Serie TV > Robin Hood (BBC)
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Autore: Fiamma Erin Gaunt    23/04/2015    2 recensioni
Dal capitolo 1:
- Una selvaggia della foresta? Guardala, razza d’idiota! – sbottò lo sceriffo, agguantandolo per il bavero della casacca di pelle, - Ti sembra che una ragazza come questa possa essere stata cresciuta da dei comuni bifolchi? –
La osservò con attenzione. Sotto i capelli arruffati e lo strato di sangue e sudore, due occhi color del ghiaccio mandavano lampi furiosi. I tratti del viso erano ricercati, delicati e al contempo affilati. Se coperta di cenci e ridotta in quello stato era bella, una volta ripulita e abbigliata in modo consono sarebbe stata da togliere il fiato.
Dal capitolo 2:
- Oh, il piccolo Gisby é intenerito dal bel faccino della ragazza? Per quanto mi riguarda, se la vuoi puoi prendertela. Usala come serva, prendila nel tuo letto, ma non fare di lei un’altra Marian. –
Sussultò.
Marian.
*
- Non ti é permesso girare per il castello da sola. I miei uomini … non vanno molto per il sottile. –
Inarcò un sopracciglio, beffarda: – Invece con te posso stare tranquilla, perché sei una persona tanto per bene. –
- Finchè starai al tuo posto non avrai nulla da temere da me. È una promessa. –
- E quanto vale una promessa di Guy di Gisborne? –
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Guy di Gisborne, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2

 

 

 

 

 

- Era questo l’albero che avevi segnato? –

Allan annuì, chinandosi a rovistare tra le foglie cadute, alla ricerca dell’apertura della piccola botola. Tirò con forza, spazzando via un po’ di terriccio. I cardini cigolarono leggermente, mostrando un’apertura scavata nel terreno, profonda circa due o tre piedi, contenente una piccola riserva di cibo.

- Dovrebbe bastare per la gente di Locksley – considerò.

- Finche non troveremo qualcosa in più é tutto ciò che possiamo dar loro – confermò Robin, amareggiato.

Allan sapeva riconoscere il disgusto per se stesso, era una sensazione che nel periodo alle dipendenze di Gisborne e dello sceriffo aveva provato molto spesso, e Robin non era mai stato capace a mascherare le proprie emozioni.

- Sai, ho sentito parlare di un gruppo che vive nella foresta – buttò lì, spolverandosi rapidamente i calzoni, - Si fanno chiamare la Fratellanza del Bosco e hanno provveduto alle necessità del popolo durante la nostra assenza. Forse loro hanno scorte maggiori delle nostre. –

Gli occhi azzurro sporco dell’ex nobile fissarono l’orizzonte, persi, come sempre quando rifletteva sui pro e i contro di un’azione.

- È una buona idea, dobbiamo solo trovarli. –

- Beh, si da il caso che io sappia da dove cominciare. –

- Allora fammi strada, Allan. –

Allungò il passo, spostandosi sul limitare orientale della foresta. Aveva sentito dire che spostavano il campo ogni due giorni, ma la zona era circoscritta in un miglio scarso. Scavalcò un tronco caduto, mentre un cattivo presentimento si faceva strada in lui. Un cappio si strinse attorno al piede destro, sollevandolo a testa in giù e lasciandolo a ondeggiare appeso a un ramo come un perfetto idiota.

Robin portò una mano alla faretra, il pennacchio della freccia già tra le mani, quando dalla boscaglia fecero la loro comparsa tre ragazzi, due maschi e una femmina.

Allan sgranò gli occhi davanti alla figura della giovane, incredulo. Erano passati anni da quando l’aveva vista per l’ultima volta e la tredicenne dalle trecce bionde e gli occhi verdi e innocenti si era trasformata in una diciassettenne dall’aspetto selvatico che ricordava vagamente gli spiritelli dei boschi di cui la madre non faceva altro che parlare nelle sue favole della buonanotte.

