CAPITOLO
QUARANTANOVE
Scendere
era stato dannatamente più facile che
salire e anche più rapido. Ma è sempre
così.
Fecero la strada del ritorno in completo silenzio, nessuno
osò dire una parola
e cercarono anche di scacciare qualsiasi pensiero dalla testa, o
quantomeno,
cercarono di non proferirli ad alta voce perché non sarebbe
stato di aiuto a
nessuno.
Joel
non faceva che pensare a quello che sarebbe
successo dopo, una volta che la calma fosse stata ristabilita
concedendo loro
il tempo di metabolizzare le cose. Non sarebbe stato piacevole, per
niente.
Come avrebbe fatto a dare la notizia? A dirlo agli altri, a Emmie e a
Charlie
soprattutto? Per salvare la vita di suo fratello ne avevano perso
un’altra
altrettanto preziosa e sicuramente sarebbe stato costretto a raccontare
com’erano
andate le cose almeno un centinaio di volte. Certo, lui poteva anche
apparire
freddo e insensibile, ma soffriva, soffriva come tutti gli altri.
Frank
continuava a ricacciare indietro le lacrime. Non
era quello il momento di mettersi a piangere, doveva pensare a scendere
e a conservare
la mente lucida, quantomeno per non rischiare la vita dei suoi amici.
Non avrebbe
potuto sopportare di perdere qualcun altro quel giorno.
Che cosa avrebbe detto ad Alice?
Già se la immaginava… e Neville?
No, no, doveva smetterla!
Finalmente
i loro piedi toccarono terra e i cinque
ringraziarono Merlino per essere riusciti ad arrivare sani e salvi. Si
guardarono di sottecchi come per constatare che stessero tutti bene o
come per
leggersi nella mente e cercare di capire quale sarebbe stato il primo a
crollare.
Ma prima che qualcuno potesse esprimersi in qualche modo, dare voce
alla
sofferenza di tutti quanti, Joel si voltò dalla parte
opposta e spalancò gli
occhi. Il suo braccio si mosse quasi automaticamente e
l’indice si allungò a
indicare una figura in piedi di fronte a loro.
John
faceva bella mostra di sé in tutto il suo
splendore. Certo, era piuttosto sporco e sudati, perdeva un
po’ di sangue dalla
fronte, ma sembrava essere assolutamente vivo e vegeto.
Gli sguardi degli altri seguirono il braccio del giovane Black e la
reazione fu
unanime: sorpresa, incredulità, speranza…
sollievo.
“Ciao,
ragazzi. Ce ne avete messo di tempo”, esalò
John con un sorriso storto. “Scusate se vi ho fatti
preoccupare, ma…”.
Le
parole gli rimasero incastrate in gola perché
improvvisamente si era sentito schiacciare i polmoni. Frank si era
buttato in
ginocchio e lo aveva stretto in un abbraccio quasi mortale.
“Non farlo mai più,
brutto coglione. Non farlo mai più”.
Ci
volle più di qualche parola di consolazione per
riuscire a far staccare Frank e alla fine, quando tutti quanti ebbero
tirato un
sospiro di sollievo, si informarono per sapere come avesse fatto John a
sopravvivere.
“Ho
puntato la bacchetta e ho attutito la caduta con
un incantesimo. Non pensavo che avrebbe funzionato perché la
magia qui non
funziona. E invece ha funzionato. Non so se sia stato un colpo di
fortuna o un
miracolo”.
Joel
avrebbe scommesso nella fortuna perché, dopo
tutti questi anni che aveva trascorso con l’amico, sapeva che
godeva di una
fortuna incredibile e si salvava sempre per botta di culo.
Ma in quel momento non importava a nessuno.
Importava solo che lui fosse vivo.
“E
ora andiamo a salvare Jamie. Abbiamo perso fin
troppo tempo”.
Jolie
si era addormentata al capezzale di JamesRemus
e la mano che aveva tenuto stretta quel del ragazzo era sudaticcia. La
sfilò e
la strofinò contro le lenzuola per asciugarla quando
sentì dei rumori e uno
strano tramestio provenire dal salotto.
I
sei che erano andati in spedizione si erano
materializzati nell’ingresso di Grimmauld Place insieme a
Piton che reggeva in
mano la pozione che avrebbe dovuto salvare la vita a James. Finalmente
anche l’ultimo
ingrediente era stato messo e ora bisognava solo augurarsi che
funzionasse e
che non fosse troppo tardi.
Ad
accoglierli ci pensarono Lily e Tonks che, non
appena sentiti gli schiocchi delle materializzazioni, scattarono in
piedi e si
rallegrarono nel vederli.
“Avete
la pozione?”
“Sì,
è pronta”.
“Forza!
Sbrigatevi!”
Non
appena Jolie vide quella folla di persone
precipitarsi nella stanza, si spostò subito dal letto
capendo che il momento
era arrivato.
Il petto di JamesRemus si sollevava ancora, anche se debolmente, ed era
pallido
come un morto. Lasciarono che fosse Piton a dargli
l’antidoto, il quale si
inginocchiò accanto al letto e gliela mise in bocca con un
contagocce,
aiutandolo a deglutire.
