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Autore: eleanor89    23/12/2008    2 recensioni
«Forse era destino che andasse così...» rifletté il lupo.
«Ma è cambiato. Perché?» domandò Shino.
«Si, perché? Cos'hai fatto?» chiese Choji incuriosito.
«Cos'ha fatto?» chiese invece Gaara.
Kiba si guardò attorno, senza sapere cosa rispondere. Poi si grattò la testa, distrattamente. «Ha sorriso.»
«Ha sorriso?» gli fece eco Naruto.
«Ha sorriso.» confermò Kiba.
Naruto esitò un attimo, poi scoppiò a ridere[...]
Storia che ha partecipato al contest poi annullato "Aforismi di Oscar Wilde".
Genere: Romantico, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Se non era spaventata da me, lo sarà da quegli idioti dei miei amici… Cos’ho fatto di male per meritare questi qui?!

 

 

 

«E' svenuta.» disse Kankuro.

«Si, lo so.» disse stancamente Kiba.

«E' svenuta e l'hai portata da noi. Ma dico, sei scemo?»

«Meno casino.» ordinò la voce del tanuki Gaara, da qualche parte nel bosco.

«Quando si sveglierà sverrà di nuovo di paura.» predisse Sasuke, sbucciando una noce con impegno.

«No, non lo farà.» ringhiò il lupo. Gli altri lo guardarono sorpresi.

«Da quando sei diventato un... cucciolo?» rise Naruto, avvicinandosi ed annusando l'aria. «Ha un buon profu-» non poté finire poiché il lupo gli era piombato addosso.

«Cucciolo a chi, futura pelliccia?»

I due rotolarono a terra, mordendosi e graffiandosi.

«Molto maturo, davvero.» sospirò Gaara, decidendosi a degnarli della loro presenza e andando ad acquattarsi accanto alla ragazza. «Cos'ha di speciale? E' solo una ragazzina umana.»

«Però è molto bella.» commentò Kankuro.

«Ehi!» subito Kiba si rizzò su quattro zampe, «Sta’ lontano, gattaccio!»

«E' stato inopportuno e pericoloso portarla qui. Contro tutte le regole.» asserì Shino, torvo.

In quel momento Hinata strinse gli occhi.

«Cappuccetto Rosso sta per svegliarsi, facciamole spazio.» lo ignorò Kankuro.

«Come l'hai chiamata?»

«Beh, tu la chiami sempre così!»

«Secondo me dovremmo chiamare Sakura-chan.»

«Secondo te dovremmo chiamare sempre la tua Sakura-chan.»

Hinata aprì gli occhi e si mise finalmente a sedere, guardandosi attorno confusa. Quando i suoi occhi chiarissimi si posarono sul lupo, sorrise sollevata e imbarazzata. «Mi spiace.» furono le sue prime parole, poi osservò meglio i presenti.

«Signorina Cappuccetto Rosso, non ha nulla di cui scusarsi.» miagolò Kankuro, ignorando un “lecchino” a denti stretti di Kiba.

«Chi siete?»

Naruto volò letteralmente accanto a Kankuro, fermandosi solo quando si abbatté contro una sua spalla massiccia.«Io sono il gatto, e lui la volpe! Avrai sentito parlare di noi, siamo in società...» cominciò tronfio.

«Puoi chiamarmi Kankuro, cara.» interloquì un Kankuro ammiccante.

Un ringhio cupo lo fece impallidire.

«E dicevo, il mio nome è Naruto. Questo tipo dall'aria poco raccomandabile è Gaara, ma tranquilla, è innocuo.» Gaara gli scoccò un'occhiata omicida e non rispose neppure. «Quello scoiattolo dall'aria depressa è Sasuke. Il tipaccio all'ombra è Shino, un grillo rompiscatole.»

«Non sono depresso, essere inutile.»

Hinata, ancora stordita dal caos, si chiese che animale fosse Gaara, ma Kiba scelse quel momento per spingere via Naruto e Kankuro, che risero mentre rotolavano sull'erba. «Come stai? Svieni spesso?»

«Abbastanza.» ammise, stringendosi nella cappa rossa.

«Hai freddo, vero? Non abbiamo vestiti adatti ad una fanciulla ma Choji sta prendendo legna per accendere il fuoco.»

