino di Kenny, con quei muscoli, quei capelli lunghi raccolti in un piccolo codino e quella lieve barba incolta, con i suoi occhi azzurri ghiaccio che riuscirono a bloccare Jemma. Brad entrò, ma in un atto di coraggio urlò a Kenny di stare fermo. Lui di tutta risposta le tirò un pugno con un incredibile gancio destro, lei cadde a terra. Ancora cosciente pregò di non farle nulla, ma quest’ultimo era feticista, motivo per il quale lei lo lasciò oltre che per il lavoro che faceva, quindi lui se la legò al dito. 

Una volta che lei fu a terra, lui le prese il piede sinistro, le tolse la scarpa e le leccò la suola del piede incalzato da dei collant, poi la guardò con un sorriso maniacale, lei spaventata cercò di dimenarsi ma si beccò un altro pugno, dopo di che, iniziò a perdere i sensi. Lui si slacciò la patta dei pantaloni e la stuprò, lui sopra di lei che oramai si era arresa e con poca conoscenza rimase lì a fissare il muro. Qualche minuto dopo arrivò il fratello di corsa e comunicandogli che aveva finito e che aveva riempito il borsone. Kenny una volta che venne in faccia a lei, si asciugò il pene con la sola della scarpa , richiuse la patta, prese il suo borsone, anch’esso pieno, la prese da braccio, la tirò su, e le disse «Tu adesso vieni con noi ahahah!». Lei in lacrime poteva fare ben poco per ribellarsi, dunque loro rapinarono lei e la portarono al Night Club, ma prima le fecero chiudere la porta a chiave, in modo che nessuno sospettasse nulla. 

Durante l’ora d’aria fuori dal carcere, seduto su una panchina a fissare il pavimento con sguardo perso, venne avvicinato da un altro detenuto che iniziò a fissarlo. Jack non lo considerò nemmeno, questo allora si sedette e lo guardò. Jack se ne accorse e gli chiese «Posso esserle utile?» e il detenuto rispose «Sì, devi leccarmi il culo, bastardo! È per colpa tua se sono qui in carcere, ti ricordi? Sono quello che ha cercato di derubarti.» Jack con tono seccato e addormentato, molto lentamente gli rispose «Beh, ha infranto la legge, quindi tecnicamente è per colpa della legge che è dentro, non certo per colpa mia.» il detenuto, di nome Nicolas chiese «Vuoi fare il simpatico?!» Si alzò e si mise davanti a lui, e poi aggiunse «Che ne dici se ti spacco la faccia, brutto figlio di puttana?» Jack spalancò gli occhi e la rabbia prese di nuovo il sopravvento, si alzò di colpo e gli tirò un pugno, quest'ultimo si rialzò e lo prese dal collo, lo sollevò e lo portò contro il muro. Nel mentre Jack continuava a riempirlo di pugni e ginocchiate, poi con un pugno al sopracciglio destro e a seguire una ginocchiata ai genitali, Nicolas si piegò e lo lasciò andare. Jack si avventò contro di lui di corsa e lo colpì con una ginocchiata sul naso, a seguire una scarica di pugni, due sul corpo e tre in faccia. Nicolas perse un attimo l’equilibrio indietreggiando e cadde a terra, a quel punto Jack si mise sopra di lui e gli tirò una scarica di pugni, dopo 7 pugni arrivarono i polizzioti e cercarono di dividerli senza riuscirci e beccandosi un pugno per uno. Furono obbligati a utilizzare il teaser che fece cadere Jack a terra immobilizzato, quando si rese conto dell'accaduto gli uscì una lacrima dall’occhio. 

