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Autore: oSally    21/03/2015    5 recensioni
"Ovunque sono uomini, lì dimoreranno anche dèi"
Gottfried Benn
Può l'uomo spingersi oltre il confine del possibile?
Può l'uomo mettersi veramente al posto di Dio?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"La scienza può solo accertare ciò che è, ma non ciò che dovrebbe essere,
e al di fuori del suo ambito restano necessari i giudizi di valore di ogni genere"

Albert Einstein




 


Quando Daniel aprì gli occhi per la prima volta, Celine quasi svenne. Ovviamente nessuno seppe mai di questa sua reazione, eppure gli occhi della ragazza si inumidirono.Guardò la sua creatura: era perfetta. Perfettamente identica a come l’aveva immaginata, poteva intravedere lo stesso sguardo, la stessa ‘anima’.
Gli andò vicino.
 “Ciao.”
Il ragazzo non le rispose; si guardava intorno.

Celine si sarebbe aspettata una reazione alquanto diversa: urla, terrore, un ragazzo spaesato, diverso. Non ci credeva nemmeno lei che fosse possibile creare una vita umana.
Eppure la reazione di Daniel la sorprese; non appena ebbe pronunciato il suo ‘ciao’, il ragazzo si girò verso di lei e puntò lo sguardo nei suoi occhi. La scrutò a lungo, quindi chiuse gli occhi,stringendoli. Forse stava cercando di ricordare qualcosa, pensò Celine, ed aveva ragione. Quando aprì gli occhi, sorrise, “Ciao”, disse, “Grazie per avermi fatto nascere.”
Celine si era aperta di un sorriso che le aveva preso metà del viso. Ci era riuscita veramente.
Si alzò in piedi e si risedette per poi alzarsi nuovamente e buttarsi a terra. Si stese a fissare il soffitto della cantina, gli occhi sgranati e quel sorriso. Un sorriso che piano piano si ridusse sempre di più, fino a somigliare quasi ad un ghigno. Ce l’aveva fatta. Aveva vinto, vinto su tutti.
Vide il capo di Daniel fare capolino dal lettino, “Tutto bene?”, le chiese il ragazzo.
Ella si rialzò tanto velocemente da sentire la sua testa girare e dovette appoggiarsi al lettino. Daniel tentò, inutilmente, di aiutarla.
 Come ti senti Daniel?”, chiese, dopo aver, con un brusco movimento di bracio, rifiutato l’aiuto del ragazzo.
 Daniel si guardò intorno per qualche istante, “Confuso, direi.”
  “Oh, sì, immagino”
 “Cerco di riorganizzarmi i pensieri, credo.”
 Celine ridacchiò, “Sai dove ti trovi?”
 “Londra, 14 giugno 3999”,sembrava più una domanda.
 Celine rise ancora, “ti ho potuto dare tutte le mie conoscenze, ma non di più perché in caso contrario sarei stata gelosa, e non di meno, perché in caso contrario mi avresti fatto schifo.”

 “Sei simpatica”, notò Daniel.
 “Non mi conosci.”
 “Credo di conoscerti dal tuo punto di vista e credo che questa sia una cosa alquanto inusuale.”
 “Lo è, lo è”
 “Questa cosa non va bene… io so ciò che pensi e ciò che sei, ma tu non sai cosa penso e cosa sono io.”
 Celine si aprì in una smorfia che a Daniel fece quasi ridere, “Ciccio, io ti ho creato. Io ti conosco meglio di quanto ti conosca tu.”
Daniel si avvicinò alla ragazza, lentamente, a causa delle gambe ancora indolenzite, “Ciccia, una madre fa nascere suo figlio, ma non per questo può affermare di conoscere la sua anima.”
Celine sgranò gli occhi, “Tu non hai un’anima!”
 Daniel sorrise, “Nemmeno tu.”
***

 “Dovresti vederlo, Max, è perfetto, perfetto! Io…io l’ho fatto davvero! Io ho creato veramente un essere umano! Dovresti vedere come pensa, cosa dice…nemmeno io mi sarei mai aspettata che sarebbe potuto essere così perfetto.”
Max non rispose. Guardò la ragazza. Non gli piaceva ammetterlo, anzi si sentì in colpa al sol pensare una cosa del genere, ma si ritrovò a constatare quanto in quel momento gli facesse schifo quella ragazza, ciò che aveva fatto e la sua mente malata.

