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Autore: Eklypse    08/04/2015    10 recensioni
Fra Sara Ghirardi e Michele Rizzardi non scorreva buon sangue.
Che lui fosse bello e gettonato, non ci sono stati dubbi, fin dall’inizio della storia, ma se vi aspettate “lei” come una giovane fanciulla timida e indifesa, allora vi sbagliate di grosso.
Perché lei era tutto ciò che Michele era, in versione femminile ovviamente

ULTIMO CAPITOLO PUBBLICATO, anni e anni dopo...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Ragazze. Non so davvero cosa dire. Forse dovrei solo tacere.

Chissà se qualcuna dopo tutto questo tempo, ancora leggerà quest'ultimo e dannato capitolo.

Ho abbandonato la storia perché ormai non mi apparteneva più.

Non mi piaceva lo stile della scrittura, non mi piacevano più nemmeno le situazioni in cui avevo messo i personaggi! Per non parlare del titolo piuttosto imbarazzante!

Ieri sera (sette aprile) ho trovato una nuova recensione di una nuova e recentissima lettrice ed ero con una mia carissima amica ( a cui dedico questo capitolo!!) che mi ha aspramente criticato per aver lasciato in sospeso una storia, proprio al penultimo capitolo.

Così oggi ho scritto questo, di getto, cercando di ricordami come volevo far terminare questa storiella. Spero che sia coerente con il resto della storia, perché non la rileggo da anni.

Ho giusto appena riguardato alcuni capitoli vecchi per capire come scrivevo e mi sono accorta di molti errori, sia grammaticali che di forma!

Vi chiedo scusa. Mi sembrano passati secoli da quando scrivevo! Ormai non tocco penna da moltissimo e non sono assolutamente in grado di darvi un finale con i fiocchi.

Ripeto, ho scritto tutto di getto e sicuramente ci sono errori. Ma stanotte ho voglia di pubblicare questo capitolo...

Concludiamo questa storia, direi che è arrivato il momento.

Non so se la terrò ancora a lungo su EFP. Spesso sono stata tentata di cancellarla, ma non ci sono mai riuscita, proprio perché era incompleta e non mi sembrava corretto.

 

Mi sono interrotta al pov Sara per scrivere queste righe.

Non credo che riuscirò a descrivere bene la “scena clou”.Non so come avessi in mente di scriverla in passato... ora la cosa mi imbarazza molto... cercherò di inventare qualcosa, ma temo di deludere chi fra voi ancora leggerà..!

Inoltre potrebbero esserci incongruenze proprio perché, come accennavo prima, non ho riletto gli ultimi capitoli... perdonatemi!

 

E se ci saranno lettrici, vi ringrazio per avermi sostenuta in passato.

 

A presto e grazie,

dopo quasi cinque anni, ecco la fine!

 

 

EPILOGO

dedicato a DomiSlytherin e a tutte voi

 

Anna non è rimasta zitta un secondo.

Durante tutti i preparativi per la serata, durante tutto il tragitto in macchina e anche adesso, in mezzo alla folla, continua a raccontare a Sara la sua nuova vita universitaria.

 

Sara si sente spaesata, come se fosse fuori posto. Vivere in un'altra nazione, anche solo per i nove mesi dell'anno in cui deve frequentare le lezioni dell'università, la fa sentire un'estranea fra i ragazzi della sua città.

I volti le sono tutti sconosciuti e le sembra strano riuscire a comprendere senza difficoltà le conversazioni di chi la circonda.

A Londra raramente è in grado di capire le conversazioni che gli inglesi scambiano fra loro, alle feste o in metropolitana. Parlano così velocemente e con un accento così marcato che anche lei, che ormai l'inglese lo parla fluidamente, non li comprende affatto.

 

-Non riconosco nessuno- borbotta in un lamento, appena Anna si zittisce.

L'amica alza le spalle e ride.

 

-Perchè, credi che io qui conosca qualcuno?

 

Sara la guarda male. Non aveva nessuna voglia di uscire e di andare a quello stupidissimo “shot party”.

 

-Cosa ci siamo venute a fare?- si lamenta.

 

-Non possiamo sempre starcene chiuse in casa, Sara!- ribatte Anna allegra. Troppo allegra.

