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Autore: Akilendra    17/03/2015    4 recensioni
"Come si può fermare un cuore innamorato? Come gli si può dire che deve smetterla? Smetterla di amare, perché un cuore innamorato è un cuore malato e l'amore è la sua unica malattia, l'amore è la sua unica cura. Come si può fermare un cuore innamorato?
Non si può.
Continuerà ad amare sempre, si farà male, si farà bene. Togligli l'amore e appassirà. Diventerà arido e ghiacciato, duro come il marmo. Togligli l'amore e guarirà, ma sarà morto.
Loro erano vivi. Malati di amore, ma vivi."
Questa è la storia di due parabatai: iniziata a scrivere quando avrei tanto voluto leggerla, interrotta quando ho saputo che c'era e che sarebbe uscita, completata nell'attesa dell'unica ed originale scritta dalle ben più degne mani di Cassandra Clare.
Questa è la storia di Ben e Lena.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia inizialmente non nasce dal bisogno di scrivere, ma da quello di leggere.
Credo che avessi appena finito Città di vetro quando mi venne in mente. Avrei così tanto voluto leggere una storia d'amore su due parabatai... Dato che non avevo la minima idea del fatto che la cara Cassandra Clare stesse scrivendo in proposito niente poco di meno che una trilogia, iniziai a mettere su carta quello che mi passava per la testa, per gioco più che altro. Inutile dire che quando ho scoperto di Lady Midnight mi sono sentita alquanto stupida, ho smesso di scrivere questa storia perché ho pensato che non avesse più senso. Poi mi sono detta (Cassandra Clare chiedo umilmente venia... mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa) che comunque un senso ce l'aveva e gli ho dato una possibilità. Spero che gliela darete anche voi e che non la prenderete per chissà quale atto di presunzione, ma semplicemente per quello che è: una piccola storia per ammazzare il tempo in attesa di leggere quello che mani ben più degne stanno scrivendo per noi! ;) 

Akilendra



















1. Certe cose non possono cambiare

All this time I can't believe, I couldn't see 
kept in the dark, but you were there in front of me 
I’ve been sleeping a thousand years it seems
got to open my eyes to everything.
(Evanescence~Bring me to life)



Come diavolo era successo? Lena non sapeva proprio dirlo. Non sapeva riconoscere l'attimo preciso in cui aveva iniziato a guardare Ben in quel modo. Ma era successo e in cuor suo sapeva che non avrebbe potuto fare niente per cambiarlo.
Semplicemente, certe cose non possono cambiare. 

Da quattro anni le loro anime erano unite dal più potente legame che c'è per un Nephilim, da quattro anni erano diventati l'uno l'ombra dell'altra. In quei quattro anni si erano guardati le spalle a vicenda, sempre fianco a fianco in battaglia, sempre fianco a fianco nella vita.
In quel momento, era chinato sul suo braccio, i capelli color mogano le solleticavano la pelle, mentre le tracciava una runa dopo l'altra. Lena desiderò convincersi che il bruciore che sentiva fosse per lo stilo sul suo braccio, sfortunatamente era tutt'altro bruciore e non sarebbe passato con un'iratze.
Quel bruciore la accompagnava da tempo e prima o poi sarebbe uscito fuori o l'avrebbe arsa viva. Un leggero tremito la colse a quel pensiero. 
- Ti sto facendo male? - le chiese alzando i grandi occhi scuri verso il suo viso, nelle sue iridi marrone e verde si mischiavano in un abbraccio di sfumature affascinanti. La sua voce e subito dopo la carezza che depositò sulla guancia di lei, era piena di una premura ed un'attenzione per nulla consona al momento, per nulla consona da rivolgere alla propria parabatai.
Lena scosse la testa in risposta alla sua domanda e scostò il viso dalla sua mano. Sulla faccia del ragazzo passò una strana espressione.
Oh Ben... Se solo avesse saputo quanto aveva desiderato quel tocco, se solo avesse saputo quanto lo desiderava anche in quel momento...
Ma Ben non lo sapeva, lei non glielo aveva mai detto e mai lo avrebbe fatto. 