Qualche ora dopo, Jemma si ritrovò davanti ad Yves, il proprietario del Night Club, dove dovrà riprendere a lavorare. I due ebbero una lunga discussione
Yves «Perché te ne sei andata così? Dovevi almeno avvisarmi, non credi brutta troia?» 
Jemma con sguardo di odio puro, chiese «Perché, tu mi avresti fatto andare, brutto coglione?» 
Yves «Oh oh, stando con Mister J.J. , ovvero Jack fottuto Johnson, hai imparato a rispondere? Beh, insultami quanto vuoi, ma adesso come punizione questa sarà la tua casa, di sopra in soffitta c’è un letto per te, ti conviene riposarti che domani dovrai soddisfare parecchi pazienti.» 
Jemma «Tu non puoi obbligarmi, io voglio andarmene.» 
Yves «Mmm, temo di non poter lasciarti andare. Sai perché? Perché sei una puttana e devi ubbidire, altrimenti ti ammazzo! Haha è divertente, no?» 
Jemma «Sei un mostro. Jack era una bravissima persona!» 
Yves «Hai detto bene. ERA, perché ora in carcere il suo culo sarà pieno di cazzi.» 
Jemma «Sempre meno del tuo, bastardo figlio di puttana!» 
In quel momento Kenny, che era affianco a Yves, le tirò uno schiaffone. 
Yves poi disse «Mia madre non era una puttana come te. Lei mi manteneva con un lavoro onesto, un lavoro che una troia come te non potrà mai trovare.» 
E poi concluse «Ora puoi andare sopra a riposare, vedi di soddisfare i bisogni dei clienti domani, per stasera limitati a soddisfare i bisogni feticisti di Kenny va. Ora puoi andare puttanella e impara a rispondere bene.» 
Il giorno dopo Jemma si svegliò sul suo letto, con affianco Kenny; si alza senza farsi sentire e si dirige verso lo specchio della camera, si guarda e vede il suo corpo e il suo volto pieno di ferite e lividi, le scese una lacrima come per dire “Che razza di vita che sono costretta a fare”, però si fermò a pensare. Vedeva Kenny dormire, sapeva che stavano tutti dormendo di sotto, che il Night Club era chiuso e che quindi nessuno poteva vederla. 
Allora si mise le scarpe, un giubbotto e un cappello, voleva subito andare a correre per sporgere denuncia. Aprì la porta con calma e grazia, per non farsi sentire da Kenny; riuscì ad uscire, chiuse la porta molto lentamente e iniziò a scendere la scale. Iniziava a camminare con passo sempre più svelto, cercò di aprire la porta, non ci riuscì, poi cercò le chiavi nel divano, nello scaffale vicino la cucina, ma poi le vide nel comodino davanti al divano, andò di corsa a prenderle con aria speranzosa, ma come le prese si rigirò verso la porta ma si trovò davanti Yves. Lei lanciò un gemito spaventato, lui sorrise, la guardò e le disse «Tu davvero volevi scappare? Davvero pensavi di farcela? Tzh...naa naa naaa, mi dispiace per te.» A quel punto lui si avvicinò e di colpo le tirò l'ennesimo schiaffo che per fortuna la sbatté sul divano. Yves, con gli occhi accecati dalla rabbia, voleva riempirla di botte ma si fermò, la fissò e le disse solamente «Torna a dormire, è già tanto che non ti stia riempiendo di botte. Ah, questa puttanata ti costerà degli straordinari.» 
I giorni passarono tutti uguali, alla fine anche lei si ritrovò nella stessa situazione di Jack, chiuso in un piccolo spazio di pochi metri quadrati, tutti i giorni fare sempre le stesse cose. Più i giorni passavano più veniva maltrattata, si arrese al suo destino, sapeva che oramai doveva accettare il fatto che quella era diventata la sua vita. Jemma è una donna che non si arrende mai, ma dopo 4 mesi, 4 mesi di sforzi, di tentativi, di piani per evadere da quell’inferno, di strategie e di fatica, si lasciò andare. 

Nel frattempo Jack , anche lui rassegnato al suo destino, quello di marcire in carcere per 3 lunghissimi anni, un giorno come gli altri, se ne stava lì come una persona senz’anima a guardare il muro di fronte a sé, quando ad un certo punto arrivò una guardia e gli disse «Signor J.J. , è libero di andare. La sua cauzione è stata pagata, schiodi il culo dal letto ed esca, mi segua.» Jack si girò, non capendo cosa stesse succedendo, poi vide sua zia paterna dietro la guardia e capì immediatamente. 

Sua zia Sarah è la sorella maggiore di suo padre defunto, ed è molto ricca. In passato aveva litigato con Jack per varie divergenze aziendali, anche lei lavorava nell'azienda Johnson dalla quale poi era stata licenziata. Jack nemmeno ci pensava più a lei, non pensava nemmeno che potesse interessarsi più a lui, e invece fu lei a pagare la cauzione. Forse in lei era rimasto un briciolo d’amore nei confronti di  suo nipote. Quest’ultimo con un sorriso di speranza e occhi lucidi di felicità, andò subito da lei, ci si fermò davanti e la guardò, lei non spiccicò parola, lui prese e l’abbracciò come mai prima d’ora e piangendo Jack continuò a chiederle scusa, scusa per tutto e per i suoi infiniti errori. 

