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Autore: _Rainy_    06/04/2015    4 recensioni
Un pub poco affollato, un gioco pericoloso con la fortuna e con la morte, undici proiettili e una rivoltella ancora scarica appoggiati su un tavolo. Chi sarà il primo a morire? Chi sarà il primo a rivelare i suoi segreti?
Undici ragazzi dal passato oscuro e una vendetta, sottile come la lama di un pugnale, che si tesse nelle tenebre...
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale
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N EPILOGO N

 

- Perché mi guardate? – Sghignazzò lei. – Come? Volete dirmi che manco solo io? Oh, allora questa divertente serata sembra si stia per concludere…

- Divertente, pf! Sbrigati a raccontare e facciamola finita! – Esclamò Courtney esasperata.
- Ci puoi giurare, mia cara. – Ghignò Heather. – Vi voglio raccontare una storia un po’ particolare, che prende le mosse tempo fa, anni fa…

 

L’edificio esplose tra le fiamme.

Grida di terrore e di dolore riempivano l’aria afosa, mentre brandelli di lamiera, calcinacci, pietre e polvere fendevano il cielo cadendo nel parco, fiammeggianti.

Dieci persone fissano la scena, impassibili, da una collina poco distante.

Una ragazza sa cosa è successo, non è difficile da capire: quel pacco recapitato nel suo ufficio quel mattino e da lei aperto solo pochi minuti prima è esploso nel suo ufficio, incenerendo ogni cosa e diffondendo le fiamme a tutto il palazzo.

Lei, però, non era li.

Le era stato recapitato il pacco, ma lei si trovava in laboratorio, al piano di sotto, mentre quell’agente infiltrato di un’organizzazione rivale penetrava nel suo ufficio e apriva quella scatola maledetta sperando di trovare chissà quali informazioni, condannandoli, invece, tutti.

Il soffitto crollò sopra di lei, ma riuscì miracolosamente a evitare le macerie e a fuggire dall’uscita posteriore prima che l’intero edificio implodesse su se stesso. Uscì tossendo all’aria aperta, con ancora il camice e gli occhiali da laboratorio addosso, tossendo disperatamente. Si era salvata per un volere superiore, non c’era altra spiegazione: era destino che non morisse quel giorno.

Improvvisamente la consapevolezza: lei non era morta per uno scopo ben preciso. Lei non era morta per vendicarsi.

Vendetta.

Che suono dolce aveva quella parola mentre scrutava quel palazzo crollare e i pompieri arrivare troppo tardi esclusivamente per tirare fuori le decine di cadaveri carbonizzati dei suoi collaboratori.
Quel palazzo rappresentava la sua vita, la carriera che si era faticosamente costruita.

Suo padre, membro dell’FBI fin da ragazzo, le aveva tramandato i valori di giustizia e lealtà, ma poi quella stessa FBI che lei tanto aveva imparato ad adorare l’aveva spedito in Afghanistan per morire assiderato per colpa dei terroristi. Dov’era quella lealtà che tanto predicavano? Dov’era quel riconoscimento dell’onore tanto osannato?

Si ricordò di come lei stessa avesse acquistato quel terreno da un notaio amico di famiglia per costruirci quel palazzo, sede della sua nuova vita: dopo la morte del caro padre aveva deciso che niente in questo mondo valeva la pena di essere salvato tranne pochi incorruttibili che come lei avevano subito ingiustizie da organizzazioni che si professavano “Giuste”.

Così era nato il suo lavoro: aveva fondato un’organizzazione segreta paramilitare per la salvaguardia dei civili e che riuscisse finalmente a trasformare il mondo in un posto migliore facendosi giustizia da soli, visto che il governo aveva fallito.

L’Organizzazione era cresciuta in poco tempo e aveva capito che da molti anni si aspettava qualcuno che facesse un gesto così audace come sfidare il governo: dapprima non le era stata data troppa importanza, poi i collaboratori da dieci erano diventati mille, poi diecimila e in quel terribile giorno contava più di un centomila agenti in tutta l’America che garantivano la sicurezza in altrettante città.

Anche l’ultima trave di quell’edificio, da sempre quartier generale della sua Opera, crollò davanti ai suoi occhi e lei udì distintamente le sirene delle volanti della polizia arrivare.

Il governo aveva cominciato da qualche anno ad osteggiare la sua Organizzazione, dicendo che non erano dissimili dai criminali che condannavano, ma non li avevano fermati, nonostante i mandati di cattura emessi con ricompense spropositate.