 “Tu sei pazza, Celine.”
 “No, no Max, io sono un genio! Per favore, devi venire a vederlo. E’ qualcosa di meraviglioso. Max, tu non puoi capire, okay che io gli avevo dato una conoscenza, lo sai, ma lui è stato in grado di elaborare tutti i pensieri e tutte le nozioni che io gli avevo dato per crearne di suoi! Quando si è svegliato, ha subito capito di dover riordinare la sua mente, di dover rispondere al mio ‘Ciao’. E mi ha anche risposto a tono! Dovresti vedere che caratterino che ha! Te lo giuro Max, io non ci posso credere, ma quel tipo è veramente un essere umano. Insomma, ovviamente non posso averne la certezza, ma i suoi organi funzionano esattamente come i miei, il ritmo cardiaco è perfettamente nella norma, ogni singolo nervo è perfetto! I suoi neuroni, oh, dei suoi neuroni non ce ne sta uno che non funzioni correttamente. E il suo cervello! Max, il suo cervello funziona perfettamente! L’unica cosa di cui mi dispiaccio è non essere stata in grado di capire come ‘accendere’ le altre parti, ma sarà il mio prossimo obiettivo!”
Ci sarebbero stati moltissimi punti di quel discorso che Max avrebbe voluto contestare, ma in quel momento l’unica cosa che gli venne in mente fu, “le altre parti?”
Si morse la lingua per quella domanda. Implicava un interessamento, implicava un punto a favore per la ragazza.
 “Sì, le altre parti. Quelle zone del cervello che nemmeno noi usiamo. Lo sai, i miei studi e questo mio esperimento si sono basati tutti sulla riproduzione di un essere umano vivente e cioè me – fatta eccezioni per vostre ...caratteristiche? maschili”, le scappò una risatina, “non ho fallito nemmeno lì, non so se mi spiego.”
 “Questa cosa ti sfuggirà dalle mani Cel”, Max la  fissava senza badare troppo a ciò che diceva, “se hai creato veramente un essere umano, se ci sei riuscita davvero…non potrai gestire i suoi sentimenti, le sue emozioni e le sue paure. Tu non sai incontro a cosa sei andata.”
Celine lo guardò torvo, “Perché mi vai sempre contro, Max? Non mi hai sostenuto nemmeno una volta in questa cosa e lo sai quanto ci tengo!”
Max la guardò con compassione, “lo sai che ti voglio bene. Ma non dovevi farlo, hai distrutto – e continuerai a distruggere – ciò che restava di te, ti sei gettata da una montagna.”
 “Tranquillo, aprirò il paracadute.”
 “Lo spero…”

