Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: myavengedsevenfoldxx    30/03/2015    1 recensioni
il suicidio non è mai la soluzione giusta, anche nei peggiori dei casi, la vita va avanti, non fermarti al primo ostacolo davvero difficile, vivi la vita, cogli ogni attimo perché ne vale la pena e non avere paura, sii forte, sii te stesso, sempre e comunque.
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VI
 

I ain’t waiting for a miracle
I ain’t waiting for the world to change
Under my skin lives the reason
Under my armor I lost it all.


 


Avevo preso il mio posto, seduta e messo le cuffiette, la musica a volume normale e cominciai a fissare il vuoto fuori dal finestrino. L’aereo partì nell’arco di 20 minuti, accanto a me stava seduto un ragazzo di 20 anni, aveva un buon odore e si stava rilassando leggendo un libro. Notai che ogni tanto mi lanciava qualche occhiatina, ma facevo finta di non notarlo, non volevo intavolare nessuna conversazione.

Aprii  i documenti che mi aveva dato il vecchio prima di partire, c’era la mia carta d’identità, dei fogli e altri documenti trattenuti in una busta di plastica trasparente, alcuni erano quelli per il viaggio, altri per ritirare soldi e altri documenti miei della nascita.
-così sei diretta ad Huntington Beach eh?- mi disse il ragazzo accanto a me.
merda perché mi parli
Sorrisi cordialmente e tolsi una cuffietta.
-già-
-piacere Matthew Sanders, ma mi piace chiamarmi Matt Shadow, è il mio nome d’arte- disse presentandosi con un sorriso, aveva le fossette ed erano adorabili, e il suo sorriso traspariva serenità e allegria. Aveva i capelli corti, gli occhi verdi e le braccia muscolose. Aveva le braccia tatuate e gli occhiali da sole posti nella maglia, era un bel ragazzo.
-piacere Hannah- mi lasciai andare stringendogli la mano e sorridendo, strano, non mi veniva mai cos’ spontaneo, forse perché emanava un aurea di rassicurazione?
-allora che ci va a fare là?- mi chiese
-vado a vivere da amici di famiglia- risposi secca, non volevo raccontargli la storia della mia vita men che meno volevo rivivere quei terribili momenti.
 

***
 

Ero seduta nella mia stanza che giocavo coi lacci della felpa quando un signore vecchio con la barba e i capelli grigi entrò nella stanza.
-ciao Hannah- disse con un sorriso dolce e paterno. Non mi aspettavo quella visita, anzi di solito non ricevevo visite e mai ne avevo ricevute nel periodo in cui soggiornai in quell’edificio bianco con i muri che si stava scrostando, era il periodo subito seguente alla ‘riabilitazione’ dal bere. Vivevo in quell’angusto locale dove stavo male, ma mi davano da mangiare e da bere gratis conoscendo la mia situazione così ne approfittavo intanto di aspettare la mia sorte. Non avevo più tentato il suicidio, ma l’idea non era mai scappata. Giocando con i laccetti riflettevo sui mesi passati con i nonni e specialmente la sera che ero andata alla festa della mia amica dove il ragazzo mi aveva baciato, non me lo ricordavo, né di nome né di aspetto. Chissà che fine aveva fatto.
-cosa vuole?-
-fare amicizia e spiegarti un paio di cose- mi rispose lui sedendosi nel letto accanto a me.
-sentiamo dai- sospirai alzandomi e andando vicino alla finestra. Chi era? Uno psicologo ascoltare e aiutarmi ad affrontare i miei problemi? –va tutto bene fin quando non è uno schizza cervelli che mi vuole far rivivere i miei passati eventi-
-oh no cara, niente di tutto ciò. Sono un amico di vecchia data di tuo nonno, mi chiamo Albert e voglio aiutarti-
-aiutarmi? E cosa può fare? Far ritornare in vita i miei genitori? I nonni? Farmi cancellare le ferite del passato?- lo guardai gelido.
-no, non posso non sono Dio. Ma voglio darti una nuova possibilità, di vivere, di nuovo, di farti avere una vita degna di essere chiamata tale, da andarne fiera, da essere felice, davvero.- guardai fuori dalla finestra, il sole splendeva e le macchine correvano veloci nella strada di sotto. Non dissi nulla.
-ti fidi di me?-
-non ho fiducia nemmeno in me stessa, figurarsi per uno sconosciuto-
-fidati di me, almeno questa volta, fallo per tuo nonno- tasto dolente. Nonno era la persona che amavo di più al mondo e nella quale avevo la più totale fiducia.
-chi mi da la certezza che lei mi dia una vita nuova e felice?- chiesi puntando i miei occhi nei suoi.
-te lo garantisco io, tesoro, e voglio farti avere questa. Tuo nonno me la diede alcuni mesi prima che morisse, sai sapeva che sarebbe venuto il momento in cui lui sarebbe scomparso e tu saresti rimasta davvero da sola, leggila.- mi porse un foglio di carta, ripiegato in quattro parti, lo presi. La calligrafia era quella del nonno, ne ero certa. Fissai il foglio, fissai il vecchio e lui mi sorrise incoraggiandomi a leggere.

