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Autore: malpensandoti    22/04/2015    6 recensioni
Jodie le sorride di tanto in tanto, le scosta i capelli dal volto e le dice che Louis non ha idea di cosa si stia perdendo a non volere una sorella del genere.
Georgia la ringrazia e tace, alla fine non ci crede più di tanto.
Aspetta piano gli uomini – le persone – della sua vita prendersi qualcosa e sparire, perché è così che funziona, è così che semplicemente vanno le cose.
Vanno via.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Words As Weapons
How About Now

 


Crazy how you gotta wait until it's dark out
to see who really with you







 
Anche la nonna di Georgia è in una casa di riposo, lei però da molto più tempo della vedova Styles.
Georgia le fa visita tutti i mesi e tutti i mesi Margareth fa fatica a riconoscerla. A volte la scambia per Jodie o per un'amica durante la guerra, lei quindi le prende le mani e le dice che in realtà non è che sua nipote.
La donna ogni tanto chiede di Marshall, ma le infermiere pensano che sia meglio non recarle il dolore di un figlio pressoché scomparso. È comunque probabile che lo dimentichi da lì a mezz'ora circa, sì.
Il Wood Care Home è un edificio nel cuore della cittadina, in mattoni e vetri cambiati da poco. È circondato da un cancello basso e da un giardino pieno di fiori, anche se all'interno l'odore è quello di chiuso, di cibo preconfezionato e tea caldo.
Georgia saluta con un sorriso timido la ragazza alla reception e imbocca il corridoio a destra, quello lungo e pieno di porte che conduce al grande salone dove, dopo le quattro di pomeriggio, tutti i pazienti vengono riuniti per delle attività di gruppo (questo è ciò che dice il coupon dato alle famiglie, la verità è poi un'altra).
“Ciao, Georgia!” Izzy, l'infermiera di colore, serve con una tazza di latte un anziano seduto a uno dei tavoli in mezzo al salone e le sorride calorosamente, sventolando appena una mano.
“Ciao” la ragazza ricambia il gesto cordialmente, si guarda appena intorno.
“Tua nonna è fuori in giardino” quella le fa l'occhiolino complice e le indica il corridoio che porta al giardino posteriore dell'edificio.
Georgia la ringrazia e cammina con lo sguardo piantato a terra, non le piace la visione tutte quelle persone anziane e sole, le mettono tristezza.
Fuori è soleggiato, il praticello è pieno di sedie a rotelle e lei aguzza la vista cercando i capelli bianchi e il volto pallido di sua nonna.
La trova vicino alla panchina di marmo con il maglione di lana rosa e una spilla dorata a forma di fiore, il volto rilassato e il sorriso tenue.
Georgia all'inizio non capisce, ha lo sguardo troppo distratto per concentrarsi sulla figura accanto alla donna, poi semplicemente sente qualcuno ridere e smette di respirare.
Perché è...è Louis quello che sta facendo sorridere sua nonna, lui che è seduto sulla panchina e parla con una postura imbarazzata, ricurvo sulle ginocchia come se fosse incerto, emozionato.
Ed è strano per Georgia guardarlo insieme a qualcuno che fa parte della sua quotidianità. Strano e incomprensibile, perché non credeva che lui fosse ancora in contatto con quella parte di famiglia.
Si chiede se quindi non abbia semplicemente rimosso solo lei, allora. Non vuole rispondere.
Batte i piedi contro il terreno freddo e sospira a occhi chiusi, mordendosi le labbra per capire cosa fare.
Alla fine inizia a camminare verso i due, piano, cercando di combattere quell'instabilità emotiva che non fa altro che farla piangere, stringere i denti e chiudere gli occhi.
Louis cambia faccia, quando la vede. Il suo sorriso scompare, i lineamenti s'induriscono e lui smette di parlare, osservandola dal basso mentre Georgia respira a bocca aperta e non sa cosa dire. Sa che si sente in colpa, ma di cosa?
“Georgia – Margareth allunga una mano venosa e sorride, intrecciando le loro dita in modo leggero – Come sono contenta che tu sia qui”
Lei distoglie gli occhi da quelli diffidenti di Louis, balbetta un po' mentre “Ciao, nonna” mormora, facendo un sorriso piccolo.
“Siediti, siediti” la incita poi la donna, e lei non ha proprio bisogno di guardare Louis negli occhi per vedere il disappunto affiorare tra le sue pupille. Le fa comunque spazio sulla panchina, scostandosi quel che basta per farla sedere.
Georgia si accomoda imbarazzata, con le ginocchia che tremano per tutto e per niente. Margareth le sorride e sembra stare bene, perfettamente consapevole di quel ritaglio di apparente vita quotidiana.
“I miei bambini! – esclama guardandoli, la voce rotta dall'emozione – Quanto siete cresciuti”