 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando Celine era tornata a casa, era già mattino inoltrato. Si era svegliata presto in modo da trovare almeno una delle macchine libere. Adorava il nuovo provvedimento del suo quartiere: il fitto di queste nuove macchine che camminavano ad energia solare. La cosa entusiasmante – o almeno, il motivo per cui Celine le amava particolarmente – era che grazie al fatto che avevano ri-asfaltato la strada con questo nuovo materiale che, da quanto la ragazza era riuscita a capire, era stato prelevato direttamente da Giove, e che faceva in modo che al passaggio delle macchine si creasse un campo magnetico e, così, la macchina non toccava nemmeno terra. L’energia che circolava nella terra non era però pericolosa per l’essere umano, in quanto il materiale riusciva ad isolare il corpo e renderlo sicuro. Il meccanismo non le era chiarissimo, ma non ci si era mai applicata troppo. Lo avrebbe fatto nel momento in cui un’innovazione del genere le sarebbe servita per qualche esperimento. Era comunque soddisfatta del progresso scientifico anche perché, ne era certa, si era vicino all’ideazione di macchine volanti.
Quella mattina aveva dovuto fare lei la spesa: toccava a Daniel dormire di più. Era andata nel supermercato più vicino a l’aveva trovato vuoto. Ormai non era più d’usanza andare a comprare nei supermercati, eppure lei rimaneva attaccata alle vecchie tradizioni della sua famiglia, il mondo era diventato troppo tecnologico e, per quanto lei ringraziava il mondo scientifico per questo – come avrebbe potuto portare avanti i suoi esperimenti, in caso contrario? – d’altra parte, amava la semplicità di una mattinata passata a (non) fare la fila al supermercato e a parlare con qualcuno. Il mondo era diventato troppo chiuso. Nonostante tutto, ancora ricordava le parole di suo padre e, seppur di malavoglia, le amava e le rispettava tutte. Per quanto avesse cercato di allontanarsi da tutto quello che era stato quel mondo, si scopriva sovente ad amarlo, a trovarlo familiare, più familiare del suo laboratorio. Alla fine, perché si era trasferita in quel paese quando avrebbe invece potuto avere a disposizione i super attrezzati laboratori di Londra?
Amava quell’ambiente, amava quella pace e amava le persone che la vivevano.
Anche se dall’ultima volta che era apparsa in televisione, la gente o non le parlava o le rivolgeva troppe domande. E tutti, tutti le chiedevano di Daniel.
Il paradosso era che con Daniel si comportavano normalmente.
Gli esseri umani erano veramente strani e ipocriti.
 
Guardò la lettera che aveva sul tavolo con ripudio.
 “Cos’è?”, Daniel entrò nella cucina, ancora in pigiama.
 “Ci invitano al congresso della scienza.”
 Daniel sgranò gli occhi, “Non pensavo che l’avrebbero fatto”
 “Nemmeno io, sinceramente. Si è scatenato così tanto odio nei nostri confronti che pensavo fossimo stati banditi dal mondo scientifico”, ridacchiò, “a quanto pare un po’ di cervello per capire la nostra genialità ce l’hanno.”
 “La tua, Celine.”
 “La mia.”
 Daniel sbuffò, “Sei un’esaltata, lo sai?”
 “Sì, e lo sai anche tu”, gli si avvicinò e lo baciò.
Istintivamente Daniel sgranò gli occhi; non era frequente una manifestazione d’affetto da parte di quella ragazza. La sollevò, portandole le gambe dietro la sua schiena, in modo che Celine potesse incrociarle, per reggersi meglio. Daniel la strinse forte, mentre la baciava. Gli piaceva dannatamente accarezzarle la schiena, stringere la sua pelle fino a farla gemere, per il lieve dolore. Era una cosa che lo faceva eccitare dannatamente.
Celine si stacco dal suo viso all’improvviso, come sempre, “Ci andiamo?”, chiese.
Daniel rimase a fissarla. Aveva sempre pensato che fosse bella, bellissima e non aveva mai capito se i suoi sentimenti fossero paragonabili a quelli di un essere umano reale o erano solo frutto della sua riconoscenza alla ragazza per avergli regalato la vita. Era una cosa che provava solo per lei e non poteva spiegarselo. Perché proprio lei doveva causargli quello strano effetto fisico e psicologico?
Celine conosceva benissimo i dubbi di Daniel e Daniel questo lo sapeva. Eppure non riusciva a capire perché non li colmava, perché non gli dava delle risposte.
  “Daniel!”
 “Sì, ci andiamo”, rispose calmo, “è la tua occasione per parlare con altri scienziati, magari a qualcuno piaci, magari vedi di fare qualcosa nella tua miserevole vita.”
 Celine gli tirò i capelli e tornò con i piedi per terra, “Ciccino, tu lavori per me. Se sono miserabile io, lo sei ancor di più tu.”
 Daniel la ignorò, “Quand’è questa specie di festa/riunione?”
 “Domenica sera”
 “Ti servirà un vestito elegante?”
Celine si voltò a guardare il riflesso che i vetri della sua veranda creavano. Scrutò i suoi stivali neri, forse un po’ troppo alti e le sue calze a righe.
Scosse la testa, “No. So che l’aspetto che ho è appariscente e so che mi odieranno per questo. Ma Daniel, questa sono io, capisci? Questi capelli e questa sorta di maschera che ho sono parte di me”, si girò verso il ragazzo, “Amo ciò che sono e farò in modo che anche gli altri mi possano amare così!”
Alzò i tacchi e si diresse verso il soggiorno. Voleva prendere il suo cellulare dal divano, ma evidentemente, pensò Daniel, fare il giro era troppo faticoso, così aveva preferito prenderlo da dietro, abbassandosi il giusto per vincere l’altezza dello schienale del sofà. Quel giusto per mettere il evidenza tutte le doti che la natura le aveva regalato.
Daniel sbuffò; quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire.
 
