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Autore: Kuroshi Tsukishiro    18/03/2015    1 recensioni
Sottile è la linea che separa i vari mondi.
Le persone non sono capaci di fermarsi, di capire che alcune linee non vanno varcate, purtroppo però tale conoscenza arrivare quando il danno è ormai irreparabile. Il mondo cambia costantemente, che sia in bene o in meglio quello è possibile capirlo solo grazie al tempo che scorre lentamente.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19° - Lost City

" Le persone e il tempo distruggono tutto "

Nathan si svegliò tardi quella mattina. Non aveva lezione e decise di approfittarne per riposarsi. Si alzò dal letto, sbadigliando quasi ad ogni passo e con gli occhi ancora socchiusi raggiunse la cucina molto lentamente. Sua zia era seduta sul divano e appena lo vide arrivare sorrise scuotendo leggermente la testa, guardandolo cercare tra i cassetti dei biscotti mentre si preparava del latte caldo. 

« Dormiglione è arrivata una lettera per lei, è lì sul tavolo » Disse la zia.
« Come? E di chi? » Domandò Nathan apprestandosi a prenderla « Il palazzo reale? » Lesse sorpreso.
« Hai per caso fatto le tue solite battute idiote e il re ha deciso di cacciarti via per questo? » chiese lei sghignazzando. « Non mi sorprenderebbe se fosse così. »
« Ahm, no! Cioè... non al re almeno! » Il ragazzo l’aprì e prese il foglio che c’era dentro « Sono stato invitato… ad un ballo?! » gridò con gli occhi spalancati.
« Uh, bello… starai con la gente di alto borgo. Ricordati di noi comuni mortali. » lo provocò la zia tornando a guardare il televisore.
« Spiritosa! Che diavolo si fa un ballo e poi… dove lo trovo un abito elegante?! » Le domandò guardandola.
« Beh, ad un ballo mangi e bevi gratis, nel frattempo chiedi a qualche bella ragazza di ballare con te e ti diverti, se poi vuoi che vada nello specifico molti uomini puntano sul dopo serata in privato » Commentò la zia sorseggiando la sua bevanda  in tutta tranquillità.
« Grazie per essere esplicativa come al solito. Poi la gente si chiede perché siamo una famiglia di pazzi! » Ringhiò il ragazzo per lo scherzo.
« Come siamo permalosi! Ti sei alzato dalla parte sbagliata del letto? » disse lei tranquillamente.
« Vorrei solo una risposta seria per una volta! » sospirò Nathan sistemandosi sulla poltrona.
« In casa mia mi comporto come voglio e rispondo come voglio quando non ho clienti, quindi non lamentarti » lo zittì lei « Fai colazione, preparati che poi andiamo a comprare un abito con Jewel »
« Non vedo l’ora di andare per negozi con mia zia e mia cugina, sul serio! » disse il ragazzo alzandosi.
« Bene! Avevamo giusto bisogno di un portaborse » rise lei spegnendo il televisore. 

Akino, intanto, era lontana diversi chilometri da New Heaven. Era partita alle quattro del mattino insieme al suo amico, e avevano ormai percorso più di metà strada. Sarebbero arrivati a destinazione da lì a poco. Non si erano fermati neanche per un istante e ne approfittarono per una pausa. Stare in sella ad una moto da corsa per così tanto tempo era non poco stancante.
La ragazza detestava quel mezzo di trasporto e appena toccò piede a terra la prima cosa che fece fu quella di allontanarsi di diversi passi voltando lo guardo da tutt’altra parte. Cominciò ad ammirare il paesaggio che aveva di fronte; era da tantissimo tempo che non usciva dalla città e poter respirare a pieni polmoni quell’aria la faceva sentire bene e rilassata.
Il suo compagno di viaggio, invece, si era seduto a terra poggiando la schiena contro la moto e osservava Akino prendendo dalla tasca un lecca-lecca. Sorrise dolcemente per poi rivolgere il suo sguardo al cielo, era di un azzurro splendido. 

