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Autore: KikiShadow93    04/04/2015    7 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Ti prendo! Lo sai che ti prendo! Perché insisti a correre così tanto? Sei spacciato, vile ladruncolo attaccabrighe!
So che hai paura e fai bene, lurido farabutto! Tu mi hai rubato una cosa che mi appartiene: il
mio sandalo!
Sai, vero, che questo significa morte? Nessuno tocca ciò che è mio.
AH! Eccoti lì, piccolo ladruncolo da quattro soldi! Fatti sotto, coraggio, fammi vedere di che pasta sei fatto, Ser Procione!
No, aspetta! Che cos'è quell'affare che hai in mano? Una spada laser?! Beh, non ti salverà, Ser!


«Marco?»

Non ora Ace! Sto combattendo contro Ser Procione per riavere il mio sandalo e per farmi un bel colbacco con la sua pelliccia! Non posso distrarmi!

«MARCO!»
Si risveglia in uno stato di completa confusione. Rammenta vagamente che qualcosa non quadra, ma non riesce a ricordare cosa. In realtà ha dormito così profondamente per tre giorni che non ricorda nemmeno chi è, figuriamoci dove si trova. Si guarda intorno spaesato, cercando di individuare, nascosto dietro a qualche mobile, il terribile avversario che, ahimè, pare essersi dileguato.
Solo dopo un minuto buono Marco si rende conto che era solo un sogno, che i suoi sandali sono stati sistemati in una cassettiera vicino alla porta e che ad accerchiarlo ci sono i suoi fratelli. Li guarda incuriosito, cercando di ricomporre gli eventi più recenti.
Se non sbaglia – e non lo fa praticamente mai –, era entrato in una stanza segreta con Týr per fare un incantesimo che gli avrebbe tolto l'anima e reso immortale. Per curiosità vorrebbe vedere se pugnalandosi al cuore con un bisturi resterebbe vivo o meno, ma non se la sente del tutto. E' risaputo che Týr si divertirebbe molto a fargli un simile scherzo.
«Come ti senti?» gli domanda dolcemente Halta, passandogli un panno fresco sulla fronte.
Marco si volta verso di lei e la guarda dritto in faccia, facendo fatica a riconoscerla: i capelli sempre sgarbugliati di un castano poco definito, sono adesso leggermente più corti, portati all'indietro con qualche ciocca che sfugge e ricade lateralmente sul viso. Nota anche che sono di un castano più intenso, tendente al mogano, e che le dona molto.
«Grazie a te e Satch, adesso tutti dobbiamo subire le angherie della simpatica e dolce Astrid.» lo avverte con tono divertito, lasciandolo abituare ai cambiamenti generali.
Tutti i pirati sono stati tirati a lucido, vestiti con stoffe comode e pregiate che gli calzano alla perfezione; i loro capelli e le barbe incolte sono state sistemate a dovere, così da poter conferire loro un'aria più presentabile.
A Marco sfugge una lieve risata nel vedere Fossa con tanto di giacca blu scuro sopra la camicia di lino bianco, cosa che in realtà all'uomo non dispiace poi molto. Certo, preferisce di gran lunga le proprie vesti da pirata, la sua vita, ma può anche accontentare una donna vicina ad una crisi isterica per la gravidanza della figlia di quasi nove mesi. E così come può farlo lui, possono farlo tutti gli altri, lindi e profumati in piedi di fronte a Marco, l'unico che si è evitato acqua quasi bollente, spazzole che per poco non li scartavetrano e litri su litri di oli profumati.
«Perché per colpa mia?» domanda frastornato la Fenice, rimettendosi lentamente in piedi e bevendo delle lunghe sorsate d'acqua dalla brocca che gli porge Rakuyo.
«Hai messo incinta la sua dolce bambolina, Marco» sghignazza mentre risponde, Halta, facendo sbuffare il diretto interessato «E adesso Astrid ci vuole perfetti per la sua nascita, così che non subisca, parole sue, ulteriori traumi.»
Per un breve, brevissimo istante la donna lascia vagare lo sguardo sulla propria immagine riflessa e, seppur a malincuore, deve ammettere di non trovarsi poi così orrenda come credeva indossando dei pantaloni scuri stretti e un'aderente t-shirt bianca senza una manica. No, tutto sommato si piace. Però deve fargliela pesare, sia a lui che a lei.
«La colpa di Satch, invece?» domanda sempre un poco confuso ed intontito il Primo Comandante, alzandosi finalmente in piedi per andare a prendere la propria camicia viola appesa, lavata e stirata ad una cruccia vicino alla porta.
A prendere la parola stavolta è Ace, curiosamente lontano dal letto di Silly, nella quale ha praticamente vissuto per ben tre giorni: «Ti sei scordato che il genio ha chiesto a Mimì di sposarlo e lei ha accettato? Ecco, se te ne fossi dimenticato, è quello che ha fatto.»
Marco ridacchia appena, fissandosi la punta dei piedi scalzi.
C'è una domanda che gli rimbomba in testa e gli fa battere con forza il cuore, ma non riesce a darle vita.
Barbabianca, in piedi con le spalle appoggiate contro la parete ad osservare la situazione con un sorriso allegro che spunta da sotto i grandi baffi bianchi, decide di informarlo, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Akemi sta riacquistando vigore molto alla svelta. Dopo che Týr ha permesso a Wulfric di esaminarla, le ha somministrato delle cure a base di vitamine, proteine, sangue fresco e tranci di carne cruda. Adesso sta bene.»
Marco annuisce appena, senza trovare il coraggio di voltarsi e guardarli in faccia.
Serve l'intervento di Izo, che lo afferra saldamente per le spalle e lo rigira verso gli altri, sorridendo allegro.
«Che ti prende, paparino?» lo sfotte prontamente, cercando di fargli capire che no, nessuno ce l'ha con lui.
In quei tre giorni di riposo forzato, indotto con dei potenti medicinali che Wulfric tiene ben celati agli occhi di Týr, Marco si è perso molte cose, che adesso andranno a spiegargli: Silly è stata proclamata tutrice di Satch, così che possa allenarlo ed aiutarlo a controllare la mutazione a piacimento; tra circa due mesi avverrà l'importante unione e pure lui, come tutti gli altri, dovrà partecipare ai preparativi per compiacere Mimì, così che non pensi troppo alla mutilazione; Barbabianca e Fenrir parlano sempre più spesso di un'alleanza effettiva e sembrano sempre intenti a parlottare dei dettagli, degli obblighi e dei divieti; pirati e immortali di vario genere, scoperta la gravidanza della giovane Lothbrook, le si sono rovesciati addosso come una secchiata d'acqua per poter anche solo sfiorare con un dito il ventre arrotondato, sperando di poter percepire i movimenti appena accennati del futuro erede.
«Abbiamo un regalo per te.» afferma distrattamente Fossa, spegnendo il proprio sigaro in un posacenere portato nella stanza appositamente per lui. Tanto era inutile dirgli che in infermeria non si può fumare, lo avrebbe fatto lo stesso, quindi tanto valeva dargli un recipiente dove buttare la cenere e i mozziconi.
«Cosa?» domanda incuriosito Marco, che a ricevere regali non è minimamente abituato. I sorrisi complici dei fratelli, poi, lo mettono particolarmente in allarme.
Mi sono ripreso da cinque minuti e già vogliono giocarmi un brutto tiro?, si domanda mentre si riveste, lanciando una fugace occhiata a Ace e Rakuyo che mangiucchiano i vari dolci che gli sono stati portati durante il suo stato semi-comatoso. Pure loro due lo guardano con un'aria furba che non lo convince per niente.
L'uomo con i dreadlock biondi si alza dalla propria sedia, stirandosi i pantaloni di jeans chiari con le mani, per poi prendere un pacchetto incartato alla meno peggio con della carta gialla e con un grosso fiocco lilla. Gli si avvicina velocemente, senza smettere di sorridere, e glielo porge entusiasta.
Marco, seppur con una certa incertezza, lo afferra e comincia a scartarlo, domandandosi tra sé e sé se davvero volevano che lo aprisse considerando gli strati di scotch con cui è stato sigillato. Quando poi riesce nell'impresa, si ritrova per le mani una cornice in legno di cedro e sfocate immagini in bianco e nero, che ai suoi occhi non sembrano nulla più di macchie d’inchiostro lanciate da un artista impazzito su una tela.
«Wulfric ha detto che era girato male e per questo non è capace di stabilirne il sesso.» spiega sorridendo sornione Ace, che non sta più nella pelle all'idea che tra poco – una ventina di giorni, a detta dell'antico dottore – potrà stringere suo nipote.
Marco è immobile, completamente rapito da quell'immagine confusa... dall'immagine di suo figlio.
Non lo credeva possibile, pur avendolo sentito dire, ma è convintissimo che non ci sia niente di più bello al mondo di quella chiazza chiaro-scura su quel pezzetto di carta.
«Ha detto che si stanno formando le strutture della colonna vertebrale e continuano a svilupparsi i vasi sanguigni e i polmoni. Inoltre le narici si stanno aprendo e le ossa si tanno indurendo; le orecchie sono perfettamente funzionanti e i suoi occhi sono aperti e in grado di percepire la luce.» a prendere la parola stavolta è Newgate che, insieme a Týr, ha assistito all'ecografia il giorno prima, trattenendo a stento le lacrime nel vedere il futuro nipotino muoversi nel ventre dell'adorata figlia. Certo, spiegare a Týr che è suo padre tanto quanto lo è lui è stata un'impresa titanica, tanto che sono dovuti intervenire i due Sovrani e gli è stato sparato in fronte un tranquillante per ippopotami, ma alla fine tutto è andato per il meglio.
Marco continua a stare immobile, suscitando una certa preoccupazione negli amici. Una crisi isterica, dopo tutto, potrebbero anche aspettarsela e comprenderla.
«Marco?» lo richiama incerta Halta, poggiandogli una mano sulla spalla.
L'uomo volta di scatto la testa con le lacrime che gli rigano le guance e un enorme sorriso gli si apre in volto.
«Questo è mio figlio...» mormora con un filo di voce, stringendo impercettibilmente il prezioso regalo ricevuto. Lo guarda e lo riguarda, imprimendosi nella mente ogni sfumatura.
Izo lo avvicina con un lieve sorriso ad increspargli le labbra sottili e lo scrolla un poco per la spalla per farlo tornare coi piedi per terra.
«Non pensi che sia il caso di condividere questo momento con la futura mammina? Sai, era piuttosto incazzata quando ha saputo quello che hai fatto. Ora non parla più con nessuno.» scrolla le spalle come per sottolineare il fatto che no, non sa perché si sia chiusa in sé stessa e che sì, deve sbrigarsela da solo.
Marco annuisce appena, dirigendosi sbrigativo verso la porta. Solo quando ormai è fuori si rende conto di un piccolo ma non trascurabile dettaglio: non ha idea di dove si trovi.
«Dov'è?»
Halta, che nel frattempo ha messo a sua volta le mani sulle varie leccornie portate al Primo Comandante, si volta e, con noncuranza, risponde: «Sulle rive del Lago Bianco.»
Prima che Marco possa andarsene, Vista lo riprende saldamente per le spalle e lo guarda dritto negli occhi, per poi mostrargli la mano fasciata: «Avvicinati con cautela: è diventata molto mordace!»

