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Autore: Marty_199    07/04/2015    2 recensioni
L’amore..dicono sia il sentimento più bello e più sincero che una persona può provare. Ma due ragazzi rimasti soli, senza mai aver avuto una vera dimostrazione d'amore dalle famiglie possono crederci? Riescono a provarlo senza averne paura?.
Eulalia è una ragazza di diciotto anni cresciuta in orfanotrofio, nella vita ha dovuto superare difficoltà che l’hanno portata a chiudere i suoi sentimenti e ad avere paura di provare amore verso qualcuno, perché la sua vita gira intorno alla convinzione che prima o poi tutti se ne vanno.
Duncan è un ragazzo di vent’anni, molto attraente e all'apparenza superficiale. Nessuno sa del suo passato tormentato che torna ogni giorno nel suo presente. La sua vita naviga nella rabbia, mentre vive nella proiezione di una felicità che non sente davvero sua, cercata tra le cose più banali: nelle donne, nella rissa e molte volte nell'alcool.
Ma può davvero l'amore non comparire mai nella vita di una persona? Tra vari incontri e amicizie i due ragazzi all'apparenza diversi si ritroveranno a provare l'uno per l'altra il sentimento tanto temuto, potrebbe essere l'inizio di qualcosa per entrambi..che li porterà su vie del tutto inaspettate.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                                PICCOLE VERITA'... PICCOLE BUGIE

Duncan si alzò dal letto col sudore freddo, la testa gli pulsava da morire, come se qualcuno al suo interno si divertisse a colpirlo con un martello. Si avvicinò all’armadio e da dentro prese una coperta di pail e se la mise intorno.
“Proprio quello che ci voleva.”
Era ancora a petto nudo e scalzo, ormai era abituato a stare così per casa, persino quelle rare volte in cui aveva la febbre. Andando in cucina con il passo degno della lentezza di una lumaca, lesse il biglietto di Kevin lasciato appeso sul frigo.

- Zucca vuota sono andato da amici, non ho idea di che ore farò né di quando ritorno, quindi per pranzare, cenare e roba varia non ti fare problemi.

Duncan ridacchiò basso, con o senza biglietto non si sarebbe fatto alcun problema. Tirando su col naso andò verso il salotto e si buttò sul divano, lanciando due bei starnuti.
<< Mamma mia, non mi ammalo praticamente mai, ma quando succede mi devasta.>> Duncan accese la tv, ricordava poco e niente del giorno prima, la febbre e l’alcool bevuto gli annebbiavano i ricordi, sapeva per certo che con lui c’era stata Eulalia e ricordava di avergli chiesto di rimanere... doveva aver fatto sicuramente la figura dell’idiota! Eppure voleva davvero che lei restasse lì con lui, lei si era preoccupata, era rimasta e la sua compagnia gli piaceva, rimaneva sempre una ragazza un po’ strana, ma passare il tempo con lei non era male, in più si aggiungeva il fatto che fosse anche una bella ragazza, il che andava a suo vantaggio.
Duncan scosse la testa, ma che giorno era? Guardò il calendario, con sorpresa vide che erano nel mese di Dicembre, non se lo ricordava nemmeno, come era passato tutto quel tempo?.
Il ragazzo fece spallucce, pensando solo al fatto che di li a poco sarebbe arrivato anche il natale.
“Questo sarà un natale di merda, come sempre.”
Duncan sospirò, ributtandosi con la testa all'indietro sul divano, passare il natale da soli di sicuro non era il massimo, quella festa era il motivo per tutti di riunire l'intera famiglia per cena, magari parenti lontani, di cui qualcuno neanche ci si ricordano le facce, ma per lui non c’era nessuna famiglia da riunire. Una sorella finita chissà dove, una madre in coma, nonni mai visti, il padre non c’era più, ma d'altronde non c'era mai stato.

