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Autore: millyray    05/04/2015    1 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO QUARANTANOVE

Scendere era stato dannatamente più facile che salire e anche più rapido. Ma è sempre così.
Fecero la strada del ritorno in completo silenzio, nessuno osò dire una parola e cercarono anche di scacciare qualsiasi pensiero dalla testa, o quantomeno, cercarono di non proferirli ad alta voce perché non sarebbe stato di aiuto a nessuno.

Joel non faceva che pensare a quello che sarebbe successo dopo, una volta che la calma fosse stata ristabilita concedendo loro il tempo di metabolizzare le cose. Non sarebbe stato piacevole, per niente.
Come avrebbe fatto a dare la notizia? A dirlo agli altri, a Emmie e a Charlie soprattutto? Per salvare la vita di suo fratello ne avevano perso un’altra altrettanto preziosa e sicuramente sarebbe stato costretto a raccontare com’erano andate le cose almeno un centinaio di volte. Certo, lui poteva anche apparire freddo e insensibile, ma soffriva, soffriva come tutti gli altri.

Frank continuava a ricacciare indietro le lacrime. Non era quello il momento di mettersi a piangere, doveva pensare a scendere e a conservare la mente lucida, quantomeno per non rischiare la vita dei suoi amici. Non avrebbe potuto sopportare di perdere qualcun altro quel giorno.
Che cosa avrebbe detto ad Alice?
Già se la immaginava… e Neville?
No, no, doveva smetterla!

Finalmente i loro piedi toccarono terra e i cinque ringraziarono Merlino per essere riusciti ad arrivare sani e salvi. Si guardarono di sottecchi come per constatare che stessero tutti bene o come per leggersi nella mente e cercare di capire quale sarebbe stato il primo a crollare.
Ma prima che qualcuno potesse esprimersi in qualche modo, dare voce alla sofferenza di tutti quanti, Joel si voltò dalla parte opposta e spalancò gli occhi. Il suo braccio si mosse quasi automaticamente e l’indice si allungò a indicare una figura in piedi di fronte a loro.

John faceva bella mostra di sé in tutto il suo splendore. Certo, era piuttosto sporco e sudati, perdeva un po’ di sangue dalla fronte, ma sembrava essere assolutamente vivo e vegeto.
Gli sguardi degli altri seguirono il braccio del giovane Black e la reazione fu unanime: sorpresa, incredulità, speranza… sollievo.

“Ciao, ragazzi. Ce ne avete messo di tempo”, esalò John con un sorriso storto. “Scusate se vi ho fatti preoccupare, ma…”.

Le parole gli rimasero incastrate in gola perché improvvisamente si era sentito schiacciare i polmoni. Frank si era buttato in ginocchio e lo aveva stretto in un abbraccio quasi mortale. “Non farlo mai più, brutto coglione. Non farlo mai più”.

Ci volle più di qualche parola di consolazione per riuscire a far staccare Frank e alla fine, quando tutti quanti ebbero tirato un sospiro di sollievo, si informarono per sapere come avesse fatto John a sopravvivere.

“Ho puntato la bacchetta e ho attutito la caduta con un incantesimo. Non pensavo che avrebbe funzionato perché la magia qui non funziona. E invece ha funzionato. Non so se sia stato un colpo di fortuna o un miracolo”.

Joel avrebbe scommesso nella fortuna perché, dopo tutti questi anni che aveva trascorso con l’amico, sapeva che godeva di una fortuna incredibile e si salvava sempre per botta di culo.
Ma in quel momento non importava a nessuno.
Importava solo che lui fosse vivo.

“E ora andiamo a salvare Jamie. Abbiamo perso fin troppo tempo”.

 

Jolie si era addormentata al capezzale di JamesRemus e la mano che aveva tenuto stretta quel del ragazzo era sudaticcia. La sfilò e la strofinò contro le lenzuola per asciugarla quando sentì dei rumori e uno strano tramestio provenire dal salotto.

I sei che erano andati in spedizione si erano materializzati nell’ingresso di Grimmauld Place insieme a Piton che reggeva in mano la pozione che avrebbe dovuto salvare la vita a James. Finalmente anche l’ultimo ingrediente era stato messo e ora bisognava solo augurarsi che funzionasse e che non fosse troppo tardi.

Ad accoglierli ci pensarono Lily e Tonks che, non appena sentiti gli schiocchi delle materializzazioni, scattarono in piedi e si rallegrarono nel vederli.

“Avete la pozione?”

“Sì, è pronta”.

“Forza! Sbrigatevi!”

Non appena Jolie vide quella folla di persone precipitarsi nella stanza, si spostò subito dal letto capendo che il momento era arrivato.
Il petto di JamesRemus si sollevava ancora, anche se debolmente, ed era pallido come un morto. Lasciarono che fosse Piton a dargli l’antidoto, il quale si inginocchiò accanto al letto e gliela mise in bocca con un contagocce, aiutandolo a deglutire.
Mentre lui svuotava la fiala, gli altri aspettavano con trepidazione.