Era sbagliato. Lena se lo ripeteva almeno cento volte al giorno, ma quel concetto non riusciva ad entrarle in testa, bastava distrarsi un attimo e immagini di Ben le danzavano davanti agli occhi, immagini di Ben nel modo in cui un Nephilim non dovrebbe immaginare il proprio parabatai. Il suo corpo le giocava davvero brutti scherzi, quando la pelle di lui entrava in contatto con la sua la faceva andare a fuoco ed improvvisamente la temperatura si alzava di botto, lasciandola bruciante e poco lucida a mascherare alla meglio i suoi stati d'animo. Davvero un colpo basso, il suo corpo era un vigliacco, le rendeva tutto più difficile dato che passava praticamente ogni secondo della sua vita appiccicata a Ben. Insomma, era il suo parabatai, era normale il contatto fisico tra loro, eppure qualcosa dentro di lei non sembrava pensarla così. Ogni volta che si sfioravano per Lena era qualcosa di unico ed emozionante, niente a che vedere con il normale contatto che si ha con le persone tutti i giorni. In realtà tutto in Ben era unico ed emozionante, ma Lena non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
- Pronta? - chiese lui. Le labbra increspate in un sorriso micidiale per il povero cuore della ragazza.
Sei una rammollita, Lena. Si schernì mentalmente. No, sei solo innamorata, Lena.
Sempre - disse guardandola, il sorriso che prima aveva sulle labbra ora stava negli occhi.
Ovunque - rispose lei.

Era una consuetudine, un'abitudine che avevano preso in quei quattro anni insieme. Se lo ripetevano prima di fare qualcosa di importante, prima di un combattimento, come in quel caso, se lo ripetevano per tranquillizzarsi quando erano inquieti. Lui le aveva detto 'sempre' anche quando anni prima, sul lettino bianco dell'infermeria dell'istituto aveva visto apparire sulla porta i fratelli silenti venuti per cercare di strapparlo alla morte e mentre si avvicinavano al letto lei gli aveva stretto la mano, 'ovunque' gli aveva sussurrato e il timore se n'era andato dagli occhi del bambino. Ben se l'era vista proprio brutta quella volta, aveva rischiato di morire e per un momento tutti avevano pensato che, nonostante la tenera età, fosse arrivata la sua ora. Tutti tranne Lena, lei non aveva lasciato che lo sconforto la prendesse neanche per un attimo, era rimasta sicura e salda al fianco di Ben e aveva stretto la sua mano fino a quando non era stato fuori pericolo.
Allora sì che ero coraggiosa, pensò Lena con aspro divertimento, ero solo una bambina eppure ero molto più forte di quanto non sia ora. Almeno allora non rischiavo di sciogliermi ogni volta che mi guardava. 

Con una spallata Ben sfondò la porta della casa che si accartocciò come un foglio di giornale sotto la sua potente spinta, con una calma infinita scavalcò i detriti ed entrò dentro aspettando che anche Lena facesse lo stesso. Bastò una breve occhiata per capirsi al volo e in tacito accordo cominciarono a salire le scale, spalle contro spalle. Nonostante il tessuto robusto e resistente dell'uniforme riuscivano a sentire l'uno il calore dell'altra e quella piccola certezza assieme allo strusciare delle spalle, infondeva sicurezza in entrambi.
Come se fosse stato necessario un contatto per sentirsi...

Un latrato acuto, fastidioso come lo stridere di un'unghia su una lavagna, squarciò l'aria. Lena e Ben sguainarono le loro spade angeliche contemporaneamente. In un attimo due bestie bluastre apparvero all'inizio delle scale, una fu subito su Ben. I suoi cinque occhi senza pupilla lo guardavano insistenti e un filo di bava verdognola colò sulla pelle nera dell'uniforme del cacciatore. Con un ringhio si scrollò la creatura di dosso e gli si avventò contro; la spada angelica stretta nel pugno sibilava, mulinando e tracciando archi nell'aria. Il mostro sfoderò un'agilità inaspettata e riuscì a schivare i colpi muovendosi sulle zampe squamate, poi da quella che si sarebbe detta una bocca uscì una lunga lingua biforcuta. La fece scioccare minacciosa in direzione di Ben che, colto alla sprovvista, si lanciò di lato per schivare il colpo fatale che altrimenti lo avrebbe tranciato in due. Un dolore acuto gli colpì la schiena. La creatura che gli si era aggrappata alle spalle era uguale a quella che aveva davanti e i suoi lunghi artigli affilati gli laceravano la carne come coltelli. Un secondo dopo il demone non era più un problema: un coltello piantato nella schiena lo aveva reso inoffensivo.
Ben si voltò, alzò lo sguardo e sorrise brevemente a Lena congratulandosi con gli occhi per il tiro, poi tornò a guardare avanti e conficcò la spada angelica nel petto dell'altro demone.
- Stai diventando piuttosto brava, Alena - Lei cercò di mascherare un sorriso, c'era qualcosa nel modo in cui pronunciava il suo nome completo che le scaldava il cuore.
Già, penso che dovresti guardarti le spalle, Benjamin, potrei superarti - Ben invece odiava essere chiamato così e, come tutte le volte, fece una smorfia insofferente liquidando il suo commento con un gesto della mano. Lena rise forte.
Molte figure spuntarono da dietro una porta, esattamente uguali alle prime due. Ben le adocchiò, ma scosse la testa in direzione di Lena.
Devi farne di strada prima di poter competere con me, bambina - Sfoderò un'altra lama, soppesò le due spade strette nelle sue mani prima di tranciare di netto le teste di due demoni con un movimento a forbice. La risata di Lena riecheggiò in tutta la casa mentre si lanciava anche lei contro le creature.

