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Autore: malpensandoti    27/03/2015    10 recensioni
Jodie le sorride di tanto in tanto, le scosta i capelli dal volto e le dice che Louis non ha idea di cosa si stia perdendo a non volere una sorella del genere.
Georgia la ringrazia e tace, alla fine non ci crede più di tanto.
Aspetta piano gli uomini – le persone – della sua vita prendersi qualcosa e sparire, perché è così che funziona, è così che semplicemente vanno le cose.
Vanno via.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Words As Weapons
Slow It Down

 

I feel her filth in my bones
Wash off my hands til it’s gone



 
 

Oscar ha un sorriso malizioso anche mentre cammina fiero tra i corridoi della scuola, la mano bruna che regge la cinghia dello zaino sulla spalla e la schiena dritta come quella di un leader, un padrone. Georgia al suo fianco invece sembra una piccola formica pallida e insicura, cammina con gli occhi bassi e i capelli legati che per la fretta di quella mattina non è riuscita a sistemare.
Il suo migliore amico continua a parlare della partita che lui e la sua squadra hanno vinto – stra vinto – quella domenica e ciò la rende contenta, in qualche modo distratta dagli avvenimenti del week-end.
“Niall era ancora ubriaco, quando il Mister lo ha fatto giocare – dice Oscar con uno sbuffo divertito, lanciandole una breve occhiata – Mi ha detto di salutarti, a proposito”
“Saresti dovuto restare di più, sabato sera – bofonchia lei in risposta, evitando per un soffio una spallata da parte di un ragazzo – Mi dispiace”
Oscar arriccia le labbra, le sfiora il braccio con le dita e allarga appena gli occhi neri: “Nah, figurati. Non conta quanto, conta come – le fa l'occhiolino – E da quello che ho saputo, abbiamo entrambi fatto colpo”
Entrano nell'aula di inglese con Georgia che arrossisce vistosamente, sembra all'improvviso fare molto caldo nonostante le finestre che si affacciano sul giardino interno siano spalancate. Si siedono nel banco a due al centro dell'aula, senza che il resto degli studenti possa in qualche modo dare loro fastidio.
“Cosa intendi con 'fatto colpo'?” lei gli chiede, facendo un sorriso impacciato.
Oscar scrolla le spalle larghe, incrocia le braccia sulla camicia bianca della divisa e allunga le gambe sotto il banco, mettendosi comodo sulla sedia di plastica.
“Niall mi ha detto che a Zayn piacerebbe ritrarti, dice che hai un bel viso – spiega e sorride al suo imbarazzo – In quanto a me, Cyndi mi trova particolarmente petulante. In altre parole, è già mia”
Georgia ride coprendosi il volto con entrambi le mani, scuote la testa e non sa cosa dire.
“È una bella cosa, no? – lui continua, vedendola in difficoltà – Insomma, sarai come Marilyn Monroe mentre il tuo personale Andy Warhol ti dipinge. È una figata, a pensarci bene. Potrei esserne geloso”
La ragazza arrossisce ancora di più, ora la divisa sembra essere così attillata da farla bruciare tutta. Appoggia le mani contro le guance calde e i gomiti sul banco, sbuffando e ridendo.
“Sei un imbecille, te l'ho mai detto?” esclama.
Oscar arriccia le labbra spesse per l'ennesima volta, inarca le sopracciglia e “Un paio di volte, qualcosa di più” borbotta, annuendo.
La campanella della prima ora suona, facendo pian piano silenziare l'aula.
“Horan vorrebbe che venissi anche tu, domani – le dice ancora lui, come se  sifosse ricordato di quel particolare solo adesso – Andiamo al luna-park insieme a qualche ragazzo della squadra e sono sicurissimo che ci saranno anche Cyndi e Zayn e un mucchio di altra gente divertente. In più, ci sarò io
Georgia ridacchia appena e appoggia la guancia contro il suo avambraccio nero, chiudendo gli occhi e facendo un respiro pesante, liberatorio.
Sente le dita calde del suo migliore amico scostarle i capelli che non è riuscita a stringere nell'elastico, la sua voce torbida che mormora: “Che razza di persona si lascia sfuggire un raggio di sole come te”
Preferisce non pensarci.
 



