Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Beatrix Bonnie    06/04/2015    1 recensioni
-Seguito de L'orologio d'oro-
I tempi spensierati sono finiti: con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, Mairead, Edmund e Laughlin, insieme ai loro amici del FIE, dovranno affrontare il crescente clima di razzismo dell'Irlanda magica, tra ansie per gli esami finali, nuovi caos a scuola e un Presidente della Magia che conquista sempre più potere. Per Edmund non sarà un'impresa facile, soprattutto visto che il ragazzo sarà anche impegnato nella ricerca di un leggendario manufatto magico di grande potenza, che potrà salvarlo dalla maledizione impostagli da Sigmund McFarren. Ma dove lo porterà la sua ricerca? E questo oggetto esiste davvero o sono solo farneticazioni di un vecchio?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 17
Il Censimento dei Nati Inglesi






Mairead si rigirò quell'inutile pezzetto di legno tra le mani. Edmund aveva insistito nel rassicurarla, dicendole che la copia era praticamente perfetta, perché aveva implementato l'Incantesimo Gemino, rendendo indistinguibile il doppione dall'originale, ma lei non riusciva ad essere tranquilla.
Il professor Captatio aveva mantenuto la sua promessa: li aveva tenuti al sicuro, fin tanto che era stato preside. Ma ora non era più preside: sul suo seggio sedeva quella vipera di Daireen Cumhacht, il cui sostegno alle azioni del Governo McPride era più che palese, per non parlare della sua presunta, nascosta, affiliazione con l'EIF. Ufficialmente nessuno lo sapeva, in pratica era sulla bocca di tutti gli studenti ad ogni ora del giorno.
Mairead aveva fatto quello che il professor Saiminiu le aveva chiesto: le era sempre stata sotto il naso, per irritarla e convincerla a fare qualche passo falso. Non era servito, almeno per il momento. Anzi, aveva ottenuto un effetto drammatico: la Cumhacht aveva varato una serie di regolamentazioni ispirare al rigore del Governo, che dovevano essere applicate all'interno della scuola. Era stata vietata qualsiasi associazione studentesca; era stato imposto l'ordine e il rigore, attraverso la perquisizione e la censura di tutta la corrispondenza di alunni e professori, il controllo serrato dei libri presi in prestito dalla biblioteca, le ispezioni improvvise nelle aule studio, nei dormitori, nei bagni, negli spogliatoi dello stadio e in qualsiasi luogo i ragazzi si potessero scambiare più di quattro parole. Le lezioni erano state sottoposte ad una frequente supervisione da parte della stessa preside, con sommo fastidio degli altri insegnanti. Si parlava addirittura di sostituire i libri di testo con volumi che avessero ricevuto l'imprimatur dal Governo.
Ma il peggio, per quello sparuto numero di studenti con almeno un ottavo di sangue inglese, era stata l'imposizione della legge sul Censimento. Ora non c'era più motivo per cui gli studenti Nati Inglesi non registrassero la loro bacchetta, come previsto dalla normativa. La Cumhacht aveva predisposto tutto perché i funzionari del Governo venissero a scuola ad effettuare la registrazione.
Era stata la fine.
Henry addirittura aveva detto di voler lasciare la scuola, quando Edmund aveva trovato una soluzione: attraverso l'Incantesimo Gemino aveva creato una copia esatta delle loro bacchette, affinché venisse registrata la copia e non l'originale. Avrebbe funzionato, sosteneva lui, perché il suo incantesimo era stato eseguito in modo perfetto, ma come potevano essere sicuri che la procedura del Governo non fosse stata testata contro quel tipo di imbrogli? E se li avessero beccati, cosa gli avrebbero fatto?
Henry era stato il primo ad entrare in Sala Mor, dove era stato allestito tutto il necessario per svolgere il Censimento. I minuti in cui Henry rimase chiuso dentro con gli ispettori del Governo furono i peggiori che Mairead avesse mai vissuto: aveva funzionato l'incantesimo di Edmund oppure Henry era stato scoperto? Solo quando l'amico uscì dalla Sala Mor con un sorriso sollevato Mairead capì che Edmund era davvero un maledetto genio.
«Mairead Boenisolius» chiamò una voce da dentro la stanza.
La ragazza represse un brivido: il momento della verità. Con Henry era filato tutto liscio, ma non poteva essere certa che anche la sua bacchetta finta passasse l'ispezione.
«Avanti» la incitarono.
Mairead si fece coraggio ed entrò. Gli impiegati del Governo erano seduti al tavolo dei Llapac e avevano l'aria piuttosto scocciata. «Boenisolius?» chiese un tizio magrolino con una macchina fotografica in mano.