Rimaneva solo suo zio, ma Duncan dubitava fortemente che un uomo con giri mafiosi, fosse la persona adatta da invitare per un cenone di natale.
Duncan cercò di alzarsi dal divano, fu quasi un'impresa. Le gambe reggevano, ma la testa continuava a girargli come una trottola, si ributtò seduto, sbuffando infastidito dalla sua stessa debolezza di quel momento.
<< No, non ci riesco, resterò su questo divano tutta la vita, o finché qualcuno non arriva e mi aiuta>> Duncan girò i canali a caso, non trovando niente di interessante. Sbuffando nuovamente e scocciato si fermò su un canale scelto a caso e starnutì per la centesima volta.
<< Mamma mia>> la voce gli uscì bassa e nasale, classica di chi ha un brutto raffreddore. Tirò su col naso e si sdraiò sul divano coprendosi con la coperta fin sotto la testa, con gli occhi socchiusi vide cosa davano sul canale, Titanic.
<< Oh mio dio sembro un depresso, Titanic no>> Duncan si sistemò meglio le coperte, stava finalmente per addormentarsi quando il citofono suonò, li per li non se ne preoccupò, ignorando e maledicendo chiunque si fosse attaccato al campanello. Ma sentendolo suonare nuovamente si alzò irritato, molto lentamente e portandosi dietro la coperta, aprì il portone con il tasto del citofono in casa, per poi ripuntare dritto al divano, sicuro era Kevin.
<< Ciao.>>
Duncan alzò lo sguardo, la voce che aveva parlato non era per niente maschile, davanti a lui si parò la figura e la testa rossa di Eulalia. Portava dei pantaloni da tuta neri con sopra una felpa che doveva essere pesante, i capelli erano un po’ incasinati qua e là, come se fossero stati mossi da un vento abbastanza forte, le guance rosse dal freddo proprio come la punta del naso.
Duncan sorrise leggermente, divertito dal suo aspetto e ne dedusse anche che fuori stesse tirando una tormenta.
<< Pensavo fosse Kevin.>>
<< Sono venuta a vedere se stai meglio, ma mi pare di no.>>

Duncan la guardò con un sopracciglio alzato.
<< Meglio? Sto sicuramente peggio di prima e poi…>> Duncan si bloccò di botto, non seppe bene neanche lui come, ma buttò le coperte in aria e ignorando il giramento di testa che ne seguì, corse verso il bagno, vomitò tutto quel poco cibo che aveva mangiato, tossì e dopo essersi sciacquato per bene la bocca tornò barcollando verso il divano, ricoprendosi con la coperta. Eulalia sedeva sul divano di fianco a lui, intenta nel guardare la Tv, sembrava esserne incantata, il che sorprese Duncan, quella ragazza non aveva mai visto un televisore? Facendo spallucce si stravaccò sul suo posto.
<< Non pensavo fossi un tipo da Titanic.>>
Giusto, doveva essere per quello che guardava la televisione incantata.
<< Non lo sono, ho messo un canale a caso, non avevo intenzione di vedermelo.>>