***
 
 



Londra, luglio 3998
 
 “Cel,cosa fai?”, Ciò che Max avrebbe voluto – e dovuto – fare era girarsi ed innervosirsi per l’atteggiamento dell’amica, ma era pur sempre un ragazzo in preda ad una tempesta ormonale e il suo istinto animalesco gli impedì di voltarsi.
Celine guardò il ragazzo con finta aria ingenua, “Perché?”
Max, il viso ormai irrimediabilmente rosso, indicò la maglietta che lei aveva fra le mani.
Celine avrebbe preferito continuare la commedia da finta-ingenua, invece scoppiò a ridere, “Tranquillo ciccio, le mie tette non sono abbastanza grandi per farti, come dire…agitare?”, poggiò la maglietta sul lettino e si guardò allo specchio.

Max rabbrividì; in generale quell’ambiente, così piccolo e angusto, lo inquietava e lo metteva a disagio. Odiava il laboratorio di Celine, o del padre, del nonno o bisnonno, insomma di chi fosse o fosse stato. Non che ci avesse capito troppo di tutta quella storia, ma in generale non gli piaceva come posto. Aveva visto il padre della ragazza solamente una volta e la reazione che aveva avuto ancora faceva ridere l’amica. Quell’uomo era spaventosamente inquietante, sembrava vivere per i suoi esperimenti, ma ciò che più aveva preoccupato Max era il fatto che sembrava aver voluto sua figlia solo perché fosse in grado di portarli avanti.
Era un uomo così contraddittorio, amava la scienza e il progresso in campo, d’altra parte criticava la società e il progresso tecnologico che, a detta di lui, stava portando alla distruzione della loro madre. Era un uomo amante di ciò che restava della natura, promotore di una campagna a favore della salvaguardia dell’ambiente. Grazie a lui così tante zone del paese erano state riabilitate, tante foreste e tanti laghi salvati. Era riuscito a far installare pannelli ad energia solare in metà del paese e ad innovare i prototipi di macchine che funzionassero interamente ad energia solare  - anche se non aveva ancora trovato il modo di farle camminare anche di notte. Eppure era un uomo veramente strano, aveva lavorato a qualcosa di più, all’ideazione del robot perfetto, un robot che fosse creato con parti interamente umane. Era da quello che Celine aveva preso spunto per il suo esperimento, anche se i suoi progetti erano molto più alti, molto più macabri e molto più presuntuosi.

Così, se già quell’ambiente lo metteva a disagio, vedere la sua migliore amica, se così poteva definirla, spogliarsi davanti lui, di certo non lo faceva sentire meglio.
Dopo essere rimasta solo in intimo, Celine iniziò a maneggiare con le forbici.
 “Cosa fai?”
 “Mi taglio i capelli!”
 Max sgranò gli occhi, “Come sarebbe ‘ ti tagli i capelli’?”