 
 
Quando entra in casa, tra le mani stringe la posta presa dalla piccola cassetta di ferro verde bosco che c'è accanto alla porta. Sua madre non è ancora tornata e Georgia non vede l'ora di provare le candele al cocco che s'è fermata a comprare da Tesco.
Appoggia lo zaino accanto al vaso di vetro e sbadiglia sciogliendosi i capelli con un gesto secco della mano.
Ha in mano solo pubblicità, buoni sconti per negozi online dove Jodie è solita a comprare e qualche bolletta, sta per togliersi le scarpe quando la lettera sotto al volantino di Forever 21 cattura la sua attenzione come un unico punto nero in mezzo a una tela bianca.
È sigillata, professionale e triangolare. La calligrafia sul retro è ben leggibile, blu scuro.
C'è scritto: Harry Styles.
Le vengono subito in mente gli occhi, lo smeraldo sfregiato che l'ha messa a disagio, in imbarazzo. Si ricorda la tensione, la voglia di non essere lì e quella rigidità quasi irreale con la quale le si è posto di fronte. Si ricorda quella bellezza scheggiata, quella bellezza appassita, spenta.
Fa un respiro profondo e si volta, aprendo la porta un'altra volta con le chiavi che penzolano dalla tasca della giacca.
La casa della vedova Styles è una casa triste, Georgia lo ha sempre pensato, sa di solitudine e nostalgia. Nelle rare volte in cui ci è addirittura entrata, ha sempre percepito un'atipica freddezza perfino alle pareti, come la mancanza di qualcosa che prima c'era e ora non c'è più, i contorni di un quadro che è stato tolto e adesso manca. Sono assenze che pesano, la signora Styles sorrideva sempre in quelle situazioni e le diceva che l'inquietudine che sentiva allo stomaco era l'amore consumato con suo marito tra quelle mura. E Georgia arrossiva, si sentiva di troppo perché non capiva, l'amore per lei è sempre stato astratto e comunque distruttivo, non duraturo.
Tiene in mano solo la lettera, il resto lo stropiccia fino a chiuderlo nella tasca della giacca. Stringe le dita libere fortissimo prima di respirare e suonare al campanello.
Lui ci mette ancora diversi minuti per aprirle e quando lo fa, è talmente austero da far tremare i muscoli delle braccia chiusi nella stoffa della maglietta nera.
Georgia spalanca gli occhi, di riflesso fa un passo indietro e dentro di lei percepisce una scarica partirle dalla colonna vertebrale che la fa tendere come le corde di una chitarra.
“Stai sanguinando”
Non si rende conto di averlo detto ad alta voce finché la mano del ragazzo non si apre e si chiude a scatti, dandole una chiara visione di come le schegge di vetro gli abbiano perforato la pelle, il palmo grande ora completamente zuppo di sangue.
“Stai sanguinando – ripete, il respiro spezzato dall'ansia – Stai-”
“Sto bene – lui la interrompe, secco – Non è niente”
Georgia tentenna a quel punto, si morde il labbro e si sente piccola, un po' stupida.
“Sembra profonda” prova allora a dire, lentamente.
Harry fa uno sbuffo sarcastico: “Niente che del disinfettante non riesca a guarire”
“Forse c'è bisogno di una fasciatura”
“Sto bene” alza la voce e lei indietreggia ancora e abbassa gli occhi.
Vorrebbe solo aiutarlo, davvero. Anche Marshall si feriva con il vetro, certe sere: Jodie lo medicava con cura per poi insultarlo e fasciargli la mano e il polso.
Non vuole che rendersi utile, rimediare al loro primo incontro, eppure lui non fa che spaventarla e renderla nervosa, insignificante.
“C'era questa lettera, dentro la nostra cassetta – allunga il braccio come ha già fatto e deglutisce – Suppongo sia tua”
Harry afferra la busta velocemente, la osserva con gli occhi guardinghi che quasi lacrimano per il contatto dei tagli con la carta finché non sembra riprendersi. Allora respira forte, il suo petto ampio si alza e si abbassa e così le collane di ferro che porta al collo.
Guarda la lettera ora macchiata di rosso e poi il palmo scorticato che continua a sanguinare. Poi la fissa negli occhi e semplicemente chiede: “Sai come si disinfetta una ferita?”
 
 
 