Lena rifletté sul fatto che, qualsiasi cosa stesse succedendo dentro di lei, non sarebbe riuscita ad intaccare questa parte del loro rapporto. Il modo in cui si scrutavano negli occhi guardandosi l'anima prima di un combattimento, il modo in cui consegnavano senza esitazioni la propria vita nelle mani dell'altro. Non importava cosa le stesse succedendo, questo non sarebbe mai cambiato.
Semplicemente, certe cose non possono cambiare.

A Grace scappò un verso stridulo quando vide i due parabatai imboccare il soggiorno. Non si poteva certo dire che fosse una donna facilmente impressionabile, né che non fosse abituata a divise lacere, tagli e sangue, semplicemente la missione di quella mattina sarebbe dovuta essere per i due ragazzi una passeggiata di salute.
Zia Grace - la salutò con noncuranza Ben prima di lasciarsi cadere a pancia in sotto sul divano imbrattandolo di icore. Lena appena dietro di lui, gli si accasciò addosso anche lei esausta.
Ahi! - protestò il ragazzo e subito lei gli si sollevò di dosso biascicando delle scuse. Così facendo permise a Grace di vedere i brandelli della divisa del cacciatore lacerata sulla schiena.
Si può sapere cosa diamine è successo? - chiese sconcertata alzandosi dalla sua poltrona e avvicinandosi al ragazzo. Ben farfugliò qualcosa con la faccia schiacciata contro un cuscino ricamato, ormai rovinato irrimediabilmente.
- Demoni Shaomao - rispose Lena intuendo cosa voleva dire il suo parabatai.
- Quanti? -.
- Non lo so, dieci, dodici... -.
- Dodici?! - chiese conferma la donna un po' sbigottita. Ben farfugliò qualche altra cosa, Lena gli strappò da sotto il viso il cuscino di pizzo e lo gettò senza troppe cerimonie a terra, facendo sbattere la testa del ragazzo sul bracciolo del divano.
- Non capiamo niente se continui a tenere quel coso in faccia - disse guadagnandosi un'espressione fintamente indignata da parte del cacciatore.
- Stavo dicendo che ovviamente non li abbiamo contati. "Scusate, cari demoni, potete smettere un attimo di cercare di ucciderci e mettervi solo un secondo in fila così vediamo quanti siete? Poi torniamo a scannarci l'un l'altro, ma lasciatevi contare!" - Lena dovette premersi entrambe le mani davanti alla bocca per non scoppiare a ridere. L'espressione indignata di Grace alla battuta di Ben non tardò ad arrivare, la donna si spiegò sulle ginocchia e raccolse il cuscino ricamato sporcato di icore e sangue dal ragazzo e buttato brutalmente a terra da Lena. Sconcertata, pensò che quei due scalmanati non avevano il minimo rispetto per gli sforzi che faceva per rendere quell'istituto una casa accogliente per loro.
- Te ne comprerò uno nuovo, zia Grace - disse il ragazzo indicando il cuscino, sul volto della donna comparve un sorriso incredulo.
- Oppure potrebbe ricamartelo Lena con le sue manine delicate... Potrebbe cucirlo con la pelle di demone - aggiunse subito dopo e "le manine delicate" di Lena gli stamparono un paio di schiaffi sul braccio, mentre Grace lasciava la stanza con la solita espressione rassegnata prima che tra i due si scatenasse la consueta zuffa.

