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Autore: CassandraLeben    28/12/2008    11 recensioni
Ho voluto provare, in una mattina in cui non riuscivo a prendere sonno, a scrivere secondo l’ispirazione del momento e questo è il risultato.
Questa storia altro non è che il capitolo 19 di BREAKING DAWN visto dal POV di ESME…
Spero che vi piaccia il risultato. Se così fosse, lasciate un segno del vostro passaggio che sarà estremamente gradito!
Non fatevi spaventare dalla lunghezza, vi prego! È scritto in grande e vado a capo ad ogni dialogo…
//La bambina si mosse, socchiuse gli occhi e si osservò intorno, guardinga.
Appena ci vide, sobbalzò e si rannicchiò tra le braccia di Edward, spaventata.
Aveva lo sguardo più intelligente che avessi mai visto in un neonato.
< Non avere paura Renesmee, queste persone sono molto importanti e ti vogliono molto bene. Vero? > Le disse il padre.
Lei, sentendosi chiamare, lo guardò e lui, sorridendole, le prese la manina e se la poggiò sulla guancia. Lei ridacchiò come fanno i neonati, con un gorgoglio, e lasciò che Edward le prendesse la manina e la posasse sulla guancia di Carlisle.
Lui rimase in silenzio per alcuni istanti e poi sussurrò: < Fantastico. > Entrambi si sorrisero.
< Che dono meraviglioso. > bisbigliò Carlisle, colpito.//
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Esme Cullen, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte!-quanto tempo XD-
Questa one-shot è la mia versione (molto fedele come ogni volta cerco di fare) dei capitoli 18 e 19 di Breaking Dawn visti dal POV di Esme.
A chi già mi conosce per aver letto qualche mia storia dirò solo che spero che anche questa possa essere di vostro gradimento.
Per chi invece è la prima volta che legge qualcosa di mio, beh, vorrei dire che questa storia è nata ieri mattina verso le 4 e mezza, mentre non riuscivo a dormire. Spero possa piacervi e magari che vi faccia venir voglia di andare a leggere anche qualche altro mio lavoro (forse sconsiglierei la storia da 47 capitoli, non per altro se non per la lunghezza. Leggerli tutti insieme –tutta la mia stima alle tante che ci sono riuscite- fa venire mal di testa. O per lo meno così mi hanno scritto quelle che lo hanno fatto. Stare per sei ore incollate al PC non fa bene…)

Vorrei chiedervi di non spaventarvi per la lunghezza che è solo apparente. (ad ogni dialogo o quasi vado a capo, per questioni meramente grafiche.)
Spero che la lettura vi risulti scorrevole.
Di solito mi cimento in storie lunghe ma questa doveva essere scritta in un solo capitolo dato l’argomento trattato.
Che dire?
Spero che vi piaccia!
Appena possibile comincerò a postare una nuova storia (di pochi capitoli) sempre riguardo Breaking Dawn.
Sarà incentrata sul periodo che la Meyer non ha descritto, fra il ritorno di Bella ed Edward dal Brasile e l’arrivo di Jake. Spero che la seguiate numerose.
Un bacio a tutte e auguri di buon anno nuovo!
Erika

PS: Come al solito io sono famosa per la mia quasi ossessiva cura dei particolari:
Gli ospedali citati esistono, sono nello stato di Washington e sono davvero a Tacoma e a Forks (tanto per non smentirmi mai… questa minuzia è una deformazione professionale. sapete com’è, il greco provoca danni cerebrali)
Scusate per eventuali errori di ortografia… le quattro di mattina non sono un buon orario per mettersi a scrivere ma l’ispirazione va colta quando viene, se no sfugge!

Ma ora, vi lascio alla storia.