Ciao piccola mia,
anche se molto piccola non sei, sei grande e matura, molto per la tua età e sono fiero di te, sempre stato fin da quando sei nata,perché si ti ho vista nascere e crescere, tuo padre era diverso, molto diverso da com’era negli ultimi anni della tua vita. Mi dispiace di non esserci stato per tantissimo tempo, non è che volessi stare lontano da te, anzi, mi hanno costretto. Non sai quanto è stata dura starti lontana e non poterti vedere crescere.
Tuo padre era una bravissimo ragazzo, aveva corteggiato tua madre fin dall’età di 18 anni e non si erano mai lasciati, si amavano tantissimo, e quando sei nata tu, è stata la sua gioia più grande, dovevi vedere quanto era felice di averti con sé e ti portarti in giro, credimi, è la verità. Quando avevi 5 anni ha avuto un incidente d’auto,ha sbattuto la testa ed è stato ricoverato, ha subito un trauma celebrale che l’ha portato a cambiare completamente il comportamento. Ha iniziato a bere, a essere violento, non prendeva le medicine per calmarsi e tua madre non l’ha mai voluto abbandonare. “dagli tempo, poi tornerà normale” mi diceva sempre, ma più tempo gli davo più peggiorava il tutto. Volevo portarti via, ma lui me lo impedì e non potei più rientrare a casa tua, vostra e non ti vidi più. I medici tentarono di curarlo, prescrivendogli farmaci e per un paio di anno li assunse, poi smise, faceva finta di prenderli,ma li gettava via, tua madre cercava di farlo ragionare, ma tutto invano.

Piccola mia, mi dispiace davvero per ciò che hai dovuto patire e mi vergogno per non averti potuto aiutare,io ti amo più della mia stessa vita e cercherò di darti una vita migliore. ormai sono vecchio e non mi resta molto tempo, quindi sto cercando di fare il possibile, ho reperito di nuovo dei lontani amici di tua madre che tu non hai mai conosciuto sempre a causa di tuo padre. Sono delle bravissime, anzi delle ottime persone, ti troverai benissimo con loro, ne sono sicuro, farai nuove amicizie e avrai una vita bella. Abbi fiducia in me.
Gli amici di mamma sono i Christ, vivono ad Huntington Beach nel sud della California, loro sanno già tutto e sono ben disposti ad accoglierti con loro, fidati di me. Fidati di loro. Torna a vivere, nonostante i drammi della vita, fallo per me.

Ti amo,
nonno.
Gennaio 2005


L’uomo canuto mi fissò, alzai il viso rigato dalle lacrime. Quindi era stato colpa di un incidente se mio padre era così, allora Dio mi odia davvero.
-ti fidi?-
-mi fido- risposi ripiegando la lettera e mettendola in tasca, ultimo ricordo di mio nonno.
mi fido” ripetei a mente trattenendo un pianto che sarebbe durato per sempre.