«Choji?»

«Si, lui è un gatto. Un gatto speciale, con stivali magici.» aggiunse per incuriosirla, ma Hinata sembrava persa in altri pensieri.

«Da quanto tempo sono qui?»

«Qualche minuto soltanto.»

«Nessuno sa dove sono, forse dovrei andare...» perse la voce, vedendo Kiba farle gli occhioni, «Va bene, il tempo di scaldarmi, così Choji-kun non avrà portato la legna per nulla.» acconsentì addolcita.

«Che signorina gentile questa Cappuccetto... Perché parla con quel buzzurro?»

«Ti sei mai vista allo specchio, stupida volpaccia?»

La voce lugubre di Shino fece da sottofondo: «Mi ha chiamato tipaccio...»

Hinata sussultò preoccupata quando i due ripresero la lotta, ma Sasuke le si affiancò. «Fanno sempre così, nulla di serio, ragazza.»

«Il mio nome è Hinata.» lo corresse timidamente lei.

«Hinata? Che significato ha?» domandò Kankuro, pancia a terra e mani a tenere sollevata la testa per fissarla meglio con le iridi feline.

Kiba morse la coda a Naruto e scosse la testa. «Dovrebbe significare qualcosa per forza? Magari ai genitori piaceva e basta!»

«Ecco perché dico che sei un buzzurro.» dichiarò Naruto in tono d'accusa.

Gaara roteò gli occhi: «Hinata vuol dire “un posto soleggiato”, non conosci il gioco di parole?» domandò con sufficienza, voltandosi poi verso Choji, che arrivava con qualche ramo in mano e un sorriso allegro.

«Si è svegliata?» domandò, barcollando per il peso dei rami.

«Io non sono un tipaccio. Sono un rispettabile grillo.»

Kiba fissò Hinata, mentre questa si affrettava a raggiungere il gatto per dargli una mano, e solo allora gli altri che l'avrebbero lasciato a far da solo come di norma accorrevano ad aiutarlo, perché lei non si stancasse.

“Un posto soleggiato... in effetti è calorosa e luminosa. Però più che al sole mi fa pensare alla neve, è chiara, morbida... e pura. Pura.” si ammonì mentalmente da solo, e cercò di cancellare il profumo buonissimo della sua pelle che lo tentava. L'aveva portata in braccio sino alla loro radura, suscitando non poco clamore tra gli altri, poiché era un luogo segreto. Però aveva un'aria tanto dolce e indifesa mentre dormiva, e lo era, che alla fine avevano capito. E aveva anche dovuto ringhiare a Naruto di trattenere bene i suoi istinti, perché evidentemente non la trovava interessante soltanto lui.

«Hai fame, Cappuccetto Rosso?» domandò Choji, mettendo a cuocere del pesce appena preso come ricordava che Shikamaru aveva fatto nel loro viaggio. Niente roba cruda, per gli umani.

«Un po'.» ammise, dondolando a destra e a sinistra. «Mi chiamo Hinata.» ripeté, un po' più disinvolta. Choji metteva tutti a proprio agio col suo modo di fare gentile.

«Hinata allora. Non aver paura di loro, comunque. Anche se Kiba dice che non ne hai.» aggiunse, indicando con un cenno della testa Kankuro e Kiba, uno che soffiava e l'altro che ringhiava, per chissà quale motivo.

«Infatti.» confermò, ma dovette evitare di guardare Gaara per dirlo. Anche Sasuke la metteva a disagio, ma essendo occupato a mangiar noci non sembrava pericoloso. Di Gaara non avrebbe saputo dirlo con certezza.

«Sono bravi animali.»

«Animali...» sussurrò dubbiosa.

«Beh si, gli umani in molte lande ci hanno chiamati demoni per le nostre capacità speciali... il nostro essere quasi umani, ma non del tutto. Le capacità che ci invidiano, che vorrebbero avere, anche.» notò l'occhiata perplessa e sorrise.«Sasuke ha un... lo scoiattolo, ha una velocità eccezionale e anche una grande agilità. O almeno per voi umani. Io sono un gatto, eppure ho un aspetto quasi umano, parlo, ragiono... Naruto ha le orecchie e la coda da volpe, ma per il resto è un ragazzo normale, Kankuro ha atteggiamenti felini come i miei, cade sempre in piedi e spicca salti altissimi. Gaara è quello che voi chiamereste “soprannaturale”, è un tanuki, come quelli delle vostre leggende. Kiba è un lupo, è solitario, è...» cercò la parola adatta.