A quel punto lei iniziò a parlare «Non preoccuparti. Non sarei qui se non ti avessi perdonato, e poi, hai preso da me il tuo bel caratterino, quindi mi son fermata a pensare...perché non dare un’altra chance a una testa di cazzo come me?» Jack sorrise e disse che non era cambiata di una virgola, lei rispose lo stesso di lui sapendo i casini che aveva combinato. Usciti di prigione, andarono a prendersi un caffè ad un bar lì vicino e parlando, zia Sarah disse a Jack che fino a poco tempo fa non sapeva che fosse in carcere e che 2 mesi fa, quando lui oramai era dentro da 2 mesi, era andata a citofonare per parlargli, ma non ha risposto nessuno e solo 3 settimane fa aveva letto la notizia al giornale. 

Jack la fermò e aggiunse «Non è possibile! Io ho lasciato la casa alla mia badante, avrebbe dovuto rispondere lei» Sarah disse che aveva fatto male a lasciare la casa alle mani di una badante, Jack le disse che non la conosceva, che era una ragazza stupenda, una sua “quasi fidanzata” e sua zia replicò «Ahh, vedo che la tua considerazione nei confronti di una ragazza sta cambiando, eh?» con uno sguardo molto interessato, però Jack preoccupato disse di andare a controllare. Pochi secondi dopo, in lontananza dietro un cespuglio, vide Charles, il paparazzo che odiava di più, quello che gli sta sempre addosso, ogni cosa che fa. Jack cercò di coprirsi col giornale dicendo a sua Zia che dovevano andare. I due scappano, ma prima di entrare in macchina, Jack fece un dito medio a Charles che fotografò il tutto, era già pronto a spargerlo per il web per poi ottenere offerte dai giornali per avere i diritti delle foto. Riuscì a scattare ben tre foto e con tono orgoglioso disse «Queste andranno dritte in prima pagina, già me le vedo». 

Passò un’ora, Jack e sua zia arrivarono a casa ma non riuscivano ad aprire la porta, provarono a suonare più volte, tipo 7 volte, quando Jack decise di andare sul retro, spaccò la finestra di camera sua. Sua zia rimase sotto la finestra ad aspettare, Jack vide tutta la casa sotto sopra, vide che mancarono numerosi gioielli e quadri di valore, rimase a bocca aperta. Scese in sala e non trovò alcune maschere, tra cui la preferita di Jemma, inizialmente pensava fosse stata lei a derubarla così la chiamò. Rispose Yves «Uhhhh signor J.J., non era mica in carcere? È già uscito. Ha succhiato qualche cazzo per uscire prima? L’ha preso in culo perché le è caduta la saponetta e ora il culo le sanguina mister fighetta? Mi dispiace. Ora, so che non mi conosce: io sono Yves e sono il proprietario del Night Club dove Jemma lavorava. Si ricorda che Edward gliela averebbe fatta pagare? Ecco, fatto! Ahahah!» e Jack con tono minaccioso, ma allo stesso tempo timoroso, disse «Senti, lasciala stare! Se vengo lì, ti uccido con le mie mani!», poi Yves disse «Ah sii?! Aiuto, cosa vuole fare? È appena uscito di carcere con LARGO anticipo, quindi non so quanto le convenga minacciare.» Jack urlò «Voi mi avete derubato stronzi, mi avete derubato dei beni più preziosi e della ragazza che amo, bastardi!». Dopo di che chiuse il telefono in faccia a Yves, che guardo il suo cellulare con aria preoccupata, perché, anche se non sembrava, era molto preoccupato e aveva paura di Mister J.J., tutti avevano paura di quell’uomo così economicamente potente. 

Scese dalla finestra e riferì tutto a sua zia, voleva andare al Night Club per andare a riprendersi ciò che era suo. Sua zia disse che la vendetta era sbagliata ma lui replicò «Chi ha parlato di vendetta, io parlo di vendetta ma nel mio stile!». Sua zia lo guardò preoccupato e gli disse che era meglio chiamare la polizia, ma Jack non volle, non voleva vedere la polizia per un po’. 

Nelle prime ore della sera, mentre i due andarono al Night Club, Sarah si accorse che Jack stava andando dalla parte sbagliata, glielo disse ma Jack rispose che lo sapeva, aggiunse che la stava portando verso casa sua, perché non voleva coinvolgerla in questa storia. Sua zia si arrabbiò e i due discussero. Jack rimase calmo, fermò la macchina di colpo e le disse «Senti, puoi arrabbiarti quanto vuoi ma tutto questo sta accadendo per un mio errore. Mettiamo caso che dovesse succederti qualcosa, anche una piccolissima cosa, io mi sentirei in colpa, non me lo potrei perdonare. Ho già fatto troppi errori e non sto bene, si vede, non voglio farne altri, ti prego» Sarah rimase senza parole, Jack nei suoi confronti non era mai stato particolarmente tenero o buono, e quindi lo capì disse «Va bene, ti capisco. Portami a casa ma stai attento, non voglio che ti succeda nulla, capito?». Jack non rispose e sua zia gli tirò uno schiaffo urlando «CAPITOO?!». Lui a testa bassa, senza nemmeno guardarla negli occhi, disse di sì. Poco dopo, arrivati a casa di Sarah, Jack la lasciò sotto casa. 

