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Autore: Sux Fans    25/04/2015    2 recensioni
[...]Jillian tirò giù le maniche della felpa e Brian rivide in lei gli stessi gesti di anni prima. Non era una sconosciuta, non era una donna diversa da quella che abitava i suoi ricordi.
-No.. ma io voglio sapere perché. - Brian s'interruppe per un attimo. -Vuoi saperlo? - lei annuì. -Jillian è tornata ad Huntington.-
-Non ti permetterò di trattarla così mai più, semmai succedesse ti ammazzerei con le mie stesse mani. Mark, ti giuro, cazzo, che ti ammazzo..- [...]
Jillian ritorna otto anni dopo al suo paese d'origine e poco è il tempo che impedisce ai suoi vecchi amici di liceo, Brian e gli altri di riunirsi di nuovo nonostante ora non siano più dei ragazzini, ma piuttosto degli adulti con un traguardo lavorativo già raggiunto e vite già avviate. Solo gli amori di un tempo appassiti sembrano essere tornati a punzecchiare qualche nervo scoperto ma anche troppi anni sembrano separare quelle che sarebbero potute essere le facili scelte adesso intrappolate solo in qualche ricordo. Purtroppo non saranno solo questi tormenti astratti il vero problema, ma più concreti legami a frenare i desideri.
Tema dedicato in modo leggero alla violenza sulle donne. 25 Novembre
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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10.

-Va bene, la ringrazio comunque.- si portò nuovamente il ghiaccio alla faccia e posò la cornetta; altra striscia nera sugli annunci editoriali, poi con un sol sorso mandò giù l'aspirina. Erano almeno tre giorni che non le passava l'emicrania e per quanto non volesse, non aveva altra scelta che andare da un medico. L'altra notte era rimasta svenuta per ore, era rinvenuta appoggiata per metà sul letto con un gran mal di testa e un forte bisogno di respirare a pieni polmoni. Si era portata una mano alla gola istintivamente, probabilmente ora non si sarebbe trovata lì se Mark non si fosse accorto da solo che stava per ammazzarla. Sentì un lungo brivido percorrerle la schiena: per poco non arrivava a lasciarci le penne. Il suo aspetto, sta di fatto, che era orribile: quando l'altra mattina si era affacciata per recuperare oggetti dalla cantinola e trascinarli fuori, la sua vicina l'aveva squadrata per un tempo indefinito fino a rientrare di tutta fretta pur di evitare il suo sguardo. Certo, vedere una donna con grandi ematomi in giro per il corpo può significare solo accollarsi dei guai, come poterle dare torto? La polizia per casa era l'ultimo problema alla quale avrebbe potuto pensare in quel momento. Al suo risveglio tutti gli abiti e gli effetti personali di Mark li aveva sigillati fuori casa sua: al minimo passo fuori dal pianerottolo lo avrebbe fatto arrestare seduta stante e.. Sobbalzò all'improvviso allo squillo del cellulare, che accorse a rispondere al seguito di carta e penna per appuntare.

-Pronto, sono Jillian A. Gordon.-

-Jillian.. - La voce di Brian era stata così roca e sottile che le impedirono di parlare, si portò una mano alla bocca come ad accorgersi che non riusciva a pronunciare parole. -Sono giorni che cerco di contattarti, che diavolo ti è successo? - la donna rabbrividì colta alla sprovvista. Nella sua mente probabilmente era come se passassero minuti inesorabilmente lenti, che le portavano un gran vuoto e la facevano vorticare in quel buio incerto; eppure appena aveva sentito la sua voce prese a staccare la chiamata, rimanendo fredda al centro della stanza cercando di capire cosa stesse succedendo. Battè le palpebre freneticamente per riprendere lucidità, e prima che potesse ripetersi di nuovo la possibilità di ascoltare la sua voce, estrasse la scheda dal telefonino precipitandosi verso il lavandino. Quando lo gettò nel tritarifiuti sentì un breve crepitio che cercò di prolungare pur di assicurarsi che nulla di quel collegamento fra lei e lui esistesse ancora.