La ragazza si limitò ad annuire.
Il fotografo allora le mise tra le mani un cartello con scritto il suo nome e un numero di serie. «Mettiti contro il telo» le ordinò.
Mairead si voltò a destra e vide un grosso telo bianco, che se ne stava ritto in piedi per una qualche strana magia.
«Tieni il cartello bene in vista.»
La ragazza sollevò il cartello con il suo nome appena in tempo per il flash. Chiuse istintivamente gli occhi per la luce, ma poi si rese conto di non volerli riaprire. Si sentiva spaesata e trattata come una criminale. Voleva solo fuggire da quell'incubo.
«Per favore, appoggia la tua bacchetta sul piatto.»
Mairead fu costretta ad aprire gli occhi e ad eseguire l'ordine: depositò con cautela la sua bacchetta falsa su una specie di bilancia d'ottone con un solo piatto. Lo strumento di misurazione prese a vibrare, pigolò piano e infine buttò fuori da una fessura alla base una strisciolina di pergamena.
«Undici pollici e mezzo, tasso, corda di cuore di drago» lesse l'impiegato con voce atona. Scartabellò tra i suoi fogli con poco entusiasmo, finché nono trovò un elenco piuttosto pasticciato. «Qui ci risulta che la bacchetta che comprasti da O'Tunnel era undici pollici, ebano, piuma d'ippogrifo.»
Mairead deglutì. Avevano un elenco con registrate tutte le bacchette comprate da chiunque avesse almeno un nonno inglese? Era follia, pura follia.
L'impiegato la guardò da sopra i suoi occhialetti quadrati.
«Quella si ruppe mentre ero al terzo anno. Da allora uso quella che era appartenuta a mio zio Reg» spiegò Mairead, con la gola secca. «È stata fabbricata da Olivander.»
«Robaccia inglese, eh?» si intromise il Tiratore Scelto di guardia. Evidentemente doveva controllare la regolarità delle procedure.
L'impiegato lo ignorò. «Quindi la bacchetta che usi adesso ha queste caratteristiche?» domandò, mentre compilava una scheda con scritto il suo nome; in alto c'era un riquadro bianco per la foto.
Mairead fissò la scheda allibita. «Sì» mormorò infine.
Il mago prese nota. Dopodiché, prese la bacchetta dal piatto d'ottone e la depositò in una specie di baule lungo e stretto. Chiuse il coperchio e attese un paio di secondi, poi riaprì e restituì l'arma alla sua proprietaria.
«D'ora in poi, qualsiasi magia compiuta da questa bacchetta, verrà registrata in luogo e ora presso gli Uffici del Dipartimento della Difesa» snocciolò l'impiegato con la voce atona di chi ha dovuto ripetere quella manfrina troppe volte. «Qualsiasi attività sospetta, verrà immediatamente controllata da una squadra di Auror incaricati.»
A Mairead venne voglia di piangere: era schedata come una delinquente qualunque e solo per via del fatto che il suo sangue era per metà inglese. Il suo unico crimine era quello di essere nata. A quale follia conduceva il razzismo?

Iulius McEwan, dictator dei Raloi, alzò gli occhi sul professore con aria angosciata. «Questa cosa degli effetti della Magia Oscura sull'anima mi inquieta non poco, prof» fu costretto ad ammettere, rigirandosi la penna d'oca tra le mani.
«Non sei l'unico» lo rassicurò padre Rafael. «Questo tema interessava e, di per sé, angosciava molto anche il domenicano Etienne Thomas Chenu, un importantissimo filosofo della magia di inizio Novecento.»
La mano di Dedalus sventolò in aria. «Lo affronteremo, professore?» chiese, ancora prima che gli venisse dato il permesso di parlare. «Sì, certo» rispose paziente padre Rafael. Lanciò un'occhiata all'orologio appeso alla parete. «Ora, nella mezz'ora che ci resta, cominceremo ad avvicinarsi alla sua figura.»
Anche Edmund guardò l'orologio ma, al contrario del professore, non vedeva l'ora che la lezione finisse. Non perché non fosse interessante, anzi. Il problema era un altro: quella mattina c'era in corso il Censimento dei Nati Inglesi e lui avrebbe voluto essere al fianco di Mairead e Henry, ma prima aveva dovuto seguire la lezione privata di Occlumanzia con la professoressa Sidera O'Elan (ufficialmente si incontrava con la professoressa per delle spiegazioni aggiuntive di Artimanzia, perché con la nuova preside mai e poi mai gli sarebbe stato dato il permesso di fare lezioni di Occlumanzia), ora aveva Filosofia della Magia e poi doveva ancora vedersi con il professor Cumhacht per la Disputatio. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare dai suoi amici in tempo.