Eulalia annuì, con uno sguardo che sembrava trasparire una leggera delusione. Duncan le lanciò uno sguardo di lato, perché doveva fare il duro a cui non piacciono i film romantici? In fondo lui Titanic lo aveva già visto e certo non si era messo a piangere, né si abbuffava di storie d’amore strappalacrime, anzi, tutto quell’amore esagerato tra due persone non lo capiva, forse perché non l’aveva mai provato. Ma nonostante questo non ne era del tutto indifferente, doveva ammettere che la storia di Rose e Jack lo aveva davvero colpito.
Continuò a guardare Eulalia, con capelli rossi come l’attrice mentre sorrideva come quest'ultima, come se fosse lei nel mezzo della scena del film, anche se per Duncan il piccolo sorriso di Eulalia gli risultava più bello, gli occhi azzurri luccicanti mentre guardava la scena, chissà con quali pensieri romantici che le frullavano nella testa.
<< In realtà l’ho già visto>> questa volta lei si girò verso di lui, che la guardava con uno sguardo all'apparenza strafottente, mentre dentro di sé si chiedeva perché gli interessasse farglielo sapere.
<< Davvero? E ti è piaciuto?>>
<< Mi ha colpito molto la loro storia, in più con lo sfondo drammatico del Titanic mi ha fatto un certo effetto>> Eulalia allargò le labbra in un piccolo sorriso.
<< Io amo la loro storia, è un classico del cinema, ma davvero unico, insomma chi non sogna un amore come il loro?>>
Duncan restò in silenzio, meditando su quella semplice domanda. Lui non aveva mai cercato quel tipo di amore in nessuna delle ragazze che conosceva o che aveva conosciuto.
Se le portava a casa per portarsele a letto e le sue storie d’amore non duravano più di un mese o due, sempre se si poteva chiamare "storia d'amore" lo stare con una ragazza fissa da portarsi a letto regolarmente, senza nessun coinvolgimento troppo serio, non da parte sua almeno.
Non era di certo amore, lui era una completa frana in quel campo. Nell'amore che tutti cercano, quello “vero”.
Eulalia non ricevendo alcuna risposta da parte sua riportò lo sguardo sullo schermo.
Duncan si ritrovò a guardarla curioso con i cuoi occhi neri e profondi, mentre la scrutava.
Lei era chiaramente in cerca d'amore, come ogni ragazza della sua età d'altronde, eppure sembrava sempre scappare.
<< Questa è la mia scena preferita.>>

Duncan portò gli occhi sullo schermo. La scena riprodotta era quella in cui Rose torna da Jack e si incontrano sulla prua della nave. Era la scena più famosa del film, lui che la porta davanti a se, le apre leggermente le braccia, il vento gli scompiglia i capelli e davanti a loro solo mare, con Rose che sorride recitando la frase “ Jack… sto volando”.
<< Un po' scontata come scena preferita non credi? È troppo ovvio che lo sia.>>
Eulalia ridacchiò leggermente e Duncan sorrise, felice del sapere di essere stato lui a farla ridacchiare.
<< Forse, ma è proprio per questo che lo è... sì è scontata è ovvia e magari la preferita di tutti, ma per me rimane sempre una scena unica ed emozionante>> Eulalia lo guardò con i suoi profondi occhi azzurri, che Duncan cominciava a trovare fin troppo belli da guardare.
<< E poi è la scena in cui una ragazza cerca di figurare se stessa al posto di Rose>> glielo sussurrò come fosse un segreto che non doveva far sentire, e ciò fece scappare a Duncan una leggera e bassa risata.
<< E la tua scena preferita invece qual'é?>> Duncan fece spallucce, come per farle capire che non ne aveva nessuna. Lei parve un po' delusa della sua risposta forse troppo scontata. Duncan si poggiò allo schienale lasciando cadere la coperta sulle gambe, era ancora a petto nudo.
<< Mettiti una maglietta scemo.>>
<< Non mi va.>>
<< Mettila!>> il tono assunto da Eulalia ora era più duro e non dolce come pochi secondi prima. Duncan la guardò, con un poco di sarcasmo dipinto sul sorrisetto bastardo appena formatosi sulle sue labbra.
<< Costringimi.>>