                                                                                            ***
-com’è Huntington Beach?- chiesi a Matthew scacciando i ricordi di alcune settimane prima.
-è una bella città, d’estate si fa surf, la temperatura minima è di 25 gradi e d’inverno non scende sotto i 15, è soleggiato e c’è una bellissima vista, e poi ci sono 14 km di spiagge, un piccolo paradiso.-
“non male” pensai sorridendo, c’era la spiaggia, non ero mai andata al mare.
-e poi- disse Matt – ci sono io con la mia band, spaccheremo il mondo, faremo strage, faremo carriera- rise-
-hai una band?- chiesi sorpresa
-si, heavy metal o almeno ci proviamo a farlo, siamo in 5 e siamo amici di vecchia data, e abbiamo deciso di provarci-
-spero abbiate successo- dissi sorridendo e guardando fuori dal finestrino.
-lo spero anche io-
-cosa suoni?-
-sono la voce- immaginavo, aveva una voce bellissima – ma suono anche la chitarra un po’-
Non male dai, parlai ancora un po’ con lui, scoprii che aveva 19 anni e che tra alcuni mesi ne avrebbe fatti 20, aveva fatto il primo tatuaggio a 15 anni e la band era ciò che amava di più al mondo e viveva ad Huntington Beach, però non gli chiesi nulla sui Christ magari li conosceva e li odiava. Rimasi zitta tanto di sicuro non l’avrei più rivisto in vita mia, lui non mi chiese il numero di telefono, meglio così, chissà che tipo era nella vita reale, magari li si era presentato in un modo e in realtà era completamente diverso.

L’aereo arrivò all’aeroporto in perfetto orario, circa le tre del pomeriggio e andai a prendere i bagagli. Il vecchio mi avrebbe detto che il ragazzo mi avrebbe aspettato all’uscita del gate, ma arrivata lì non trovai nessuno.
che bello!” pensai “adesso cazzo faccio?”. Mi appoggiai al muro, feci cadere a terra la borsa piena di vestiti e dei miei pochi affetti, tiri fuori le bacchette da una delle tasche e cominciai a giocarci battendole sul pavimento e in aria, immaginando di suonare qualche canzone strana inventata da me. Appoggiai la testa al muro e sospirai.
Passarono dieci minuti, poi venti, mezzora, quasi quaranta minuti.

Ero da sola, nell’aeroporto di una città dove non conoscevo nessuno e che essa era sconosciuta me. Non potevo fare nulla.
-dio cane- biascicai cominciando seriamente ad innervosirmi.
-Hannah?- disse una voce maschile fermandosi davanti a me
-era ora che qualcuno arrivasse- dissi senza alzare lo sguardo e rimettendomi in piedi, mi pulii il fondoschiena essendo stata seduta per terra e alzai il volto.
Ragazzo di 19 anni, alto, cresta, sorriso amichevole, braccia tatuate e un basso che portava sulla schiena. Cosa cazzo ci fa con un basso? Rimasi sorpresa, non mi immaginavo di ritrovarmi un ragazzo così molto simile a me.
-Christ?- chiesi facendo finta cancellare dal mio volto l’espressione esterefatta.
-eh si- rispose lui in tono pacato e sorridendo – andiamo?-
Mi dovevo fidare?
Presi la borsa da terra.
-andiamo-
Sì, mi fidavo.




    nota dell'autrice: ed ecco a voi un'altro capitolo. ea ora, penserete, no? eh m dispiace ma il iceo occupa tempo e per ora è la mia priorità ahahaha
spro abbiate trovatoil caitolo interessate e non noioso, lasiate un commento tanto per farmi sapere che ne pensate, lo fareste? *occhi dolci*
ciao! alla prossima! 

                       

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: myavengedsevenfoldxx