Il sole è alto nel cielo.
Gli alberi attorcigliano i rami tra di loro creando una specie di tetto di fogliame da cui entra una fioca luce solare, che illumina a fatica piccole parti del bosco.
I corvi volano tranquilli, perlustrando il territorio. Alcuni di loro sembrano giocare ad acchiappino, planando e riprendendo quota velocemente, starnazzando per richiamarsi tra loro.
Il sentiero in piccole pietre bianche che Marco ha deciso di seguire diventa più stretto e, con la coda dell'occhio, nota dei rari esemplari di Psychotria Elata, detta “Labbra Calde”, Habenaria Radiata, l'Orchidea Airone, e Phalaenopsis, l'Orchidea Falena, che indicano la stretta vicinanza con il Lago Bianco.
Avvicinandosi comincia a sentire il gracidare delle rane che, dapprima sulle ninfee, saltano di tanto in tanto in acqua e formavano un cerchio dentro l'altro.
Poi un canto leggero, un po' stonato, ma decisamente dolce. Segue quella voce, la stessa che riconoscerebbe tra mille, arrivando al limite del bosco, lì dove è situato il Lago. Seduta su una roccia, fasciata da un leggero abito azzurro, Akemi sfiora con la punta delle dita l'acqua limpida davanti a sé, carezzandosi con l'altra mano il ventre sempre più tondo e pieno.
«Imba wimbo - wa upepo - wakati unajiwa na
Imba wimbo - wa upepo - wakati ndoto tamu
Lala mpaka usiku uisheni
Upepo wa usiku - wimbo wanko na
Wimbo wangu inaendelea milele...»
«Non è che tu sia proprio intonatissima, eh...» sorride allegro, Marco, alzando le mani in segno di resa quando il cane zombie al suo fianco si alza e snuda le zanne, pronto a difendere la ragazza. Per un attimo il pirata si sorprende di quanta influenza Týr riesca ad esercitare su qualsiasi essere, vivo o morto che sia, ma decide di accantonare il pensiero per concentrarsi unicamente sulla ragazza che lo guarda con aria truce.
«Sono contenta di vedere che stai bene.» afferma secca, voltandosi di scatto dall'altra parte.
Battendo lievemente la mano sulla coscia richiama a sé Centurione, e la bestia torna a sonnecchiare al suo fianco, seguendo famelico i movimenti delle rane e dei pesci colorati che nuotano poco distanti dal suo brutto e deturpato muso.
Marco si avvicina tranquillo, consapevole che quella creatura non comporta alcun pericolo, e i suoi occhi vengono automaticamente magnetizzati dal ventre di Akemi, che pare essere ormai quasi al termine della gravidanza da quanto è grossa.
«Cresce alla svelta, eh?» commenta fingendo che la cosa non le preoccupi, mettendosi a sedere sul masso più vicino per poterla guardare in volto.
Regna un imbarazzante silenzio tra i due, rotto di tanto in tanto dal gracidare delle rane o dai rantoli del cane. Marco non sa cosa dirle, non adesso che la vede così nervosa, ma bastano pochi minuti perché Akemi si lasci andare e tiri fuori tutta la rabbia che si porta dentro da ben tre giorni.
«Perché lo hai fatto?» sibila scattando in piedi, puntando i pugni sui fianchi rotondi, fulminandolo con lo sguardo «Perché hai venduto la tua anima?!»
Marco, bene o male, sapeva che non l'avrebbe presa proprio bene. Più volte, quando tra loro le cose andavano bene e niente sembrava poterli toccare, lei aveva affermato che non avrebbe mai permesso all'oscurità che gravava su di lei di sfiorarlo; lui, senza dirle niente, ci si è buttato direttamente dentro, affogandoci di propria spontanea iniziativa.
«Mio padre mi abbandonò che io non ero ancora nato, Akemi. Hai idea di quanto faccia male? Hai idea di cosa voglia dire non essere desiderato ancora prima di essere venuti al mondo?» risponde il più pacatamente possibile il pirata, mentre dentro vorrebbe urlarle contro a sua volta, ribadire per l'ennesima volta che lei non ha il diritto di intromettersi nelle sue scelte perché è abbastanza intelligente da sapere da solo cosa è bene per lui e cosa no.
«Ci saresti stato lo stesso anche senza compiere quella cazzata, no?!» insiste Akemi, che non ha voluto ascoltare neanche le spiegazioni di Týr. Il vampiro ha provato in ogni modo a spiegarle che ora lui è completamente protetto, per sempre, che la sua vita sarà migliore e che il prezzo da pagare è stato ben più piccolo di quello che devono scontare tutti loro, ma lei non gli ha dato ascolto. Gli ha permesso di assistere all'ecografia, ma niente di più.
«Ci sarei stato, sì, ma non abbastanza a lungo. E io voglio esserci.» risponde con tono più basso Marco, alzandosi a sua volta per fronteggiarla.
«Hai fatto una cosa troppo grossa, Marco...»
Il pirata si passa le mani tra i capelli, urlando per l'esasperazione.
«Mi spieghi qual è il problema?! Il bambino sta risucchiando tutta la tua intelligenza e non ne hai più per capire che l'ho fatto per noi?! Sì, per noi! Per il bambino, per stargli vicino, e per te, perché è te che amo! Quindi puoi darti una calmata? Sennò viene fuori già disturbato!»
Marco è sempre stato un uomo razionale e pratico, decisamente non incline a crisi isteriche o discorsi tanto lunghi. Si è sempre limitato a dire la propria in maniera schietta, senza sbilanciarsi troppo. Ma questa volta non è riuscito a trattenersi: da quando Akemi è entrata nella sua vita, la sua razionalità ha cominciato a risentirne sempre di più, arrivando adesso al punto di rottura.
La ragazza rimane in silenzio, le braccia abbandonate lungo i fianchi e un'espressione stralunata in volto.
«È la prima volta che mi dici che mi ami...» mormora ancora sotto shock, non riuscendo a decidere se scoppiare a piangere per la gioia o a ridere per l'espressione altrettanto shockata di Marco.
«Sì» asserisce secco, ricomponendosi e raccattando il poco di orgoglio che gli rimane «È meglio se facciamo finta che non sia una cosa grossa?» domanda incerto, aggrottando le sopracciglia.
«Decisamente sì, perché sto per mettermi a piangere e poi va a finire che piangi anche tu.» risponde con un sorriso tirato Akemi, tenendo una mano ben ferma sul ventre da cui sente scalciare la sua piccola creatura e l'altra sul viso per nascondere le lacrime che, contro la sua volontà, stanno cominciando a rigarle il volto pallido.
«Penso che sia il caso che ti mandi Halta.» gira immediatamente sui tacchi, Marco, sventolando una mano in segno di saluto e riprendendo il sentiero che porta al castello.
Hanno gettato un ponte, un grosso e pesantissimo ponte, che li condurrà senza ombra di dubbio su una strada piena di incertezze, litigi e scontri... ma la Fenice non potrebbe esserne più felice.