-Esci fuori. ESCI FUORI DALLA MIA VITA ANCHE TU! - Seguirono lacrime che le bagnarono il bel viso, cosparso di lentiggini che a lui piacevano tanto, di quei grandi occhi verdi e violacei gonfi di una tristezza che faceva più male degli schiaffi e degli spintoni. I lunghi capelli rossi e lui che aveva sempre desiderato poter odorare e tenere stretti fra le dita mentre la baciava. Jillian lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Lui glielo aveva sempre detto che l'aveva amata, che mai avrebbe voluto separarsi da lei. Eppure era successo, volere suo, sapeva che era stata la causa di tutto il male che si era fatta. Adesso era tornata forse per accertarsi che lui non l'avesse aspettata? Probabilmente tutti la odiavano, ecco perché in quelle settimane ancora nessuna consorte dei suoi amici aveva fatto in modo di incontrarla. I ragazzi erano felici, questo lo sapeva.. ma cosa aveva portato loro? Minacce e ripercussioni da parte di Mark se non fosse stata attenta. Dovevano scomparire tutti, di nuovo, andare via, cambiare aria, cambiare modo di vivere e dimenticare tutto. Dimenticare. Si asciugò la faccia e dovette correre verso le finestre che affacciavano alla strada, buttò giù le persiane e spense le luci frettolosamente, socchiuse le ante di vetro e si accucciò contro il muro che ascoltava i suoni dell'esterno, così da fare in modo che nessuno sapesse che lei fosse lì.


***


-Maledizione! - Brian attirò l'attenzione di tutti con il suo malumore, cosa che Matt cercò di spegnere per non innerscare una reazione a catena fra i ragazzi che stavano ancora accordando gli strumenti per la registrazione del nuovo pezzo.

-Problemi di linea? - chiese come se nulla fosse, poi con un movimento del capo indicò l'uscita interna della sala. -Vieni, andiamo a fumare una sigaretta. - afferrò l'amico per un braccio e sotto l'occhio distratto dei ragazzi che provavano i loro pezzi si dileguarono oltre la sala.

-Che succede? - Comincio a chiedere Matt; Brian disdì col capo e si accese una Marlboro divincolandosi dalla presa.

-Nulla, perché? - mentre il cognato vagava oltre con lo sguardo, lui cercò di poggiarsi alla parete per investigare più comodamente.

-Sai com'è, c'è una certa tensione in sala, come se avessi un problema. Davvero non vuoi parlarne? - Brian continuò a tacere come un ragazzino colto in flagrante e rimproverato, qualcosa gli diceva che aveva a che vedere con Michelle e che questo lo metteva in qualche modo a disagio a parlarne con lui. Il suo migliore amico.

-Hei.. - una presa stretta alla spalla lo costrinse e guardarlo negli occhi. -E' un problema anche mio finché non me ne parli. - Brian si lasciò sfuggire una nube di fumo dalle labbra sottili e ricambiò il gesto.

-Non credo funzioni così, amico mio. -

-Puoi sempre scegliere di non tenertelo tutto per te comunque. -

-Il fatto che il ritmo dei pezzi provati centinaia di volte continui ad essere fuori tempo ti sembra abbastanza? - sbuffò irritato, guardando altrove, ovunque potesse arrivare lo sguardo.

-Dobbiamo solo esercitarci ancora. - L'amico disdì.

-Non basta esercitarsi, non abbiamo più quindici anni, senza seguire una batteria non arriveremo da nessuna parte.-

-Brian, cazzo, non farmi credere che sia questo il tuo problema. -

-Oh, merda, ti sembra davvero poco? Ci stai perdendo la testa dietro questo album. Sapevo che non era una buona idea. - mormorò fra sé e sé, ma l'amico l'udì scontento.

-Che cazzo vuoi insinuare? -

-Che Portnoy deve portare qui il culo. Non avresti dovuto pubblicizzare l'anteprima senza un batterista che stia inchiodato qui. - Brian scrutò bene l'espressione del leader, che divenne nervosa e scostante.

-Vedrai che ci aiuterà, è. impegnato con la sua di band al momento. E non ho ancora nessuna intenzione di sostituire Jimbo definitivamente. - si prese un secondo di tempo. -Non ci riesco...-

-Non è una cosa che devi fare da solo. - calò del silenzio sottratto solo dal rumore delle labbra che soffiavano via il fumo.

