X. Indigo [Prima
persona, POV Mangiamorte, fic sperimentale]
Devo riconoscerglielo a questo
Potter; ha un gran
cuore. Una gran anima. È tanto dannatamente testardo quanto
quell’odiosa
zazzera di capelli.
Legato ad una sedia e ridotto ad
una biascicante
mappa di isole di lividi viola, malmenato in tutti i modi che tutti i
mondi
esistenti si possono inventare, e ancora riesce a trovare il coraggio
di
guardarmi negli occhi e ghignare.
Da dove arriva? Da dove diavolo lo
prende? Il
pensiero di lei è per caso non ancora morto nella sua testa?
Ma come potrebbe? Dopo tutto quel
tempo sotto la
Cruciatus?
Non importa. Tutto il tempo del
mondo. Si
spezzerà. O morirà. O entrambi.
La mia bacchetta spinge a fondo nel
suo petto.
Lui sussulta, una, due volte, cerca di spostarsi per istinto. E poi si
ferma.
Le sue mani legate si aggrappano agli stretti, rovinati braccioli della
poltrona, polsi adornati da tagli che si sforzano contro i loro
legacci. Mi
chiedo come diavolo possa ancora muoversi così, le sue braccia sono un
macello.
Brutti tagli sanguinanti sul destro, frattura a sinistra. Non si
muoverebbe se
potesse evitarlo, lo so. Ma dubito che ora possa, non quando solo mezzo
centimetro in più e la mia bacchetta trapasserà la sua maglietta
stracciata e
la pelle maciullata. Non quando la punta della mia bacchetta sfiorerà
il suo
cuore, se continuassi; soffice e crudo e pulsante, quel secondo di
contatto che
fa infiammare ogni sua singola ostinata vena. Il lento, arduo sforzo di
una
bacchetta smussata sicuramente deve fare più male del veloce taglio di
un
pugnale? È evidente sul suo viso. Gli occhiali storti, la fronte
coperta di
sudore, la mascella rotta. Linee affossate abbondanti mentre strema
ogni
muscolo, ogni lembo di pelle, per resistere. Ma crolla. Certo che lo
fa. Tutto di
lui si sottomette al dolore, a me,
tutto di lui tranne la sua forza di volontà. Ogni volta che apre la
bocca la
mia anticipazione cresce per l’inevitabile pregare, i pianti di no, per
favore,
basta – ad ogni momento ora; mi accontenterà, sicuro – ma non arriva.
Lui è
tutto urla crude che lasciano profondi, cicatrizzanti graffi nella sua
gola ed
un incessante trillo nelle mie orecchie.
“Ti ucciderò.”
Nessuna risposta. James Potter,
ghiacciato e
rassegnato, spezzato irrimediabilmente alla fine.
“Ma non preoccuparti, il tuo sporco
giochetto
mezzosangue non ci metterà molto a seguirti.”
Si muove.
Respira; veloci, corti, tremanti
anche nei pochi
secondi in cui i polmoni gli permettono di esalare. Le sue labbra
fremono, ma è
difficile vederlo sotto tutti quei tagli. Denti stretti, mascella
bloccata,
pugni stretti. Un sottile fiume rosso rincorre la sporcizia e raggiunge
il suo
mento, gocciola sul petto – uno, due, tre – solo ad un respiro dalla
mia
bacchetta. Le sue nocche pallide e tirate sono bianche, curiosamente
attraenti,
contro la ridotta luce tremolante. Lui alza la testa. Immagino che le
parole
ora siano difficili da trovare, con la testa schiacciata da infinite
onde di
dolore e la gola che vanta un intricato motivo di profondi tagli, ma
non devo
cercare molto per riconoscere un atteggiamento di sfida sotto gli
occhiali
scheggiati.
Lui è ancora qua. E lei è ancora
con lui.
Molto bene.
Spingo la bacchetta più a fondo. Il
suo sterno
scrocchia, e il suo gemito è secco, forte contro la buia stanza vuota.
Io giro
la dannata cosa e lui urla come il matto che voglio che sia.
“Crucio.”