XXXXXX

Zona est. Fascia desertica. Il luogo più odiato da qualsiasi soggetto debba subire l'addestramento da parte di un lupo esperto.
Satch vi passa ormai quasi tutto il suo tempo, per farsi malmenare da Silly che dovrebbe insegnargli a mutare a proprio piacimento. Il problema, però, sorge dal fatto che Satch proprio non ci riesce!
In due settimane di dure botte e derisioni da parte di quegli imbecilli dei suoi compagni che vogliono assolutamente assistere, è riuscito ad ottenere qualche risultato vagamente apprezzabile. È riuscito ad ottenere la trasformazione dell'aura, la più comune, dove il mannaro si immerge nell'energia animale che ha in corpo e si comporta da lupo sentendosi animalesco, pronto a reagire più velocemente se in pericolo e con una più netta percezione del proprio corpo.
Ma per Silly, e tutti gli altri lupi, ciò non è assolutamente sufficiente se vorrà riprendere il mare.
Così è riuscito a spingersi oltre, sorprendendoli un poco: ha raggiunto la trasformazione mentale, una forma più profonda della trasformazione dell'aura e molto più animalesca. La concentrazione e la coordinazione sono esaltate in questo stato, un po' come un animale selvatico in buona salute, e riesce a camminare a quattro zampe con grande naturalezza. Il suo aspetto fisico, in questa condizione, non cambia molto: sviluppa peli sul viso, lineamenti animaleschi e artigli retrattili e denti bestiali, con un leggero incremento della muscolatura.
Pure adesso, sotto il cocente sole delle tre del pomeriggio, si trova in questa semi-bestiale forma, muovendosi velocemente e con precisione sotto agli occhi attenti dei fratelli.
Akemi assiste assieme a loro, malgrado la madre le abbia consigliato di non sforzarsi, stando ben accucciata tra le gambe di Marco. Le sembrano passati appena due giorni da quando lei stava in mezzo a quella specie di ring a fronteggiare Freki, a prenderne come un polpo e bestemmiare come una dannata. Un lieve sorriso le increspa le labbra al ricordo, soprattutto considerando che adesso quello stesso violentissimo mannaro si prende cura di lei come se fosse una fragile bambola di porcellana.
Satch, distrutto dalla fatica, blocca il nuovo gancio che la ragazza prova a sferrargli e oppone un diretto alla guancia sinistra, ribaltandole la testa. Non ci ha messo forza a sufficienza però, quindi l'avversaria è ancora in piedi, fatto che lo mette, in pochi secondi, in netto svantaggio: una botta nelle costole, blocca il suo sinistro, gli indebolisce la mascella con un gomitata, finendo con un colpo di tacco al diaframma.
Satch vorrebbe reagire, anche per far bella figura con la fidanzata che lo guarda da una parte, ma proprio non ci riesce a causa del dolore.
La osserva per qualche secondo e nella sua mente riaffiora la conversazione che hanno avuto la sera precedente, dove Mimì ribadiva il fatto che per lei sarà sempre il solito Satch, il pirata che le ha rubato il cuore, e che lo amerà allo stesso modo anche quando sarà una ringhiante palla di pelo e bava.
Sa bene che non dovrebbe distrarsi, non in un momento simile, non quando di fronte a lui c'è Silly, ma lo fa. Si distrae e senza aver visto o intuito nulla, si sente improvvisamente esplodere nella testa una possente vampata di dolore. Si rende conto di vacillare all'indietro con le mani premute sulla faccia e sul sangue caldo che gli sgorga tra le dita, di annaspare in cerca di equilibrio e finalmente di essere disteso nella sabbia rovente a gridare bestemmie alla volta azzurra del cielo.
«Per oggi basta così.» gli sorride dolcemente Silly, allungandogli una mano per aiutarlo a rialzarsi «Dovrai recuperare le forze per domani sera.»
Già... domani sera, pensa Satch, rialzandosi a fatica. Sa bene cosa dovrà fare, ma non è sicuro di riuscire a farlo.
È stato Fenrir in persona a parlargliene, a spiegargli perché ha scelto proprio Silly per il suo allenamento, perché vuole fargli compiere un sacrificio del genere. E Satch lo capisce. Lo capisce benissimo.
Silly, dopo la loro partenza, rimarrebbe senza la sua migliore amica, e si ridurrebbe di nuovo ad una creatura selvatica e solitaria, difficile da avvicinare. L'ha messa al suo fianco così che, quando salperanno, potrà seguirli anche lei e aiutarlo a controllare il lupo che dimora dentro di lui.
Per quanto riguarda il sacrificio... beh, capisce anche questo, in realtà, ma non vuole. Capisce benissimo, però, che un licantropo non può vivere da solo – salvo casi eccezionali come Peter – e che deve avere l'approvazione di tutti per entrare nel branco, e che quello è l'unico modo.
Mimì nota il suo sguardo perso, i suoi occhi preoccupati, e con dolcezza avvolge le braccia attorno al suo forte collo. Lo bacia dolcemente, senza abbandonare il sorriso, per poi poggiare la fronte sulla sua.
«Andiamo a casa.» mormora dolcemente, prendendolo sotto braccio. Satch però si blocca prima di raggiungere l'uscita, e osserva con sguardo colpevole i compagni di fronte a lui.
«Non posso farlo...» mormora rammaricato, indietreggiando appena, andando a sbattere contro Marco, che gli poggia con forza le mani sulle spalle.
«Sono cambiate tantissime cose, Satch. Nessuno ti giudicherà.»