Our Little Beloved
(perché per un figlio, una madre è disposta a rinunciare a tutto…)

La telefonata era arrivata all’improvviso, mentre eravamo diretti all'Allenmore Hospital di Tacoma in cerca di altro sangue per poter nutrire Bella e il bambino che portava in grembo.
Al Forks Community Hospital dove Carlsile lavorava non potevamo comprarne più di una certa quantità. Avrebbero fatto troppe domande…


Quando ce ne eravamo andati da casa, tutto sembrava normale, per quanto lo consentisse la situazione per lo meno…
Bella, quella che per me ormai era diventata una figlia, avrebbe resistito ancora poco ma nonostante le sue condizioni fossero ancora critiche stava un po’meglio…
Negli ultimi giorni era migliorata a vista d’occhio grazie al sangue umano di cui avevamo scoperto avesse bisogno e che Carlsile aveva acquistato non appena Edward ci aveva avvisato della situazione, mentre ancora si trovava in Brasile.
In quel momento Carlsile pensava di dover operare Bella, di dover farla abortire. Il sangue gli sarebbe servito nel caso ci fossero state complicazioni.
Solo quando Bella ed Edward ci avevano raggiunto avevamo scoperto che lei non avrebbe mai permesso una cosa simile, scatenando la rabbia di Edward e poi il suo dolore…
Nonostante i netti miglioramenti, era però palese che Bella soffrisse e che la vita non l’avrebbe accompagnata ancora a lungo.
Sia io che Carlisle eravamo partiti sapendo che dovevamo sbrigarci a cacciare, recuperare abbastanza sangue per Bella, tornare in fretta ed aspettare che il bambino fosse pronto.
In quel momento, Carlisle lo avrebbe fato nascere ed Edward avrebbe fatto in modo che Bella raggiungesse le soglie dell’immortalità, per sua stessa mano.
O per lo meno, questi erano i progetti iniziali…
Questo se Bella avesse resistito fino al nostro ritorno…
Quando eravamo partiti con Alice e Jasper, Rosalie l’aveva appena fatta sdraiare sul divano.
Pallida e sofferente, mia nuora si era lasciata accudire da Edward. Persino muoversi per lei era doloroso. L’avevo osservata mentre stavamo per andarcene. Il suo viso emaciato era spento, incorniciato da capelli disordinati. Privo di vita. Si era raggomitolata su se stessa e aveva poggiato la sua mano su quella di Edward, stringendogliela leggermente.
Il sangue umano le aveva dato quel minimo di forza che le era necessaria per poter resistere almeno qualche giorno.
E con quel sangue che le serviva per sopravvivere, la nostra sete si era fatta sempre più bruciante, frustrante, tormentosa…
Per Edward doveva essere una sofferenza restarle accanto a quel modo.
L’ultima volta che aveva cacciato, era stato quasi un mese prima, in luna di miele.
Da quando Bella aveva scoperto di essere incinta, lui non l’aveva abbandonata nemmeno un istante, nonostante la sete ardente che gli bruciava la gola ogni istante in modo più atroce.
Temeva che potesse succederle qualcosa nel breve lasso di tempo in cui lui fosse stato lontano…
E come lui,anche Rose soffriva la sete. Non si allontanava mai dal capezzale di Bella. La proteggeva, impedendo a chiunque di interferire con la gravidanza, di far del male al bambino.
Bella stessa l’aveva implorata di aiutarla, andando contro le decisioni di Edward.
Lei voleva quel bambino a costo della sua stessa vita.
Io, più di chiunque altro, potevo capire la sua decisione e non potevo non appoggiarla nelle sue scelte.
Un figlio…
Quando si ama qualcuno così tanto, la propria vita perde significato.
La si offre per proteggerlo,
La si offre per stargli accanto…
Perdere un bambino è un dolore dilaniante, che non permette nemmeno di respirare…
Come potevo biasimarla?
Ma allo stesso tempo, non potevo non dare ragione ad Edward, non potevo non comprendere le sue angosce…
La situazione di Bella era troppo precaria, troppo incerta.
Il bambino si faceva sempre più grande. La feriva, le impediva di mangiare…
La stava consumando.
Il sangue che le avevamo somministrato le aveva permesso di riacquistare un po’ le forze ma non sarebbe bastato a lungo.
Lui la amava e non voleva vederla in quelle condizioni. Non voleva rischiare di perdere lei che, per tutti quegli anni di solitudine, aveva cercato senza neanche saperlo.