Grace Carlight era davvero la zia di Ben, sua sorella Eleanor si era sposata con Nicholas Fairway, un anno dopo lui era stato posto a capo dell'istituto di San Francisco e la sorella vi si era trasferita insieme ai due sposi. La zia Grace, zitella cinquantenne con un ossessione per il merletto, era una cacciatrice un po' particolare. In realtà era una Nephilim a tutti gli effetti, ma per tutta la vita aveva cercato di tenersi il più lontana possibile da combattimenti, demoni e sangue. Occuparsi dell'Istituto insieme alla sorella e suo marito, era stato per Grace un ottimo modo per sfuggire ad una vita di morti e cicatrici. Certo, poi c'erano le volte come quel giorno in cui vedeva suo nipote tornare a casa con l'uniforme sbrindellata e il sangue rappreso attaccato ai capelli, ma era comunque meglio che fare la vita che avrebbe fatto se non si fosse trasferita all'Istituto.
Eleanor, orgoglio della famiglia Carlight, era stata in compenso una cacciatrice modello, totalmente devota alla causa dei Nephilim, faceva della caccia ai demoni il suo unico obiettivo di vita. Si era sposata con un uomo, Nicholas, altrettanto convinto della sua vocazione. Insieme erano una coppia molto equilibrata, l'impetuosità di lei era temprata perfettamente dall'obiettività di lui.
Quando erano stati messi a capo dell'Istituto nessuno dubitava che avrebbero fatto uno splendido lavoro. E così era stato: con qualche anno avevano risollevato il decadente istituto di San Francisco, facendolo diventare uno dei più importanti in tutto il paese. Quando poi Eleanor aveva dato alla luce un figlio, Benjamin, tutti si erano convinti che era appena nato un cacciatore promettente, un Nephilim degno di quel nome come suo padre e sua madre ed in breve tempo tutti avevano dimenticato l'inadeguatezza di sua sorella Grace, che al riparo nelle mura dell'istituto, nelle vesti della casalinga-Nephilim si sentiva a suo agio come non mai.
Dieci anni dopo la nascita di Ben, era arrivata a San Francisco una bambina dagli occhi blu cobalto, Alena Silverkey, aveva detto la mamma quando gliel'aveva presentata.
Ben, per quanto si sforzasse, non riusciva a farsela andare a genio: era piccola, gracile, stava sempre zitta ed era pure femmina...come sarebbe potuta piacergli? Come se non bastasse era anche piuttosto scontrosa, stava sempre sulle sue e non parlava mai, ma proprio mai. Ben passava le ore a raccontargli tutto quello che gli passava per la testa e lei non si degnava mai di dirgli una sola parola. La mamma e la zia Grace gli avevano detto che Alena aveva subito un grave trauma e che non sarebbe mai stata la bambina che era, non sarebbe mai stata una bambina come le altre. Alena era speciale, dicevano. Ben non capiva.
Col passare degli anni però, aveva capito. Aveva capito come interpretare i suoi silenzi, aveva capito che nonostante sembrasse piccola e fragile sopportava l'allenamento quanto lui, che dietro l'aria scontrosa si nascondeva una bambina ostinata che cercava di scappare dal dolore. E l'ammirava, perché era sincera, perché era coraggiosa e perché era un'ottima Nephilim.
Poco alla volta erano diventati amici, poi più che amici, praticamente fratelli, ma a Ben ancora non bastava. Sentiva che voleva esserle vicino, voleva legarsi a lei come non avrebbe fatto con nessuno. Erano passati cinque anni da quando era arrivata all'istituto quando Ben gli offrì se stesso e Lena fece altrettanto...

...Dove andrai tu andrò anch'io;
Dove morirai tu, morirò anch'io, e vi sarò sepolto:
L'Angelo faccia a me questo e anche peggio
Se altra cosa che la morte mi separerà da te.

Era una promessa, sempre, ovunque.
Non c'era niente di più profondo, niente di più intimo e vincolante che essere parabatai. Eppure c'erano momenti, brevi attimi in cui Ben sentiva che non era ancora abbastanza. Anche mentre la guardava ora, il sangue secco le appiccicava i bei capelli color dell'ambra, i tagli e i graffi sulla sua pelle pallida andavano scomparendo man mano che l'iratze sulla sua spalla faceva effetto. Anche mentre la guardava in quel momento, fissandola nei grandi occhi blu, sentiva che non era abbastanza. 

Come diavolo era successo? Ben non sapeva proprio dirlo. Non sapeva riconoscere l'attimo preciso in cui aveva iniziato a guardare Lena in quel modo. Ma era successo e in cuor suo sapeva che non avrebbe potuto fare niente per cambiarlo. 
Semplicemente, certe cose non possono cambiare.
  
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