Il freddo raggio lunare colpisce l'assonnato paesaggio notturno, cambiando i colori di ogni cosa: le foglie verdi degli alberi si irrorano di un grigiastro perlaceo, i muri delle case, colorati di vivaci tinte, perdono lo splendore solare. Muta il mondo alla luce della luna, dove anche il cielo sembra abbassarsi, avvolgendo con il suo abbraccio protettivo ogni cosa terrena. Si rincorrono le ombre che sembrano nascere dai raggi argentei della luna e alla psichedelica luce spettrale sembrano danzare, accompagnati dalla silenziosa armonia della notte.
Silly alza appena lo sguardo per vedere chi è passato vicino alla sua proprietà, senza però individuare nessuno. E come potrebbe? La sua mente è affollata da mille pensieri e in più ha deciso di risistemare le ormai decrepite biciclette che teneva davanti casa.
Scartavetra con forza, sforzandosi di portar via tutta quella maledetta ruggine. Erano anni che doveva farlo, ma si diceva sempre “ma sì, lo faccio domani, di tempo ne ho quanto voglio” e regolarmente trovava qualcosa di divertente da fare con Mimì. Ma Mimì adesso non c'è, impegnata com'è in intense ore di attività sessuale con il suo bel pirata mannaro.
Adesso invece si è armata di nastro adesivo, carta abrasiva con grana grossa chiavi a brugola, chiavi per viti a testa esagonale, cacciaviti, martello, chiave a rullino, pinze, una tronchese e una chiave a tubo, diversi barattoli di vernice e pennelli a volontà.
Ha rimosso dal telaio tutto ciò che non ha bisogno di essere riverniciato, come le maniglie dei freni, il mozzo dei pedali e la forcella, e ora, con l'aiuto della carta abrasiva, porta via tutta la ruggine e la vernice vecchia che rovinava il telaio, provando così a riportarlo all'antico splendore.
Tre bici, tre colori diversi. Una sarà sicuramente blu. Un bel blu acceso, con delle stelle dorate come decorazione.
Ace, alle sue spalle, prepara le varie tinture con disattenzione, troppo preso dalla visione della ragazza che gratta via il superfluo con dedizione e precisione, stando ben attenta a non imprimere troppa forza nelle braccia per non rovinare l'oggetto a lei tanto caro.
Silly sente i suoi occhi curiosi su di sé e di conseguenza alza i propri, brillanti e allegri anche in quell'oscurità, e lo osserva a sua volta, non riuscendo a capire bene se il giovane figlio di Roger ha ben capito con chi divide il letto.
«Quello che domani farà Satch...» comincia, con un tono di voce che stona incredibilmente su di lei «Io lo faccio da secoli.»
Ace reclina la testa di lato, non capendo dove voglia andare a parare con quell'affermazione. Lo sa che i lupi mannari spesso e volentieri mangiano carne umana, e allora? Fenrir gli ha detto che cercano da almeno un millennio di limitare i danni e puntano a chi merita di morire, quindi perché mai farsi tante paranoie? Inoltre, giusto per star sicuro, le ha detto e ripetuto, sbattendole letteralmente in faccia l'avviso di taglia, che deve stare lontana da suo fratello e dalla sua ciurma a meno che non sia con lui.
«Non mi piacciono i rigiri di parole, Silly.» sbotta cupo il pirata, alzandosi in piedi e avvicinandola.
Silly, generalmente espansiva e solare, pare quasi volersi chiudere in una bolla per isolarsi e proteggersi da tutto, cosa che mai prima aveva fatto.
Non vorrebbe farlo, in effetti, ma il suo istinto di autoconservazione le impone di non compiere gli stessi errori due volte, e Ace potrebbe rivelarsi un grandissimo errore.
«Io non sono una donna come le altre, Ace.» si mostra sicura di sé, forte e fiera come è sempre stata, ma dentro si sente quasi intimorita dall'intensità con cui la guarda il ragazzo che la fronteggia e sovrasta.
Ace ghigna divertito. Da tempo si aspettava un discorso del genere, e si era già preparato una risposta per calmarla e poter continuare a godere della sua compagnia indisturbato. Perché Silly non è come le donne che ha conosciuto, immortali o mortali che fossero: con lei non deve abbellirsi o nascondere chi è in realtà, e per questo non ha alcuna intenzione di lasciarsela sfuggire.
«La mia migliore amica è un pericoloso ibrido immortale, che porta in grembo una creatura ancora più strana. Uno dei miei migliori amici è un licantropo e sta per sposare una vampira» le sorride allegro, spintonandola leggermente da un lato e prendendo il suo posto nello scartavetrare i telai «Pensi davvero che per me possa essere un problema?»