 

Non ha bevuto, Sara ne è sicura, dopotutto sono appena arrivate. Inoltre non ha mai amato le feste.

Perché diamine l'ha trascinata in quel posto?

 

Anna si butta tra la gente, puntando al bar, trillando qualcosa di simile a un “forza, sorella, facciamoci uno shottino!”, ma Sara riesce ad arrestare la sua avanzata.

 

-Anna – sibila, socchiudendo gli occhi truccati. Le sue ciglia scure, messe in risalto dal mascara, le oscurano la vista per un secondo– hai in mente qualcosa?

 

Anna si volta a guardarla e stringe le labbra in un sorriso sottile. È vestita molto semplicemente, poco curata.

Troppo poco curata.

 

C'è nell'aria qualcosa, Sara ora lo capisce e si dà della stupida per non essersene accorta prima.

 

-Tu hai sicuramente in mente qualcosa!- la accusa.

 

Anna si guarda attorno, le sorride e scuote la testa.

 

-Oh... smettila di fare così. Sono la tua migliore amica, cosa vuoi che faccia. Avevo solo voglia di divertirmi un po'..

 

-Anna...

 

-Ok, va bene mi arrendo – alza le mani, facendo il gesto di arrendersi -volevo venire a tutti i costi, perché c'è un ragazzo che ho conosciuto in università che mi interessa e stasera...

 

-E tu vieni a una festa del cazzo vestita... alla cazzo!..-esclama Sara sgranando gli occhi e indicando i jeans sportivi di Anna e la sua semplicissima maglietta viola – per far colpo su un ragazzo!? Are you fucking kidding me?

 

-Non parlare in inglese, tesoro, siamo in Italia! Andiamo a berci qualcosa?

 

Questa volta Sara non intende assecondare le pazzie della sua amica. È stanca e a disagio, ma non perché si trova in mezzo a perfetti sconosciuti.

Ora è il contrario. All'improvviso l'ha assalita una spiacevole sensazione di ansia e paura di poter incontrare qualcuno di conosciuto.

Qualche compagno di classe del liceo, o peggio, delle elementari. O peggio, qualche suo ex.

 

Ex.

 

Ex- ragazzo? Ex... fiamma..?

 

Trattiene rumorosamente il fiato.

 

-Anna! - esclama stridula. Sta per avere un attacco di panico, se lo sente. Lo stesso che ebbe il suo primo giorno di università. -Non mi dire che qui c'è... non dirmi che è in giro!

 

-Chi?- chiede Anna. Con enfasi. Troppa enfasi.

 

Sara attanaglia il braccio dell'amica, conficcandole le unghie nel braccio. La graffia, ma non se ne rende conto. È impallidita.

Ma Anna non si arrabbia, la guarda con dolcezza, quasi con compassione.

 

-Come puoi farmi questo!?- domanda Sara in un sussurro – sai che non voglio vederlo. Lo sai!

 

A quelle parole Anna la fissa seria. Con calma le prende la mano che ancora le artiglia il braccio e la stringe.

 

-Sei una codarda- la accusa -sei sempre scappata da lui e dai tuoi sentimenti. Sei stata tu a troncare ogni rapporto. Tu che hai usato quella stupida scusa della lontananza per...

 

-Non era una scusa!

 

-Sì che lo era! Sei scappata!- ribadisce Anna con veemenza – e hai messo in mezzo anche tutti gli altri. Hai messo in mezzo Simone, Riccardo.. me. Eravamo diventati amici, eravamo un gruppo...

 

Anna distoglie lo sguardo dall'amica. Non la vuole incolpare, ma vuole essere sincera, per la prima volta dopo tanto tempo.

Poco importa che il luogo che ha scelto sia un locale piccolo e affollato, dove la musica è così alta che devono quasi leggersi le labbra per sentire l'una le parole dell'altra.

Non è il posto adatto per parlare, ma l'unico in cui possono farlo. Di fronte agli occhi di tutti e allo stesso tempo nascoste nel loro intimo mondo.

 

-Abbiamo trascorso una bella estate insieme, ci siamo divertiti. Spesso le strade si dividono... ma in questo case sei stata tu a voler prenderne un'altra diversa dalla nostra. Di cosa avevi paura Sara?

 

Sara non risponde. Si passa una mano fra i capelli.

Ora sono più corti, li ha tagliati.