“ Bisogna dirlo… Selene non è niente male come meteorologa “ pensò tra sé e sé.
« Rayar » cominciò la ragazza « Sicuro che troveremo qualcosa? Sei già stato lì… »
« Sì… credo di sì. » Rispose lui continuando a guardare il cielo.
«Credi? Non mi sembra il massimo della sicurezza » disse voltandosi verso di lui.
« Beh, errare è umano del resto, anche io spero di non aver fatto questo viaggio a vuoto » sospirò fissandola « Dovresti avere un po’ più di fiducia in me… »
« Allora andiamo? Ti sei riposato a sufficienza? » Chiese Akino avvicinandosi, per quanto volesse evitarlo.
« Sì, andiamo! »  Rayar si alzò con un piccolo sbadiglio e dopo essersi sistemato invitò Akino a salire.
« Quanto odio il vento in faccia… » bofonchiò lei sedendosi dietro di lui.
« E basta… lo dici sempre... » commentò quello facendole la linguaccia.

Riuscirono ad arrivare a destinazione senza problemi dopo un’altra ora di viaggio e arrivati in prossimità della città lasciarono la moto in un posto sicuro proseguendo a piedi. Di fronte a loro c’era la città di Boston, o per meglio dire i suoi resti; molti edifici erano crollati, forse a causa dei mostri, forse per cause naturali, le strade erano piene di macchine abbandonate, le vetrine di tutti i negozi erano distrutte, le porte di molte case abbattute, probabilmente per opera di saccheggiatori.
Akino e Rayar si guardavano attorno scrutando ogni angolo per prevenire che qualcuno o qualcosa li attaccasse. Lui era già stato lì diverso tempo fa, ma per lei era la prima volta che camminava per quelle strade, non poteva che esserne sconvolta e inorridita allo stesso tempo. 

« Una visione tutt’altro che bella, vero? » Chiese Rayar.
« Mi sembra impossibile che possa essere successo qualcosa del genere… ora capisco perché vieni sempre da solo qui. È… non mi vengono neanche le parole » Disse titubante la ragazza « Spaventoso forse… »
« Hm, la nostra Akino che reagisce così, pensavo saresti rimasta impassibile come al solito… » commentò lui con un ghigno. « Meglio così però… » 

Rayar faceva strada con una certa tranquillità, sembrava non ci fossero pericoli apparenti, forse non essendoci nessuno i mostri avevano lasciato perdere quel tipo di zone dove le prede scarseggiavano, o almeno speravano vivamente che fosse così, dopotutto volevano procedere spediti e tranquilli per poter tornare in serata in città. Non volevano perdersi in inutili scontri o fughe.
Quando raggiunsero la loro destinazione Akino era più che convinta che si sarebbe trovata di fronte ad un qualche studio medico, laboratorio o chissà cosa, invece era una casa normalissima.
Rayar provò ad aprire la porta d’ingresso ma sembrava che qualcosa la bloccasse. Come qualunque altra abitazione nelle vicinanze portava i segni del tempo e della distruzione che aveva subito quella città, ma non sembrava che il soffitto fosse crollato. Forse avevano provato a barricarsi dentro, come lasciavano intendere le finestre sbarrate. Dovevano trovare un altro modo di entrare. Rayar pensò di fare un giro attorno alla casa per vedere se ci fossero delle aperture, ma appena si allontanarono di alcuni passi dalla porta Akino si lanciò contro di essa e la sfondò senza nessun problema con grande stupore dell’amico.

« Eccoti la tua via d’accesso… » Disse togliendosi la fuliggine che aveva sollevato.
« Ahm… bene… » Commentò lui, incredulo « Ci stavo pensando anche io, ma… mi hai preceduto, ahm… »
« Certo. Non ho dubbi in proposito. » con un gesto Akino lo invitò ad entrare per primo. 

Iniziarono subito a perlustrare ogni centimetro di quella dimora. Akino curiosava per le varie stanze mentre Rayar era impegnato con il piccolo studio dove sfogliava molteplici cartelle, documenti e fogli di lavoro lasciati lì alla rinfusa senza nessun ordine. Il ragazzo stava mettendo a soqquadro l’intera stanza sperando di trovare qualsiasi cosa ma dopo un’ora intera passata lì dentro l’amica, anche lei a mani vuote, decise di darci un taglio. 