Edward aveva telefonato per discutere del parto, mentre Bella era finalmente riuscita a prendere sonno, per parlare con Carlsile. Avevano discusso a lungo e alla fine mia marito aveva accettato.
Le condizioni di Bella erano troppo gravi, lei era troppo debole.
Aspettare ancora era una follia.
Al nostro ritorno, Carlisle avrebbe fatto nascere il bambino.
Jasper ed Alice, insieme ad Emmett, erano tornati a casa con il sangue umano che eravamo riusciti a comprare.
Noi avremmo cercato di acquistarne ancora.
Quello che avevamo trovato era troppo poco.

Proprio mentre stavamo per raggiungere un centro ospedaliero però arrivo una chiamata improvvisa.

Era Alice.

< Carlisle! > gridò disperata e lasua voce fu come una pugnalata al cuore.
< Alice, calmati, che cosa succede? > Nonostante il tono distaccato, la sua mano si strinse intorno al volante con forza, provocando una crepa.
< Calrisle, Carlsile!!! > Era nel panico < Bella! Il feto! C’è sangue dappertutto! Edward l’ha portata di sopra ma dovete tornare subito. La placenta si è staccata! Rosalie è di sopra con loro. >
Le strade erano deserte a quell’ora. Carlsile invertì la rotta con un’inversione ad U e a tutta velocità corse sull’autostrada, verso Forks…
Io, pietrificata dalle parole di Alice, mi tenevo al sedile.
< Alice, ascoltami. Adesso vai di sopra, aiuta Edward seguendo le mie istruzioni. >
< No, Carlisle,no, non ci riesco a restare lì. Il sangue! > Non riuscì a proseguire.
Carlisle fece un respiro profondo cercando di calmarsi e riprese a parlare, lentamente e con fare rassicurante. < Metti a Rose l’auricolare. La guiderò io. Edward avrà bisogno di aiuto. Io sto arrivando. Sono vicino a Tacoma. Tra circa venti minuti saremo arrivati. >
< Va bene. > Sussurrò Alice. < Edward sta cercando di farla respirare… Rose dovrà farlo uscire. > Nel suo tono colsi una nota d’odio.
Aveva salito le scale.. oltre la sua voce adesso sentivamo i singulti di Bella.
Sentii Edward che sibilava: < La morfina… > E un istante dopo Bella urlò: < No, ADESSO… > poi sentimmo il suono di sangue che viene riversato sul pavimento.
Una porta cigolò e i rantoli divennero facilmente udibili.
Era entrata nello studio.
Sentivo la voce di Edward, quella di Jacob…
Le mani di Rose che si muovevano, stracciavano la stoffa…
Bella che ansimava.
Il sangue che goccia dopo goccia, con un suono sordo ed attutito, macchiava il pavimento in legno.
Un frusciare di capelli.
Rose era in ascolto.
< Carlsisle > sussurrò angosciata.
< Rose, ascoltami. >
< Sì. > La voce di lei tesa, al limite della concentrazione.
< Afferra il bisturi e pratica un incisione sul ventre, orizzontale rispetto all’ombelico, circa dieci centimetri più in basso. >
< Va bene. >
< Non premere troppo. Rischi di peggiorare la situazione.
Attenta, quando incontri una membrana dura.
È la placenta. Lì il bisturi non basterà. A quel punto lascia che subentri Edward. Sbrigatevi o il bambino soffocherà.
Pronta? >
< Sì. Ho preso il bisturi > la sua voce era frenetica, ansiosa. Tremava impercettibilmente.
< Bene, incidi, piano, delicatamente. > Poggiò lo strumento sulla pelle di Bella. Ne colsi il suono.
Edward disse ansioso: < Aspetta che entri in circolo la morfina! >
Ma evidentemente Rose lo ignorò. Gli rispose: < Non c’è tempo. Il bambino sta morendo. >
E un attimo dopo sentimmo la pelle sottile lacerarsi. Rabbrividii. Carlisle, al mio fianco, era rigido. Il tachimetro sfiorava i centonovanta all’ora.
Altro sangue si rovesciò sul pavimento.
Poi udii un ringhio basso. Proveniva da Rose.
Il sangue… la sete…
< Oddio! No! > Rantolai portandomi le mani alla bocca, terrorizzata.
Edward ruggì: < No, Rose! > ma non lo sentii muoversi.
Un attimo dopo una serie di suoni confusi.