L'estate della sua maturità, si era divertita come mai in vita sua. Si era sentita libera, felice e viva. Usciva ogni sera con Anna e Simone. Spesso si univano Riccardo e... Michele.

 

Michele. Michele.

 

Al pensiero del ragazzo, lo stomaco di Sara si aggroviglia e le tornano in mente tutti i momenti trascorsi con lui. Il suo sguardo, i capelli spettinati, gli occhi azzurri, il suo sorriso sghembo...

L'aveva conquistata. In ogni senso.

Aveva incominciato a pensare a lui. Pensava solo a lui. Voleva sentirlo ogni giorno, condividere ogni cosa. Con lui si abbandonava come mai aveva fatto e il ragazzo aveva incominciato a diventare una presenza necessaria nella sua vita quotidiana.

 

Anna aveva ragione. Era scappata.

Settembre si avvicinava, così come la sua partenza. Se n'era andata salutandolo con un bacio, un sorriso e uno sterile e spassionato “è stato bello”.

 

-Lo amavi.

 

Sara guarda Anna con sguardo vacuo. Fa un mezzo sorriso a quelle parole, con la mente lontana all'anno precedente.

 

-No, ma stavo per farlo. Stavo per innamorarmi di lui. E me ne sono andata.

 

-Codarda- ripete Anna. Poi lo urla ancora, cercando di sovrastare la musica. Qualcuno vicino a loro le fissa allibito. Ma Anna non è arrabbiata. Si sente sollevata e quasi felice. Sorride apertamente alla sua migliore amica.

 

-Ma ora rimediamo.

 

Sara si lascia trascinare fra i ragazzi che ballano e bevono. La presa di Anna è decisa, ma basterebbe poco per liberarsi e andarsene.

Ma la verità è che non riesce a voltare le spalle all'incontro imminente. Non vuole.

Lo ha temuto e desiderato troppo a lungo.

 

Mentre cammina sotto le luci colorate a intermittenza, con il pensiero è lontano. A un anno prima


UN ANNO PRIMA - POV SARA

 

Casa sua non è lontana, ma il viaggio in moto mi è sembrato comunque troppo lungo.

Rimango vicino a lui mentre parcheggia frenetico la moto e con una mano, gli sfioro la spalla e gli accarezzo i capelli.

Lui trema leggermente, al mio tocco.

Che ore sono?

Non ho nemmeno avvisato Anna che me ne sarei andata da quella festa.

Mi stacco da Michele con enorme disappunto di entrambi e mi allontano di qualche passo, mentre lui finisce di legare la moto.

Cerco il cellulare nella borsa. Voglio scrivere ad Anna, ma appena prendo il telefono fra le mani, mi accorgo che non ce n'è bisogno.

 

So dove sei. Fortuna che hai detto a tua mamma che ti fermi da me a dormire. Tranquilla non ti aspetto sveglia... Domani mi racconterai TUTTO.”

 

Sobbalzo quando il cellulare vibra e suona all'improvviso. Un altro messaggio, ancora una volta, è Anna.

 

Ah. Precauzioni. Sono troppo giovane per diventare zia. E poi sono ancora single. Sarei una “zia zitella”. Terribile”

 

Mi scappa una risata e non mi accorgo subito che Michele mi ha raggiunta.

Mi abbraccia da dietro, congiungendo le mani sul mio ventre.

Il suo sussurro mi giunge all'orecchio e sento il suo fiato che accarezza il mio collo.

-Perchè ridi?- mi domanda piano.

Ma non ho la forza di rispondergli. In un ultimo momento di lucidità, metto al sicuro il cellulare, prima che mi sciolga come una gelatina ai baci che Michele mi sta depositando sul collo.

Piego la testa indietro, verso di lui, abbandonandomi contro il suo corpo. Mi sostiene senza sforzo e continua a baciarmi, mentre affondo una mano fra i suoi capelli spettinati.

Lo voglio.

Non posso più trattenermi. L'ho capito io e l'ha capito anche lui. Sa che stanotte sarò sua. Lo avverto da come mi stringe sicuro, senza esitazione.

Mi lascio sfuggire un gemito appena udibile, ma è un segnale per entrambi.

 

Mi allontano un poco, quanto basta per riprendere fiato.

