" Le persone e il tempo distruggono tutto "
Nathan
si
svegliò tardi quella mattina. Non aveva lezione e decise di
approfittarne per riposarsi.
Si alzò dal letto, sbadigliando quasi ad ogni passo e con gli occhi
ancora
socchiusi raggiunse la cucina molto lentamente. Sua zia era seduta sul
divano e
appena lo vide arrivare sorrise scuotendo leggermente la testa,
guardandolo cercare
tra i cassetti dei biscotti mentre si preparava del latte caldo.
«
Dormiglione è arrivata una lettera per lei, è lì sul tavolo » Disse la
zia.
« Come? E di
chi? » Domandò Nathan apprestandosi a prenderla « Il palazzo reale? »
Lesse
sorpreso.
« Hai per
caso fatto le tue solite battute idiote e il re ha deciso di cacciarti
via per
questo? » chiese lei sghignazzando. « Non mi sorprenderebbe se fosse
così. »
« Ahm, no!
Cioè... non al re almeno! » Il ragazzo l’aprì e prese il foglio che
c’era
dentro « Sono stato invitato… ad un ballo?! » gridò con gli occhi
spalancati.
« Uh, bello…
starai con la gente di alto borgo. Ricordati di noi comuni mortali. »
lo
provocò la zia tornando a guardare il televisore.
« Spiritosa!
Che diavolo si fa un ballo e poi… dove lo trovo un abito elegante?! »
Le domandò
guardandola.
« Beh, ad un
ballo mangi e bevi gratis, nel frattempo chiedi a qualche bella ragazza
di
ballare con te e ti diverti, se poi vuoi che vada nello specifico molti
uomini
puntano sul dopo serata in privato » Commentò la zia sorseggiando la
sua
bevanda in tutta
tranquillità.
« Grazie per
essere esplicativa come al solito. Poi la gente si chiede perché siamo
una
famiglia di pazzi! » Ringhiò il ragazzo per lo scherzo.
« Come siamo
permalosi! Ti sei alzato dalla parte sbagliata del letto? » disse lei
tranquillamente.
« Vorrei
solo una risposta seria per una volta! » sospirò Nathan sistemandosi
sulla
poltrona.
« In casa
mia mi comporto come voglio e rispondo come voglio quando non ho
clienti,
quindi non lamentarti » lo zittì lei « Fai colazione, preparati che poi
andiamo
a comprare un abito con Jewel »
« Non vedo
l’ora di andare per negozi con mia zia e mia cugina, sul serio! » disse
il ragazzo
alzandosi.
« Bene!
Avevamo giusto bisogno di un portaborse » rise lei spegnendo il
televisore.
Akino,
intanto, era lontana diversi chilometri da New Heaven. Era partita alle
quattro
del mattino insieme al suo amico, e avevano ormai percorso più di metà
strada.
Sarebbero arrivati a destinazione da lì a poco. Non si erano fermati
neanche
per un istante e ne approfittarono per una pausa. Stare in sella ad una
moto da
corsa per così tanto tempo era non poco stancante.
La ragazza
detestava quel mezzo di trasporto e appena toccò piede a terra la prima
cosa
che fece fu quella di allontanarsi di diversi passi voltando lo guardo
da
tutt’altra parte. Cominciò ad ammirare il paesaggio che aveva di
fronte; era da
tantissimo tempo che non usciva dalla città e poter respirare a pieni
polmoni
quell’aria la faceva sentire bene e rilassata.
Il suo
compagno di viaggio, invece, si era seduto a terra poggiando la schiena
contro
la moto e osservava Akino prendendo dalla tasca un lecca-lecca. Sorrise
dolcemente per poi rivolgere il suo sguardo al cielo, era di un azzurro
splendido.
“ Bisogna dirlo… Selene non è niente male
come meteorologa “ pensò tra sé e sé.
« Rayar »
cominciò la ragazza « Sicuro che troveremo qualcosa? Sei già stato lì… »
« Sì… credo
di sì. » Rispose lui continuando a guardare il cielo.
«Credi? Non
mi sembra il massimo della sicurezza » disse voltandosi verso di lui.