« Un buco nell’acqua… » fece notare la ragazza.
« Abbiamo controllato dietro ogni quadro, mobile, o oggetto che sia… dovrà pur esserci qualcosa » disse Rayar agitando le dita sulla scrivania « Ne sono sicuro… »
« Magari li aveva portati via, chissà… » provò ad ipotizzare lei.

Nonostante quelle parole Rayar voleva evitare di darsi per vinto e preso dalla rabbia spinse la scrivania in avanti di alcuni passi, come a volerla completamente capovolgere. In quell’istante, però, la ragazza gli sembrava di aver sentito uno strano rumore. Il ragazzo non capì: aveva appena spostato la scrivania e fatto cadere diversi oggetti per terra, era ovvio che ci fossero stati dei rumori.
Akino si avvicinò quindi alla scrivania ed aprì i vari cassetti e dopo aver cercato per qualche istante gli fece notare che uno sembrava avere dentro qualcosa nonostante sembrasse vuoto; ma in realtà esso aveva un doppiofondo.

« Il trucco più vecchio del mondo… non pensavo ti lasciassi fregare da queste cose... » sorrise la ragazza togliendo completamente il cassetto.

Dentro c’era un piccolo scompartimento nascosto con all’interno una piccola cartella ed un piccolo mazzo di chiavi. Aprirono subito la piccola cartella di lavoro e dopo averne esaminato il contenuto per alcuni istanti videro che erano bozze di esperimenti, risultati, ricerche e teorie; probabilmente era lì che scriveva i punti principali per poi portare a casa il lavoro in modo molto più ristretto e semplice e se era così forse c’era ancora qualcosa da trovare in quella città. 

« Hm, andiamo… penso di sapere dove trovare quello che cerchiamo ora… » disse Rayar uscendo subito dalla stanza « Su quella cartella c’è un indirizzo, muoviamoci »
« E cosa ci sarà, un laboratorio con cadaveri, cervelli e provette? » domandò Akino ironica.
« Dubito… probabilmente sarà un posto dove andava per isolarsi, avere una maggiore tranquillità, potenza di calco e chissà… le provette potrebbero anche averle usate per testare le varie reazioni dei composti prima di somministrarli ai pazienti… » rispose lui con una certa sicurezza.
« Come fai ad esserne certo?  » chiese lei sorpresa.
« L’indirizzo è in una zona sì isolata, ma dove comunque c’era una discreta affluenza di persone, gli esperimenti umani e quant’altro o li fai in un edificio imponente, come suggeriscono i film, oppure isolati dai cittadini per poter evitare occhi indiscreti e dare una maggiore sicurezza… » le spiegò con un tono saccente « Dovresti sapere queste cose… »
« Ah… scusami se non è un mio punto d’interesse aprire un laboratorio dove fare esperimenti folli » sospirò lei infastidita « Non perdiamo tempo e muoviamoci… » 

Una volta usciti, corsero subito verso l’indirizzo. Sembrava che tutto procedesse nel migliore dei modi ma lungo la strada il terreno cominciò a tremare. Rimasero immobili per alcuni istanti per capire cosa stesse succedendo. Pensarono a un terremoto, ma le scosse continuavano una dopo l’altra e diventava sempre più chiaro che quelle non erano scosse sismiche, ma il rumore di qualcosa di veramente grosso che camminava.
Cominciarono a correre cercando di evitare qualsiasi tipo di scontro ma non appena presero a muoversi muoversi il mostro apparve davanti a loro.
Era un essere quadrupede dalla pelle grigiastra con alcune chiazze viola, le vene erano perfettamente visibili. Aveva il muso di un rettile e due corna sulla testa. Sulla schiena aveva una cresta che terminava all’inizio della coda. Essa era robusta e con la parte finale affilata e pronta per attaccare. Era alto circa venti metri e lungo almeno una trentina. Li osserva con la bava che scendeva già dalla bocca aspettando il momento giusto per attaccare. 