Cazzo. Ci manca solo che qualcuno ci veda, avvinghiati e gementi in mezzo a una strada.

Dio, morirei di imbarazzo!

-Forse...- accenno con voce roca -forse dovremmo entrare.

Mi sorride. Mi sorride e, davvero, non so con che forza io possa evitare di saltargli addosso sul marciapiede.

-Può essere una buona idea- borbotta.

 

Lo seguo all'interno del condominio. Appena chiude la porta dell'ingresso alle spalle, sprofondiamo nel buio.

Rimango immobile e incerta.

-Aspetta...

Lo sento muoversi e un secondo dopo la luce delle scale mi abbaglia.

Prima che me ne renda conto, mi ha già presa per mano e mi conduce verso l'ascensore, ma lo fermo un secondo prima che schiacci il bottone tondo per chiamarlo.

-Scale.

-Eh? - mi guarda stralunato – Perchè? Sto al quarto piano, facciamo prima a..

-Se prendiamo l'ascensore, non ne usciremo più.

Lo guardo eloquente e lui non impiega molto a capire.

Io e lui. Ormoni a mille. La nuvoletta del sesso prossimo che ci svolazza sopra. Una scatoletta di un metro quadro.

No, decisamente meglio le scale.

-Ok – sospira- ok.

 

Senza lasciare la mia mano mi trascina su per le scale, facendo i gradini a due a due. Non gli sto dietro, ma invece di arrabbiarmi, la sua foga mi diverte e mi eccita.

Sono felice, felice di trovarmi esattamente dove voglio essere.

No, non dove. Con chi.

 

Ridacchiando, inciampando e fermandoci un paio di volte per avventarci uno sulle labbra dell'altro, arriviamo a quel benedetto quarto piano.

-Ci siamo- ansimo per la corsa. E non solo.

Michele continua a sorridere. Le sue labbra sono perennemente incurvate all'insù e i suoi occhi... oh sono uno spettacolo, una mia personalissima vittoria.

Sono fuoco puro e brillano ogni volta che il suo sguardo si posa su di me.

Infila le chiavi nella toppa, ma appena prima di aprire la porta, torna a fissarmi e non riesco a non correre a baciarlo.

In un secondo le mie mani sono fra i suoi capelli e le mie labbra giocano con le sue, mai stanche di incontrarsi.

Per la foga fa un passo indietro e colpisce la porta con un tonfo sordo. Lo intrappolo tra essa e il mio corpo.

Non credo gli dispiaccia molto, perché mi tiene stretta e un secondo dopo ribalta le posizioni, schiacciando me contro la sua porta d'entrata.

 

I nostri baci e i nostri sussurri risuonano sul pianerottolo, ma non ci accorgiamo del tempo che passa.

La luce delle scale si è ormai spenta da un pezzo, quando Michele si stacca da me.

-Non...- cerca di parlare, ma si deve schiarire la voce per articolare una frase con senso compiuto..

E per me è ancora una vittoria, sentire la sua voce così rauca ed eccitata, solo a causa mia, solo per me.

-Dovremmo entrare- riesce a dire, dopo avermi baciata ancora.

Annuisco e riusciamo ad aprire la porta dell'appartamento.

Nessuno a mai pensato a un premio Nobel per chi riesce ad avere la lucidità di aprire una porta blindata, nelle nostre condizioni?

 

In silenzio, mi guida verso la sua stanza e, sulla soglia, riprende a baciarmi.

-La luce...- mormoro. Non l'ha accesa appena entrati in casa sua, ma così, al buio, per quanto invitante, non riesco a distinguere i suoi lineamenti né posso vedere i suoi occhi.

-'Petta- biascica. Mi porta con sé al centro della stanza e urto con gambe il suo letto.

Un attimo dopo mi ha già spinto su di esso ed è sopra di me, baciando ogni centimetro del mio viso e del collo e io non riesco più a evitare di ansimare pesantemente.

Lo voglio.

Lo voglio.

Il mio cervello è in stand-by. Riesco solo a pensare a Michele e al suo profumo, che mi avvolge completamente, nella sua stanza.

-Voglio vederti- gemo.

 

Oddio. È davvero la mia voce?

Sembra più una voce da chat erotica.

 

Oh, be, al diavolo. Devo vederlo, voglio vederlo. Perché cazzo non accende una fottuta luce?