« Beh,
errare è umano del resto, anche io spero di non aver fatto questo
viaggio a
vuoto » sospirò fissandola « Dovresti avere un po’ più di fiducia in
me… »
« Allora
andiamo? Ti sei riposato a sufficienza? » Chiese Akino avvicinandosi,
per
quanto volesse evitarlo.
« Sì,
andiamo! » Rayar si
alzò con un piccolo
sbadiglio e dopo essersi sistemato invitò Akino a salire.
« Quanto
odio il vento in faccia… » bofonchiò lei sedendosi dietro di lui.
« E basta…
lo dici sempre... » commentò quello facendole la linguaccia.
Riuscirono
ad arrivare a destinazione senza problemi dopo un’altra ora di viaggio
e
arrivati in prossimità della città lasciarono la moto in un posto
sicuro
proseguendo a piedi. Di fronte a loro c’era la città di Boston, o per
meglio
dire i suoi resti; molti edifici erano crollati, forse a causa dei
mostri,
forse per cause naturali, le strade erano piene di macchine
abbandonate, le
vetrine di tutti i negozi erano distrutte, le porte di molte case
abbattute,
probabilmente per opera di saccheggiatori.
Akino e
Rayar si guardavano attorno scrutando ogni angolo per prevenire che
qualcuno o
qualcosa li attaccasse. Lui era già stato lì diverso tempo fa, ma per
lei era
la prima volta che camminava per quelle strade, non poteva che esserne
sconvolta e inorridita allo stesso tempo.
«
Una
visione tutt’altro che bella, vero? » Chiese Rayar.
« Mi sembra
impossibile che possa essere successo qualcosa del genere… ora capisco
perché
vieni sempre da solo qui. È… non mi vengono neanche le parole » Disse
titubante
la ragazza « Spaventoso forse… »
« Hm, la
nostra Akino che reagisce così, pensavo saresti rimasta impassibile
come al
solito… » commentò lui con un ghigno. « Meglio così però… »
Rayar
faceva
strada con una certa tranquillità, sembrava non ci fossero pericoli
apparenti,
forse non essendoci nessuno i mostri avevano lasciato perdere quel tipo
di zone
dove le prede scarseggiavano, o almeno speravano vivamente che fosse
così,
dopotutto volevano procedere spediti e tranquilli per poter tornare in
serata
in città. Non volevano perdersi in inutili scontri o fughe.
Quando
raggiunsero la loro destinazione Akino era più che convinta che si
sarebbe
trovata di fronte ad un qualche studio medico, laboratorio o chissà
cosa, invece
era una casa normalissima.
Rayar provò
ad aprire la porta d’ingresso ma sembrava che qualcosa la bloccasse.
Come
qualunque altra abitazione nelle vicinanze portava i segni del tempo e
della
distruzione che aveva subito quella città, ma non sembrava che il
soffitto
fosse crollato. Forse avevano provato a barricarsi dentro, come
lasciavano
intendere le finestre sbarrate. Dovevano trovare un altro modo di
entrare.
Rayar pensò di fare un giro attorno alla casa per vedere se ci fossero
delle
aperture, ma appena si allontanarono di alcuni passi dalla porta Akino
si
lanciò contro di essa e la sfondò senza nessun problema con grande
stupore dell’amico.
«
Eccoti la
tua via d’accesso… » Disse togliendosi la fuliggine che aveva sollevato.
« Ahm… bene…
» Commentò lui, incredulo « Ci stavo pensando anche io, ma… mi hai
preceduto,
ahm… »
« Certo. Non
ho dubbi in proposito. » con un gesto Akino lo invitò ad entrare per
primo.
Iniziarono
subito a perlustrare ogni centimetro di quella dimora. Akino curiosava
per le
varie stanze mentre Rayar era impegnato con il piccolo studio dove
sfogliava molteplici
cartelle, documenti e fogli di lavoro lasciati lì alla rinfusa senza
nessun
ordine. Il ragazzo stava mettendo a soqquadro l’intera stanza sperando
di
trovare qualsiasi cosa ma dopo un’ora intera passata lì dentro l’amica,
anche
lei a mani vuote, decise di darci un taglio.
«
Un buco
nell’acqua… » fece notare la ragazza.