« Ci mancava solo questa… » disse Rayar infastidito. « Che si fa? Scappiamo? »
« Ha avvertito il nostro odore ed ha iniziato a seguirci… » affermò Akino indietreggiando di qualche passo. « Guarda quella bava alla bocca, lo fa per intimorirci e perché è affamato. Ci inseguirebbe fino in capo al mondo pur di mangiarci. »
« Ah, se sei tu a dirlo hai sicuramente ragione… » commentò il suo amico osservando l’essere di fronte a loro.
« Tu vai, a lui ci penso io. Tanto hai come contattarmi, no? » la donna lo invitò quindi ad andarsene mentre piano piano lei si avvicinava al mostro « Non accetto una risposta negativa, sia chiaro… »
« E chi vuole andarti contro… divertiti! » disse lui ridendo e lasciandola da sola. 

Rayar corse via senza pensarci su due volte, raggiungendo in fretta e furia la stradina indicata in quegli appunti. Gli ci vollero diversi minuti per trovarla e soprattutto trovare la porta esatta. Poiché era andato per lo più a tentativi aveva impiegato più tempo del previsto.
Percorse un corridoio stretto per poi giungere ad un piccolo laboratorio. Si guardò prima intorno avvicinandosi alla piccola lavagna con scritte formule di chimica alquanto complesse, purtroppo non era materia del suo campo e capì ben poco di cosa si stesse occupando in quel momento. I vari composti e le provette erano perfettamente in ordine e pulite, non vi era niente di speciale e rilevante. Quello che lo interessava, invece, erano il computer e la videocamera posti lì. 

“ Avrà filmato le varie reazioni e annotato le sue idee, niente di nuovo al riguardo… “ Pensò togliendo un po’ di polvere dalla videocamera. 

La corrente ovviamente era assente, ma come ben ricordava molti dei laboratori come quelli che aveva già visitato avevano sempre un piccolo generatore di emergenza che si attivava nel caso in cui veniva a mancare elettricità o di blackout e non era neanche difficile trovarlo. Lo accese e in un istante l’intera stanza fu illuminata. Si apprestò subito a controllare il computer.
Era pieno di documenti e registrazioni di ogni tipo e ordinati. Probabilmente buona parte delle informazioni che erano lì erano già in loro possesso, ma qualcosa di nuovo poteva sempre venir fuori con un pizzico di attenzione. 

« … Ah… ed ora come cavolo prendo tutta questa roba? » Si chiese guardando il computer « DVD e porte USB sono cose superate rispetto a questa roba » 

Rimase a rifletterci per alcuni momenti e alla fine non ebbe altra scelta che smantellare l’intero computer e prelevare l’HardDisk; fortuna che gli avevano insegnato come fare. Nel frattempo gli era arrivato un piccolo messaggio da parte di Akino con una sola e semplice frase: “ Qui ho finito, ci vediamo alla moto. Muoviti “.
Prese un lecca-lecca dalla tasca guardandosi intorno un’ultima volta notando che su uno degli scaffali c’era una foto di una piccola famiglia composta da tre persone, moglie, marito e la figlia, lì di fianco c’era un piccolo bigliettino con su scritto una sola parola: “ Scusatemi “ .
Fece un piccolo sospiro e prese la foto con sé andando via da lì con quanto aveva trovato. 

Nathan, intanto, era insieme alla zia e Jewel a scegliere l’abito che avrebbe indossato per il ballo. Avevano girato non pochi negozi prima di dedicarsi, finalmente, a cercare l’abito per lui.
Il ragazzo aveva portato borse per tutte la mattinata e finalmente poteva far riposare le braccia che gli sembrava quasi stessero per staccarsi. Ne aveva proprio un disperato bisogno.

« Nero? Grigio? » Chiese Jewel guardando il vasto assortimento di fronte a lei.
« Nero… Nero… diamogli qualcosa di classico. Se gli facciamo indossare una roba particolare rischia di sembrare più strano di quanto non lo sia già » sghignazzò la zia « Magari questo! »
“ Ma sentila come si diverte a sfottermi! “ pensò l’interessato, digrignando i denti. 