Oramai erano le 7 e mezza di sera, Jack sapeva che lo aspettava un lungo viaggio, si precipitò verso il Night Club. Sua zia lo vide partire dalla finestra di casa sua, aveva uno sguardo preoccupato, poi si girò e guardò per un attimo il telefono, era passata oramai una mezzora piena da quando Jack era partito. 

Arrivò al Night Club, scese di fretta. Si fermò un attimo e si mise le mani in faccia come per coprirla, una volta tolte era col suo solito sguardo, eccentrico e sorridente, come se indossasse una maschera. Andò sul retro dove c’era l’ufficio di Yves, ma davanti alla porta si trovò fratelli di Edward. Jack chiese di farlo passare, Kenny fece un passo avanti e si mise davanti alla porta chiedendo cosa voleva. Nel mentre Brad disse che c’era un problema sul retro, e contattò Yves, che era vicino a Jemma, quest’ultima poteva sentire cosa si dicevano. Allora si insospettì, ma cercò di non sperarci troppo quindi riprese a servire ai tavoli mentre Yves uscì. Vide Jack che, con un grande sorriso e molta gentilezza, chiese se poteva entrare per parlare, se Yves voleva anche con Kenny e Brad a coprirgli il culo, aggiunse. Yves lo guardò stranito e esclamò un altrettanto e stranito «Ok, va bene». 
Entrarono tutti quanti, Jack e Yves si sedettero, mentre Kenny e Brad si misero dietro il loro capo. 

I due parlarono a lungo, Jack aveva la meglio su ogni frase, nessuno poteva batterlo a parole. Yves sentendosi in difficoltà e ricattato, disse a Kenny e Brad di cacciarlo fuori, a quel punto Jack si scaldò, i due lo buttarono fuori e iniziò una rissa. Uscì anche Yves a dare una mano ai due fratelli, ovviamente non serviva molto dire che i tre ebbero la meglio su di Jack che si fu pestato a sangue. Poco dopo arrivò la polizia, ma non fu Jack a chiamarla. La vide avvicinarsi, lui era a terra con la faccia tutta insanguinata, la polizia scese e puntò le pistole contro i tre ragazzi che si arresero e alzarono le mani e furono arrestati. Da una delle due auto della polizia scese Sarah, la zia di Jack, quest’ultimo sorrise ai tre ragazzi e gli fece due bei diti medi, andò da lei a ringraziarla e abbracciarla. Un poliziotto poi andò da Jack per chiedere di spiegarli bene cosa avevano combinato i tre. Rispose che lo avevano derubato e avevano rapito la sua ragazza. 

Il poliziotto allora disse di entrare a controllare chi fosse la sua ragazza e che in seguito si sarebbero occupati loro di trovare gli oggetti spariti da casa sua. Quando Jack vide Jemma di spalle, che piangeva sperando che non gli fosse successo nulla, gli si illuminarono gli occhi senza riuscire nemmeno ad aprire bocca. La indicò soltanto, il poliziotto capì e andò da lei, la pregò di alzarsi e di girarsi, il poliziotto indicò Jack, lei lo vide, ed ebbe la stessa reazione di Jack. Sorrise incredula e corse da Jack, gli saltò addosso e lo abbracciò, chiuse gli occhi. I due non si dirono nulla, si abbracciarono soltanto per qualche di minuti. 

Sarah andò da Jack poco dopo e gli disse «Ora non prendertela comoda, io devo andare, ma tu domani hai un’azienda che ti aspetta.» A Jack venne subito in mente l’azienda e che doveva sbarazzarsi di quel bastardo di Steven. Una volta arrivati a casa, disse a Jemma di risposarsi, che aveva già sofferto troppo. Aveva il corpo pieno di botte, ma vicino a Jack non le sentiva, era sempre ricoperto di un sorriso smielato di chi aveva visto il suo principe azzurro. Quindi gli rispose «C’è parecchio disordine e il mio turno serale finisce fra un’oretta, c’è ancora tempo.» lui sorpreso disse «Cosa? Vuoi ancora lavorare dopo quello che è successo? Beh, io non so te, ma son stanchissimo e addolorato, meglio che vada a lavarmi e dormire. Ti consiglio di fare lo stesso.» con tono quasi seccato a causa dello stress e di tutti i problemi; per carità, era contento di aver ritrovato la ragazza che davvero ama, ma ha ancora parecchi problemi che lo affliggono. Jemma capì e non ci rimase male e gli disse che faceva bene a riposarsi, poi lei si avvicinò a lui, si alzò sulle punte dei piedi, gli diede un bacio sulla guancia e gli sussurrò all’orecchio destro «Buonanotte» con una voce molto calda e sensuale. Jack andò in bagno a lavarsi la faccia, nel mentre si guardò allo specchio, il suo voto pieno di sangue. 