«Padre Chenu nasce in Provenza alla fine del secolo scorso...» cominciò a spiegare il professore, ma fu subito interrotto dalla comparsa in aula di una figura quantomai sgradita: Daireen Cumhacht.
«Mi scusi, mi scusi, padre Majestis.» Un sorriso assurdamente falso comparve sulle labbra della donna. Era evidente che non fosse per nulla dispiaciuta.
Padre Rafael, al contrario, non si sforzò minimamente di apparire cordiale. «Dica.»
«Forse è meglio parlare da soli?» suggerì la Cumhacht, accennando agli studenti.
Il prete non si scompose. «Non ho problemi ad ascoltarla di fronte ai ragazzi» fu la sua tranquilla risposta.
«Come vuole.» La donna fece balenare un sorriso, che subito scomparve per lasciar posto ad un'espressione seria e autoritaria. «Vista la scarsa frequenza alle lezioni, il Governo ha deciso di sopprimere l'insegnamento facoltativo di Filosofia della Magia» annunciò senza mezzi termini.
«Che cosa?» proruppe Dedalus.
«È assurdo!» esclamò Iulius.
Anche gli altri studenti presenti in classe cominciarono a lamentarsi; perfino quella faccetta da snob di Finan Best pareva contrariato dalla decisione. Padre Rafael alzò una mano per zittire i ragazzi. «Trovo che quantomeno potevate inventare una scusa più plausibile della scarsa frequenza» si limitò a dire, gli occhi freddi come non lo erano mai stati sul viso sempre caloroso del prete.
«È scandaloso» insistette Dedalus, che non era mai stato capace di tenere a freno la lingua. «Questa materia è utilissima... dovreste renderla obbligatoria, invece di eliminarla! Ti aiuta a pensare!»
La Cumhacht gli rivolse un sorrisetto. «Signor...?»
«Dedalus Consolatus» rispose il ragazzo, imbronciato.
«Signor Consolatus» riprese la donna, fingendo un'aria comprensiva. «Il Governo ritiene che di questi tempi sia meglio imparare a difendersi, agire e padroneggiare incantesimi.»
«Oh, ottimo!» Edmund simulò una risatina divertita. «Dunque state allevando cittadini perfettamente addestrati a combattere ma non a pensare? Macchine da guerra che credano ciecamente a quello che dice loro il Governo?» Sorrise con una finta amabilità tanto palese da risultare quasi ridicola. «Come il fatto che il professor Captatio complotti con i Mangiamorte?»
Daireen Cumhacht gli puntò i suoi grandi occhi scuri addosso. «Stia attento, signor McPride, perché arriverà presto il giorno in cui non basterà più nemmeno il suo cognome a tenerla al sicuro.»
Edmund rispose allo sguardo con la medesima intensità. «Non vedo l'ora.»
La Cumhacht lanciò un'occhiata sprezzante a tutta l'aula. «La lezione è finita» annunciò tagliente, prima di uscire con uno svolazzo della sua veste nera.
I ragazzi lasciarono la stanza controvoglia, dispiaciuti per l'impossibilità di seguire altre lezioni e affranti per il professor Majestis. «Non vi preoccupate per me» li rassicurò padre Rafael. «Se vorrete, vi potrò comunque consigliare dei libri.»
«Grazie, prof» rispose Iulius. «Anche se... non è proprio la stessa cosa.»
Edmund era indignato per la soppressione di Filosofia ma, egoisticamente, pensò che la cosa poteva risolversi a suo favore: se il professor Cumhacht l'avesse ricevuto subito, forse sarebbe riuscito a correre da Mairead per farle da sostegno. Stava per defilarsela dall'aula, quando padre Rafael gli chiese di restare perché doveva parlargli. Edmund attese con impazienza che tutti se ne fossero andati, prima di avvicinarsi alla cattedra per sapere cosa fosse successo.
«Ho scoperto con piacere di sostenere l'elezione del cardinal Ravase al soglio patriarcale» gli disse con un sorriso.
Edmund corrugò la fronte, senza capire.
«E di aver preso in prestito dei libri dalla biblioteca che non ho mai letto» continuò il padre.
E Edmund realizzò tutto: il professore aveva scoperto che lui aveva assunto le sue sembianze per infiltrarsi nella biblioteca del seminario di Dubh Cliathan. Si sentì improvvisamente un idiota e si accorse di aver tradito la fiducia di qualcuno che credeva in lui. «Mi dispiace» borbottò, mentre abbassava gli occhi a terra, avvilito, ben sapendo di doversi aspettare una bella ramanzina decisamente meritata.