Eulalia indurì lo sguardo, alzandosi in piedi.
<< Guarda che lo faccio.>>
<< Se se>> Duncan starnutì e vide Eulalia prendere il corridoio per poi sparire dietro la porta della sua camera, tornò poco dopo con in mano una maglietta a maniche lunghe verde.
<< Mettiti seduto>> Duncan la guardò alzando un sopracciglio nero come a dire “ ma sul serio?”.
Eulalia gli si piazzò davanti prendendolo per un braccio e cominciando a tirare per farlo alzare a forza.
<< E non tirare sono malato, non trattarmi male>> mugugnò Duncan con un broncio adorabile e fin troppo infantile.
<< Allora tirati su! Altrimenti continuo a tirare.>>
<< Ohè, non urlare>> Duncan si arrese, non sopportando più la petulante testa rossa che non ne voleva sapere di smettere di tirargli il braccio e si mise seduto, massaggiandosi con le dita le tempie, mentre Eulalia sorrideva soddisfatta.
<< Okay, mettiti la maglietta.>>
Duncan alzò le braccia facendole intendere che non voleva mettersela da solo. Sentì Eulalia sospirare, poi una manica gli scivolò per un braccio e poi per l’altro, con delicatezza sentì le mani di Eulalia accompagnare la maglietta fin sull'addome, quanto tempo era che nessuno si prendeva cura di lui? Che si metteva persino a vestirlo perché stava male? Duncan sorrise, quel leggero tocco di lei gli era piaciuto.
<< Sei fredda>> Duncan prese la sua mano e se la portò sulla fronte, chiudendo gli occhi, sapeva bene che era lui quello bollente e non lei quella ghiacciata. Eulalia con l’altra mano finì di infilargli la maglietta, poi la sentì ridere e incuriosito riaprì gli occhi, dato che lei lo guardava e rideva, si guardò la maglietta, scoprendo che ciò che stava indossando non era altro che un ridicolo maglioncino verde, con sopra cucita la faccia di una renna sorridente, una maglietta che potevano mettere solo i bambini di sei anni.
Duncan sapeva bene da dove venisse quel maglione, ma non ricordava di averlo dentro il cassetto o di averlo proprio in casa.
<< Questo dove l’hai trovato?>> alzò un sopracciglio guardandola, lei sempre ridendo gli rispose.
<< Non lo so, ho preso una cosa a caso, oddio sei così buffo.>>
Duncan levò la coperta, poggiandosi bene allo schienale, con il capo all’indietro e passandosi una mano tra i capelli, inconsapevole dello sguardo divertito di Eulalia.

<< Sembri un bambinone>> era come se Duncan sentisse il sorriso nella sua voce dolce e allegra, ma di restare lì con un maglione da renna a fare il bambinone non se ne parlava nemmeno, in più quel maglione, non era il caso di indossarlo.
Se lo sfilò lanciandolo lontano con fin troppa rabbia, poi si rialzò con molta fatica e se ne andò in camera sua, tornando in salone con indosso un maglione semplice e nero.
<< Molto meglio.>>
<< Eri più carino prima, ora sei triste, è tanto carino quel maglione.>>
<< No, c’è di meglio da mettersi addosso.>>
<< No, ma dai è allegro, se non ti piace me lo metto io>> scherzò Eulalia, raccogliendolo da terra e posando il maglione sul bracciolo del divano.
Duncan chiamò Estel, che arrivò sbucando dalla porta e si avvicinò scodinzolante poggiando la testa sulla coscia di Duncan, che prese a grattargli la testa dolcemente, i mugugni di consenso di Estel lo fecero sorridere.
<< Allora che fai a natale?>>
<< Mi fa schifo il natale>> Duncan lo disse con tono normale, come fosse una cosa ovvia, vide Eulalia guardarlo alzando tutte e due le sopracciglia in un'espressione sorpresa.
<< Che cosa triste.>>
<< Ho sempre passato il natale da solo, è una festività inutile, i venditori ne approfittano per vendere roba scadente a gran prezzo, solo perché tanto è natale e si può spendere di più, è inutile>> la sua voce uscì seria e convinta, perché era quello che davvero pensava, mentre dall'altra parte Eulalia sospirava, sorpresa da tanto odio.
<< Se la pensi così vai a perdere il significato, non è solo per i regali, si passa una sera insieme a tutta la famiglia, i bambini sono felici perché credono che un uomo vestito di rosso e con la barba porti loro regali su una slitta magica.>>