-Tutti si chiedono cosa sta succedendo al buon, vecchio Gates. - Brian rimase colpito e continuò dopo qualche secondo di pausa, con un sorrisino di sghembo che non passò inosservato.

-Il buon, vecchio Gates non esiste senza Brian. Questa giornata è cominciata male: mi serve una mattina libera per risolvere alcune cose. -

-Brian, abbiamo altre prove da fare, non possiamo interromperci tutti. Vedrai che riusciremo a farcela.. - Brian diede un altro paio di boccate alla sua sigaretta.

-Solo stavolta. - fece per rientrare per andarsene ma Matthew lo trattenne con un'espressione che voleva essere tutto fuorché concessiva.

-Brian ti prego, dimmi in che guaio ti stai cacciando? Se vuoi comincio io: Michelle è completamente distrutta a casa mia. Dice che non ci sei quasi mai, che sei assente quelle volte che ti incrocia, e addirittura tuo padre venne a darti del rincoglionito per colpa della negligenza su gli interessi familiari. Non possiamo coprirti in eterno, ci metteresti solo nei casini. Hai voglia di metterci nei casini? -

-Dai, seriamente? Sono un uomo di trent'anni che non ha bisogno della balia. Dì a tutti di stare più che tranquilli, so cavarmela da solo. -

-Non ti preoccupi delle persone che ti amano? Sono tutti su di giri per te. Dicci piuttosto a cosa dobbiamo prepararci. -

-Prepararvi? -Brian rise e spalancò le iridi adirato. -A cosa devi preparare tua moglie quando verrà a farti il terzo grado, forse! Come potrà ancora riempire la testa della sua povera sorella che non sa come guardare da sola al proprio matrimonio, non è così? Lo sapevo che era questo quello alla quale volevi arrivare! Ci sei riuscito, complimenti! - Matt stette per ribattere ma si prese un secondo di pausa per calmare i nervi, scuotendo comunque un dito davanti la faccia dell'amico in tono fuorché amichevole.

-Non parlare così di Valary, non è l'unica a capire che il ritorno di Jillian ti abbia dato alla testa. E' da lei che devi andare non è vero? Se non ci fosse nulla da nascondere lo diresti anziché giocare al fuggiasco.- la voce dell'amico si fece così alta che Vengeance chiamò dall'altra stanza, ma entrambi lo tranquillizzarono finché poterono. Ad un certo punto lo sguardo di Brian si oscurò e calando gli occhi si mostrò sprezzante, con una voce grave soffiata fra i denti stretti.

-Sta tranquillo. Jillian non ne vuole sapere nulla di me, poteva continuare a vivere tranquillamente la sua vita altrove invece è tornata per ricordarmi che tra noi non ci sarà mai più quello che... - si interruppe. -Davvero Matt, stai creando un problema che non esiste.-

-E cosa sarebbe successo se invece fosse stato il contrario? -Brian dovette ascoltarlo ed interrompersi, con la grande colpa di costringersi a dargli ragione senza poterselo permettere. Matt lo guardò rammaricato, con la stupida colpa di aver imputato al banco dei colpevoli il suo vecchio amico. Vide il petto di Brian infervorarsi contro di lui, mentre con un dito puntato gli picchiettava sulla felpa. Il suo viso era rabbuiato, con gli occhi alti che si muovevano tempestivamente da un lato all'altro del viso per vederlo ben impresso: aveva colto nel segno ed entrambi si erano scrutati meticolosamente.

-Devi essere sincero con me! Se non vuoi farlo neanche con te stesso allora sbotta! Dimmi che cazzo vuoi fare? - Brian si prese qualche secondo, con la sigaretta che pendeva bruciando fra le labbra, mentre le mani attraversavano disperatamente la chioma corvina fino a trascinarli indietro per liberarsi un attimo e permettersi respiro.

-Sincero. Come lo sei stato tu con la band vero? - Quel suo sguardo da bravo ragazzo era tornato a vigilare sul suo viso cancellando l'angheria di prima, eppure ora sembrava incoraggiato a comportarsi in modo completamente opposto da come era partito.