«Pericoloso?» mormorò Hinata.

«Si.» confermò gravemente. «Mi stupisce che non ti abbia mangiata.»

La ragazza sgranò gli occhi. 

«Ah, ma ne sono felice, significa che va tutto meglio e che si sa controllare di più. Tu poi sembri speciale, hai occhi facili da leggere, e si vede che non hai paura e non ci giudichi. Non invogli a mangiarti.» la rassicurò a modo suo.

Hinata inclinò leggermente la testa, pensando: “Non invoglio a mangiarmi?” 

«Ora che sei la sua femmina però dovrebbe mettere la testa a posto del tutto.» affermò, allungando le mani verso la fiamma per scaldarle.

Poco mancò che Hinata svenisse di nuovo. «La sua... sua...»

Choji strabuzzò gli occhi. «Sei la sua femmina, no? Per questo deve proteggerti e stai con noi.»

«Buono, buono...» lo interruppe Kiba, lasciandosi cadere seduto accanto a lei con le gambe incrociate. I jeans che prima avevano soltanto uno strappo sulle ginocchia ora terminavano poco più in alto, ed anche la maglietta aveva uno squarcio sul petto, mentre un Kankuro semidistrutto zoppicava da Naruto e gli rubava il cibo. Hinata, imbarazzata a morte, dovette costringersi a distogliere lo sguardo dalle pelle nuda del lupo. «Hinata è un'umana, le cose sono diverse da loro.»

«Quando mai tu hai seguito le regole?» obiettò Choji confuso. «Io questo lo so, ma...»

«No, sto facendo le cose bene. Non voglio costringerla, quando se ne vuole andare è libera di farlo.»

Hinata lo guardò grata, sebbene non le piacesse l'idea di andarsene. Poi si accorse del fumo. «Choji-kun, non dovresti allontanare il pesce dal fuoco?»

Guaiti e urla di dolore da parte dell’intero strano branco mal assortito riempirono l'aria, mentre tutti si precipitavano a salvare il salvabile. Alla fine Hinata si alzò in piedi, lasciandoli al loro destino, e sbatté le mani contro la gonna per mandare via la polvere. Prima che potesse accorgersene Kiba era in piedi accanto a lei.

«Vai via?» chiese ansioso.

«Pensavo di prendere qualcosa da mangiare per tutti.» lo informò, sentendo un vago dolore alle ginocchia ora che si era rialzata. Sei paia d'occhi si puntarono su di lei all’istante.

«Kiba, la tua femmina ha più buon senso di te.» dichiarò Sasuke.

«Si, Cappuc-Hinata! Sei un angelo!» esclamò Choji estasiato all'idea di buon cibo in arrivo.

«Meno male che c'è lei... qualunque cosa potremmo fare per ringraziarti, non esitare a chiedercela. Abbiamo anche qualche moneta d'oro fregata a Lee!» offrì Kankuro, e Naruto annuì entusiasticamente.

Shino scosse la testa in segno di rimprovero. «Imbrogliare un-» ma fu interrotto da Kankuro: «Un gran bugiardo vorrai dire. Chi imbroglia viene imbrogliato, si sa.»

Naruto approvò ancora, «E poi ora è un ragazzo vero, Gai-san[10] era così' felice... non ci pensano più ai soldi!Piuttosto pensiamo al cibo, e tu puoi avere tutte le monete d'oro che vuoi! Sei una strana ma brava ragazza, Hinata-chan!»

«Non dovresti chiamarla strana...» borbottò Gaara, facendo comunque un cenno di assenso.

Hinata arrossì sotto tutti quegli sguardi e si avvicinò impercettibilmente a Kiba, che di scatto le mise un braccio intorno alla vita.

«Kiba-kun?» squittì sorpresa, ma un attimo dopo si rese conto di essere sollevata in aria e che il bosco sfrecciava intorno a loro. Aveva già iniziato a correre.

«Ti porto io a casa tua, ti fanno male le ginocchia. Prendi qualcosa anche per curare te.» spiegò, evitando un albero.