Il professore gli prese il polso per cercare il battito. Non soddisfatto gli appoggiò un orecchio sulla bocca per sentire se respirava.
Poi si voltò verso gli altri e lo sguardo che fece non lasciò spazio a dubbi: Lily e Tonks si portarono le mani al viso scoppiando in singhiozzi e John crollò in ginocchio. Sirius rimase semplicemente raggelato, così come gli altri.

“No!” si sentì urlare. Ci volle qualche secondo per capire che quel suono straziante proveniva da Jolie. “No! No!”   

La ragazza spinse da parte Piton piuttosto bruscamente e si lanciò sul corpo di JamesRemus scuotendolo per le spalle. “Jamie, svegliati! Svegliati!” gli urlava, le lacrime che scendevano copiose dalle sue guance. Piton cercò di spostarla, di spingerla via ma la ragazza sembrava aver acquistato una forza che prima non aveva perché lo respinse via ogni volta e si aggrappò ancora di più all’amico abbracciandogli il petto. “Svegliati, testa di cazzo o giuro che ti prendo a calci nelle palle”.
Non poteva essere morto, non poteva! Come avrebbe fatto lei? Come avrebbero fatto tutti quanti gli altri? Come avrebbe fatto il mondo senza JamesRemus?
Il suo corpo era ancora caldo e ancora riusciva a sentire quel dolce profumo di miele che emanava… non c’era un senso in tutto quello, non c’era. Il tempo doveva fermarsi, il mondo doveva smettere di girare…

Si sollevò sopra il suo viso e gli poggiò un bacio sulle labbra. Anche quelle erano ancora calde e se si fosse staccata sapeva che sarebbe dovuta tornare alla realtà e affrontare… tutto il resto. Perciò indugiò e avrebbe voluto restare a indugiare lì per sempre. Ma sentì una mano premerla contro la nuca e una lingua morbida sfiorare la sua.
Quando capì che cosa era successo, si staccò di colpo e restò a fissare JamesRemus che ricambiava il suo sguardo con un sorriso sornione.

“Wow! Vedrò di rischiare la vita altre volte”, disse lui, beffardo. Udì lo schiaffo ancora prima di vedere la sberla che Jolie gli aveva rifilato.

“Non farlo mai più! Guai a te se muori di nuovo!”

 

Teddy se ne stava appoggiato al davanzale della finestra ad ammirare il giardino innevato che gli si presentava davanti agli occhi.
Si sentiva spossato, la luna piena era vicina, ma era felice. O quantomeno, in pace. Avevano salvato la vita a Harry, a James, avevano fatto quello che dovevano fare e forse per un po’ sarebbero potuti stare tranquilli. Ne dubitava, ma ci sperava.

“Tutto bene quel che finisce bene”, udì una voce melodiosa dietro di lui. Non aveva bisogno di girarsi per constatare che si trattava di Vicky. La ragazza si fermò accanto a lui e lo guardò dolcemente.

“Buon Natale, Vicky”, le disse il ragazzo spostandole una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro l’orecchio.

Era già Natale, pensò la piccola Weasley. In quei giorni non avevano avuto né il tempo né la voglia di pensarci. Ormai le festività erano diventate solo un’abitudine per tutti loro e a ricordarglielo ci pensava sempre nonna Molly che diffondeva profumo di dolci per tutta la casa e distribuiva regali.

“Buon Natale, Teddy”, ricambiò lei, spostando lo sguardo alla finestra. Restarono lì per qualche tempo, in silenzio, lanciandosi occhiate di sottecchi quando erano sicuro che l’altro non guardava.

“Buon Natale, Teddy”, ripeté Victoire, questa volta lasciando un bacio appena accennato sulla guancia del ragazzo. Poi trotterellò giù per le scale, fuggendo via.
Teddy non poté fare altro che portarsi una mano alla guancia e a sospirare.

 

Ariel lasciò andare l’accordo finale di chitarra e alzò lo sguardo sul fratello maggiore seduto sulla poltrona con gli occhi chiusi, anche se non stava dormendo. Si sentiva ancora debole e stanco, ma si stava riprendendo e questo era ciò che contava. Il dottor Clark era venuto a visitarlo un paio di volte e aveva detto che era fuori pericolo. Ma adesso avrebbero dovuto fare molta più attenzione agli incantesimi che lanciavano i Mangiamorte perché a quanto sembrava si stavano addestrando bene tra le file di Voldemort.

“Jamie?” lo chiamò la sorella.

“Hmm?”

“Dovremmo scrivere una nuova canzone”.

“Sì, lo dovremmo proprio fare”.

“Spero che lo faremo presto”.

“Assolutamente sì”.