« Abbiamo
controllato dietro ogni quadro, mobile, o oggetto che sia… dovrà pur
esserci
qualcosa » disse Rayar agitando le dita sulla scrivania « Ne sono
sicuro… »
« Magari li
aveva portati via, chissà… » provò ad ipotizzare lei.
Nonostante
quelle parole Rayar voleva evitare di darsi per vinto e preso dalla
rabbia
spinse la scrivania in avanti di alcuni passi, come a volerla
completamente
capovolgere. In quell’istante, però, la ragazza gli sembrava di aver
sentito
uno strano rumore. Il ragazzo non capì: aveva appena spostato la
scrivania e
fatto cadere diversi oggetti per terra, era ovvio che ci fossero stati
dei
rumori.
Akino si
avvicinò quindi alla scrivania ed aprì i vari cassetti e dopo aver
cercato per
qualche istante gli fece notare che uno sembrava avere dentro qualcosa
nonostante sembrasse vuoto; ma in realtà esso aveva un doppiofondo.
«
Il trucco
più vecchio del mondo… non pensavo ti lasciassi fregare da queste
cose... »
sorrise la ragazza togliendo completamente il cassetto.
Dentro
c’era
un piccolo scompartimento nascosto con all’interno una piccola cartella
ed un
piccolo mazzo di chiavi. Aprirono subito la piccola cartella di lavoro
e dopo
averne esaminato il contenuto per alcuni istanti videro che erano bozze
di
esperimenti, risultati, ricerche e teorie; probabilmente era lì che
scriveva i
punti principali per poi portare a casa il lavoro in modo molto più
ristretto e
semplice e se era così forse c’era ancora qualcosa da trovare in quella
città.
«
Hm,
andiamo… penso di sapere dove trovare quello che cerchiamo ora… » disse
Rayar uscendo
subito dalla stanza « Su quella cartella c’è un indirizzo, muoviamoci »
« E cosa ci
sarà, un laboratorio con cadaveri, cervelli e provette? » domandò Akino
ironica.
« Dubito…
probabilmente sarà un posto dove andava per isolarsi, avere una
maggiore
tranquillità, potenza di calco e chissà… le provette potrebbero anche
averle
usate per testare le varie reazioni dei composti prima di
somministrarli ai
pazienti… » rispose lui con una certa sicurezza.
« Come fai
ad esserne certo? »
chiese lei sorpresa.
«
L’indirizzo è in una zona sì isolata, ma dove comunque c’era una
discreta
affluenza di persone, gli esperimenti umani e quant’altro o li fai in
un
edificio imponente, come suggeriscono i film, oppure isolati dai
cittadini per
poter evitare occhi indiscreti e dare una maggiore sicurezza… » le
spiegò con
un tono saccente « Dovresti sapere queste cose… »
« Ah…
scusami se non è un mio punto d’interesse aprire un laboratorio dove
fare
esperimenti folli » sospirò lei infastidita « Non perdiamo tempo e
muoviamoci…
»
Una
volta usciti,
corsero subito verso l’indirizzo. Sembrava che tutto procedesse nel
migliore
dei modi ma lungo la strada il terreno cominciò a tremare. Rimasero
immobili
per alcuni istanti per capire cosa stesse succedendo. Pensarono a un
terremoto,
ma le scosse continuavano una dopo l’altra e diventava sempre più
chiaro che
quelle non erano scosse sismiche, ma il rumore di qualcosa di veramente
grosso
che camminava.
Cominciarono
a correre cercando di evitare qualsiasi tipo di scontro ma non appena
presero a
muoversi muoversi il mostro apparve davanti a loro.
Era un
essere quadrupede dalla pelle grigiastra con alcune chiazze viola, le
vene
erano perfettamente visibili. Aveva il muso di un rettile e due corna
sulla
testa. Sulla schiena aveva una cresta che terminava all’inizio della
coda. Essa
era robusta e con la parte finale affilata e pronta per attaccare. Era
alto
circa venti metri e lungo almeno una trentina. Li osserva con la bava
che
scendeva già dalla bocca aspettando il momento giusto per attaccare.
«
Ci mancava
solo questa… » disse Rayar infastidito. « Che si fa? Scappiamo? »
« Ha
avvertito il nostro odore ed ha iniziato a seguirci… » affermò Akino
indietreggiando di qualche passo. « Guarda quella bava alla bocca, lo
fa per
intimorirci e perché è affamato. Ci inseguirebbe fino in capo al mondo
pur di
mangiarci. »
« Ah, se sei
tu a dirlo hai sicuramente ragione… » commentò il suo amico osservando
l’essere
di fronte a loro.