Reclutava nuovi agenti, li addestrava, creava nuove armi iper-tecnologiche nei suoi laboratori, estendeva la propria rete di conoscenze e collaborazioni… Non esisteva niente di illecito: l’importante era raggiungere il suo obiettivo, uccidere.

Scappò nel fitto della foresta mentre i suoi occhi si inumidivano di lacrime e i suoi sogni andavano in frantumi. Senza il Quartier Generale non era possibile continuare. Tutti i suoi colleghi sarebbero stati istantaneamente raggiunti dalla notizia grazie ai telegiornali e avrebbero capito che era finita.

Non che fosse un problema: tutti avevano un secondo lavoro di copertura, ma era lo scopo di una vita che si dissolveva tra le fiamme, esattamente di fronte agli occhi del loro fondatore, che più di tutti aveva lavorato per rendere possibile il suo sogno di un mondo giusto e perfetto.

Si infilò nel primo squallido motel che incontrò nella vicina città di Mayville e pianse senza riuscire a trattenersi, iniziando solo dopo a mettere insieme i pezzi.

Il pacco era ovviamente una bomba. Un attentato rivolto a lei sola per ucciderla e far esplodere l’edificio, chi dunque voleva cancellare l’Organizzazione? La lista di nomi era troppo lunga, ma…

Quel pacco le era stato consegnato dall’agente Trent, da sempre loro fidata talpa nella polizia, ma da tempo aveva dubbi sulla sua lealtà, visto che quel ragazzo non si era mai ripreso del tutto dal suo incidente con quel criminale, Berry…

Ah! Si ricordava perfettamente di averlo reclutato proprio il giorno in cui veniva riammesso nei marine dopo aver presentato un rapporto falsificato e delle prove fasulle su quanto successo in quella casa… Aveva accettato senza esitazione di collaborare per farsi giustizia e riscattarsi agli occhi della moglie e dei figli…

Però non poteva aver agito da solo.

Di sicuro qualcuno vicino a lui l’aveva aiutato a mettere a punto quel piano: la consegna del pacco bomba, l’aspetto della scatola… Quei simili dettagli stilistici non potevano che essere opera di Katie e Lindsay, i suoi due agenti migliori, letteralmente salvate da lavori indegni. Si ricordava di come Katie lavorasse come segretaria per un contabile fallito che senza dubbio abusava di lei e di come Lindsay, invece, ballasse tutte le sere in un locale scadente. Anche loro, memori degli oscuri crimini commessi, non avevano esitato a seguirla.

La tensione intorno al tavolo era palpabile, ma Heather proseguì a narrare, senza fissare nessuno negli occhi.

Bel modo di ringraziare…

Quelle due, però, non brillavano d’intelligenza, doveva esserci sotto qualcos’altro…

Si stese sul letto, esausta, dormendo poco e male e quando si svegliò accese la televisione, cercando subito un notiziario.

“Edificio esploso qualche chilometri fuori Los Angeles. Si contano tra i 100 e i 150 morti, di cui più di metà ancora da indentificare… - Ricominciò a piangere, riconoscendo le spoglie di scienziati, agenti, segretari... - … La polizia sostiene che sia stato un incidente, anche se la nostra fonte segreta suggerisce come possa essere stato un attentato mirato per liberarsi delle attività finanziarie che si svolgevano in quel locale. Il posto è stato evacuato ieri.” – Finanziarie?! La ragazza impallidì, fremente di rabbia.

Si alzò, pagò in fretta la camera e tornò sul luogo dell’incendio, ogni passo che faceva più male del precedente. Eccola di nuovo lì, a osservare la carcassa della sua base operativa, lo scheletro dei suoi sogni perduti.

Si incamminò silenziosamente tra le macerie scivolando sotto il nastro giallo della scientifica e esaminò i reperti… Nessuna traccia dell’ordigno se non carta da pacchi bruciacchiata rimasta sotto una roccia.

Un ordigno ben fabbricato dunque, ottimamente anzi. Conosceva solo una persona in grado di sviluppare congegni così: Duncan. Ex-spacciatore convinto ad entrare nella sua Organizzazione per fare il “salto di qualità” era sempre stato appassionato di esplosivi e ne sapeva produrre di tutti i tipi, per questo era immediatamente diventato un killer di professione. Era un bombarolo provetto e chiaramente quella era una sua invenzione: una bomba che non lascia tracce dietro di sé, totalmente invisibile, ma non per lei.