«Non dovresti disturbarti...» mormorò, ma la verità era che sentiva il forte bisogno di avvicinarsi ancora di più a lui da quella distanza. Più le stava vicino e più lei aveva l'istinto di diminuire le distanze, come se fossero dei magneti. Kiba non la guardava, stando attento a dove passava, e sembrava invece a suo agio.

«Nessun disturbo, io mi diverto a girare per il bosco.» le disse, voltandosi per sorriderle. «Sei leggera anche per essere un'umana, comunque.»

Hinata arrossì, evitando di ribattere oltre e concentrandosi sulla strada. Non aveva più freddo, col braccio caldo di Kiba che la circondava e la pressione del suo corpo su un fianco, anzi.

Alla fine cedette, e poggiò la testa contro la sua spalla. Kiba rallentò in maniera percettibile, godendosi quella vicinanza.

«Sono...» cominciò, alla ricerca delle parole adatte, «Sono felice di essermi sbagliata.»

«Uh?» riuscì soltanto a dire, ancora assorto nella contemplazione dei suoi capelli, poiché non poteva vederle il viso.

«Che tu stia bene.» riuscì a dire, trattenendo il fiato quando lui frenò bruscamente, strisciando per qualche metro data la velocità. Prima che potesse aprire bocca però lui l’aveva fatta girare, con la facilità con cui lei avrebbe spostato una bambola, e usato anche l'altro braccio per abbracciarla.

«Come sei cara... Sei umana, eppure così buona...» mormorò, colto da una felicità improvvisa. Era dilaniato tra il volerla allontanare al più presto dai pericoli del bosco e il volerla tenere sempre stretta a sé, ed intanto le accarezzava il viso con la testa, come avrebbe fatto un cane a detta di Naruto, e la stringeva più vicina possibile assaporandone il profumo.«Però stavolta non svenire.» aggiunse divertito, capendo che era giusto lasciarla andare prima che fosse tardi e spostando le mani sulle spalle di lei per prendere le distanze.

Hinata era come sempre rossa in viso, ma i suoi occhi non erano puntati a terra. Si era resa appena conto di quanto le mancasse il ragazzo con cui aveva trascorso tutte le mattine e i pomeriggi da due settimane a quella parte, e che la stupiva sempre con i suoi modi di fare, a volte bruschi e animali, altre dolci e umani, come ora.

Raccogliendo un po' di coraggio alzò lentamente una mano andandola a poggiare sul viso de lupo, che la guardò, immobilizzato dall'intensità del suo sguardo; fece un passo avanti e posò un bacio leggero su una sua guancia, ritraendosi subito.

Adesso non era l'unica ad essere rossa in viso, se non altro.

«Sei un lupo... eppure così buono.»

Gli occhi di Kiba sprizzarono scintille mentre lui la sollevava, stavolta con un braccio sotto la sua schiena e l'altro sotto le gambe, e così percorse molto più veloce l'ultimo tratto di strada. Aveva energie da vendere ed era più sveglio che mai, col cuore che batteva più veloce e senza sentire alcuno sforzo nel correre più rapido del solito. Sorrideva in modo così aperto e sfacciato che anche Hinata aveva cominciato a farlo, reggendosi a lui con un braccio e cercando casa propria con lo sguardo, sperando di non vederla ancora.

Purtroppo la trovarono anche troppo presto, e la ragazza fu fatta opportunamente scendere giù a distanza. Vicino alla casa, Kiba si fermò e si sedette per terra.

«Cosa fai?»

«Ti aspetto.» rispose con ovvietà, ancora entusiasta.

«Non vuoi entrare? Non c’è nessuno in casa…» propose esitante lei.

Una serie di flash mentali su quello che sarebbe potuto accadere a loro due, da soli in casa, attraversò la mente del lupo. Il tono di Hinata sembrava improvvisamente imbarazzato perché lei stessa pensava alle medesime cose, la mantellina rossa lasciata slacciata mostrava l’inizio di un decolté eccezionale, le sue guance rosse e gli occhi brillanti per via della corsa erano un invito esplicito. E lui si era ripromesso di non attentare alla sua purezza come un animale.

«Certo!»

 

 

E lo sapevo, qualche guaio lo dovevo combinare.