«Ti avevo detto che di qualsiasi libro avessi avuto bisogno, avrei potuto prenotartelo io.» Il tono del professore era serio ma non così duro come Edmund si sarebbe aspettato.
«Lo so.» Il ragazzo si azzardò ad alzare di poco gli occhi sul prete, cercando la sua clemenza. «È che sono...»
«...uno sciocco impulsivo?» completò padre Rafael, con un mezzo sorriso di comprensione. Dopotutto, era stato anche lui un Raloi, ai tempi del Trinity, e certo non uno di quelli più tranquilli. Edmund aveva fatto una stupidata, ma sicuramente in buona fede.
Il ragazzo si rilassò. «Già...» fu il suo commento a mezza voce. «Comunque non ho trovato quello che cercavo» si sentì in dovere di aggiungere.
Padre Rafael lo guardò con intensità. «Cosa cercavi?»
«Ecco, io...» balbettò Edmund a disagio. «Sto inseguendo la fuga dei conti O'Donnell e O'Neill, sulle orme di una... be', forse chiamarla leggenda è un po' troppo.» Il ragazzo fece saettare gli occhi in giro per l'aula, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse il coraggio.
«Perché non ti siedi?» lo invitò padre Rafael.
Edmund seguì il consiglio, combattuto solo per un attimo se rivelare tutta la storia o tacere. Ma poi pensò che il professore si era sempre prodigato per aiutarlo, era sempre stato gentile nei suoi confronti e non l'aveva sgridato nemmeno per avergli rubato l'identità; forse avrebbe dovuto dimostrarsi più grato e fiducioso nei suoi confronti. Così decise di narrargli della maledizione che Sigmund McFarren, ultimo Gran Maestro degli Interventisti, gli aveva imposto, sotto minaccia di Voldemort quando era solo un feto; gli rivelò le parole latine con cui la sua volontà sarebbe stata annientata e la flebile speranza riposta nel manufatto chiamato da McFarren Mela d'Oro. Tenne per sé, però, il fatto di essere stato creato in provetta a partire dal DNA di Voldemort: quella era una cosa che faticava ad accettare lui stesso, per cui non si sentiva ancora pronto a rivelarla apertamente. In fin dei conti padre Rafael era un prete e avrebbe potuto a buon diritto restare disgustato da quell'insulto nei confronti di Dio.
Padre Rafael ascoltò con attenzione, lasciandogli il tempo di sfogarsi; al termine del racconto gli riservò un'occhiata intensa. «Edmund, ti aiuterò in ogni modo possibile perché tu possa trovare ciò che cerchi» lo rassicurò con un tono talmente serio e insieme tranquillo da non lasciare dubbi sulla sincerità della sua promessa. Poi sorrise, si alzò dalla cattedra e estrasse un vecchio volume dalla borsa che aveva appeso alla sedia. «Comunque, forse non hai scovato quello che cercavi alla biblioteca del seminario perché il libro dove trovare le informazioni l'avevo preso in prestito io» rivelò, mettendogli il volume sotto il naso. Si intitolava: “La fuga dei Conti. Ricostruzione storica del viaggio dei conti O'Donnell e O'Neill attraverso l'Europa”.
Edmund dovette sforzarsi per non correre ad abbracciare il professore per la contentezza. Quel volume dava risposta ad ogni sua domanda! Finalmente avrebbe scoperto dove O'Donnell e O'Neill avessero nascosto la Mela d'Oro!
«Visto che mi avevi parlato della questione, mi avevi incuriosito: avevo intenzione di leggerlo e poi passartelo» spiegò padre Rafael. «Ma forse è meglio che lo abbia tu.»
«Grazie, professore» rispose Edmund, quasi commosso. Avrebbe voluto leggerlo tutto d'un fiato, lì, seduto di fronte alla cattedra di padre Rafael, ma il suo dovere lo richiamava all'ordine. «Devo... devo andare dal professor Cumhacht» mormorò dispiaciuto.
«Non ti preoccupare, Edmund, vai» lo rassicurò padre Rafael. «Quando vorrai, la mia porta è sempre aperta.»
Il ragazzo annuì rincuorato, poi prese le sue cose, si mise il prezioso libro sulla fuga dei Conti sottobraccio, e uscì dall'aula. Salì i gradini a due alla volta, lasciandosi alle spalle i sotterranei e inoltrandosi nei corridoi dove avevano gli uffici i professori.
«Sei in ritardo» lo accolse Cumhacht, quando lui bussò alla sua porta.