Tutto cominciava a quadrare: era stata sabotata dall’interno! Ma perché?!

Duncan non poteva aver fatto da solo: di sicuro i materiali con cui aveva prodotto quel liquido infiammabile e invisibile dopo l’esplosione erano di sua invenzione, ma non poteva averli prodotti da solo. Quelli della scientifica dovevano averlo aiutato ed era sicura che ci fosse lo zampino di Bridgette, direttore capo di quel reparto della sua Organizzazione, nonché sua fidata collaboratrice… Aveva da subito creduto in lei quando l’aveva vista maneggiare delle provette di acidi tossici in un ospedale psichiatrico prima di uccidere il caporeparto e scomparire nell’ombra: rintracciarla era stato davvero difficile, ma lei era sempre stata determinata e quella ragazza aveva solo bisogno di qualcuno di cui fidarsi.

Alzò gli occhi al cielo: di sicuro Bridgette non avrebbe potuto fare qualcosa del genere da sola, sicuramente Geoff, il suo sciocco fidanzato, aveva approvato il progetto e le aveva fornito il suo sostegno come vice-direttore del reparto scientifico. Era stato semplice da reclutare lui: era amico del bombarolo, Duncan, e lavorava come barman producendo cocktail “peculiari” con le sostanze che gli venivano passate dagli spacciatori della zona. Era discretamente famoso, ma l’aveva seguita senza battere ciglio ed era stato letteralmente salvato da Bridgette con la quale era nato subito un grande e travolgente amore.

Se ne andò velocemente come era venuta e si fermò solo un secondo a rimirare le macerie della lapide da lei costruita per il padre: quando aveva ucciso i suoi assassini, ossia i capi dell’FBI, aveva eretto quella lapide in suo onore sentendosi svuotata, senza più uno scopo, ma poi erano stati proprio i suoi collaboratori più fidati a darle la forza di andare avanti e facendole capire che non poteva tirarsi indietro ormai che il suo grande progetto aveva preso piede.

E ora era tutto finito, pensò di nuovo, liquidato in un servizio di pochi minuti e bollato come “incidente”, senza che nessuno sapesse che opera grandiosa si tenesse in quell’edificio bruciato dalla furia del fuoco. Nessun incidente, in realtà.

Promise a se stessa, in quel giorno di lacrime, che si sarebbe vendicata di chi le aveva portato via tutto, perché lei sapeva - oh, se lo sapeva! – che non era opera di quei sei colpevoli già identificati, c’era dell’altro: loro non avrebbero avuto nessun motivo per ucciderla e togliersi il lavoro; no, era successo qualcosa e lei avrebbe scoperto cosa.

-

Finalmente era riuscita ad accedere agli archivi dell’FBI con il suo hacker più fidato, Jamie, da sempre suo collaboratore, ma mai ufficialmente entrato nell’Organizzazione.

Si trovava a casa del ragazzo e dopo un sano confronto su quanto accaduto, pieno di lacrime, rabbia e desiderio di vendetta, lui, da sempre innamorato di lei, le aveva promesso che l’avrebbe aiutata. Così, in pochi secondi, era entrato nel server dell’FBI con un programmino di sua invenzione ed era riuscito a tracciare i movimenti dei cellulari irrintracciabili (non per il loro capo, ovviamente, che conosceva codici e password di ognuno) di ogni suo collaboratore in quel triste giorno.

Nel Quartier Generale, dunque mancavano ben nove segnali telefonici: Trent, Duncan, Bridgette, Geoff, Katie e Lindsay, come si aspettava, più quelli di altri tre collaboratori che però erano in missione e quindi giustificati.

- Jamie, indaga su di loro. – Gli ordinò.

Lui annuì, docile e si mise al lavoro dopo averle dato un veloce e casto bacio. Lei annuì, sorridendo brevemente e si stese sul letto. Sarebbe rimasta lì fino a quando non si sarebbe scoperto qualcosa di più.

Fissò il soffitto di quell’appartamento di lusso nel cuore di New York, in cima a uno dei grattacieli più scintillanti e famosi, e lasciò che la mente le si annebbiasse grazie alle sostanze stupefacenti che Jamie conservava nella dispensa. Dormì qualche ora e si svegliò per niente riposata: erano giorni che non mangiava e dormiva male, giorni di viaggio da un posto all’altro, di indagini e rabbia sorda che l’avevano ridotta ad uno straccio, ma non avevano scalfito la sua determinazione a vendicarsi, che era la sola cosa che la faceva andare avanti, ormai.