Ringhi, urla, oggetti che si fracassavano.
Poi il silenzio.
Totale, assordante.

Il cellulare di Carlsile emise un bip ed una voce metallica ci informò che il numero non era momentaneamente disponibile.
Mio marito fece scattare il telefonino e me lo passò.
Composi il numero di Jasper con dita tremanti. Ci misi qualche secondo e lui mi rispose al quarto squillo.
< Pronto Jasper, cos’è successo? >
< Rose ha perso il controllo. Alice ed Emmett la stanno portando qui. Adesso cercherò di tranquillizzarla. >
< Bella? >
< Edward sta… tirando fuori il feto… >
Deglutii a vuoto. < Saremo lì fra una decina di minuti. >
< Vi aspettiamo. > E riattaccò.
Singhiozzai e Carlsile mi appoggiò la mano sulla spalla. < Vedrai, andrà tutto bene… > Mi sussurrò senza staccare gli occhi dalla strada. Non trovai la forza di annuire.

Quando, dopo un tempo che mi parve infinito sebbene fossero passati solo quindici minuti dalla telefonata con Jasper, intravidi casa nostra respirai a fondo.

Parcheggiamo ed uscimmo nell’oscurità. Il vento mi scompigliò i capelli e mi sospinse verso il portico.
Carlsile mi prese la mano ed entrammo.
Trovammo Alice in cima alle scale. Sul volto un’espressione indecifrabile. Sentivamo Rose ed Emmett litigare in giardino. Non volli ascoltarli. Temevo ciò che avrei potuto sentire.
Alice colse le nostre preoccupazioni e ci fece cenno di salire.
Non sentivo altri suoni oltre alle voci di Jacob e Rosalie. Mi sembrava che mi scoppiassero le orecchie.
Perché Bella non urlava? Non gridava, non implorava così come avevamo fatto tutti noi altri?
Non erano riusciti a salvarla?
Sentii le ginocchia tremarmi per la paura. Carlsile mi strinse la mano per farmi coraggio. Lui era molto più bravo di me a modulare le emozioni.
Ad ogni gradino che salivo, sentivo la sete aumentare nonostante avessi cacciato da poco.
L’odore del sangue era fortissimo, chissà se ne aveva perso talmente tanto da morire dissanguata? Le mani di Alice sapevano di disinfettante. Tra le dita stringeva delle pezze rosse, un tempo bianche. Stracci per pulire…
I suoi abiti bianchi erano macchiati in più punti.
Arrivammo davanti alla porta chiusa dello studio e sospirai quando, veloce, faticoso ed irregolare, riconobbi il respiro di Bella. Il suo cuore pareva battere a stento.

Sentii anche il respiro di Edward e poi, uno nuovo, sconosciuto.

Carlsile guardò Alice che abbozzò un sorriso: < Edward è riuscito a far nascere il bambino e a iniettare il veleno a Bella. Ora possiamo solo attendere e sperare che sopravviva alla trasformazione. Non si muove, non grida. >
< Non si è mossa minimamente? >
< No… Edward l’ha chiamata a lungo ma lei è restata immobile. Non le risponde.. non ha nemmeno dischiuso le labbra. Edward era … disperato. Forse è la morfina. Per lo meno, così crede Edward, anche se non ne è molto convinto. >
Lui annuì e lentamente abbassò la porta.
Venni investita da un’ondata travolgente. L’odore di sangue mi dava alla testa. Forte, potente, tentatore.
Proibito.