«Lo so, mi scusi» borbottò Edmund, entrando e nel frattempo frugando nella borsa alla ricerca del rotolo di pergamena che doveva consegnare al professore.
«Ecco, volevo mostrarle questo, signore.»
Cumhacht prese il rotolo senza troppo entusiasmo e nemmeno lo aprì. «Ne discuteremo un'altra volta» gli disse, in modo del tutto inaspettato. E ancora più inaspettato fu quanto seguì: «Ora vai, Boenisolius ha bisogno di te.»
«Come, scusi?» balbettò Edmund, colto alla sprovvista.
«Boenisolius, in Sala Mor» ripeté il professore senza scomporsi. «Stanno facendo il Censimento dei Nati Inglesi. Credo che vorrebbe trovare lì fuori un amico quando esce da quell'aula.»
Edmund rimase immobile in piedi di fronte alla scrivania, incapace di elaborare nella sua mente quel gesto di gentilezza che veniva dal professor Cumhacht. Nei confronti di Mairead, poi!
Cumhacht gli lanciò un'occhiataccia. «Credi che solo perché mia sorella sostenga una follia del genere dovrei approvarla anche io?» gli domandò retorico. «Essere fieri della propria patria non significa essere necessariamente sanguinisti.»
Edmund rimase spiazzato: aveva sempre immaginato il professor Cumhacht come un sostenitore dell'EIF, nazionalista avverso a tutto ciò che era inglese, che univa alle sue idee motivi di vendetta strettamente personali, come la sorella Daireen. Invece improvvisamente realizzò il vero motivo per cui l'uomo ce l'avesse così tanto con Mairead e suo padre: non tanto perché Reammon avesse sposato un'Inglese, quanto più perché, avendo scelto Mary Weasley, egli aveva spinto Daireen alla follia, tra le braccia dell'EIF. Cumhacht lo doveva ritener in parte responsabile della perdizione della sorella.
«Fieri Irlandesi ma non sanguinisti.» Edmund annuì, con un sorriso a mo' di ringraziamento. «Me ne ricorderò, signore.»
L'uomo fece un breve cenno del capo. Di più non si poteva pretendere. Aveva già fatto anche troppo, per essere il burbero professor Cumhacht.
Edmund lasciò lo studio dell'insegnante e corse a perdifiato verso l'ingresso. Intercettò Mairead che stava uscendo dalla Sala Mor, al termine della registrazione della sua bacchetta. Pareva sull'orlo delle lacrime.
«Come... cosa è successo?» domandò Edmund, con il fiato mozzato dalla corsa.
«No, è andato bene» lo rassicurò subito Mairead. «Cioè, ha funzionato.»
Edmund tirò un sospiro di sollievo e le sorrise. Anche Mairead rispose al sorriso, ma i suoi occhi restarono tristi e lucidi.
«Vieni con me.» Edmund allungò la mano verso di lei e la invitò a seguirla. La condusse fuori dal castello, fin sulle rive del lago, in un posto riparato da occhi indiscreti. «Dammi la bacchetta finta.»
Mairead gliela mise tra le mani.
Edmund allora la spezzò a metà e la gettò nelle acque scure del lago. «Ecco quello che possono farci con le loro stupide leggi!» esclamò con vigore.
Mairead si strinse nelle spalle. «Vorrei che fosse tutto così semplice.» Sospirò, poi appoggiò la testa sulla spalla di Edmund, che la strinse tra le braccia. E rimasero così, a fissare la superficie increspata del lago, oppressi dall'oscurità dei tempi in cui erano costretti a vivere.









Come si suol dire, meglio tardi che mai! Ecco qui il nuovo capitolo!
Insomma, sono cominciati i guai anche a scuola. Dopotutto, cosa ci si poteva aspettare da una come la Cumhacht in versione preside? Non poteva essere proprio tutto rose e fiori.
Padre Rafael ha anche scoperto i tramini di Edmund: non so proprio come facesse a pensare di farla franca! È proprio un po' idiota, a volte! ;) Per fortuna che padre Raf è un tipo comprensivo (visto quelle che aveva combinato lui da giovane!).
E anche Cumhacht svela un po' le sue carte: è un rompiballe, stronzo, esigente e burbero, ma vi pare che Captatio potesse tenersi nel corpo insegnanti un filo-EIF? Se Daireen e l'EIF pensavano di potersi appoggiare a lui, hanno sbagliato i conti!
A proposito di conti, quelli nobili, col prossimo capitolo facciamo l'ultimo salto nel passato! Ci vediamo lunedì 27 aprile!
Beatrix B.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Beatrix Bonnie