Continuarono la loro ricerca matta e disperata senza chiedere la minima opinione a Nathan, dato che sapevano benissimo quanto poco gli importasse, e d’altro canto lui si era seduto su un piccolo divanetto, osservandole mentre parlavano mostrando i vari abiti in mano. Poco dopo una commessa si aggiunse a loro mostrandogli ancora altri abiti diversi. Alcuni più sportivi, altri più raffinati, di diversi colori. 

" … A me sembrano tutti uguali… " pensò tra sé e sé “ Fosse per me avremmo già finito da un’ora “ 

Nonostante la noia però era contento di essere lì. Era da tanto che non uscivano loro tre da soli, e del resto è sempre piacevole uscire con la propria famiglia, anche se lo avrebbe apprezzato sicuramente di più senza tutte quelle borse e soprattutto fuori da quel negozio.
Quando si decisero su quale fargli indossare lo trascinarono a forza dentro il camerino. La zia si era imposta che doveva essere su misura, teneva parecchio all’immagine e un primo impatto per lei era tutto, specialmente in un ballo come quello. 

« Io stringerei un po’ di più qui! » Disse pungendo volontariamente la schiena del ragazzo.
« Anche qui mamma, anche qui! » E pure Jewel fece altrettanto .
« Hm, qui pure! » continuò a la zia.
« E per finire qui! Vero? » terminò quindi la ragazza ridendo.
« Nathan, sarai una meraviglia! » Affermò la donna dandogli una pacca sulla spalla.
« Ahia... ahia… andate al diavolo... siete due... » balbettò lui per il dolore 

La commessa fissava la scena senza dire una parola, cercando di trattenere una risata ma allo stesso tempo senza parole per quello che aveva visto lì. Era la prima volta che assisteva ad una scena del genere. 

Il Padre di Leaster era nella sua stanza dove stava controllando alcuni documenti per la città quando venne interrotto da uno dei suoi servitori, che lo informò che la persona mandata a New Heaven era tornata e aveva con sé quanto aveva ordinato a Eiko di recuperare. L’anziano sorrise e si alzò subito dalla sedia. Allontanandosi dalla scrivania prese il pacchetto tra le mani, sfilando delicatamente la provetta recuperata e leggendo il piccolo rapporto redatto dalla ragazza non solo sulla missione ma anche sulle informazioni recuperate riguardo ai Sympanth. Andò subito ai laboratori della città consegnando il sangue ad uno dei suoi ricercatori e ricordandogli quanto fosse importante che il loro piano riuscisse alla perfezione. 

« Sapete cosa voglio, ottenetelo. Costi quel che costi. Se servono cavie le avrete, qualsiasi esse siano.  Voglio qualcosa che quella città non possa contrastare, intesi? » gli ordinò sorridendo.
« Certo, chiarissimo. Sono stato io ad elaborare questa teoria e può star certo che non la deluderò… » rispose l’uomo con un leggero inchino.
« Dalle parole che mi sono state pervenute da Eiko… sembra che New Heaven sia ancora convinta che il potere dei Sympanth e la loro ereditarietà sia solo ristretta al cervello, non hanno idea che in realtà che quanto hanno é come una malattia degenerativa, parte dal cervello ma poi si espande a tutto il corpo infettando qualsiasi cosa e come tale… permette appunto l’ereditarietà » raccontò il Padre facendo qualche passo avanti « Questo può giocare a nostro vantaggio? »
« Assolutamente sì! Se riusciamo a sviluppare la formula isolando il gene del mostro per creare un farmaco speciale i nostri soldati saranno dotati di tutte le caratteristiche che aveva quell’uomo e cosa più importante potrebbero anche sviluppare abilità Sympanth, non come i puri che le risvegliano da soli, ma comunque potrebbe accadere se tutto procede come da me programmato » spiegò il ricercatore seguendolo.
« Perfetto… gli scrupoli di quell’idiota del re e del principe... hanno così tante cavie che il loro fermarsi al cercare di salvarli, a preservare la vita ed altre sciocchezze simili non hanno permesso loro di scoprire qualcosa di così importante quanto interessante. Cominciate subito gli esperimenti. Non voglio perdere tempo. Fate quanto dovete. Muovetevi! »

   
 
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