-Che vuoi dire? -

-Che Portnoy è decollato, no? Siamo senza un fottuto batterista e ci stai facendo provare solo con la scusa che tornerà a soccorrerci come se fossimo solo un gruppetto da cabaret! Cosa facciamo nel frattempo? Stiamo provando nella speranza che qualcuno ci bussi alla porta come mandato dal cielo! Ti prego Jimbo, qualcuno di tua preferenza! - esclamò esasperato, portando gli occhi al cielo e divaricando le braccia come a sfidarlo.

-Brian che cazzo stai dicendo? - Matt sbottò e gli diede uno spintone che lo costrinse a ritornare dritto, con la sigaretta che scivolò via morendo sull'asfalto. Si portò appena indietro e con la spinta delle spalle pressò per rimanere in equilibrio una volta ver urtato violentemente contro la parete.

-Sapevamo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato: o troviamo qualcuno o chiudiamo la serranda! Vuoi credere a qualche segnale mistico adesso? Lo sai che gli Avenged Sevenfold stanno naufragando, forse è arrivato il momento di mollare Matthew. Fattene una fottuta ragione prima di portarci ad affondare insieme ai tuoi sogni!- Matt chiuse gli occhi e si portò una mano al viso stringendo un pugno che voleva dirigere verso quella faccia, mentre una presa si trascinò al braccio di Brian e lo costrinse a voltarsi.

-Che diavolo sta succedendo qui fuori, maledizione? - Brian scrutò gli occhi azzurri di Zack che cercavano seri una risposta, e si voltò subito dopo contro il vocalist, che cominciò a disdire col capo non credendo alla piega che stava assumendo la discussione.

-Coraggio, spiegaglielo cosa sta succedendo. Avanti, Matt! Spiega che cazzo sta succedendo! -

-Gli Avenged Sevenfold non sono solo il mio sogno. Hai qualche problema con la band? Se vuoi gettare la spugna sei un trentenne libero di prendersi le sue responsabilità, lo hai detto tu no? Lascia la band se non riesci a controllare la tensione!- la linea del collo si articolò di vene pulsando per la tensione; calò un profondo silenzio che costrinse tutti a fissarsi finché Brian tornò a sbottare. Quasi volevano dimenarsi l'uno contro l'altro, e la collisione non sarebbe stata una buona piega per nessuno di loro.

-Ho bisogno di prendere aria. - Nonostante il tono freddo Matthew rimase impietrito dal suo comportamento, e con un cenno del capo acconsentì al fatto che il loro chitarrista si sarebbe preso qualche altra pausa da chissà quale commissione. Brian non disse nulla e si dileguò; di lui seguirono solo le ruote dell'auto sgommare gravemente per uscire dal vialetto principale.


***


Slittando con gli occhi dalla strada al telefonino in modo veloce prese a ricomporre il numero per poi portarselo all'orecchio. Il fatto che poco dopo lo scaraventò sul sediolino posteriore non prometteva nulla di buono. Brian si sentì in colpa di averla allontanata per colpa delle stupite paranoie di cui si era presa carico Michelle. Li aveva allontanati, forse non voleva farglielo sapere ma lei non aveva apprezzato la cosa. Eppure l'unica cosa a cui Brian poteva pensare in quel momento fu quel bacio che si scambiarono in spiaggia, ed era quello a cui aveva continuato a pensare a lungo. Era quello che aveva fermato lo scorrere quotidiano della sua vita e lo stava facendo scorrere di nuovo al contrario, all'intreccio perfetto delle loro vite che si ricongiungevano. Adesso, del perché, seppur d'amico, dovesse rinunciare a lei, non riusciva a capirlo. Acconsentiva al fatto di potrela semplicemente rivedere nelle serate fuori casa con gli amici, al chioschetto, al bar, allo stage dei loro concerti. Fuori il parco per una sigaretta, a ridere con i ragazzi, che cosa metteva tutti contro di lui? E contro di lei?

Lanciò un'occhiata sospetta allo specchietto retrovisore e incanalarò la dose di velocità, slittando lungo la via principale per vedere forte la pioggia cominciare ad infrangersi al parabrezza, prima piano poi più forte, più forte fino a confordergli la mente, fino a svuotarla del tutto.