Storia di un lupo che non sa tapparsi la bocca.

 

 

«A quel che ho capito a tutti voi piacciono molto anche i dolci, vero Kiba-kun? Kiba-kun?»

Hinata si sorprese notando l’occhiata imbronciata del lupo, che accucciato per terra la guardava come se avesse perso le speranze per qualcosa, mentre lei girava per la dispensa.

«Si.» confermò di malavoglia. «Quelli mangiano anche spazzatura, figuriamoci i dolci…», in realtà avrebbe usato un’altra espressione, ma si adeguò a spazzatura solo per non essere troppo crudo con lei.

Hinata si chinò verso di lui, facendolo sobbalzare. «Tutto bene?»

«Certo!» si affrettò a dire, distogliendo lo sguardo dalle sue grazie, comunque irraggiungibili per lui.

“Dovevo immaginare che voleva davvero solo prendere del cibo…” pensò sconfortato.

Si alzò in piedi e cominciò a gironzolare per la stanza, annusando l’aria e arricciando il naso di tanto in tanto. Sentì forte l’odore, la puzza, di colui che gli aveva sparato tempo prima, e l’adrenalina riprese a scorrere veloce, annebbiandogli la mente. Se fosse arrivato qualcuno, cos’avrebbe dovuto fare?

Un briciolo del buon profumo di Hinata gli giunse da destra, ed intuì che doveva esserci la sua camera. Rapidamente posò lo sguardo sulla ragazza, poi con un balzo andò a curiosare. Come immaginava, era una stanza molto luminosa e decorata con fiori colorati, ma non gli sfuggì la pulizia maniacale e la sua aria di non essere vissuta.

Per quanto potesse essere ordinata probabilmente significava che era tenuta d’occhio rigidamente, e che sicuramente non aveva molto da fare se passava tutto il tempo a riordinare. Ricordò che lei stessa aveva confessato di essere molto sola e ripromise di tenerla fuori più spesso, mentre si avvicinava alla scrivania e annusava un altro piccolo vasetto di fiori, delle viole.

Il letto della ragazza, di un bianco tanto immacolato quanto adatto a lei, era allettante.

Non solo per i pensieri che ispirava, martellanti, ma anche perché appariva davvero comodo; non aveva mai riposato in un letto umano, soltanto Choji decantava quelli del castello dell’amico.

Non resistette e vi si sedette sopra: in un attimo era già steso a sospirare, adorandolo letteralmente. Ripresosi dal momento di debolezza, si alzò. Cercando di non guardarlo, aprì uno sportello dell’armadio già socchiuso, e notò molti vestiti, sempre tendenti allo scuro. “Quella pazza di Ino dice che le donne si vestono in base all’umore, chissà se anche Hinata la pensa così…”pensò il lupo, preoccupato.

Un odore diverso da quelli delle stoffe dei vestiti attirò la sua attenzione, e una mano sicura andò ad aprire a metà una pila di vestiti ben piegati sul fondo, estraendone una giacca di pelle che gli piacque subito moltissimo. «Questa poi… Cappuccetto, potevi dirmelo che ti piacciono i vestiti come i miei, te ne avrei cercato!» esclamò divertito, per poi notare che non era una giacca molto femminile. Perplesso, se la rigirò tra le mani.

«Come?» gli giunse fioca la voce della ragazza.

“È da uomo! Chi? CHI? Lo uccido!” pensò, stringendola convulsamente.

«Sei qui, Kiba-kun?» domandò Hinata avvicinandosi, senza note di rimprovero, notò, per essersi silenziosamente intrufolato in camera sua. Fosse stata Ino, gli avrebbe fatto lo scalpo.

Corrucciato, le mostrò la giacca, e come nei suoi peggiori incubi lei arrossì immediatamente.

«Hai un mas… uomo?» chiese con fare accusatorio.

Hinata sgranò gli occhi:«No!»

«E questa?» domandò allora, avvicinandosi a lei con occhi pericolosamente fissi sui suoi. Voleva sapere quale maschio umano aveva osato usare l’armadio della sua Hinata come se fosse il proprio.