Gli mordo un labbro infastidita.

-Ahi- esclama – sta' buona, tigre.

Si sporge un po' sopra di me e accende una piccola abat-jour che tiene sul comodino.

La lampada emette una luce leggera, azzurrina.

 

Finalmente posso vederlo ed è uno spettacolo.

Sono completamente sdraiata fra le sue lenzuola e Michele mi sovrasta, puntellandosi sui gomiti, per non pesarmi troppo.

Ha i capelli più spettinati del solito -per via delle mie carezze-, gli occhi languidi che vibrano, mentre si fissano nei miei – perché io lo sto eccitando-, le labbra rosse spezzate dai sospiri – per via dei baci che io gli sto dando.

 

Rimaniamo così per alcuni secondi, a studiarci.

-Ho acceso la luce e tu non hai notato niente?- mi chiede dopo un poco, ironico.

Lo guardo interrogativa e lui mi fa un cenno con il capo. Indica il cuscino su cui sono sdraiata.

Incuriosita mi volto e mi accorgo sono allora che non solo sono sdraiata fra le sue lenzuola morbidissime, ma sono sdraiata fra le sue lenzuola morbidissime e azzurrissime.

 

Ho sempre sognato di avere Michele in mio potere. Abbandonato sotto di me, fra le lenzuola dello stesso colore dei suoi occhi.

Nella mia mente, ho sempre conservato l'immagine di Michele eccitato, che mi guarda da sotto in su, con gli occhi chiari in risalto, grazie al colore delle coperte.

 

Rido di cuore, gettando la testa all'indietro e stringendolo.

Ora non me ne frega niente.

Stanotte starei con lui anche se le lenzuola fossero grige. O anche se non ci fossero affatto.

La luce è troppo bassa per far risaltare quelle dannate coperte e i suoi occhi maledetti e non rispecchia i miei sogni proibiti...

Oh, ma che si fotta la luce.

 

I suoi occhi così come sono adesso, sono perfetti. Più scuri del normale e lucidi, esprimono tutta la voglia che lui ha di me.

Due pozzi blu, come la notte che ci nasconde.

 

-Ti voglio- nello stesso instante in cui lo dico, le mie mani corrono alla cintura dei suoi pantaloni.

-Sei mia- replica lui, dedicandosi al mio collo e al mio petto, mentre cerca di slacciarmi il corsetto.

Sono così presa che faccio fatica a slacciargli la cintura, così come lui non trova modo di liberarmi del costume.

-Ma che cazzo hai addosso? - borbotta dopo un po', seriamente incazzato.

Per tutta risposta, infilo la mia mano sotto i suoi pantaloni e sotto i suoi boxer scuri.

È eccitato. Sentivo la sua erezione contro di me, ma sfiorarla non ha solo un effetto solo su di lui, che si zittisce all'istante. Anche io trattengo il fiato, quasi fossi una ragazza inesperta, sopresa delle sue stesse mosse.

 

-Sara...

Lo accarezzo lentamente, ascoltando il suo corpo tendersi verso di me.

-Cazzo- sillaba ancora e con foga torna a concentrarsi sul mio corpetto.

-Faccio io- propongo, ma prima che finisca, sento il rumore di uno strappo.

 

Che cazzo ha fatto questo deficiente??

 

-Al diavolo. Te lo ripago.

E mi bacia, stroncando la mia protesta isterica sul nascere.

Le sue mani seguono il percorso delle mie. In un secondo sono sul mio corpo, ovunque.

 

E fanculo al corpetto strappato.

 

Mi stringe il seno fra le mani, lo bacia; mi accarezza le spalle, le braccia e il ventre, scendendo sempre più in basso con le carezze.

Mi mordo le labbra, ma nulla riesce a impedirmi di gemere a voce alta quando inizia a dedicarsi al mio piacere.

 

Ansimo il suo nome, ancora e ancora, e sento il mio pronunciato dalle sue labbra, con il mio stesso desiderio.

I nostri pantaloni finiscono in un lampo sul pavimento, seguiti dal nostro intimo.

Non fa freddo in quella stanza, anzi, anche se siamo sopra le coperte, mi sento come nell'abbraccio di un fuoco vero e scoppiettante.

-Non resisto più- sibilo.