È una notte fredda, il cielo è terso, limpido; sagome maestose di abeti si levano al di sopra di silenziosi giardini e su tutto domina lo splendore della Luna Piena, grande astro brillante nel cielo della sua fredda luce madreperlacea.
Ai due giovani principi è stato concesso di tenere le catene di Teach, vittima sacrificale che permetterà a Satch di entrare ufficialmente nel branco. A lui, in realtà, non importa, ma se questo può portare ad una potente alleanza con il grande Clan Lothbrook e alla gioia della sua promessa sposa, allora può anche fare il grande sforzo di uccidere quello che per anni è stato un suo grandissimo amico e compagno.
«Attizzatori roventi, cinghie di cuoio...» borbotta sovrappensiero Fenrir, passando in rassegna i vari oggetti di tortura che potrebbe o meno essere usati sul Comandante se perdesse troppo il controllo.
Astri si struscia su di lui, afferra le cinghie di cuoio e gliele passa sul petto lasciato scoperto, sorridendo diabolica e lussuriosa.
«Dopo, amore mio.» borbotta sorridendo l'Imperatore, senza neanche guardarla.
C'è così tanta lascivia negli occhi della Sovrana che l'evento della serata potrebbe passare in secondo pieno. In fondo è raro vedere Astrid così ben propensa.
Ma Fenrir si impone di non darle ascolto e si avvicina a Satch, teso come una corda di violino.
«Potrei fare un casino» biascica imbarazzato mentre viene spogliato frettolosamente «Potrei non riuscirci... potrei deludervi tutti.»
Fenrir sorride appena, rassicurandolo con voce calda e roca: «Freki mi ha parlato molto a lungo della tua prima trasformazione. Ne è rimasto profondamente colpito.»
«Perché?» si compre le nudità come può, Satch, cercando di non pensare a niente. Mimì, per provare ad aiutarlo, gli ha detto che finirà in men che non si dica e che dopo lo farà rilassare lei, che lo farà andare in orbita. E Satch si è lasciato totalmente ammaliare da tale promessa, dal momento che ha scoperto che il sesso tra immortali è decisamente più... più!
«Perché diventi una creatura di pura ferocia, incontenibile.»
Satch non capisce cosa ci sia di bello in una cosa simile, cosa ci sia di diverso rispetto agli altri mannari che ha visto massacrarsi di botte senza una particolare ragione, ma non fa in tempo a chiedere delucidazioni che Astrid gli conficca un sottile e piccolo ago nel collo, iniettandogli quella sostanza che scatenerà la sua muta. Fenrir avrebbe preferito di no, avrebbe preferito aspettare che l'influsso della Luna facesse il suo corso senza interferenze, ma discutere con Astrid, ormai al pieno delle sue forze, è come parlare con un sasso. Un sasso che, a seconda di ciò che provi a dirgli, ti spacca la testa nel muro.
Satch sente il potente influsso della Luna Piena circolargli in corpo insieme all'infuso che Astrid gli ha iniettato, e presto il suo corpo cambia.
I due Principini, separati dall'imprevedibile lupo da una trentina di metri, tolgono le catene al prigioniero, ghignando divertiti.
«Ti conviene correre, Teach» lo avverte Bjorn, guardandolo con uno sguardo indecifrabile «Corri verso il Lago Bianco, segui il flusso fino alle cascate Fyssire. Lì troverai una zattera e potrai andartene.»
Floki affianca il fratello, consapevole che quell'uomo, provato dalla prigionia, l'umiliazione, la fame e le botte, mai e poi mai riuscirà a raggiungere un luogo tanto lontano.
«Corri.» ordina secco, cingendo la vita sottile del gemello e ridacchiando nel vedere il pirata mentre si allontana traballante, cercando di correre il più veloce possibile.
Satch, nel frattempo, sta provando ad adattarsi al nuovo corpo: si guarda attorno con aria circospetta, cercando di ignorare con tutto sé stesso il dolore che sente propagarsi per tutto il corpo e, soprattutto, l'ululato prolungato e potente dei membri del branco, che sembrano quasi volergli dare il benvenuto.
Incespica nelle zampe troppo lunghe a cui non è abituato, abbassa il muso, le orecchie ben tirate indietro, e fiuta tutti quei nuovi odori che non aveva mai percepito prima: odore misto di terra, muffa, muschio e umidità attribuibile alla geosmina. Di colpo percepisce un odore familiare e d'istinto si immobilizza, puntando gli occhi, le orecchie e il naso nella sua direzione.
Aspetta qualche secondo, cercando l'approvazione dell'Alpha, per poi partire all'inseguimento.
Non lo credeva possibile, ma correre con quelle lunghe e deformi zampone è più semplice di quanto pensasse. Riesce a sfrecciare tra la vegetazione con una grazia che non ha mai avuto, ad evitare tronchi e rami, seguendo senza sforzo alcuno quell'odore a lui tanto familiare.
Gli bastano pochi minuti per raggiungerlo: salta in alto e gli atterra davanti, snudando le zanne con aria minacciosa.
Teach sa bene che non ci saranno scuse con cui salvarsi, che pregare sarà inutile. L'unica cosa in cui può sperare, adesso, è che Satch gli dia una morte veloce e indolore.
Il grosso lupo gli gira attorno, attento ad ogni suo movimento, snudando le zanne ogni volta che i loro occhi s'incrociano. Lo vuole spaventare, lo vuole terrorizzare. Vuole che arrivi a supplicarlo di ucciderlo.
Per un breve istante, però, nella sua mente sfrecciano tutti quei brillanti ricordi dei bei momenti passati insieme, delle battaglie combattute fianco a fianco, dei loro scherzi e dell'affetto che hanno provato l'uno per l'altra. Questo bagliore di luce, però, viene eclissato dal ricordo di quella notte, quella che ha cambiato ogni cosa, quando ha cercato di ucciderlo.
Una furia cieca lo invade totalmente e, senza che Teach abbia il tempo di rendersene conto, lo morde alla gola, tagliando i centri nervosi e la carotide, spezzandogli infine l'osso del collo.
Silly, che non si è persa neanche un suo movimento, trotta tranquilla verso di lui, pronta a consolarlo e spiegargli che non ha fatto niente di sbagliato, che ormai lui è quello che è.
«Che ne facciamo...?» grugnisce il lupo, spostando col muso la carcassa in direzione dell'amica, che a sua volta piega la testa di lato con fare confuso. Si sente strano, Satch: non prova senso di colpa, per niente, anzi ne vuole di più, vuole sentire ancora l'adrenalina invadergli il corpo mentre sta cacciando, fiutare la paura della preda.
«È roba tua. Mangia.» abbaia in risposta con una certa allegria Silly, poggiando con un tonfo il posteriore a terra. Se avesse la coda, sicuramente scodinzolerebbe a più non posso: non tutti riescono ad accettare un cambiamento simile come sta facendo lui. Non può che esserne orgogliosa.

«Mi tieni compagnia?»
La grande lupa accetta volentieri l'invito a cena e subito affonda le zanne nella carcassa del traditore, sventrandolo come un pesce e facendone fuoriuscire le interiora, che divora senza tanti complimenti, assaporando ghiotta il fegato.
Satch preferisce mangiare la parte più in superficie, evitando accuratamente gli organi interni che ancora gli fanno ribaltare lo stomaco.
Sono tranquilli, il canto dei grilli tiene loro compagnia, ma un rumore fuori luogo, come di ramoscelli spezzati e foglie secche calpestate, desta subito l'attenzione della più anziana, che balza in posizione di difesa, proteggendo non solo il facile pasto, ma anche il suo protetto.
Abbassa la guardia solo quando vede spuntare dalla vegetazione la famiglia reale: Fenrir sta in punta, gli occhi fissi sul lavoro che i due hanno portato a termine; Astrid trattiene i gemelli che vorrebbero partecipare, sorridendo dolcemente al giovane lupo che è riuscito a superare una prova assai difficile; Týr rimane impassibile, troppo preso dall'ammirare le proprie unghie laccate di un intenso blu elettrico.
Fenrir fa cenno col capo al Comandante di venirgli vicino, e il lupo esegue, titubante. Non sa perché, ma c'è qualcosa in quell'uomo, come in Astrid, che gli impone di eseguire ogni suo ordine senza fiatare.
«Sei stato molto bravo, Satch» afferma sicuro l'Imperatore, sorridendogli bonariamente «Vuoi giurare fedeltà al mio branco?»
Satch ci pensa attentamente per qualche secondo: da una parte non vuole, perché si sentirebbe costretto ad obbedire a qualcuno, ma dall'altra è ben consapevole che un lupo mannaro solitario ha vita molto breve, e di certo non ha alcuna intenzione di morire.
«Lo giuro.» latra con voce ferma, e Fenrir capisce. Subito dopo reclina il capo all'indietro e dà il via a quel coro di voci potenti e drammatiche, indice che ormai fa parte del branco a tutti gli effetti.
 