«La prima volta che ci siamo incontrati… ho pensato che tu potessi… avere freddo…» mormorò paralizzata, riuscendo con molta fatica ad indicare con una mano il suo petto nudo. Kiba abbassò lo sguardo confuso, aggrottando la fronte, poi lo spostò sulla giacca e capì.

Aprì la bocca senza emettere suono, e anche la sua mente restò temporaneamente ammutolita. Hinata, libera dal suo sguardo, prese un respiro profondo e attese risposta.

«Perché non me l’avevi ancora data?» chiese cautamente il lupo.

«Mi…» cominciò con fatica, e non riuscì a continuare.

“E’ timida, ma certo! Sono un demente… neanche Naruto avrebbe fatto la stessa figura di merda…”

Maledicendosi mentalmente, Kiba ricordò che teneva ancora la giacca in mano e la infilò.

«Mi sta a meraviglia. Come hai fatto a prendere la misura?» domandò, tentando di metterla a suo agio. Sorprendentemente, fu peggio.

Perché entrambi pensarono nello stesso momento che doveva averlo fissato molto, e Kiba non poté non ghignare, mentre lei si ripeteva mentalmente che svenire di nuovo era stupido.

«Ti piace?» lo sviò lei.

«Stai scherzando? La adoro! A quella volpaccia bastarda verrà un accidente! Ma dove l’hai presa?» 

«L’ho comprata.» rispose più serena.

Kiba si incupì invece. «Con i tuoi soldi?»

«Oh, ma noi abbiamo tanto denaro, per questo possiamo vivere lontani dal paese, non badarci. L’importante è che così non avrai freddo di inverno.»

«C’è molto freddo in questo bosco, d’inverno?»

«Scende la neve.» confermò lei.

«La neve! Di solito andiamo via molto prima da…»

Si guardarono. L’ansia nel viso di lei era visibile, così come il pentimento in quello di lui.

«Ve ne andate?» ripeté.

«Beh, di solito…» cominciò titubante. «Sai, il troppo freddo, la caccia…»

«Certo, certo, lo capisco!» lo interruppe lei on un sorriso rassicurante, ma lui poté comunque sentire l’odore della sua paura, che mai aveva sentito prima e che cominciava a pensare non possedesse.

Persino poco prima, nel bosco, quando era arrivato aveva potuto solo avvertire il suo sollievo, la paura era già svanita.

«Hina-»
«Ho tutto il cibo promesso.» lo interruppe nuovamente, porgendogli il cestino.

«Cos… Tu non vieni?»

«Se i miei non mi trovano in casa passerò guai.» si giustificò velocemente.

«Okay.» acconsentì il lupo, «Ma domani…»

«Se mi mandano a fare commissioni, passerò da te.»

Ed entrambi sapevano che non ne aveva intenzione, quella volta. Le orecchie del lupo si stavano preoccupantemente abbassando e dovette trattenere un guaito. «A domani, forse.» la salutò, andando alla finestra prima di perdere dignità in modo irreparabile.

«Puoi uscire dalla porta!» esclamò spaventata, vedendolo deciso a saltare.

«E rischiare che i tuoi mi vedano?» ribatté ironico, per poi sparire con un balzo.

Hinata restò a guardare il vuoto dalla finestra, e provò ad immaginare come sarebbe stato di lì a poco, quando anche il bosco sarebbe stato vuoto definitivamente. Chiuse gli occhi, come se potesse impedire alle lacrime di scendere, e si tuffò nel proprio letto affondando il viso tra le coltri.

Senza Kiba sarebbe tornata ad essere sola.

Peggio, i suoi amici sarebbero potuti restare, come Choji, ad esempio, ma sarebbe stato ancora più evidente che lui non ci sarebbe stato.

Tentò di pensare all’assenza della sua risata quasi abbaiata, che ormai sentiva tanto spesso, o ai giorni appena trascorsi senza di lui. E comprese subito che c’era una differenza: in quei giorni continuava ad aspettare di vederselo comparire davanti nel sentiero, sapendo che sarebbe tornato. Se avesse invece ripreso il proprio viaggio e cercato un posto meno freddo per viverci…

 

 

 

 

 

 

Tan tan taaaan… che disastro XD ma suvvia, non prendetevela con me XD Volevo ringraziare tutte le persone fantastiche che si fermano a recensire il capitolo! Grazie mille!

 

 

 

 

   
 
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