- Lexi! –

- Allan? – chiese, stupita. Poi rivolse un cenno al ragazzo che gli stava più vicino e che, a giudicare dall’aria altezzosa che aveva, doveva essere il capo. – Tiralo giù, Julian, possiamo fidarci di lui. –

- Come fai a dirlo? Per quanto ne sappiamo potrebbe essere una spia dello sceriffo. –

Involontariamente c’erano andati più vicino di quanto fosse lecito. Storse il naso, contrariato davanti al sorrisetto divertito che Robin gli aveva lanciato. D’accordo, aveva commesso degli errori, ma aveva pagato in abbondanza quel tradimento.

Robin alzò le mani in segno di resa. – Sono Robin Hood, dubito che una mia visita sia ben accetta allo sceriffo. –

- È mio fratello, Julian, non ci consegnerebbe mai – insistè Lexi.

Julian lanciò un’occhiata interrogativa all’ultimo membro del terzetto, un ragazzo con una zazzera di capelli biondi e occhi castani che gli conferivano un’aria molto dolce. Ad Allan ricordò immediatamente Will anche se i due esteticamente non si somigliavano affatto.

- Mi fido del suo giudizio. –

Con una scrollata di spalle, tagliò la corda della trappola. – Non farmene pentire, Lexi – disse aspramente.

No, quel Julian non era proprio un simpaticone.

Mentre si rimetteva in piedi con l’aiuto di Robin, sua sorella gli si affiancò per poi abbracciarlo con slancio.

- Pensavo che fossi morto. –

- E io che fossi rimasta al villaggio con mamma. –

Lexi sbuffò, ravviandosi una ciocca ribelle che le era ricaduta davanti agli occhi. – Non sono più una bambina, Allan, so quando é il caso di combattere per una giusta causa. –

Il ragazzo che l’aveva appoggiata si fece avanti, porgendo la mano a entrambi. – Jordan. Perdonate Julian, ieri due dei nostri amici si sono scontrati con gli uomini dello sceriffo. Uno é morto, l’altra é stata catturata. –

Ecco perché quel tipo aveva l’aria di un animale feroce in gabbia. Smaniava per andare a Nottingham a liberare la ragazza, ma sapeva che senza un buon piano sarebbe stata una missione suicida. Improvvisamente provò un briciolo di compassione per lui; dopotutto non era una cattiva persona.  

- Come si chiama la ragazza? –

- Cat. –

– Diminutivo di Catlyn, suppongo.  

- No. Cat come il gatto. – Lexi scosse la testa davanti all’ilarità dei due. – Se non la vedete non potete capire il perché di questo nome. –

- L’ha catturata Gisborne e non era affatto messa bene quando é entrata al castello. Conoscendo lo sceriffo, ora starà anche peggio – spiegò Jordan, amaramente.

Nessuno dei due disse nulla. Non c’era molto da obiettare. Lo sceriffo sapeva essere spietatamente creativo quando voleva, Allan aveva avuto modo di sperimentarlo sulla sua pelle e ancora ne portava addosso i segni. Probabilmente non lo avrebbero abbandonato per il resto della sua vita.

- Vi aiuteremo a portarla fuori di lì. –

Julian si voltò a fulminare Robin con un’occhiataccia. – E come conti di farlo? Sono ore che cerco di escogitare un modo per salvarla, ma non me ne viene in mente nemmeno uno. –

- Conosco bene il castello, ci sono passaggi segreti attraverso cui intrufolarsi dentro e fuori; sarà rischioso, ma … -

- Non capisci. Cat deve essere salvata a ogni costo. Lei … Lei é importante – concluse, stringendo i pugni.

Ah, l’amore.

Allan avrebbe tirato fuori una delle sue solite battutine sarcastiche se non avesse letto la stessa disperazione negli occhi di Robin quando aveva visto Marian riversa sulla sabbia di Gerusalemme. Non c’era proprio nulla di divertente o di ridicolo in un sentimento in grado di sconvolgere così profondamente un uomo.