 
Il bagno della casa della vedova Styles è quadrato, ricoperto di mattonelle azzurre e con una vasca lunga e stretta addossata alla parete. Harry è seduto sul bordo, le spalle curve e lo sguardo fisso davanti a lui, a guardare i pensieri che gli fanno tremare le ginocchia di tanto in tanto, il palmo ben spalancato e il volto apatico, come se non sentisse neanche il più piccolo dolore.
Georgia gli ha rimosso le schegge con una pinzetta e gli ha disinfettato la ferita già timorosa che lui si lamentasse, Harry invece non ha fiatato, non s'è nemmeno mosso. Sembra quasi che lui non ci sia, che siano solo pezzi di ossa e pelle e legamenti.
È un silenzio che sa d'imbarazzo e tensione, lei lo riesce a sentire ovunque e ciò non fa che aumentare il suo nervosismo, la sua voglia di finire al più presto e andare via.
È comunque Harry il primo a parlare dei due. Lancia una breve occhiata alla ferita quasi del tutto pulita e poi “Dove l'hai imparato?” le domanda, con tono neutro, per niente curioso.
Lei sobbalza appena per la sorpresa, deglutisce e riprende a tamponare col cotone imbevuto. “L'ho visto fare da mia madre, qualche volta” risponde piano.
Lui annuisce, con l'altra mano si scosta i capelli dalla fronte e poi sorride appena, senza allegria: “Dalle mie parti ci si disinfetta con la saliva” borbotta, come se fosse un ricordo buffo.
“Da dove vieni?” lei non può che chiedergli, a quel punto.
Harry alza la testa, incontrando i suoi occhi leggermente più in alto. Il suo tono è aspro mentre le risponde: “Dall'Afghanistan”
“Sei un-”
“Un soldato, sì – la interrompe, allargando le narici come se dirlo gli costasse energia, fatica – O almeno, lo ero. Congedo a tempo indeterminato, a quanto parte il British Army non ha più bisogno di me”
Gli occhi di Georgia vagano per le piastrelle chiare come per cercare una via di fuga a tutto quel disagio che le si sta impigliando in mezzo agli organi. Le sue labbra tremano per lo sforzo di stare in silenzio, per cercare di dire qualcosa che sia empatico, d'effetto.
Ora capisce per esempio i tagli sulle sue nocche, la piccola cicatrice sulla tempia sinistra e gli occhi distrutti, frantumati, senza modo di essere aggiustati. Capisce la medaglietta di metallo incastrata con il ciondolo a forma di aereo, capisce le spalle tese fino allo spasmo e il corpo che trema a ogni movimento più azzardato.
Capisce, ma non comprende. Rimane in silenzio e s'immagina la guerra dentro le sue ossa, i pensieri che gli lasciano le occhiaie di notte e gli spari, tanti spari. S'immagina il sangue che in quelle mani grandi si mischia col sangue di altri, quel volto come l'ultimo di una vita intera, una vita spazzata via sotto il rumore dei proiettili, la paura, la rabbia, l'oblio.
La casa della vedova Styles è triste, fatta apposta per le mani di Harry, per il suo petto e la sua voce che sa di ruggine.
Si respira la mancanza di qualcosa, il silenzio che copre rumori che sono loro dentro la testa, suoni che strillano e fanno la guerra.
“Ci vorrebbero delle candele” si ritrova a sussurrare lei, con le labbra che nemmeno si muovono.







 

buonasera a tutti!
puntuale come un orologio svizzero, ecco qui il secondo capitolo della storia! scriverlo è stato un vero e proprio parto, specie perché non avevo idea di cosa succedesse, ma spero che il risultato finale vi sia comunque piaciuto!
la storia di harry come soldato è nata da una chiacchierata con acinorev, lei stra in fissa coi soldati (:-)) parlava parlava parlava finché non le ho detto "un giorno ti scrivo una storia con un soldato" ed eccoci qui!
in realtà è un tema che ho già affrontato in No church in the wild, ma lì non era che una cosa di contorno e sapete che a me lasciare le cose senza scriverci su fino allo sfinimento non piace, perciò...
il british army è ovviamente l'esercito inglese, che è l'unico nell'unione europea ad accettare che i minori si arruolino. dal 2013 sono stati ritirati dall'afghanistan poco meno di 4000 soldati, perciò quello di cui harry parla non è del tutto inventato. ho colto l'occasione al balzo, ecco
spero che l'inquietudine/imbarazzo/disagio/timidezza di georgia siano stati capiti appena un po' di più! giuro che per me è difficilissimo trovarmi a scrivere di un personaggio così, ma è qualcosa di nuovo e mi auguro possa portare piano piano soddisfazioni!
fate caso ai particolari, come ad esempio le candele (!!!!!!!) o il continuo accennare a louis da parte di jodie/oscar/georgia stessa (che risalterà più avanti, non vi preoccupate), oppure zayn (raga finché avrò vita per me saranno sempre in cinque non vi preoccupate ahahah) e la sua arte!
la strofa iniziale e il titolo del capitolo sono presi dalla canzone dei the lumineers, che vi consiglio di ascoltare!
come sempre, grazie a tutte di cuore!
spero di ricevere più pareri questa volta, la storia è appena iniziata e mi piacerebbe veramente che mi diceste ciò che vi frulla per la testa nel leggerla, cosa c'è che non va e via dicendo!
mi demoralizza il vostro silenzio, perché è peggio di una critica, sapete?? ahaha
a ogni modo, grazie di nuovo per essere qui a leggere un'altra strampalata storia della sottoscritta!
un bacione gigantesco e a presto,
caterina





 
  
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