Mi stringe i capelli con forza, mentre si china a baciarmi.

-Arrivo.

Si stacca da me – ed è un miracolo che non mi metta a lamentarmi come una bambina frignona– e lo vedo che traffica vicino alla scrivania.

Quando torna da me gli strappo di mano il preservativo e mi scosto i capelli dal viso con un gesto secco.

 

-Faccio io-

Mi lascia fare, mentre io proseguo, attenta a non fare cazzate e a rimanere concentrata.

Ed è un'impresa difficile, perché sono nuda nel suo letto, fissandolo intensamente e con estrema attenzione, mentre sento il suo sguardo su ogni centimetro del mio corpo.

Come prima le sue mani non riuscivano a stare ferme, ora il suo sguardo si sposta in continuazione su di me, lusingandomi e imbarazzandomi allo stesso tempo.

 

Quando finalmente termino l'operazione, non faccio in tempo a guardarlo che mi spinge nuovamente di schiena, sul letto.

Le sue mani ora sono ben ferme sulle mie gambe aperte e pronte ad accoglierlo. Entra con una sola spinta decisa, facendomi rimanere senza fiato.

-Sara

E' l'ultima cosa che sento, prima di lasciarmi andare al piacere intenso che mi provoca averlo dentro di me.

Conficco le unghie nella sua schiena e mi stringo a lui, mentre regolarizziamo i nostri movimenti e le nostre spinte.

Ed è meglio di qualsiasi altra cosa al mondo.

Pensavo di conoscere cosa significasse fare sesso con un ragazzo, ma niente può essere paragonato a questa notte.

Veniamo insieme.

Sgrano gli occhi mormorando il suo nome e graffiandolo con le unghie e Michele, per tutta risposta, mi stringe forte, mordendomi, ma senza farmi male, il collo.

Ci lasciamo andare uno accanto all'altro, ancora tremanti e scossi dall'orgasmo.

 

E rimaniamo a guardarci negli occhi, mentre tentiamo di regolarizzare il respiro e di riordinare le idee confuse.

 

Il gioco è finito. Le carte sono state scoperte.

E non capisco se la mia sia una vittoria o una sconfitta.

 

 

-Sei pronta?

Anna mi sorride complice, riportandomi alla realtà.

-No.

-Perfetto, allora!

Arriviamo vicino al bancone del bar, dove sono stati sistemati malamente alcune sedie e cuscini. Ci sono molti gruppetti di ragazze e ragazzi seduti e subito il mio sguardo corre fra loro, cercandolo.

-No, non lì- mi avvisa gentilmente Anna – al bancone.

Respiro profondamente, per poi voltarmi e seguire la direzione del suo sguardo.

Riccardo mi vede per primo e mi sorride.

Non è sorpreso di vedermi. Sicuramente lui e Anna si sono messi d'accordo per organizzare tutto questo.

Michele è voltato verso il barista. Indossa una camicia bianca e un paio di jeans scuri. Anche da lontano si riconoscono immediatamente i suoi capelli spettinati. Sta scherzando con un amico e ha un cocktail davanti a sé.

Riccardo gli dà di gomito e colgo appena il cenno che Riccardo indirizza verso di me, per indurre l'amico a girarsi.

Girati. Guardami.

Quale sarà la sua reazione?

Mi accorgo che non sto respirando e che sto stringendo quasi disperata la mano di Anna.

Guardami. Giuro che questa volta non scapperò... guardami.

Si volta.

Non mi riconosce subito, ma quando realizza chi ha davanti, il suo sorriso si ghiaccia, lasciando posto a un'espressione stupita prima e irritata poi.

La musica è alta e ritmata, le luci lampeggiano.

La nostra storia – se di storia si può parlare – ripassa momento per momento sotto i nostri occhi.

Poi lo vedo scuotere il capo, chiudendo gli occhi.

Mi sento morire, mi do della stupida, ma è solo un attimo.

Riapre gli occhi e mi guarda, con la stessa espressione con cui si rivolgeva sempre a me. Con un'aria di sfida e superiorità, egocentrico e presuntuoso.

Sorride.

 

E finalmente capisco che la nostra partita non è mai stata realmente conclusa e che il mazzo è stato mescolato di nuovo. E' il momento di tornare a giocare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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