Le ruote dell'auto s'impiantarono all'asfalto con violenza, sotto un aglomerato di fango e ciottoli che infestò gli anfibi appena scese dall'abitacolo. Il cielo s'era fatto scuro nonostante l'orario e un violento squarcio mosse quel tetro nero che vigilava sulle loro teste, mentre Brian si allungava verso il vialetto della casa bussando al citofono fuori impostato. Le finestre sembravano serrate, non vi erano luci, eppure l'auto sostava nel lato di fianco il sempreverde. Spostò il viso giusto per osservare gli angoli del giardino, afferrò tenacemente nei pugni il ferro del cancello d'entrata e lo scosse con forza.

-Jillian! - chiamò, con la pioggia che gli scivolava sulla faccia e gli penetrava fra le labbra. Si strinse nella giacca di pelle, zuppa d'acqua e prese a premere facendo pressione.

-Lo so che ci sei, Jillian! Cazzo, parliamone! - si guardò intorno come a vedere quanto spazio ci fosse tra lui e la strada del viale.

-Non ho paura di nessuno, si faccia avanti chiunque! Chiunque voglia mettersi contro di noi! Avanti, Jillian! Lo so che pensi lo stesso! Dimmelo, cazzo! - sfilò la giacca abbandonandola ai lati del marciapiede e saltò contro la ringhiera. Con la forza delle braccia si tirò su, fino ad attraversarla atterrando molleggiando sulle ginocchia con un'espressione di puro sforzo. Si portò fuori la porta d'ingresso con fretta, recuperò un attimo di respiro, con la t-shirt che aderiva come una seconda pelle contro il petto carico di respiri e sussulti.

-Jillian? - battè contro la porta con un filo di voce, sapendo e sperando lo sentisse.

-Ti prego, sono qui.. ho solo... solo bisogno di parlarti. - aderì la fronte contro il freddo dell'ostacolo che si parava fra di loro. I capelli si incollarono contro il viso contratto da una nota di rassegnazione, con la bocca che si curvò per l'insofferenza dei suoi sforzi andati in fumo, della forza che ci aveva messo per sopportare fino a quel punto e tutte le volte che aveva lottato contro se stesso. Per lungo, lungo tempo. Tutto era lì, a dividerli da una porta che non voleva saperne di aprirsi, che non voleva saperne di dargli la possibilità di poterla odorare e toccare e stringere per almeno un attimo, e scaldare il suo corpo sormontato dai brividi e dalla rabbia di aver fallito. Si allungò verso gli angoli della casa e si affiancò alle finestre, entrava appena la luce dei lampi e il frastuono scoordinato dei tuoni, mentre il silenzio regnava e il buio si faceva spazio in ogni angolo della casa. Brian potè notare la cucina deserta, un lato del divano, forse scorse quella che sembrava una televisione su un tavolino basso, di quelli da salotto.

La pioggia cominciò a battergli sempre più forte sulle spalle, penetrava lungo la linea della schiena: era così fredda e spietata che gli ricordava quanto il suo corpo fosse invece carico di fervore e pervaso da grande foga.

Tornò sotto la tettoia dell'ingresso per ripararsi e si lasciò scivolare a terra con la schiena che attraversava gli spessi intagli del portone. Estrasse il cellulare per riprovare a chiamarla, era l'ultima possibilità che gli era rimasta.



Il rumore del telefono risuonava in un silenzio che non lasciava spazio ai pensieri, che racchiudeva al suo interno un mondo ovattato che lasciava tutto fuori da quella porta. Poteva quasi sentire i suoi respiri, erano affaticati e violenti, seguiva qualche colpo di tosse, poi un sospiro. Jillian si accostò con la schiena contro il freddo metallo, poi rabbrividendo poggiò anche il proprio orecchio contro la superficie, per darsi la possibilità di sentirlo apparentemente più vicino. Non poteva, solo Dio sapeva quanto desiderasse porre fine alla stupida piega che avevano preso i loro incontri. Avrebbe voluto lasciare tutti fuori da quella porta e restare con lui, al caldo, per un'eternità terrena alla quale di suo non credeva, ma che avrebbe voluto conoscere insieme a lui. Giunse le mani come in preghiera, sperando che andasse via, che smettesse di insistere nel cercarla, nel poterla incontrare, nel sapere dove fosse. Che perdesse le speranze in lei, che la odiasse se possibile, che la ritenesse la causa della sua tristezza se necessario. Avrebbe preferito che lui le dicesse di andarsene, di smetterla di giocare con gli altri, di lasciarlo in pace. Eppure, eppure... era lì. L'attendeva, sapeva che lo stava ascoltando dietro lo spessore di quindici centrimenti di metallo spesso, che solo lei avrebbe potuto interrompere il freddo gelo che lo stava investendo in quel momento, e sperava che lo facesse.