Duncan la guardò nuovamente, con un po’ di invidia al pensiero che i genitori di lei dovevano essere davvero dolci e attenti se aveva un pensiero così positivo del natale. Ma non riusciva a trattenersi dal dire la sua.
<< E’ tutta una finzione, e poi non esiste Babbo Natale, lo so da sempre>> Duncan chiuse gli occhi serio, ovvio che a vent'anni sapesse che Babbo Natale fosse solo una finzione, ma lui lo sapeva da quando aveva cinque anni che tutto era finto, non gli era mai stata data la possibilità da parte dei genitori di fantasticare su un uomo in tuta rossa su una slitta.
E mentre tutti i bambini a scuola parlavano dei fantastici regali e delle letterine di risposta ricevute, lui se ne stava in un angolo, credendo che quei bambini fossero solo degli stupidi a credere a quelle scemenze, anche se dentro di sé li invidiava, erano così felici e sereni che anche quando sarebbe venuto il momento di scoprire la verità, avrebbero riso di quei momenti, mentre lui no. Sarebbero stati solo ricordi di cene di gala, persone ricchissime tutte riunite in una sala a conversare con i suoi genitori, altrettanto ricchi, aspettando la mezzanotte.
<< Lo vedi tu non capisci, ma pensa se vai a dire queste cose a un bambino, sì sarà una festa da un lato un po’ inutile, ma è fatta per passare una sera in allegria con i propri cari, in più ha un significato anche religioso.>>
Duncan riaprì gli occhi, con la voce di lei che lo distoglieva dai suoi ricordi.
“Tutto ciò che dice essere magico del natale non l’ho mai vissuto.”
<< Okay, vuoi sapere che facevo da bambino a natale?>> glielo chiese serio, a poche persone raccontava della sua famiglia, ma ormai Eulalia gli sembrava essere una ragazza che conosceva da tempo, come fosse la sua migliore amica da sempre, anche se “amica” come parola non gli era mai piaciuta, anche perché non ne aveva mai avute, non dopo i quindici anni.

Lei era dolce, forse troppo paurosa, ma sfacciata quando voleva e in costante fuga da qualcosa che solo lei sapeva.
“Eppure mi piace.”
Duncan scosse la testa alla parola piace, gli era venuta naturale ed era proprio questo a sorprenderlo in maniera sconcertante. Farsi piacere una persona, una ragazza, non gli era mai successo. Quando vide lei annuire mise da parte questi pensieri, promettendosi di tornarci sopra e continuò.
<< Passavo tutto il giorno in camera mia nella più completa noia, quando si arrivava alla cena della vigilia, andavo alle cene di gala del lavoro di mio padre, insieme anche a mia madre. Stavo seduto al tavolo tutta la sera, poi tornavamo a casa e il giorno fatidico di natale aprivamo i regali, ma cosa pensi mi regalassero? Mio padre non era molto aperto a sdolcinerie o gesti affettuosi, sapevo bene che babbo natale non esisteva, non aveva perso tempo a dirmelo molto chiaramente, mi regalava abiti eleganti, una volta anche una penna stilografica! Mentre mia madre, per seguire l’esempio del marito comprava vestiti più da bambino, e raramente qualche gioco ma niente di che, ecco il mio natale d’infanzia.>> Duncan chiuse nuovamente gli occhi poggiandosi sul divano, i ricordi di quelle sere noiose e senza niente di magico tornarono, ma non se ne preoccupò, era felice di aver raccontato queste piccole parti della sua vita con la sua famiglia a Eulalia, notevole per lui che era un tipo molto riservato.

 

 

Eulalia guardò Duncan con sguardo triste, passare un natale del genere per un bambino non era di certo il massimo.
<< Non facevate nemmeno l’albero?>>
<< No.>>