E dopo aver trovato i suoi attentatori? Non lo sapeva, ma qualcosa avrebbe trovato. Amava la vita e non l’avrebbe mai buttata al vento con uno sciocco suicidio. Magari si sarebbe rifatta in qualche organizzazione di spionaggio internazionale e sarebbe ripartita da capo…

- Penso di aver trovato qualcosa! – Dichiarò Jamie dopo ore di “tap-tap” su molteplici tastiere. 

Si riscosse immediatamente e volò al suo fianco, osservando i monitor. La foto dei suoi due assassini migliori occupava due schermi differenti.

- Vedi, qua risulta che fossero in missione in Nepal, ma non si riscontra il segnale dei loro telefoni da nessuna parte, quindi magari sono andati distrutti, e alla frontiera Nepalese non sono state schedate. In Nepal non sono mai arrivate, capisci?

Rispose di si scuotendo la testa per il disappunto.

- Cos’altro sai? Tutto qui? – Chiese, melliflua, accarezzandogli una spalla.
- Be’, secondo le loro informazioni personali prese dal database della tua Organizzazione che conservo qui a casa risulta che entrambe avevano telefoni e passaporti falsi a nome di Lisa e Katy Stangard, entrambe proprietarie di due conti correnti in una banca vicino a Singapore. Hanno importato del contante proprio il giorno dell’incidente e tracciando quel denaro viene fuori che proviene da… Be’, una piccola banca vicino a Mayville. Per quelle quantità di contante e per quella banca di Mayville bisogna recarsi di persona a depositarli, segno che il giorno dell’incidente erano qui in America… Ma a fare cosa? Il denaro è stato poi dirottato ad un conto corrente sconosciuto.
- Scopri di chi è.
- Subito… - Dopo pochi secondi trovò quello che cercava. - … E’ di un certo Roger Harris, noto spacciatore della contea affiliato della mafia e importatore di sostanze illegali, credi che…
- Si.

La bomba era stata fabbricata di sicuro con materiali particolari tali da provocare massimi danni con minime tracce. Quelle sostanze dovevano essere state, dunque, ordinate e pagate il giorno dell’incidente per fabbricare la bomba destinata a lei.

Quei due agenti, i suoi due migliori agenti… L’avevano tradita così… Avevano investito del denaro per ucciderla… Courtney e Gwen… Assassine provette e senza scrupoli, rivali, ma eccellenti collaboratrici, salvate l’una dal suo ruolo di avvocato di bassa lega scavato dal rimorso e l’altra da un appartamento infestato dai topi e dalla dipendenza dal gioco d’azzardo, unica sua speranza per sopravvivere e guadagnare qualcosa.

- Adesso è chiaro. – Annuì lei.
- Però manca ancora una cosa… Cioè, perché un membro della mafia come Roger avrebbe dovuto accettare di collaborare ad una cosa simile? – Rifletté Jamie.
- Perché è stato convinto da qualcuno, ovvio.
- Oh… Leshawna.

Lei sospirò profondamente e annuì: certo. Era da sempre infiltrata in molteplici organizzazioni mafiose mondiali ed era l’unica che avrebbe potuto convincere uno come Roger, ignorante e di bassi desideri, a vendere a Courtney e Gwen quelle sostanze di cui avevano bisogno. La tradiva proprio lei, Leshawna, arruolatasi per riscattarsi dal suo vecchio lavoro da cantante fallita. Non aveva scrupoli e lei l’aveva sempre ammirata, ma non pensava che sarebbe arriva a tradirla.

- Grazie, Jamie. – Gli sfiorò le labbra con un bacio.
- Prego… Pensavo mi avresti ucciso… - Sussurrò lui ricambiando il bacio.
- Non ancora, caro. – Ghignò, uscendo nella notte avvolta dal lungo cappotto nero.

Entrò nel primo bar che trovò e ordinò un caffè macchiato, sedendosi poi ad un tavolo e prendendosi la testa tra le mani.

Qualcosa non quadrava: perché avrebbero dovuto farle una cosa simile?!

Era il loro capo, certo, ed era ovviamente esigente e implacabile, ma un attentato era qualcosa di grosso… No, tutto quello era opera di una mente superiore, un raffinato calcolatore che voleva sbarazzarsi di lei.