Passeggiare in un bosco al chiaro di luna, a stretto contatto con la natura, sembra riconciliarci con il mondo. Da sempre filosofi, poeti, scrittori e gente comune lodano l'importanza e il beneficio di questa pratica che ancora oggi sembra essere insostituibile per il benessere del corpo, della mente e dello spirito. Ma per Silly questa teoria pare essere totalmente infondata. Nella sua mente ripete discorsi su discorsi, scuse su scuse. Come potrà, non appena tornerà a casa, dire a quel giovane pirata dal cuore d'oro che ha praticamente spinto Satch a sbudellare Teach?
Nella sua mente c'è un unico scenario: glielo dice, lui va su tutte le furie e la lascia da sola, di nuovo col cuore infranto.
Tutti le avevano raccomandato di trovarsi qualcuno come lei, di scegliersi un compagno immortale, così da non dover affrontare tutte quelle spinose questioni che non possono essere ignorate, come l'omicidio mensile per mantenere calmo il demone.
Cammina lentamente, la testa china e le mani giunte in grembo, finché una voce allegra e familiare le arriva dolcemente alle orecchie.
«Ehi! Come è andata?!»
Ace è seduto davanti alla porta di casa sua, un grande sorriso ad increspargli le labbra. E Silly si scioglie di fronte a tanta innocenza.

Continua a camminare con la testa china, non sapendo bene come comunicargli che pure lei si è nutrita di Teach, che gli è piaciuto mangiare la sua carne grassa e morbida. Ma tutti i suoi pensieri vengono violentemente interrotti da un impetuoso bacio dal ragazzo di fuoco, che le avvolge i fianchi esili con le braccia forti e calde.
Silly tiene lo sguardo basso, mormorando un appena udibile: «L'ho aiutato...»
«Fa parte del branco lo stesso, vero?» Ace pare quasi sul punto di saltellare sul posto dalla felicità. In fondo la sua non è stata una prova da niente!
Quando però viene bruscamente allontanato da Silly, comprende che qualcosa non è andato come sperava.
«Che succede?» le domanda afferrandola per un polso e costringendola a guardarlo.
«Non ti disgusta baciare un mostro?» domanda tutto in un fiato la mannara, che ancora sente sulla lingua il sapore dolce e ferroso del sangue della vittima.
Ace la costringe ad avvicinarlo di nuovo, deciso a portare avanti questa passionale relazione in cui si sta impantanando velocemente, e le mette delicatamente le mani sui fianchi «Mi dà noia baciare la donna che mi ha portato via la vendetta...» sul volto del pirata appare un sorriso malizioso, seguito dalle sue mani esperte che vanno a slacciare il bikini della compagna, facendola ridacchiare sommessamente «Ma puoi sempre rimediare.»
Dopo una brevissima risata, Ace se la carica in spalla e corre dentro casa, ridendo e scherzando, e bastano pochi minuti perché la situazione si scaldi.
I vestiti vengono velocemente abbandonati per la stanza, i baci si fanno sempre più roventi, le mani studiano reciprocamente il corpo l'uno dell'altra, e la passione bruciante che li lega trova finalmente una valvola di sfogo. Un valvola che non verrà chiusa per tutta quella lunga notte d'amore.

XXXXXX

C'era il sole che tramontava in un cielo sereno quando improvvisamente si è levato un grande vento e sono spuntate enormi nuvole nere, che si sono colorate di uno strano rosso, dando quasi l'impressione di trovarsi in un'antica fotografia.
All'orizzonte si vedono dei bagliori correre sulle nuvole nere, poi un leggero brontolio e in pochi minuti i lampi e i tuoni sono sopra Helheimr.
Un acquazzone improvviso, scrosciante, pieno e molto freddo: nessuno se lo aspettava o avrebbe potuto prevederlo.
Così si sono messi tutti a correre per ripararsi sotto una tettoia, dentro case di amici, strisciando contro i muri, attraversando le strade di corsa. Tante piccole formiche bagnate in cerca di protezione. Come se non bastasse, poi, sull'intera isola è saltata la corrente, così che tutti rimangono al buio, privi anche dei loro adorati videogames con cui avrebbero facilmente ammazzato il tempo.
Akemi è sola in camera sua e, nonostante il violento temporale, si sente insolitamente tranquilla e serena, immersa fino al mento nell'acqua calda della vasca, rilassata dal ticchettio delle gocce contro le finestre.
In realtà aveva calcolato di passare la serata con gli altri, a mangiare schifezze e ascoltare buona musica, ma durante il pomeriggio ha cominciato a sentirsi veramente stanca e, dopo aver sopportato silenziosamente stanchezza e fitte al ventre per tre ore e mezzo, si è ritirata con un sorriso e si è immersa nella vasca da bagno.
È calma, con la musica leggera e il ticchettio della pioggia nelle orecchie, ma in cuor suo sente che qualcosa non va. Non sa spiegarsi cosa, ma è un po' come per l'arrivo della tempesta: si muove piano, silenzioso, e diventa mano a mano che i secondi passano sempre più spaventoso.
«Ehi.»
Sobbalza appena voltando di scatto la testa, incrociando così lo sguardo allegro di Marco, fradicio dalla testa ai piedi.
«Idiota, mi hai fatto prendere un colpo!» sibila nervosa, passandosi istintivamente una mano sul pancione e poggiano la testa sul bordo dell'enorme vasca. Non lo dirà mai a nessuno, ma le piacerebbe da matti poterci stare insieme a lui.
«Dove sono finiti i tuoi sensi da lupo?» la prende in giro l'uomo, andandosi a sedere sul bordo. La guarda orgoglioso, scostandole una ciocca di capelli dalla tempia fin dietro l'orecchio. Dopo, per la seconda volta da quando ha saputo della gravidanza, le sfiora la pancia che spunta dalla schiuma candida, allargando il proprio sorriso.
«Hai paura?» domanda apprensivo, alzando di nuovo gli occhi su di lei. Sa bene che ormai è questione di giorni, si sta preparando faticosamente all'idea di avere tra le mani un bambino da un momento all'altro, ma sa altrettanto bene che l'unica che può avere paura è proprio lei.
«Non lo so, Marco.» si porta le mani alle tempie, massaggiandole piano e respirando a fondo.
In condizioni normali, Marco avrebbe sicuramente ignorato la sua espressione contratta e il labbro inferiore ben stretto tra i denti, ma ora come ora non è capace di perdersi neanche un dettaglio.
Si inginocchia a terra e le prende le mani nelle sue, fissandola dritto negli occhi.
«Cos'hai?»
«Quanto sei ansioso!» brontola la minore, scostandoselo di dosso con un gesto brusco e tornando a rilassarsi «È solo mal di schiena. Probabilmente il bambino si è mosso in modo strano e ora mi dà fastidio.»
La Fenice però non demorde e la costringe di nuovo ad osservarlo. La conosce abbastanza bene ormai da capire che vuole affrontare quest'ultimo delicato periodo da sola, ma certo non può permetterglielo.
La guarda negli occhi con aria dura, godendo interiormente mentre nota il suo sguardo granitico andare in pezzi, sgretolarsi secondo dopo secondo e ricomporsi in una maschera di dolore.
Inarca la schiena, Akemi, toccandosi la zona lombo-sacrale con una mano.
«Fa male da qualche ora, ad intervalli...» geme, riaprendo gli occhi e guardandolo più dolcemente «Non è niente, stai tranquillo. Manca almeno una settimana!»
Entrambi sanno benissimo che Wulfric è un medico eccezionale, che se dice che il bambino nascerà un determinato giorno così sarà, ma quando Akemi urla e si piega in avanti con gli occhi serrati, Marco ricorda improvvisamente dei piccoli avvisi che diede loro durante l'ultima ecografia: in primis, non per tutte le donne le contrazioni sono ugualmente dolorose; in secondo luogo, poi, non è un caso molto raro in cui i nascituri decidano di venire alla luce prima del tempo prestabilito.
«MERDA!»
Le mette una mano dietro le ginocchia e uno sotto alle braccia per poterla alzare, trasportandola di corsa nel letto. E urla mentre lo fa, chiamando aiuto con tutto il fiato che ha nei polmoni.
Da quando le loro vite si sono incrociate, Marco non ha mai voluto metterle paura in alcun modo, e tanto meno vorrebbe farlo ora, in un momento tanto delicato. Ma se lui è il primo ad essere spaventato, assolutamente non pronto a stringere tra le braccia suo figlio, come può darle coraggio e calmarla? L'unica cosa che può fare per aiutarla adesso, è solo gridare così da far accorrere chiunque per aiutarla.
«Marco...» lo richiama con un filo di voce, tirandolo per il colletto della camicia. Nel suo sguardo c'è paura, tanta, e Marco non riesce a trattenersi: si abbassa al suo livello, infrangendo il loro patto di restare separati, e la bacia con tutta la passione che ha in corpo, tenendole le mani attorno al viso.
Proprio in quel momento entrano come due furie la Regina e l'Imperatore, entrambi in allarme, e quando fiutano l'odore di sangue provenire dalla ragazza, afferrano Marco per le spalle e lo cacciano via, cominciando a loro volta ad urlare affinché vengano le levatrici.
Fuori dalla porta si ammassano velocemente i Comandanti e buona parte della ciurma, tutti coloro che in quei brevi mesi sono stati vicini ad Akemi, i gemelli, la famiglia biologica. Tutti sono lì, pronti ad accogliere in quell'enorme e bizzarra famiglia un nuovo membro.
All'interno della camera, le donne accendono le lucerne in mancanza della corrente e sua madre manda immediatamente a chiamare Sakura e Wulfric, che già hanno presieduto alla nascita di non pochi immortali.
L'antico vampiro si teneva pronto da giorni, sapendo che il tempo era maturo e che, malgrado le sue ottimistiche previsioni, il travaglio sarebbe potuto sopraggiungere ben prima della data prefissata.
Non ci vogliono che pochi istanti che subito entra nella stanza da letto della giovane principessa, urlando contro coloro che scioccamente vorrebbero entrare. Si cinge un grembiule sugli esili fianchi, fa scaldare dell'acqua e portare altri candelieri perché non manchi la luce. Lascia che sia la Regina ad accostarsi per prima alla ragazza, perché una donna preferisce essere toccata da un'altra donna nel momento in cui mette al mondo suo figlio: solo una donna si rende conto del dolore e della solitudine in cui si genera una nuova vita.