Eulalia riportò lo sguardo davanti a sé, il film era quasi alla fine, erano già al punto in cui la nave stava affondando.
Ripensando a quello che aveva detto neanche lei ci credeva davvero, più che altro non lo aveva mai vissuto con quella gioia. Era solo la sua idea del natale, da quello che vedeva nei film, che leggeva, o che semplicemente vedeva per le strade, il natale si presentava come qualcosa di magico che tutti i bambini aspettano con trepidazione. Ma quando sei consapevole del fatto di non avere una tua famiglia, una casa tua, possono esserci mille luci colorate, tanti alberi e tante canzoncine, ma la magia scompare del tutto. Eulalia ricordava che dentro la sua camera, Catarina molte volte le portava un minuscolo alberello finto, che si accendeva facendo qualche luce e una musichetta malamente riprodotta sul tema natalizio.
Ma non poteva lamentarsi perché a dispetto di altri bambini, lei aveva Catarina, che l’aveva presa sotto la sua ala da quando era piccola, come fosse sua nonna, a Babbo Natale per un periodo aveva creduto anche lei, grazie alle storie di Catarina. Ma si chiedeva come mai quell'uomo rosso non portasse mai molti regali, solo qualche bambola qua e là, di cui alcune di pezza e qualche indumento, tra cui di solito erano una maglietta e un pantalone, era poco, ma Eulalia si era sempre accontentata.
Quando aveva scoperto che era stata Catarina con gli altri collaboratori dell’orfanotrofio a comprare i regali, era stata ancora più felice di sapere che non era uno sconosciuto in rosso a farglieli, per un periodo, aveva fermamente creduto che quella era la sua famiglia, quella che le era stata data, ma col tempo, si era ben accorta che non bastava.

Guardò Duncan, lui le aveva detto sinceramente cosa faceva a natale, gli aveva detto la verità mentre lei con quelle piccole bugie che gli raccontava separatamente, stava creando una sé diversa, con una famiglia, felice e fiera della sua vita, come se non avesse rimpianti, paure, dubbi e molte insoddisfazioni che invece purtroppo c'erano.
<< Kevin non lo passa con te?>>
<< No, andrà dalla sua famiglia, partirà tra pochi giorni.>>
Eulalia guardò il calendario, per natale ci sarebbe voluto ancora un po'.
<< Saremo in due a passare il natale da soli, mio padre parte per lavoro, mia madre deve andare da mia zia, che sta male e ha bisogno di cure, quindi ti capisco>> Eulalia buttò tutto fuori velocemente, rimanendo molto sbalordita di se stessa, era riuscita ad inventarsi tutte quelle cavolate velocemente, come fosse la cosa più semplice di tutte, ma infondo era da una vita che le inventava. Duncan si girò a guardarla.
<< L’ennesimo natale di merda.>>