- Se Robin dice che la porteremo in salvo allora puoi stare sicuro che sarà così. –

- Io vengo con voi. –

- Tu porta da mangiare a Locksley e nei villaggi vicini, quando avrò un piano pronto te lo farò sapere. –

Già, in tutto quel trambusto si era quasi dimenticato del motivo per cui erano andati a cercare la Fratellanza.

Julian annuì.

 - Robin … -

- Sì? –

- Apprezzo il tuo aiuto. Tutti noi lo apprezziamo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Eve urlò. Aveva perso il conto delle volte in cui l’aveva fatto da quando il sole era sorto nel cielo e il carceriere l’aveva assicurata a un piolo con mani e piedi legati. La gola le doleva e ogni centimetro del suo corpo sembrava sul punto di andare a fuoco. Era arrivata persino a credere che presto o tardi la pelle le si sarebbe staccata definitivamente dal corpo, lasciando esposta solo la carne sanguinolenta e le ossa.

Lo sceriffo aveva continuato a girarle intorno, tartassandola di domande e inique battutine durante tutto il tempo, mentre Gisborne si era addossato a una parete nell’angolo più buio e non aveva aperto bocca nemmeno per una volta. Per quanto ne sapeva lei, poteva benissimo essersene andato.

- Per oggi basta così. Non abbiamo fretta, mia cara ragazza, e prima o poi mi dirai ciò che voglio sapere. –

- Fareste prima a tagliarmi la lingua. Tanto non dirò mai nulla a un essere disgustoso come voi. –

- La gattina ha ancora gli artigli ben affilati. Carceriere, conducila nuovamente in cella. –

Il sollievo dei legacci sciolti durò solo per un attimo, perché nel momento stesso in cui mosse le braccia una fitta di dolore bruciante si irradiò in tutto il corpo.

Sdraiata sul pagliericcio della cella, si accostò quanto più poteva al muro. Il gelido sollievo della muratura sulla pelle lesa la fece sospirare di piacere. Niente e nessuno l’aveva mai preparata a sopportare un dolore di quel tipo. Altri due giorni così e, sempre se fosse riuscita a sopravvivere, avrebbe rischiato di perdere la sanità mentale.

Non le restava che confidare in Julian e nel resto del gruppo. Non l’avrebbero abbandonata al suo destino, ne era certa.

Si raggomitolò su se stessa come avrebbe fatto una gatta, chiudendo gli occhi e cercando di addormentarsi nella speranza che un po’ di riposo lenisse le contratture nel suo corpo.

Proprio mentre cercava di rilassarsi e precipitare in un sonno senza sogni, udì distintamente la voce dello sceriffo e di Gisborne. Provenivano da una delle grate superiori, segno che la sua cella era situata sotto qualcosa d’importante. Sembravano parlare di lei, ma non ne fu sicura finchè Gisborne non proseguì nella sua arringa.

- Non parlerà. L’avete vista anche voi, é un osso duro, e la tortura sembra non servire a nulla. È leale ai suoi amici, non li tradirà. –

- La sopravvaluti troppo, Gisborne.

- Molto spesso, mio signore, raggiungere il cuore delle donne rende più facile piegarle rispetto alla tortura. –

Lo sceriffo rise.

- Oh, il piccolo Gisby é intenerito dal bel faccino della ragazza? Per quanto mi riguarda, se la vuoi, puoi prendertela. Usala come serva, prendila nel tuo letto, ma non fare di lei un’altra Marian. –

Persino da dov’era poteva riuscire a sentire il fremito nel corpo di Gisborne. E se quella era la stessa Marian di cui aveva sentito parlare lei, allora forse un modo per vincere la scorza dura che avvolgeva quell’uomo esisteva. Forse sarebbe riuscita a scappare da quel castello anche senza una squadra di soccorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con l’aggiornamento, come promesso il nuovo capitolo é stato concluso in tempi celeri e quasi sicuramente sarà così anche per i prossimi (ma non vi faccio promesse u.u). Abbiamo conosciuto qualche nuovo personaggio e visto Allan e Robin. Spero che vogliate lasciarmi una recensioncina per farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

  
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