«Starà andando tutto bene?» domanda apprensivo Newgate, lasciando vagare lo sguardo sugli antichi immortali che puntano la porta in maniera ossessiva.
Marco, al suo fianco, tiene le mani giunte davanti al viso e si concentra sulla respirazione, così da non svenire per la seconda volta. È impaziente di vedere suo figlio, ha paura che qualcosa vada storto... ha paura di perderli tutti e due.
Il capitano pare intuirlo e gli poggia una mano sulla spalla, sorridendogli debolmente.
«Sta urlando molto.» afferma con tono greve Killian, tenendo a freno i gemelli in pena per la sorte dell'adorata sorella. Perché anche loro due sanno bene che mettere al mondo una creatura che non appartiene alla tua specie è ben più pericoloso e letale del dover affrontare un parto come un altro, che già di per sé non è privo di rischi.
«Possiamo fare niente?» tenta Ace, venendo trattenuto saldamente da Silly. Pure lei vorrebbe vedere il piccolo erede al trono e accertarsi delle condizioni della ragazza, ma sa bene che è molto meglio che nessuno entri in quella stanza. Astrid sarà assai più letale del solito.
«Entreremo quando ci verrà dato il permesso» ringhia Freki, rompendo il silenzio prima che un urlo di Akemi squarci l'aria «E temo che non manchi molto.» nel pronunciare quest'ultima frase, si sofferma a guardare Marco, tutt'altro che pronto e, per la prima volta da quando si conoscono, gli rivolge un sincero sorriso d'incoraggiamento.