« Tu vai, a
lui ci penso io. Tanto hai come contattarmi, no? » la donna lo invitò
quindi ad
andarsene mentre piano piano lei si avvicinava al mostro « Non accetto
una
risposta negativa, sia chiaro… »
« E chi
vuole andarti contro… divertiti! » disse lui ridendo e lasciandola da
sola.
Rayar
corse
via senza pensarci su due volte, raggiungendo in fretta e furia la
stradina
indicata in quegli appunti. Gli ci vollero diversi minuti per trovarla
e soprattutto
trovare la porta esatta. Poiché era andato per lo più a tentativi aveva
impiegato più tempo del previsto.
Percorse un
corridoio stretto per poi giungere ad un piccolo laboratorio. Si guardò
prima
intorno avvicinandosi alla piccola lavagna con scritte formule di
chimica
alquanto complesse, purtroppo non era materia del suo campo e capì ben
poco di
cosa si stesse occupando in quel momento. I vari composti e le provette
erano
perfettamente in ordine e pulite, non vi era niente di speciale e
rilevante.
Quello che lo interessava, invece, erano il computer e la videocamera
posti lì.
“ Avrà
filmato le varie reazioni e annotato le sue idee, niente di nuovo al
riguardo…
“ Pensò togliendo un po’ di polvere dalla videocamera.
La
corrente
ovviamente era assente, ma come ben ricordava molti dei laboratori come
quelli
che aveva già visitato avevano sempre un piccolo generatore di
emergenza che si
attivava nel caso in cui veniva a mancare elettricità o di blackout e
non era
neanche difficile trovarlo. Lo accese e in un istante l’intera stanza
fu
illuminata. Si apprestò subito a controllare il computer.
Era pieno di
documenti e registrazioni di ogni tipo e ordinati. Probabilmente buona
parte
delle informazioni che erano lì erano già in loro possesso, ma qualcosa
di
nuovo poteva sempre venir fuori con un pizzico di attenzione.
«
… Ah… ed
ora come cavolo prendo tutta questa roba? » Si chiese guardando il
computer «
DVD e porte USB sono cose superate rispetto a questa roba »
Rimase
a
rifletterci per alcuni momenti e alla fine non ebbe altra scelta che
smantellare l’intero computer e prelevare l’HardDisk; fortuna che gli
avevano
insegnato come fare. Nel frattempo gli era arrivato un piccolo
messaggio da
parte di Akino con una sola e semplice frase: “
Qui ho finito, ci vediamo alla moto. Muoviti “.
Prese un
lecca-lecca dalla tasca guardandosi intorno un’ultima volta notando che
su uno
degli scaffali c’era una foto di una piccola famiglia composta da tre
persone,
moglie, marito e la figlia, lì di fianco c’era un piccolo bigliettino
con su
scritto una sola parola: “ Scusatemi “
.
Fece un
piccolo sospiro e prese la foto con sé andando via da lì con quanto
aveva
trovato.
Nathan,
intanto, era insieme alla zia e Jewel a scegliere l’abito che avrebbe
indossato
per il ballo. Avevano girato non pochi negozi prima di dedicarsi,
finalmente, a
cercare l’abito per lui.
Il ragazzo
aveva portato borse per tutte la mattinata e finalmente poteva far
riposare le
braccia che gli sembrava quasi stessero per staccarsi. Ne aveva proprio
un
disperato bisogno.
«
Nero?
Grigio? » Chiese Jewel guardando il vasto assortimento di fronte a lei.
« Nero…
Nero… diamogli qualcosa di classico. Se gli facciamo indossare una roba
particolare rischia di sembrare più strano di quanto non lo sia già »
sghignazzò la zia « Magari questo! »
“ Ma sentila come si diverte a sfottermi! “
pensò l’interessato, digrignando i denti.