La stanza sembrava un mattatoio.
Alcuni schizzi avevano macchiato il muro bianco dietro il tavolo operatorio. Le venature del parquet erano intrise di sangue.
Gli sforzi di Alice per pulire non erano stati sufficienti.
Alla fine mi decisi a compiere il gesto più difficile di tutti.

Alzai lo sguardo.

Alzai lo sguardo e vidi Bella, esamine, sdraiata sul tavolo verde che era stato il suo letto di martirio.
Era immobile, nuda, coperta da un lenzuolo bianco macchiato di rosso che le lasciava scoperto il capo e le spalle. Le braccia poggiate sopra la tela che la copriva. Vedevo il buco provocato dalla siringa sulla sua pelle. La mano bianca di Edward le stringeva la sua.
Se non fosse stato per il leggerissimo alzarsi e abbassarsi del petto avrei detto che fosse morta.
Intravidi la sagoma di una ferita a mezzaluna sopra il seno sinistro. Il sangue aveva macchiato il lenzuolo.
I capelli erano sparsi disordinatamente intorno al volto sudato. Qualcuno le aveva pulito il viso. Intravedevo ancora le ombre rossastre sulla sua pelle, lasciate dalle scie di sangue di cui si era impregnata la sua pelle.
Le occhiaie violacee erano inquietanti proprio come il suo respiro rotto.
Le carezzai la guancia poi alzai lo sguardo.
Edward accennò un sorriso spento.
Carlsile era chino su nostra nuora.

Poi mi accorsi del minuscolo fagotto che Edward,con il braccio libero, teneva poggiato al suo petto.

Quella piccola creatura si mosse e una manina minuscola sfiorò con un movimento sonnolento il mento di Edward che sorrise, le labbra piegate in modo più naturale rispetto a prima.
Un gemito provenì dal fagotto e lui cominciò a cullare dolcemente il minuscolo fardello bianco.
< Come sta il bambino? > Chiese Carlisle che nel frattempo stava finendo di esaminare Bella.
< Bene. Si chiama Renesmee Carlie. È una bellissima bambina. >
Sorrisi dell’orgoglio nella sua voce. Involontariamente, mi sporsi per osservarla.
Edward le scostò la copertina scoprendole il visetto perfetto. < è forte e sana. È già cresciuta rispetto a mezz’ora fa…
Questa cosa mi inquieta, ma al momento… > lasciò la frase in sospeso, fissando Bella. Il suo silenzio era eloquente. Il suo dolore palpabile.
La bambina sonnecchiava tranquilla tra le braccia gelide del padre che era tornato a guardarla,.
< Edward, è splendida. > sussurrai a mezza voce, colpita dalla perfezione di quel visetto innocente.
< Sì. > asserì lui perso nella contemplazione della bambina.
Non lasciava però la mano di Bella,neanche per un istante.
La bambina si mosse, socchiuse gli occhi e si guardò intorno, guardinga.
Appena ci vide, sobbalzò e si rannicchiò tra le braccia di Edward, spaventata.
Aveva lo sguardo più intelligente che avessi mai visto in un neonato.

< Non avere paura Renesmee, queste persone sono molto importanti e ti vogliono molto bene. Vero? > E alzò lo sguardo verso di noi con un mezzo sorriso.