Eulalia guardò l’ora, era ora di tornare a casa, non ne aveva per niente voglia, tornò a guardare il film che ormai mostrava solo i titoli di coda.
<< Io ora devo andare.>>
<< E se muoio?>> Duncan la guardò con il sopracciglio alzato. << Morirò da solo.>>
<< Ma dai, non si muore per un po’ di febbre.>>
<< Un po’, scherzi vero? Non mi vedi?>>
<< Sì, so che stai male, ma devo andare, posso tornare questo pomeriggio se vuoi.>> Duncan fece un piccolo cenno di sì con la testa appena impercettibile. Dopo aver sorriso affettuosamente, Eulalia si alzò diretta verso la porta, quando si sentì prendere da una mano calda per il polso.
<< Poi torna, mi annoio da solo>> lei sorrise ed annuì, una volta che lui la ebbe liberata dalla sua leggerissima stretta sul polso, si diresse verso la porta e uscì dall'appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.
Non aveva alcuna voglia di andare via da lì, voleva continuare a passare il tempo con lui, continuare a chiacchierare. Eulalia prese a camminare velocemente stringendosi il giacchetto intorno al corpo, con nella mente un solo pensiero, se Duncan cominciava a piacergli? Un ragazzo come lui era normale che piacesse, ma non era solo l’aspetto fisico, c’era un qualcosa di più profondo, gli piaceva il modo in cui si comportava, il suo carattere e col tempo cominciava a scoprire aspetti di lui e della sua famiglia sempre nuovi.
Attraversando la strada, si trovò sul marciapiede e dalla parte opposta vide un ospedale, attraversò per raggiungere quella parte di strada, rallentando un po’ il passo dato che ormai mancava poco alla sua meta, guardò un attimo attraverso le vetrate che l'ospedale aveva come porte, e questo le permise di vedere una chioma bicolore che attirò particolarmente la sua attenzione, sembravano fin troppo uguali a quelli di Duncan. Eulalia si avvicinò ed entrò, trovando un piccolo atrio in marmo bianco, con qualche sedia blu per chi attendeva, una piccola reception situata a destra, ma dentro non c’era nessuno.
Notò che le porte che davano sul corridoio erano aperte e da lì vide Duncan alla fine del corridoio, che parlava con una donna, all'incirca sembrava sulla trentina con i capelli raccolti in una cipolla bassa e indosso un camice blu, con in mano dei fogli, un'infermiera sicuramente, Eulalia li guardò per un po’, vedendo poi Duncan prendere il corridoio a sinistra, mentre l’infermiera entrava in una stanza vicina continuando il suo giro di visite, cosa diavolo ci faceva lì Duncan? Eulalia era da poco uscita da casa sua, e visto che l’ospedale era vicino casa di Duncan, lui aveva dovuto correre per arrivare prima di lei, ma perché avrebbe dovuto se stava così male? A casa a malapena si reggeva in piedi e ora aveva la forza di correre?.
Eulalia fu presa dalla sua maledetta curiosità, tecnicamente non avrebbe dovuto farlo, ma prese a seguirlo da lontano, girò anche lei a sinistra e lo vide mentre entrava in una stanza a cui anche lei si avvicinò cautamente, naturalmente senza entrare.
Duncan aveva lasciato la porta socchiusa, da cui Eulalia riusciva a sentire ciò che diceva, si sentiva in colpa, infondo stava davvero facendo la stalker, il che non era affatto una bella cosa. Stava per andarsene quando sentì la voce di Duncan rauca e bassa, faceva capire quanto stava male.
<< Mamma, l'infermiera mi ha detto che stai male, resisti non l'ho ancora trovata, ma lo farò e la porterò qui da te, devi resistere>> tossì e starnutì.
" Mamma?"
Duncan stava parlando con sua madre? E perché lei non gli rispondeva? Eulalia interruppe l'irruente flusso di domande, sentendo i passi di Duncan che si alzava e davano segno che si avvicinava alla porta, velocemente si allontanò nascondendosi dietro un angolo e lo osservò.
Appena fu fuori la porta ci si poggiò con la schiena, battendo due o tre volte la testa alla porta leggermente, sembrava sofferente con gli occhi chiusi e il viso stanco.

Eulalia non lo aveva mai visto così da quel poco tempo che si conoscevano, la pelle più pallida di prima quando erano a casa, gli occhi cerchiati da leggere occhiaie, dal tempo che lo conosceva aveva sempre quel sorrisino stampato in faccia o l'espressione arrabbiata, ma mai così sofferente.
Lo vide alzarsi e mettersi dritto mentre si guardava intorno, Eulalia in tutta fretta uscì di corsa dall'ospedale, non voleva che la vedesse, altrimenti chissà cosa avrebbe pensato di lei.


 

Duncan tornò verso casa camminando lentamente, quando l'infermiera gli aveva detto quello che era successo alla madre, aveva seriamente temuto di perderla, il suo cuore diventava sempre più debole, ma doveva resistere. Duncan non avrebbe mai potuto dirgli addio senza avere la sorella accanto, perché doveva dare anche a Tenshi l'occasione di salutare sua madre.
Tornò verso casa con passo lento, la testa gli doleva in un modo tremendo e si sentiva girare tutto, certo nelle sue condizioni non era stata la cosa migliore correre per la strada, ma appena Eulalia era uscita di casa, l’infermiera lo aveva chiamato con urgenza, si era vestito in tutta fretta, coprendosi con un cappotto e aveva corso per strada. E fanculo il mal di testa e il tremolio delle gambe, doveva raggiungere la madre, non gli interessava per niente della sua salute.
Ora si sentiva davvero male, non vedeva l'ora di ritrovarsi a casa per riposarsi, si sentiva svenire e non era una buona idea farlo per la strada.

   
 
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