È un parto lungo e difficile perché Akemi ha i fianchi stretti ed è ancora troppo fragile. La madre le asciuga costantemente il sudore ripetendo: «Fatti forza, bambina, spingi! La vista di tuo figlio ti consolerà di tutto il male che devi patire in questo momento.»
Le bagna le labbra con acqua fresca, ma quando il dolore diventa così acuto che quasi le fa perdere i sensi Wulfric interviene; guida le mani di Sakura e comanda ad Astrid di spingere sul ventre della ragazza perché lei non ha più forza e il bambino soffre.
Sakura, preoccupata per la sorte di entrambi, poggia l'orecchio sull'inguine di Akemi e ode il battito del piccolo cuore che rallenta.
«Spingi più forte che puoi» ordina severa «Il bambino deve nascere subito!»
Astrid, con le lacrime agli occhi e il cuore che le martella nelle tempie, si appoggia con tutto il suo peso sulla figlia che, con un grido più forte, riesce finalmente a dare alla luce il figlio.
Wulfric, veloce e preciso come è sempre stato, afferra saldamente il nascituro e lega il cordone ombelicale con un filo di lino, che poi recide con le cesoie di bronzo e disinfetta la ferita. Ed è proprio quando il disinfettante tocca la ferita che il bambino si mette a piangere, dando la prova di avere dei fortissimi polmoni.
Wulfric stringe saldamente le mani attorno al corpicino e lo consegna quasi con timore alle donne perché lo lavino e lo vestano.
È Astrid a vedere per prima il suo viso e ne resta estasiata.
«Non è una meraviglia?» domanda mentre gli passa sul viso un batuffolo di lana imbevuto d'olio. Sakura, delicata come un petalo di rosa, gli lava velocemente la testa e quando l'asciuga non può trattenere un moto di stupore «Ha la chioma di un bambino di sei mesi e dei bei riflessi dorati. Sembra un piccolo angelo.»
Astrid, intanto, avvolge il piccolo e fragile corpicino con una tunica di lino, trattenendo a stento le lacrime di gioia.
«Di che colore ha gli occhi, secondo te?» domanda alla vampira dai brillanti capelli biondi, che titubante avvicina una lucerna al grazioso volto paffutello.
«Non so, è difficile dirlo. A tratti sembrano verdi, a tratti scuri. Forse è la natura così diversa dei suoi genitori.»
Wulfric intanto si occupa di Akemi che, come spesso succede alle primipare, sanguina copiosamente.
Temendo che questo accadesse, aveva fatto preparare delle sacche di ghiaccio tritato, così da poterne fare degli impacchi da applicare sul ventre della ragazza.
Akemi rabbrividisce, ansimando a fatica di voler vedere immediatamente il figlio, ma il medico non si lascia intenerire e continua con gli impacchi gelati finché non vede cessare del tutto il sanguinamento. Poi, mentre si toglie il grembiule e si lava le mani, l'affida alle cure delle donne. Permette loro che le cambino le lenzuola, che le detergano il sudore con spugne morbide imbevute d'acqua di rose e che le mettano una camicia fresca.
Astrid le si avvicina piano, sedendosi al suo fianco. Non riesce a trattenere un sorriso commosso mentre le carezza la fronte umida.
«Sei stata bravissima, amore mio» si abbassa su di lei per baciarle la fronte, alzando poi gli occhi su Arista, che come molte altre vampire ha assistito e aiutato durante il parto. Tra le braccia tiene ben saldo un piccolo fagottino urlante, che Akemi guarda con stupore.
Dopo qualche secondo di silenzio, la rossa vampira le presenta il suo piccolo tesoro. Akemi si solleva leggermente sui gomiti appoggiando la schiena ai cuscini e finalmente la vede. Ed è bellissima. Ha labbra carnose e il viso roseo e delicato. I capelli di un dolce castano chiaro splendono di riflessi dorati e proprio al centro della fronte ha quella che le levatrici chiamavano "la leccata del vitello": un ciuffetto di capelli sollevati e spartiti in due. Gli occhi le sembrano verdi, ma con il mutare della luce nota una specie di ombra cupa che li fa sembrare più scuri. Lo solleva, la stringe a sé e comincia a cullarla finché smette di piangere. Poi si denuda il seno per allattarla, sotto lo sguardo attento e materno delle levatrici e della madre, e la nutre del suo latte finché non si addormenta tranquilla.
«Congratulazioni, principessa.» detto questo, Wulfric esce dalla stanza assieme alle levatrici, trovandosi di fronte almeno la metà degli abitanti dell'isola.
Týr, senza dire una parola, fa un passo in avanti verso il vecchio amico che lo rassicura immediatamente grazie ad una singola occhiata. Si conoscono da tempo ormai, e Týr sa bene che se qualcosa fosse andato male glielo avrebbe fatto capire, così come sa che è diritto di Marco vedere per primo il nuovo piccolo erede.
I Comandanti e Newgate, pallidi in volto come spettri, si guardano in faccia e si fanno da parte alzandosi dagli sgabelli su cui li avevano fatti sedere si guardano di nuovo allibiti. Il primo a trovare le forze per alzarsi, buttando a terra la propria sedia, è Marco, che afferra per le spalle Wulfric.
Le fiamme dei candelieri scolpiscono il volto del vampiro di luci e ombre taglienti, incendiandogli lo sguardo.
«Puoi entrare.» afferma semplicemente, facendosi da parte.
Si dice che il tempo non si ferma, che nulla ne trattiene l’incessante avanzata, ma adesso Marco non ne è per niente convinto. Per lui il tempo si è fermato, come si è fermata la sua mano su quella maniglia.
In quelle ore di attesa si era convinto che sì, era pronto a vedere suo figlio, che ce l'avrebbe fatta, ma adesso non ne è più tanto sicuro. Sente le gambe molli, lo stomaco aggrovigliarsi per il nervoso.
Edward Nrewgate, pur non avendo mai avuto un figlio suo, riesce ad immaginare lo stato d'animo del ragazzo e per questo lo avvicina, mettendogli una mano sulla spalla. Si guardano negli occhi per qualche istante e Marco, senza sapere perché, gli sorride. Torna poi a concentrarsi sulla maniglia, sui suoni striduli e sulle risatine che sente provenire dall'interno.
Oggi è il giorno in cui la mia vita comincia. Per tutta la vita sono sempre stato solo io... ma da oggi divento padre, da oggi dovrò rendere conto ad un'altra persona oltre che a me, da oggi divento responsabile di te e del tuo futuro e di tutte le possibilità che ho da offrirti. Insieme, qualunque cosa accada, io sarò pronto, per qualsiasi cosa, per tutto.
Abbassa piano la maniglia ed entra: la stanza profuma di gelsomino, la Regina è intenta ad ammassare le lenzuola intrise di sangue e liquido amniotico e la sua Regina sta seduta su una sedia imbottita, vicino alla finestra, il corpo nudo velato da una sottoveste bianca, una testolina biondiccia appoggiata fra il collo e l'omero.
«Ehi...» il sorriso di Akemi, in quel momento, gli sembra una delle cose più belle mai viste in vita sua. Così spontaneo, radioso e materno.
Sorride anche lui, asciugandosi una lacrima di commozione dall'occhio nella speranza che non ne sfuggano altre, e poi si avvicina alla dolce coppia.
Astrid li guarda dolcemente, sorridendo divertita dai movimenti goffi di Marco nel prendere in braccio sua figlia. Decide di lasciarli da soli, di lasciare loro la privacy che gli verrà sicuramente negata a breve, ma come decisione è decisamente sbagliata: come apre la porta, infatti, tutti coloro che erano stati lasciati fuori si precipitano dentro, rimanendo fortunatamente a distanza di sicurezza.
Akemi li fulmina con lo sguardo, vittima dell'istinto materno intrinseco delle lupe mannare, pronte ad uccidere anche il compagno se sentono che la vita del proprio bambino è in pericolo.
Marco invece rimane immobile con la sua bambina stretta tra le braccia. Sente le labbra tenere della piccola sulla sottile cicatrice che gli solca un pettorale, sente il calore e il profumo della sua pelle di giglio. Chiude gli occhi e resta ritto e immobile in mezzo alla camera in cui aleggiano mille domande. Dimentica in quel momento il fragore della battaglia da poco vissuta, la paura incontrollabile di perdere l'unica donna al mondo che gli abbia mai fatto battere all'impazzata il cuore. Ascolta solo il respiro di sua figlia.
Il primo ad avvicinarsi, con passo cauto ed incerto, è Ace. Si porta al fianco della Fenice, sporgendo la testa oltre la sua spalla per poter vedere il visetto angelico della bambina e un sorriso dolce gli increspa le labbra.
«Bel lavoro, Angioletto...» mormora sorridendo alla neo-mamma, tornando subito dopo a fissare i grandi occhioni curiosi della bambina «Come si chiama?»
I due neo-genitori alzano repentinamente lo sguardo per cercare una risposta negli occhi l'uno dell'altra, e Akemi riesce a scorgere una luce di pura gioia negli occhi di Marco che, evidentemente, ha trovato il nome ideale per lei.
Abbassa di nuovo lo sguardo, Marco, senza mai abbandonare quel sorriso ebete che ha in volto da quando ha visto la piccola e, senza esitazioni, annuncia a tutti i presenti il suo nome: «Angelica.»
Akemi sorride dolcemente nel ricordare quante volte l'hanno chiamata Angioletto, a quante volte le hanno detto che ha il viso di un Angelo, al fatto che, neanche mezz'ora prima, una delle nutrici aveva usato quella stessa definizione per la sua bambina.
Marco, con passo lento, quasi strascicato, si porta al fianco della compagna e si siede sul bracciolo della poltrona, lasciandole ammirare ancora una volta il frutto della loro unione.
Non sanno se saranno mai più una coppia, se la loro sia stata solo una sbandata, un amore effimero, ma sanno che niente al mondo li dividerà per il bene della loro bambina.
Týr, che sta ricorrendo a tutto il proprio autocontrollo per trattenersi dallo scoppiare per la gioia, si avvicina lesto e, con una sorprendentemente delicatezza, toglie la bambina dalle braccia del padre, che lo guarda in cagnesco. Si volta tranquillo, sorridendo dolcemente alla nipotina.
Dopo quella che per tutti è un'attesa lunghissima, poi, le scopre il viso e finalmente la presenta: «Angelica Lothbrook, Nata dalla Tempesta, Protettrice dei Lupi del Deserto!»
 

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Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui, mie dolci colombelle allo zucchero filato!
Che dire... sto a pezzi. Ho mollato l'università perché mi sono rotta i coglioni di passare le giornate sui libri e ho cominciato a lavorare sul serio al mare e, ahimè, mi sto spaccando tutta!
Ribadisco per la seconda volta che odio essere finita in un finale così banale e scontato... ma continuo a sperare che vi piaccia!
Ci sentiamo alla prossima, con l'ultimo capitolo! :D

Un grazie enormissimissimo a Aliaaara, Yellow Canadair, ankoku e KING KURAMA per le recensioni che mi hanno lasciato nello scorso capitolo. Siete davvero gentilissimi! :3

Un bacione a tutti e tantissimi auguri!
Kiki
~

PS: se a qualcuno potesse interessare, qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2472835&i=1 c'è la raccolta di songfic :3

  
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