Mentre lui svuotava la fiala, gli altri aspettavano con trepidazione.
Il
professore gli prese il polso per cercare il
battito. Non soddisfatto gli appoggiò un orecchio sulla
bocca per sentire se
respirava.
Poi si voltò verso gli altri e lo sguardo che fece non
lasciò spazio a dubbi:
Lily e Tonks si portarono le mani al viso scoppiando in singhiozzi e
John
crollò in ginocchio. Sirius rimase semplicemente raggelato,
così come gli
altri.
“No!”
si sentì urlare. Ci volle qualche secondo per
capire che quel suono straziante proveniva da Jolie. “No!
No!”
La
ragazza spinse da parte Piton piuttosto
bruscamente e si lanciò sul corpo di JamesRemus scuotendolo
per le spalle. “Jamie,
svegliati! Svegliati!” gli urlava, le lacrime che scendevano
copiose dalle sue
guance. Piton cercò di spostarla, di spingerla via ma la
ragazza sembrava aver
acquistato una forza che prima non aveva perché lo respinse
via ogni volta e si
aggrappò ancora di più all’amico
abbracciandogli il petto. “Svegliati, testa di
cazzo o giuro che ti prendo a calci nelle palle”.
Non poteva essere morto, non poteva! Come avrebbe fatto lei? Come
avrebbero fatto
tutti quanti gli altri? Come avrebbe fatto il mondo senza JamesRemus?
Il suo corpo era ancora caldo e ancora riusciva a sentire quel dolce
profumo di
miele che emanava… non c’era un senso in tutto
quello, non c’era. Il tempo
doveva fermarsi, il mondo doveva smettere di girare…
Si
sollevò sopra il suo viso e gli poggiò un bacio
sulle labbra. Anche quelle erano ancora calde e se si fosse staccata
sapeva che
sarebbe dovuta tornare alla realtà e affrontare…
tutto il resto. Perciò indugiò
e avrebbe voluto restare a indugiare lì per sempre. Ma
sentì una mano premerla
contro la nuca e una lingua morbida sfiorare la sua.
Quando capì che cosa era successo, si staccò di
colpo e restò a fissare
JamesRemus che ricambiava il suo sguardo con un sorriso sornione.
“Wow!
Vedrò di rischiare la vita altre volte”, disse
lui, beffardo. Udì lo schiaffo ancora prima di vedere la
sberla che Jolie gli
aveva rifilato.
“Non
farlo mai più! Guai a te se muori di nuovo!”
Teddy
se ne stava appoggiato al davanzale della
finestra ad ammirare il giardino innevato che gli si presentava davanti
agli
occhi.
Si sentiva spossato, la luna piena era vicina, ma era felice. O
quantomeno, in
pace. Avevano salvato la vita a Harry, a James, avevano fatto quello
che
dovevano fare e forse per un po’ sarebbero potuti stare
tranquilli. Ne
dubitava, ma ci sperava.
“Tutto
bene quel che finisce bene”, udì una voce
melodiosa dietro di lui. Non aveva bisogno di girarsi per constatare
che si
trattava di Vicky. La ragazza si fermò accanto a lui e lo
guardò dolcemente.
“Buon
Natale, Vicky”, le disse il ragazzo
spostandole una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro
l’orecchio.
Era
già Natale, pensò la piccola Weasley. In quei
giorni non avevano avuto né il tempo né la voglia
di pensarci. Ormai le
festività erano diventate solo un’abitudine per
tutti loro e a ricordarglielo
ci pensava sempre nonna Molly che diffondeva profumo di dolci per tutta
la casa
e distribuiva regali.
“Buon
Natale, Teddy”, ricambiò lei, spostando lo
sguardo alla finestra. Restarono lì per qualche tempo, in
silenzio, lanciandosi
occhiate di sottecchi quando erano sicuro che l’altro non
guardava.
“Buon
Natale, Teddy”, ripeté Victoire, questa volta
lasciando un bacio appena accennato sulla guancia del ragazzo. Poi
trotterellò
giù per le scale, fuggendo via.
Teddy non poté fare altro che portarsi una mano alla guancia
e a sospirare.
Ariel
lasciò andare l’accordo finale di chitarra e
alzò lo sguardo sul fratello maggiore seduto sulla poltrona
con gli occhi
chiusi, anche se non stava dormendo. Si sentiva ancora debole e stanco,
ma si
stava riprendendo e questo era ciò che contava. Il dottor
Clark era venuto a
visitarlo un paio di volte e aveva detto che era fuori pericolo. Ma
adesso
avrebbero dovuto fare molta più attenzione agli incantesimi
che lanciavano i
Mangiamorte perché a quanto sembrava si stavano addestrando
bene tra le file di
Voldemort.
“Jamie?”
lo chiamò la sorella.
“Hmm?”
“Dovremmo
scrivere una nuova canzone”.
“Sì,
lo dovremmo proprio fare”.
“Spero
che lo faremo presto”.
“Assolutamente
sì”.