Nessuno dei due risponde, lei appoggia una mano venosa sul ginocchio della ragazza e prosegue: “È passato così tanto tempo...” e i suoi occhi grigi sembrano perdersi nei ricordi vecchi, spezzandole il respiro.
È Louis quella che torna a farla sorridere, muovendosi nervosamente come per liberarsi da quella situazione scomoda. “Ti ricordi la torta all'arancia, nonna?”
Deve averla mangiata quelle volte in cui Marshall, durante i week-end previsti dal giudice, lasciava entrambi i suoi figli a casa dei genitori per avere l'appartamento tutto per sé e Jodie. È bello però che lui ancora ricordi dettagli così piccoli, è passato davvero tanto tempo.
Margareth s'illumina, ride: “Vostro nonno era così bravo! Grande uomo, sì” dice, orgogliosamente.
Georgia le sorride e le stringe le dita ancora ferme sui propri jeans, si schiarisce la voce.
È come rivedere dopo anni quello stesso amico dentro una fotografia da piccoli senza ricordarsi il suo nome, quello che insieme si è vissuto. Georgia sa che quello che le sta sfiorando la spalla è suo fratello, ovviamente lo sa. Il vuoto di memoria si concentra sui minimi particolari, su quello che c'è stato un tempo e che adesso non riesce a ricordare. E questo la fa arrabbiare, perché si sente impotente, stupida, perché quello che poteva avere lo ha perso negli anni, restando priva di qualsiasi dettaglio a cui aggrapparsi.
“E vostro padre come sta? – Margareth esclama improvvisamente – Ditemi, vi porta ancora a Liverpool la domenica mattina?”
Lo ha mai fatto? Georgia non lo ricorda, di nuovo si sente invadere da quel formicolio fastidioso che non le fa trovare le parole adatte.
Prima che possa rispondere, Louis interviene ancora, prontamente: “Certamente – risponde – Almeno una volta al mese”
Margareth sembra quasi commuoversi, continua a fare domande e Louis continua a inventare, a farle allargare gli occhi di gioia.
Georgia non capisce ma non osa ribattere.
Se ne vanno mezz'ora più tardi, mentre lei spinge la carrozzina sul prato verso l'entrata e lui saluta la donna con un caloroso abbraccio e il rossetto stampato sulle guance. Margareth intrattiene Georgia qualche minuto di più, facendole le solite raccomandazioni sugli uomini che la fanno sempre sorridere e imbarazzare.
Quando raggiunge la reception per uscire, Louis sta parlando con Izzy fittamente. Lei gesticola come al solito e lui ha le braccia incrociate e lo sguardo serio.
“Chiedeva di te da tanto tempo – l'infermiera sta dicendo – Non credo che ricorderà di averti visto tra qualche ora, ma è stato molto gentile da parte tua venire. Grazie per aver accettato il nostro invito”
“Si figuri – Louis mormora, sfoggia un piccolo sorriso – Posso tornare, qualche volta?”
Izzy annuisce entusiasta: “Certo! – esclama, battendogli la mano sul fianco in modo amichevole – Quando voi, sempre dopo quattro del pomeriggio”
Georgia a quel punto smette di guardare la scena dall'angolo, china la testa verso il pavimento e inizia a camminare verso le porte scorrevoli cercando di rendersi invisibile.
È andata, riflette poi, all'aria aperta. Ciò che il suo corpo sta provando in questo momento non è descrivibile a parole, invece parlano le dita chiuse a pugno e il respiro corto, nemmeno udibile. Raccontano gli occhi pieni di paura e domande, sono le gambe che cercano di scappare quelle che riescono a definire le emozioni.
È tutto confuso, è una tempesta, parole che si sovrappongono fino a mangiarsi.
Ci vorrebbero delle candele.
Louis le afferra il braccio appena fuori i cancelli, sul marciapiede che porta verso il centro. Il suo sguardo è così tanto duro che Georgia per un attimo si chiede se riuscirà mai a vedergli qualcosa di diverso, di più importante.
Respira e sbatte gli occhi, in attesa che lui parli.
“Hai detto qualcosa a Suki?” le chiede, il tono accusatorio, destabilizzante.
“No, non-”
“Io e te non siamo nulla, okay? – Louis alza la voce, copre la sua piccola piccola – Non abbiamo assolutamente niente in comune. Siamo solo nati dallo stesso uomo, ti è chiaro come concetto? Io ho un'altra famiglia, altre sorelle, un altro padre, un altro cognome, un'altra vita”
“Lo so” Georgia risponde semplicemente, senza tono.
Non fa male, brucia appena un po'.
“Non voglio che qualcuno sappia di...di tuo padre – lui continua, sembra appena più in difficoltà – Quindi non-”
“Non ho detto niente – lei deglutisce, fa un respiro rumoroso – Non dirò niente”
Louis annuisce a quel punto, sembra che voglia aggiungere qualcosa, poi ci ripensa e semplicemente la supera, lasciandola sola.
E ciò che Georgia prova adesso è molto semplice, si riassume con poco.
Non sente niente e ci vorrebbero delle candele.
 