-Un nuovo messaggio di segreteria. Bip.-

-Che cosa stai aspettando? Che mi stanchi di rincorrere i fantasmi del passato? Che impari a crescere? Credi veramente che non ci abbia neanche provato? Cazzo, Jillian! Pensi che voglia farmi del male apposta? Che voglia continuare a battere la testa al muro finché non me la apro, solo per il gusto di farlo? Sto per perdere tutto, e dopo aver perso Jim, ho provato le stesse sensazioni che mi avevi lasciato tu. Mi hanno riaperto una ferita che non so se vorrò tornare a cucire. -

Una lacrima le percosse i lineamenti perfetti delle gote, fino a morire sulla lingua attraverso le labbra socchiuse.

-Non posso riuscirci. Forse avevi ragione, non potevamo sapere cosa Jimmy avrebbe voluto, forse è proprio lui a dirmi di mollare. Vuole farmelo capire, ed io invece sto facendo di testa mia, come al solito. Se fosse qui, mi prenderebbe per pazzo. Mi trascinerebbe via... ma lui non c'è. Sei tu a decidere.. sta a te. Cosa devo fare, Jillian?-

Dovette lasciar morire un singulto in gola, per non emettere neanche un suono che avrebbe potuto tradirla. Doveva rimanere un tutt'uno con il freddo silenzio che vigilava, essere il nulla, sopprimere la grande forza di urlare e battere i pugni a terra.

-Già. Forse anche tu ti chiedi perché dovresti scegliere per me.. del perché io abbia paura di farlo di mio. Scegliere è sempre stato uno dei miei più grandi grattacapi, eppure le possibilità sono solo due: sì o no, giusto o sbagliato, bianco o nero, con o senza. Quel "no" mi spaventa a morte, Jillian. E anche quello "sbagliato" e il "nero"... Dio, quanto mi spaventa quel "nero".-

La voce metallica dal telefono della segreteria si interruppe per un attimo, tanto che Jillian spalancò gli occhi per scovare nel buio un segnale da parte dell'apparecchio. Un segnale che le dimostrasse che lui fosse ancora lì, a farle compagnia e parlare per lei, suscitarle un'emozione, farle tremare il corpo.

-I-io.. - Jillian avvertì qualche tentennamento, una nota roca che morì poco dopo. Poi un sospiro lungo.

-Ti ho amato troppo per dimenticare tutto. Ho provato mille brividi nella mia vita, un'adrenalina tanto forte da bloccarmi il sangue nelle vene, cazzo, ho sentito il freddo del nord paralizzarmi il corpo, un concerto infuocarmi la mente. Eppure, puoi anche solo immaginare quanto tutto quello che avrei dovuto provare davvero avrei potuto averlo solo da te? Ti odio, maledettamente! Sei solo una maledetta stronza! Sei stata la rovina della mia vita, amore mio.. -

Jillian cominciò a sentire il respiro pesante infuocarle il petto, che stava per scoppiare per il battito fornessato che avvertiva all'altezza del cuore.

-Anche tu lo sei stato.. - mormorò a fior di labbra, sottratta per un attimo al corpo astratto del silenzio che l'aveva incorporata. Eppure quel silenzio tornò, e prima che potesse accorgersene il rumore di ruote sull'asfalto le fecero tremare le palpebre e drizzare in piedi di corsa, con un respiro impiantato in gola. Le mandate della porta batterono con tale velocità, finché non fu fuori in un lampo correndo contro il muro di pioggia che le si parò davanti come un torrente in piena. Corse contro le ferriate e si scontrò con il freddo che soffiava sul viso bagnato, misto alle lacrime. Quando riuscì a liberarsi, la strada era ormai deserta, con i fanali rossi dei freni che scomparivano oltre il confine della strada che andava a cambiare colore, al battere frenetico dell'acqua illuminata dalla luce giallastra dei lampioni. Non avvertiva neanche più il tremolio forsennato dei denti, le dita paralizzate, le gambe tremanti sotto il peso di un corpo gracile.