Continuarono
la loro ricerca matta e disperata senza chiedere la minima opinione a
Nathan,
dato che sapevano benissimo quanto poco gli importasse, e d’altro canto
lui si
era seduto su un piccolo divanetto, osservandole mentre parlavano
mostrando i
vari abiti in mano. Poco dopo una commessa si aggiunse a loro
mostrandogli ancora
altri abiti diversi. Alcuni più sportivi, altri più raffinati, di
diversi colori.
" … A me sembrano tutti uguali… " pensò
tra sé e sé “ Fosse per me avremmo già
finito da un’ora “
Nonostante
la
noia però era contento di essere lì. Era da tanto che non uscivano loro
tre da
soli, e del resto è sempre piacevole uscire con la propria famiglia,
anche se
lo avrebbe apprezzato sicuramente di più senza tutte quelle borse e
soprattutto
fuori da quel negozio.
Quando si
decisero su quale fargli indossare lo trascinarono a forza dentro il
camerino.
La zia si era imposta che doveva essere su misura, teneva parecchio
all’immagine e un primo impatto per lei era tutto, specialmente in un
ballo
come quello.
«
Io
stringerei un po’ di più qui! » Disse pungendo volontariamente la
schiena del
ragazzo.
« Anche qui
mamma, anche qui! » E pure Jewel fece altrettanto .
« Hm, qui
pure! » continuò a la zia.
« E per
finire qui! Vero? » terminò quindi la ragazza ridendo.
« Nathan,
sarai una meraviglia! » Affermò la donna dandogli una pacca sulla
spalla.
« Ahia...
ahia… andate al diavolo... siete due... » balbettò lui per il dolore
La
commessa
fissava la scena senza dire una parola, cercando di trattenere una
risata ma
allo stesso tempo senza parole per quello che aveva visto lì. Era la
prima
volta che assisteva ad una scena del genere.
Il
Padre di
Leaster era nella sua stanza dove stava controllando alcuni documenti
per la
città quando venne interrotto da uno dei suoi servitori, che lo informò
che la
persona mandata a New Heaven era tornata e aveva con sé quanto aveva
ordinato a
Eiko di recuperare. L’anziano sorrise e si alzò subito dalla sedia.
Allontanandosi
dalla scrivania prese il pacchetto tra le mani, sfilando delicatamente
la
provetta recuperata e leggendo il piccolo rapporto redatto dalla
ragazza non
solo sulla missione ma anche sulle informazioni recuperate riguardo ai
Sympanth. Andò subito ai laboratori della città consegnando il sangue
ad uno
dei suoi ricercatori e ricordandogli quanto fosse importante che il
loro piano
riuscisse alla perfezione.
«
Sapete
cosa voglio, ottenetelo. Costi quel che costi. Se servono cavie le
avrete,
qualsiasi esse siano. Voglio
qualcosa
che quella città non possa contrastare, intesi? » gli ordinò sorridendo.
« Certo,
chiarissimo. Sono stato io ad elaborare questa teoria e può star certo
che non
la deluderò… » rispose l’uomo con un leggero inchino.
« Dalle
parole che mi sono state pervenute da Eiko… sembra che New Heaven sia
ancora
convinta che il potere dei Sympanth e la loro ereditarietà sia solo
ristretta
al cervello, non hanno idea che in realtà che quanto hanno é come una
malattia
degenerativa, parte dal cervello ma poi si espande a tutto il corpo
infettando
qualsiasi cosa e come tale… permette appunto l’ereditarietà » raccontò
il Padre
facendo qualche passo avanti « Questo può giocare a nostro vantaggio? »
«
Assolutamente sì! Se riusciamo a sviluppare la formula isolando il gene
del
mostro per creare un farmaco speciale i nostri soldati saranno dotati
di tutte
le caratteristiche che aveva quell’uomo e cosa più importante
potrebbero anche
sviluppare abilità Sympanth, non come i puri che le risvegliano da
soli, ma
comunque potrebbe accadere se tutto procede come da me programmato »
spiegò il
ricercatore seguendolo.
« Perfetto…
gli scrupoli di quell’idiota del re e del principe... hanno così tante
cavie
che il loro fermarsi al cercare di salvarli, a preservare la vita ed
altre
sciocchezze simili non hanno permesso loro di scoprire qualcosa di così
importante quanto interessante. Cominciate subito gli esperimenti. Non
voglio
perdere tempo. Fate quanto dovete. Muovetevi! »