 



 
 
Il pacco di plastica ancora chiuso nella sua mano produce un rumore fastidioso mentre attraversa la strada. È ancora relativamente presto, il sole illumina il quartiere e Georgia sta cercando di non pensare.
Suona il campanello della vedova Styles con l'ansia tipica per le cose – persone – nuove.
Mentre aspetta, si ricorda come un mantra: è una bella cosa.
Harry le apre qualche secondo più tardi, le labbra hanno uno spasmo piccolo, come un sorriso non abituato a nascere.
Indossa una felpa verde sopra a una maglietta bianca e un paio di jeans chiari, larghi sulle gambe lunghe.
“Ciao” dice e sembra una costatazione. Lei è lì.
“Ciao” Georgia risponde, si morde il labbro e tentenna.
“Hai bisogno di qualcosa?” le chiede, il tono forzatamente cortese.
“Io...”
“Hai portato delle candele”
“Sì”
Entrambi guardano il pacchetto trasparente, quei piccoli cilindri di ferro e cera bianca che si sfregano tra di loro.
“Ti servirebbero delle candele” Georgia si costringe a dire, irrigidendo le spalle.
Lui la osserva in silenzio, nei suoi occhi c'è una certa diffidenza che la fa preoccupare. C'è di nuovo quel niente che quasi le si appiccica addosso.
“Non saprei come usarle” le risponde allora, lentamente.
La ragazza quasi si mangia le parole per la fretta. “Posso farti vedere io – si morde la lingua – Voglio dire, è...è facile
“D'accordo, allora” Harry si scosta per farla entrare, in silenzio.
 


Chiudono tutte le finestre della casa, spengono qualsiasi cosa possa illuminarli.
Le candele le posizionano per terra, tra l'ingresso e il salone. Harry è rigido, anche mentre si sdraia sulla moquette scura, Georgia lo osserva di sfuggita e quasi sembra un'altra persona: le luci gli induriscono il volto, gli evidenziano le occhiaie. Sembra a pezzi ed è una situazione che la fa sentire nel posto giusto, tra macerie proprio come quelle che lei stessa si porta dietro.
Harry si stende come se fosse pronto a scattare in piedi da un momento all'altro, respira veloce e sembra a disagio.
Hanno le braccia che quasi si sfiorano quando lei gli dice: “Lasciati andare”
Georgia tiene gli occhi aperti, si concentra sul profumo di rose selvatiche, sui loro respiri così diversi, sugli scricchiolii di una casa ormai vecchia, sul soffitto e su una famiglia di cui non fa parte.
È un processo lento, qualcosa che affonda piano fino a non essere più visibile in superficie, i pensieri si mischiano, diventano un brusio e poi nient'altro che un soffio.
“Lo senti?”
“Non sento niente”
“Va bene così”





 

 
buonasera!
sono in ritardo anche stavolta, come ho spiegato su facebook purtroppo è un periodo durissimo e scrivere mi risulta davvero pesante. a ogni modo, eccoci qui!

finalmente troviamo looooouuuuissssss! ero troppo emozionata scrivendo su di lui, ogni volta mi sembra di non rendergli giustizia perché il ruolo che interpreta è fondamentale, in questa storia!
alla fine non è un senza cuore cinico bastardo (....) come appare, accetta addirittura di far visita alla nonna paterna malata dopo anni che non si vedono. è umano, louis, molto più di quanto voglia far credere, e proprio perché è così vero, il suo odio per georgia è quasi viscerale. mi spiego??
harry è poi il bicchiere di vino rosso dopo una giornata disastrosa, ci avete fatto caso che ogni capitolo si chiede quasi sempre con lui? non è un caso, giuro!!
l'ultima scena è preziosa per il loro rapporto, forse un po' affrettata ma non c'è niente di più vero (per me) di qualcuno che va veloce, rischiando di farsi male.
dal prossimo capitolo cambieranno le cose però, e non vedo l'ora di approfondire il personaggio complicato di harry ahahaha
ah, come non inserire drake in una mia storia???? il titolo del capitolo/la citazione iniziale sono presi da "how about now" che vi consiglio di ascoltare!
per il resto, grazie di cuore a tutte!
sono curiosa di sapere cosa ne pensate del nuovo capitolo!
a presto,
caterina

 




 
  
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