Poi d’improvviso la consapevolezza le giunse bruciante come il caffè che le era appena stato servito: lui. Il re dei manipolatori, suo vice capo e più fidato collaboratore, unico membro dell’Organizzazione che si era arruolato spontaneamente dopo aver trovato da solo, scavando nei database dell’FBI di cui faceva parte, la sua Opera. Ricordava perfettamente quel momento: era stata fermata per strada, trascinata gentilmente in un vicolo appartato con la scusa di volerle parlare di affari di droga e poi le aveva chiesto di prenderlo con sé. Ricordava il suo sguardo, non disperato e non implorante, solo deciso. Ricordava di avergli chiesto come avesse fatto a trovarla, ma non aveva ottenuto altro che una scrollata di spalle e alla domanda sulle motivazioni di quella richiesta egli aveva semplicemente risposto con un “Sembra divertente” accompagnato da un ghigno diabolico. Chi se non lui? L’uomo che l’aveva colpita, che, come si aspettava, aveva raggiunto gli alti vertici della sua Organizzazione, arrivando a diventare suo vice, e che lei aveva segretamente amato.

Lui doveva averli spinti a tanto, sicuramente li aveva manipolati tutti convincendoli che fosse un’idea grandiosa e che liberarsi di lei convenisse. Sicuramente ambiva al potere personale.

Eccoli lì: i suoi dieci collaboratori più fidati che si erano rivelati dei traditori e sciocchi a sufficienza da credere alle promesse di quell’opportunista.

Ma non sarebbero vissuti a lungo per potersi beare della loro piccola, sporca opera: lei era viva ed era desiderosa quanto mai di versare il loro sangue.

Un ghigno illuminò la notte e l’oscurità inghiottì la ragazza, dilaniata dall’odio.

 


Il silenzio era calato sul tavolo e Heather tirò su lo sguardo, fissando ad uno ad uno i presenti:
- Allora?
- Be’, non hai raccontato il tuo peggiore peccato… - Sussurrò Bridgette, rossa in volto per quell’intervento così infantile e inutile.
- No, mia cara… - Heather ghignò diabolicamente e quel ghigno stillava più odio di qualsiasi altro. - … Perché il mio più grande peccato, nonché la mia più grande soddisfazione, si compie stasera! – Esclamò ed esplose in una risata innaturale.

Squadrò i presenti con quel ghigno malefico stampato in faccia: Courtney, Gwen, Alejandro, Bridgette e Trent erano lì per assistere al suo trionfo, per vedere la sua vendetta compiersi.

Erano già morta metà dei traditori che sperava morissero quella sera ed ora la sua opera era quasi completa…

- Ma cosa stai dicendo?! – Scattò Gwen. – Cosa intendi con…

Ma non riuscì a finire la frase, perché si portò una mano alla gola, spalancando gli occhi pregni di puro terrore e si accasciò sul tavolo, un braccio abbandonato mollemente mentre ancora quella mano stringeva il bicchiere con il cocktail, che si rovesciò e colò lentamente fino a terra… Improvvisamente quella sostanza rossa scura che riempiva il bicchiere sembrava sangue.

Courtney scattò in piedi, inorridita e fissando Heather, ma il ghigno del suo ex-capo fu l’ultima cosa che vide prima che le si annebbiasse la vista e cadesse a terra, morta.

Uno alla volta a seconda di quanto avevano bevuto, Trent e Bridgette caddero riversi sul tavolo con una bava biancastra che colava fuori dalle loro bocche, incapaci di emettere più alcun suono, ormai.

- Cocktail avvelenati, eh? Proprio nel tuo stile… - Sussurrò Alejandro, raddrizzandosi sulla sedia e osservando i camerieri che portavano via i cadaveri dei ragazzi.
- Ti ringrazio, mio caro. Ora, veniamo a noi… - Sorrise Heather.

Si alzò e fece due passi ancheggiando verso il ragazzo, arrivandogli di fronte stringendo la pistola e l’ultima pallottola nella mano. Si sedette elegantemente sulle sue gambe, sospirando.