-Brian.. - soffiò via. Era la soluzione giusta, alle sue risposte.


***


Il pianerottolo era deserto, l'eco delle scale percorsq con la gomma pesante degli anfibi risuonava contro le pareti in marmo, con al seguito la scia di orme di fango che lasciava in giro indifferentemente. Attese l'ascensore in un silenzio tombale, ancora troppo scosso e infestato dai suoi dubbi e dalle sue controversie. Mille, evanescenti gocce d'acqua si sparpagliavano sul suo corpo, scivolavano via, morivano in silenzio all'altezza del pavimento, e gli graffiavano la pelle del viso come schegge infuocate. Brian non aveva la forza neanche di lavare via il fango dal corpo, la fuliggine dalle unghia, la linea di matita nera dalla faccia, le sue uniche forze le aveva spese nel continuare a convincersi che quella sarebbe stata ormai l'ultima volta in cui avrebbe potuto sperare di vederla. Probabilmente era andata via, mille, diecimila, centomila miglia distante da lui. Grazie a Dio, il dolore sarebbe passato, dopo l'ennesima volta in cui aveva sperato di poterla amare. Quando si fermò innanzi la porta d'ingresso, dopo il campanellio sconnesso dell'ascensore, notò un'aria strana che gli contrasse la faccia.

Haner

Di Benedetto

La targhetta di casa luccicava alla luce fioca della palizzata, ai neon ingrigiti delle scale che quasi rischiarono di spegnersi per un sussulto. C'era uno strano silenzio, glaciale quasi, corrucciò ancora di più la faccia e senza nessuna voglia di indagare oltre infilò le chiavi di casa sbloccando il chiavistello. Nessun guaito, neanche un rantolo si presentò ad accoglierlo: la casa sembrava vuota, e questo era chiaro dal fatto che Pinkly non fosse lì alla porta ad attenderlo.

-Pinkly? - fischiò, sentendo il proprio suono risuanare fra le pareti. Si avviò all'entrata del corridoio buio, incurante del suo aspetto da vagabondo che rischia quasi una polmonite. Si sfilò la giacca con un gesto metallico, la fece scivolare a terra, si sporse con il capo verso la sua stanza, quasi temette di penetrarvi, poi con grande sforzo accese la luce illuminando la camera coniugale. Gli sfuggì un sospiro che lo costrinse a coprirsi gli occhi: a terra vi era qualche cornice, e le porte degli armadi completamente spalancati, vuoti e spogli al loro interno come se qualcuno avesse portato via più roba possibile.

-Michelle..- chiamò alla fine, con un filo di voce, trascinandosi per sedersi pesantemente sul materasso comodo che lei amava tanto.

-Complimenti Brian "Faccia di Merda", due in una sola serata. - esclamò con un sorriso amaro a se stesso, riflettendo sul fatto che provare a cercare Michelle sarebbe stato solo tempo sprecato. Ormai lo odiava e ne aveva tutte le ragioni, Matt lo stava mettendo in guardia per il semplice fatto che sapeva... sapeva quello che probabilmente aveva avuto intesione di fare. Adesso che se ne era andata cosa voleva significare? Se Brian avesse potuto si sarebbe preso a schiaffi, e dato che poteva, lo fece per davvero.



***

Chi sono? Dove sono? Perché? D:

Mi ha beccato un così grande e forte casino mentale e privato che mi sono ritirata dalla scena per un altro po' e oggi ricapito qui quasi per caso. Il capitolo era semipronto da un po', aveva qualche rigo da correggere e qualche situazione da dettagliare al meglio ma la base era più che presente. Posso dire di aver letto e riletto fino allo svenimento eppure spero vivamente che sia bastato a correggere nonostante la stanchezza.

Fatemi sapere il vostro stato di gradimento, mi sento arrugginita, ho bisogno di voi! XD Forse sono troppo autocritica sulla scrittura, o forse troppo poco: da soli è sempre difficile munirsi di consigli e miglioramenti. Se qualcosa non risulta chiaro sarò lieta di rispiegarmi, non so perché ho questa strana impressione.


A rivederci presto, più presto, prestissimo!!!

Baci :*

Sux Fans

   
 
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