Mi inginocchiai davanti a lui di modo da essere alla stessa altezza della bambina. Le sorrisi e le dissi: < Ciao Renesmee. Come sei bella. >
< Capisce già? > Chiese Carlisle, notando lo sguardo attento della bambina.
< Qualcosa. Già oggi, come ti dicevo al telefono, ero in grado di capire alcuni suoi pensieri, mentre era ancora nel ventre di Bella. Ma guarda: Renesmee, fai vedere al nonno quello che hai fatto vedere a me. >
Lei, sentendosi chiamare, lo guardò e lui, sorridendole, le prese la manina e se la poggiò sulla guancia. Lei ridacchiò come fanno i neonati, con un gorgoglio, e lasciò che Edward le posasse la manina sulla guancia di Carlisle.
Lui rimase in silenzio per alcuni istanti e poi sussurrò: < Fantastico. > Entrambi si sorrisero.
< Che dono meraviglioso. > bisbigliò Carlisle, colpito.
< Già. > Fu Edward a parlare. Dopo aver detto questo, si rivolse a me e disse: < Guarda anche tu… > E poi fece come con Carlsile. La mano della bambina era bollente, profumava ma non come quella degli umani. Nel suo odore c’era un retrogusto strano, che mi ricordava il profumo dei vampiri. Di Edward.
Un istante dopo smisi di vedere con gli occhi. Tutto era nella mia testa.
Capii che era Renesmee a mostrarmi quelle immagini. Rividi la scena del parto dal suo punto di vista. I suoi ricordi erano così vividi, così intensi da darmi il capogiro. Il ricordo dell’odore del sangue, sia quello di Bella, sia quello con cui Rose l’aveva nutrita, mi riaccese la sete ma non me ne curai, così rapita com’ero dalle immagini che si susseguivano nella mia mente.
Mi fece vedere il volto sudato e distrutto di Bella che si apriva in un sorriso splendente e sofferente mentre sussurrava il suo nome e percepii la gioia della bambina. Lei sapeva che quella ragazza era sua madre.
Percepii la sua impazienza, la sua attesa nervosa spettando che Bella si risvegliasse e in quel momento, più che mai, sperai che Bella sopravvivesse.

Non per noi, non per sè stessa e nemmeno per Edward (che sapevo che altrimenti si sarebbe ucciso) ma per la bambina che aspettava sua madre. Una madre che ancora non conosceva…

Mi mostrò di quando suo padre le cantò una ninnananna mentre Alice lavava via il sangue dal corpo martoriato di Bella.
Poi vidi Rosalie che la accudiva, Jacob che la voleva tenere in braccio.
Notai lo sguardo adorante di quest’ultimo, e capii perché lui e Rose stessero litigando.
< Ha avuto l’imprinting con vostra figlia? > Domandai attonita e vidi Carlisle irrigidirsi.
Edward ringhiò piano, stringendo più forte la mano di Bella. La piccola, attirata dal suono, si immobilizzò e voltò il capo per osservare il padre che le sorrise e le accarezzò il nasino perfetto con l’indice. Si chinò e le baciò la fronte prima di aggiungere: < Per il momento, non mi interessa. Dopo, insieme > e guardò Bella < vedremo come comportarci. Il debito che avevo nei suoi confronti non può spingersi a tanto. Non l’ho cacciato solo perché riesco a leggergli i pensieri. >
< Ma è solo una neonata! > Sussurrai scandalizzata, accarezzandole il visetto. Lei si strinse contro la mia mano inspirando il mio odore.
< Sì, ma lui non la vede come… amante. Vuole che sia felice… in questo, devo dire che non si discosta da me. Il suo amore non è carnale, non ancora. Tutta la faccenda dell’imprinting è molto complessa. Se fosse stato altrimenti, l’avrei già fatto a pezzi. >
< Edward… >
< Sì? >
< Posso tenerla un po’ in braccio? >
< Oh, ma certo. Tieni. > E me la passò. Lei inizialmente si sporse verso il padre ma poi, dopo che Edward l’ebbe baciata in fronte e l’ebbe rassicurata dicendole: < Non mi allontanerò. > la piccola si rilassò contro il mio petto. La manina stretta saldamente intorno al dito di Edward.
< Ciao Renesmee. Io sono la nonna. > e poi strofinai il mio naso sul suo.
Gorgogliò e mi afferrò i capelli, ridendo. Mi sfiorò la guancia e vidi, sentii che aveva sete.
Edward, che aveva letto quanto la bambina mi aveva mostrato, disse: < Rosalie ne ha messo prima a scaldare un po’, sai, a temperatura corporea… Potresti andare tu? Vorrei restare qui, con Bella. >

Certo, con Bella. Bella meritava di sopravvivere. Bella doveva farcela. Era un suo dovere verso sua figlia. Edward sorrise ai miei pensieri.