Alejandro si irrigidì, ma mise un braccio dietro alla vita della ragazza, sorreggendola:
- Cosa stai facendo, Heather? – Chiese, scrutandola negli occhi.
- Voglio sapere perché hai organizzato tutto questo: so che ci sei tu dietro a quell’attentato che rovinò la mia vita. – Lo fissò di rimando lei, seria come non mai.
- Tesoro… - Le accarezzò una guancia stringendola di più a sé. - …  Per il potere. Io sono infinitamente più adatto a guidare una simile organizzazione. Progetto onorevole, non c’è che dire, ma non eri adatta a gestirlo. Dopo la morte degli assassini di tuo padre hai perso determinazione e… Be’, qualcuno doveva succederti. Non è stato difficile, se lo vuoi sapere, convincere gli altri a seguirmi: non eri esattamente ben voluta… - Sorrise senza traccia di scherno, finendo di spiegare con tono impassibile e piegando la testa di lato, avvicinandosi al volto della ragazza.
- Ah, capisco. Quindi solo per il potere…? – Chiese lei, avvicinandosi a sua volta e riducendo la voce ad un sussurro.
- Sapevo della tua relazione con Jamie. – Ammise Alejandro.
- Ah! – Rise Heather. – Capisco… Complimenti per aver capito del veleno, non che mi aspettassi qualcosa di meno da te, mio caro…

Heather caricò lentamente la pistola, inserendo il colpo in canna.

- Non è leale: dovresti farla girare a vuoto e lasciare che la sorte decida per te… - La punzecchiò Alejandro.
- Cosa pensi che succederà ora? – Lo fissò profondamente Heather mettendogli una mano dietro la nuca.
- Sarebbe inutile scappare: immagino ci siano uomini appostati qui fuori pronti ad uccidere chiunque esca di qua, quindi… Dimmelo tu. Se devo morire che almeno sia piacevole. – Sorrise ammiccando.

Lei annuì ridacchiando e lo attirò a se baciandolo profondamente.

Le loro labbra si incontrarono, si esplorarono e le loro lingue si intrecciarono, giocando e provocandosi a vicenda. Heather puntò la canna della pistola al petto del ragazzo, poggiando il dito sul grilletto. Alejandro non si mosse e sussurrò, sulle labbra della ragazza, senza aprire gli occhi e spingendo perché il suo corpo aderisse al proprio:
- Ti amo.

I loro petti si toccavano e Heather sorrise, rispondendo, mentre calde lacrime le scivolavano giù dalle guance:
- Bugiardo…

Poi premette il grilletto.

Il corpo del ragazzo si afflosciò tra le sue braccia e esalò il suo ultimo respiro in un sorriso, accarezzando debolmente una sua guancia, bagnata di lacrime.

Heather si raddrizzò nel locale improvvisamente silenzioso, squadrandosi intorno: era tutto finito.

Il tavolo che aveva visto la sua vendetta compiersi era stato ripulito, pronto ad ospitare i suoi prossimi clienti come se niente fosse accaduto.

Appoggiò una banconota da cento dollari nel mezzo del tavolo fermandola con un sassolino che si estrasse dalla tasca dei pantaloni.

Fece un cenno ai camerieri e uscì nella notte avvolgendosi nel suo impermeabile.

E ora cosa avrebbe fatto? Non era tempo di preoccuparsi di quello.

Si avviò verso una macchina parcheggiata li di fianco mentre la pioggia scendeva leggera e le inzuppava i capelli. Non mancava molto all’alba e sorrise pensando a come avrebbe osservato il sole sorgere sapendo di essersi liberata di un fardello che si portava dietro da troppo tempo.

Premette il pulsante rosso di innesco della bomba e mentre il sasso che aveva lasciato vicino ai soldi esplodeva distruggendo il pub, lei si allontanò scomparendo nell’oscurità, un ghigno soddisfatto che le illuminava il viso.


FINE 

 

 

- CIAMBELLANGOLO -
Non ci credo che sto per dirlo, ma… E’ finita.
Ce l’abbiamo fatta <3 “Abbiamo”, si, “abbiamo”. Noi. Insieme :3
Vi ringrazio infinitamente per tutto il supporto che mi avete dato, questa storia mi è piaciuta dall’inizio alla fine ed è grazie a voi se non ho mollato c:
So che “Grazie” è riduttivo per esprimere quanto vi voglia bene, ma non saprei trovare le parole adatte per esprimere in altri modi quanto viene così meravigliosamente detto da questa splendida parolina c:
Grazie per le recensioni, i pareri, i complimenti e per essere arrivati fin qui dopo questo maxi epilogo (seriously: non è l’epilogo più giganorme di tutta la storia ahah?) <3
Vi voglio bene, a una prossima storia (probabilmente non più su A Tutto Reality, ma questa andava scritta su ATR, per forza, su, dai u.u) :3
Con tanto amore e tanta gratitudine,
_Rainy_

   
 
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