In
quel momento vennero interrotti dall’arrivo di
John, Emmie e Charlie che sembravano discutere animatamente di
qualcosa. Ma si
interruppero non appena li videro.
“Come
procede?” chiese John, buttandosi sulla
poltrona di fronte a quella di James.
“Tutto
bene. Voi?”
“A
posto”.
Poi
vennero raggiunti anche da Joel, Teddy, Vicky e
Jolie che si sparpagliarono per il salotto, chi seduto, chi in piedi.
Restarono
in silenzio per un po’, ognuno a riflettere per conto
proprio, poi Ariel
sbottò:
“Adesso
che si fa?”
Tutti
i volti si spostarono su JamesRemus come se
fossero tutti in attesa dei suoi ordini. Era sempre così,
James era il leader
dopotutto, anche se non si era mai discusso della cosa. Ma veniva
spontaneo,
affidarsi a lui.
“Adesso
la nostra missione è terminata”, disse il
maggiore dei Black. “Perciò direi che ce ne
possiamo andare”.
“E
lasciamo tutto così? Salutiamo gli altri e
semplicemente ce ne andiamo?” chiese John, il tono che
lasciava intendere che
non era affatto d’accordo. “Lo sai che gli altri
non ci lasceranno andare così
facilmente”.
James
lanciò un’occhiata al fratello, il quale
annuì
tormentando il braccialetto di cuoio che teneva al polso.
“Ho
portato questa!” esclamò il moro, estraendo
dalla tasca una piccola fiala contenente del liquido azzurrognolo.
“Una goccia
basterà per far dimenticare a tutti la nostra
esistenza”.
“Vuoi
farli dimenticare? E funzionerà?”
“Certo.
La pozione agirà solo sui ricordi in cui ci
siamo noi, modificandoli ma senza lasciare spazi vuoti”.
Il
ragazzo fece scorrere lo sguardo sui suoi amici
per vedere chi avrebbe protestato; nessuno aprì bocca.
“Allora,
siete pronti?”
“Prontissimi!”
lo affiancò Jolie alzandosi in piedi
e James le sorrise.
Sirius
entrò nel salotto e si sedette sul divano. Da
un paio di settimane si sentiva strano, un po’ malinconico e
nostalgico, come
se gli mancasse qualcosa ma non riusciva a capire che cosa. Ma non
stette a
pensarci più di tanto, probabilmente era solo uno strano
influsso causato dal
tempo grigio che c’era in quei giorni.
Doveva sentirsi felice piuttosto. Di recente erano successe molte cose
belle,
meravigliose. James e Lily non erano morti e così aveva di
nuovo accanto a sé i
suoi migliori amici, tutti quanti; aveva persino ritrovato
l’amore della sua
vita che stava per dargli un figlio. Che cos’altro poteva
chiedere? Certo,
avrebbe preferito che non ci fosse la minaccia di Voldemort, che non
fossero
nel bel mezzo di una guerra che anche il suo primogenito avrebbe
conosciuto,
però era certo che l’avrebbero fermato, come
già avevano fatto in passato.
Sospirò
e restò ad ascoltare i rumori nella casa, ma
non ce n’erano. Grimmauld Place era decisamente troppo grande
e troppo
silenziosa. Voleva un po’ di chiasso, gli mancava il chiasso.
E perciò sperava
che quel bambino si portasse un bel po’ di baccano e
chissà, magari anche
altri. Non gli sarebbe dispiaciuto avere una squadra di Quiddicth che
correva
in girò per casa.
Aveva
proposto diverse volte a Martha di
trasferirsi, andare a vivere da un’altra parte
perché quel posto gli ricordava
troppe cose brutte della sua infanzia, però a lei piaceva.
Come facesse a
piacerle un posto cupo e macabro come quello lui non ne aveva idea,
però lei
era il suo raggio di sole e con lei tutto diventava più
bello.
Un
oggetto poggiato sul pensile attirò la sua
attenzione. Si avvicinò per analizzarlo da vicino: era un
braccialetto di cuoio
marrone, senza decorazioni. Restò a osservarlo incuriosito,
chiedendosi di chi potesse
essere perché non lo aveva mai visto prima d’ora.
E mentre se lo rigirava tra
le dita, il suo olfatto di Animagus percepì un odore molto
familiare.
Mah…
forse lo aveva lasciato qualcuno dei Weasley.
Lo
rimise sul pensile e
si allontanò.
MILLY’S
SPACE
E
rieccomi, dopo tanto tempo, con questa fanfiction. Di cui
a quanto pare vi siete dimenticati : (
Per
favore, lasciatemi qualche recensione. So che non
posso costringervi, ma davvero mi farebbe molto piacere e mi
stimolerebbe anche
ad aggiornare più in fretta. Sempre se vi va di continuare a
leggere questa
storia.
Io per ora la continuo per piacere mio, ma fatemi sapere anche voi se
ne vale
la pena.
Comunque
sia, ringrazio i lettori silenziosi che
continuano a seguirmi nonostante i miei ritardi.
Un
bacione a tutti e buona Pasqua.
Milly.