In quel momento vennero interrotti dall’arrivo di John, Emmie e Charlie che sembravano discutere animatamente di qualcosa. Ma si interruppero non appena li videro.

“Come procede?” chiese John, buttandosi sulla poltrona di fronte a quella di James.

“Tutto bene. Voi?”

“A posto”.

Poi vennero raggiunti anche da Joel, Teddy, Vicky e Jolie che si sparpagliarono per il salotto, chi seduto, chi in piedi. Restarono in silenzio per un po’, ognuno a riflettere per conto proprio, poi Ariel sbottò:

“Adesso che si fa?”

Tutti i volti si spostarono su JamesRemus come se fossero tutti in attesa dei suoi ordini. Era sempre così, James era il leader dopotutto, anche se non si era mai discusso della cosa. Ma veniva spontaneo, affidarsi a lui.

“Adesso la nostra missione è terminata”, disse il maggiore dei Black. “Perciò direi che ce ne possiamo andare”.

“E lasciamo tutto così? Salutiamo gli altri e semplicemente ce ne andiamo?” chiese John, il tono che lasciava intendere che non era affatto d’accordo. “Lo sai che gli altri non ci lasceranno andare così facilmente”.

James lanciò un’occhiata al fratello, il quale annuì tormentando il braccialetto di cuoio che teneva al polso.

“Ho portato questa!” esclamò il moro, estraendo dalla tasca una piccola fiala contenente del liquido azzurrognolo. “Una goccia basterà per far dimenticare a tutti la nostra esistenza”.

“Vuoi farli dimenticare? E funzionerà?”

“Certo. La pozione agirà solo sui ricordi in cui ci siamo noi, modificandoli ma senza lasciare spazi vuoti”.

Il ragazzo fece scorrere lo sguardo sui suoi amici per vedere chi avrebbe protestato; nessuno aprì bocca.

“Allora, siete pronti?”

“Prontissimi!” lo affiancò Jolie alzandosi in piedi e James le sorrise.

 

Sirius entrò nel salotto e si sedette sul divano. Da un paio di settimane si sentiva strano, un po’ malinconico e nostalgico, come se gli mancasse qualcosa ma non riusciva a capire che cosa. Ma non stette a pensarci più di tanto, probabilmente era solo uno strano influsso causato dal tempo grigio che c’era in quei giorni.
Doveva sentirsi felice piuttosto. Di recente erano successe molte cose belle, meravigliose. James e Lily non erano morti e così aveva di nuovo accanto a sé i suoi migliori amici, tutti quanti; aveva persino ritrovato l’amore della sua vita che stava per dargli un figlio. Che cos’altro poteva chiedere? Certo, avrebbe preferito che non ci fosse la minaccia di Voldemort, che non fossero nel bel mezzo di una guerra che anche il suo primogenito avrebbe conosciuto, però era certo che l’avrebbero fermato, come già avevano fatto in passato.

Sospirò e restò ad ascoltare i rumori nella casa, ma non ce n’erano. Grimmauld Place era decisamente troppo grande e troppo silenziosa. Voleva un po’ di chiasso, gli mancava il chiasso. E perciò sperava che quel bambino si portasse un bel po’ di baccano e chissà, magari anche altri. Non gli sarebbe dispiaciuto avere una squadra di Quiddicth che correva in girò per casa.

Aveva proposto diverse volte a Martha di trasferirsi, andare a vivere da un’altra parte perché quel posto gli ricordava troppe cose brutte della sua infanzia, però a lei piaceva. Come facesse a piacerle un posto cupo e macabro come quello lui non ne aveva idea, però lei era il suo raggio di sole e con lei tutto diventava più bello.

Un oggetto poggiato sul pensile attirò la sua attenzione. Si avvicinò per analizzarlo da vicino: era un braccialetto di cuoio marrone, senza decorazioni. Restò a osservarlo incuriosito, chiedendosi di chi potesse essere perché non lo aveva mai visto prima d’ora. E mentre se lo rigirava tra le dita, il suo olfatto di Animagus percepì un odore molto familiare.

Mah… forse lo aveva lasciato qualcuno dei Weasley.

Lo rimise sul pensile e si allontanò.

 

 

MILLY’S SPACE

E rieccomi, dopo tanto tempo, con questa fanfiction. Di cui a quanto pare vi siete dimenticati : (

Per favore, lasciatemi qualche recensione. So che non posso costringervi, ma davvero mi farebbe molto piacere e mi stimolerebbe anche ad aggiornare più in fretta. Sempre se vi va di continuare a leggere questa storia.
Io per ora la continuo per piacere mio, ma fatemi sapere anche voi se ne vale la pena.

Comunque sia, ringrazio i lettori silenziosi che continuano a seguirmi nonostante i miei ritardi.

Un bacione a tutti e buona Pasqua.

Milly.

  
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