Finito di lavarsi, si tolse la maglietta, si preparò per andare a dormire e una volta davanti al letto lo fissò, poi spostò lo sguardo verso l'armadio dove teneva gli alcolici, e iniziò a trincare, ancora, ancora e poi ancora. Andò avanti un'ora a bere senza sosta, preso dalla disperazione buttò dei libri nel camino per aizzare il fuoco, poi aprì le ante del suo balcone e iniziò ad urlare alla luna piena come un lupo, ma il suo era un urlo di disperazione e di dolore, decisamente più malinconico di quello di un lupo. Jemma, che aveva finito il suo turno, andò da Jack per avvisarlo, ma man mano che si avvicinò al corridoio a camera sua, sentì il casino e sentì Jack spaccare cose e urlare. Allora si fermò un po’ intimorita, quando il casino smise si sentivano solo dei gemiti di pianto. Dopo qualche esitazione,decise di entrare, vide Jack seduto con la schiena appoggiata al muro vicino al camino con in mano una bottiglia quasi vuota di Jack Daniel’s, con un gran ciuffo di capelli spettinati in avanti. 

Quando la vide, Jemma sorrise, con un sorriso sicuro, un sorriso che non aveva mai fatto. Lui non capì così lei andò da lui, si inginocchiò per mettersi a pari altezza con Jack e gli asciugò le lacrime accarezzandogli le guance, poi gli aggiusto i capelli mettendogli indietro il ciuffone e poi esclamò la stessa identica frase che ha esclamato Jack al loro primissimo incontro, ovvero «Cosi va meglio, no?», i due sorrisero capendosi al volo. In seguito Jemma porse la mano a Jack per farlo alzare, lui si alzò, sempre tenendogli gli occhi fissi addosso proprio come stava facendo lei, e dopo essersi fissati intensamente come mai prima d’ora, iniziarono di colpo a darsi un bacio molto appassionato, lungo, iniziarono a toccarsi ovunque con le braccia, c’era una passione nell’aria incredibile. Si baciarono davanti al fuoco del camino caldo, il loro bacio più caldo di quel fuoco. Jack la prese in braccio, la posò delicatamente sul letto e le disse «Sono pronto per un NUOVO INIZIO con te.» con uno sguardo serio, tenendole gli occhi addosso e con le braccia avvinghiate attorno a lei come se fosse una sua creatura. Lei sorrise, lo accarezzò, prima dalle guance e poi i capelli, lo guardò con uno sguardo gioioso, e gli rispose «Sono pronta anche io per la prima volta» e lei baciò lui. Si baciarono a lungo,  si tolsero via i vestiti, lei si mise sopra di lui e si tolse la maglia e in seguito il reggiseno, gli prese le mani e le mise sul seno. 
I due si guardarono sorridendo, ricominciarono a baciarsi intensamente, lui continuò a palpare il culo a lei, invece lei da sopra gli mise la mano sotto le mutande e inizia a masturbarlo, in seguito lui tirò una sculacciata forte a lei, che gli fece fare un gemito di piacere seguito da una risata dolce e molto breve. Ad un certo punto squillò il cellulare di Jack ma dopo qualche secondo lo spense. Era sua zia Sarah, che aveva intuito il motivo del rifiuto e sorrise dicendo «È proprio mio nipote» con tono fiero e se ne andò a letto. 
Nel frattempo i due continuarono, questa volta era Jack sopra di lei, che si spostò verso il basso per leccargliela, lei iniziò a fare movimenti di bacino che lasciavano indurre al piacere, lui leccò sempre più forte fino a farle fare grandi gemiti, infine si alzò in piedi e si tolse le mutande. Lei lo guardò con sorriso malizioso mettendosi il dito indice sul labbro, lui si rimise sopra di lei, ma questa volta per penetrarla. I due andarono avanti per almeno tre quarti d’ora per poi addormentarsi assieme, lei appoggiata al suo petto e lui col braccio intorno alla sua spalla, mano nella mano. 
   
 
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