 Non ottenne risposta, vide semplicemente quei capelli che aveva sempre considerato meravigliosi, perfetti, cadere a ciocche sul pavimento. Non ebbe nemmeno il tempo, né tantomeno la prontezza di correre e levarle quell’aggeggio di mano che Celine si girò verso di lui sorridendo, “Allora? Non è meglio?”
Max storse il viso, “No”, si era lasciata semplicemente un caschetto con le due ciocche davanti più lunghe e la frangetta.
A quel punto, senza interessarsi più di tanto del parere dell’amico, Celine prese dalla borsa quella che gli sembro una boccetta di pittura. Non sbagliava. Era davvero pittura, una di quelle per il viso, ipotizzò(in realtà ci sperò, perché sapeva che l’amica era così folle da potersi senza problemi ricoprire il viso di autentica pittura) ed era bianca. Senza rifletterci più di tanto, Celine se la passò sul viso, finché ogni parte della sua pelle così candida venne coperta. Alla fine, prese quella che lui scambiò per pittura nera e se la passò sugli occhi; intorno a quello destro disegnò un cerchio, intorno a quelli sinistro, invece, disegno una sorta di punta di freccia verso il basso.
Infine indossò delle calze rigate, un pantaloncino di pelle ed una camicia a maniche lunghe con tanto di fiocchetto nero all’altezza del petto.
Si girò nuovamente verso l’amico, “Manca solo la tinta blu ed è perfetto, perfetto!”
Max la guardò disgustato, ciò che rimaneva della sua amica erano solo le iridi degli occhi, sempre e perennemente di quell’azzurro che lui definiva ‘perfetto’, non troppo chiaro, non troppo scuro. Un azzurro puntellato da varie sfumature più scure che sembravano ballare in girotondo intorno alla sua pupilla nerissima.
 “Perché questa cosa, Cel?”
 “E’ il mio nuovo aspetto!”, dichiarò soddisfatta la ragazza, “Questa”, rimarcò la parola passandosi le mani per tutto il corpo, “E’ quella che sono io.”
Il ragazzo non riusciva a chiudere la bocca, non sapeva se era di fronte ad una presa in giro o in generale frequentava una ragazza con seri problemi mentali. Ciò che fondamentalmente lo preoccupava in quel momento era che egli era sicuro che l’ipotesi più accertata fosse la seconda.

 “Scherzi?”
 “Affatto.”
Quella ragazza aveva dei gravissimi problemi e Max iniziava ad esserne seriamente spaventato.

 

Allora eccomi qui,
prima di tutto, in questo capitolo della storia "corrente" c'è poco, perché ho preferito aggiungere qualche Flash per poter rendere più chiara la situazione dei personaggi che non mi piaceva far uscire dalla storia. Non so se questa cosa possa piacervi o no, fatemi sapere. Dovete sapere che, per quanto mi sto iniziando ad affezionere a questa storia - lo ammetto - essa è una specie di esperimento: sto cercando, appunto, di sperimentarmi e cercare nuove teniche o cose del genere. 
Quindi fatemi sapere perché qualunque consiglio o critica(costruttiva) sono ben accetti!
Per quanto riguarda la trama, finalmente sta prendendo piede anche nella mia testa (che """""scrittrice"""""" pessima che sono ahaha) e così inizio a delineare un po' il tutto. Nel prossimo capitolo finalmente si saprà qualcosai di più in merito alle reazioni del mondo di fronte alla creazione di Daniel e all'atteggiamento di Celine nei confronti dell'umanità in generale!
Potrei ridardare a scriverlo, causa viaggio di una settimana, ma spero che voi possiate continuare a seguirmi e, a tal proposito, ringrazio tutto coloro che mi hanno aggiunto alle seguite e che recensiscono questa storia. Grazie davvero :3

a presto,

oSally
  
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