< Beh, allora noi andiamo a mangiare. > Sussurrai alzando la bimba che sorrideva. Anche Edward fece lo stesso, sfiorandole il visino con il palmo della mano.
Uscii e scesi le scale lasciandomi alle spalle Edward e Carlisle, impegnati a discutere e visitare Bella.
Lei, incosciente, respirava a fatica ma il suo cuore acquistava forza con lo scorrere del tempo.
Ogni battito era una speranza in più.

In cucina trovai Rose intenta a scaldare del sangue. Ne ignorai l’odore.

Jacob mi venne vicino. Il suo corpo enorme emanava calore.
< Posso tenerla? > Mi chiese.
< Non ci pensare neanche, cane. > Sibilò Rose posizionandosi al mio fianco, dal lato opposto rispetto a Jacob.
< Esme, potresti occuparti tu del cibo della bambina? >
< Ma certo. > Ed automaticamente mi sporsi per affidarle la minuscola neonata.
Le sue braccia, proprio come avevano fatto le mie, si curvarono a formare una culla in modo molto naturale. Istintivo.
< Ciao piccolina. > le sussurrò gioiosa. Renesmee le carezzò la guancia e Rose rimase in silenzio per alcuni istanti poi, facendosi forza, si ricompose e la fissò negli occhi, con un sorriso rassicurante sul volto.
< Non preoccuparti. La mamma verrà da te presto. Aveva tanta voglia di conoscerti. Ti vuole tanto bene... >
E poi se la strinse al petto, coccolandola come se fosse stata figlia sua.

E in un certo senso quella bambina era come se fosse diventata la figlia di tutti. Quella che né io ne Rose o Alice avremmo potuto avere.
Quella per cui Bella non aveva esitato a mettere la sua vita su un tavolo operatorio, a farsi dilaniare, a lasciarsi tutto alle spalle per affrontare un futuro incerto e rischioso.
La vita per la quale Bella non aveva esitato a barattare la sua.

< Esme, è pronto? > Domandò Rose cercando di far star tranquilla Renensmee.

Io cercai di ritornare con i piedi per terra, mi passai un dito dietro le orecchie per sistemare una ciocca di capelli e poi versai il sangue tiepido nel biberon di ferro che era poggiato nel lavandino.
< Si certo, ecco. Vieni Renesmee, vieni che la nonna ti da da mangiare. > Dissi prendendola tra le braccia e poggiandole la tettarellla sulle labbra che si dischiusero immediatamente, avide, affamate.
Che strano pensare a me come nonna. Io che non avevo potuto essere realmente madre.
Non molto lontano, al piano di sopra, il cuore di Bella batteva con vigore sempre maggiore.

Alice, seduta ai piedi delle scale con gli stracci ancora tra le mani, sospirò e si appoggiò al corrimano.
< La vedo. > sussurrò infine, tranquillizzata e rasserenata. < Bella starà bene. >
La bambina riconoscere il nome della madre, allentò la presa delle manine e mi sfiorò con il palmo liscio. Era già leggermente, impercettibilmente più grande di prima.
Mi mostrò il volto di Bella.

Le presi la manina nella mia e la rassicurai: < Non preoccuparti. Vedrai. Fra non molto sarà la mamma a tenerti in braccio. E anche papà sarà più tranquillo. >
Quasi a sottolineare quello che avevo detto, il cuore di Bella mi parve battere in modo più ritmato, tranquillo... La piccola sbadiglò ed io la accarezzai, sfilandole il biberon dalle sue labbra soffici e rosse, piegate in un sorriso inconsapevole.

Poi la passai a Rose, impaziente di tenerla con sé.
Jacob ci fissava con lo sguardo perso lontano, negli occhi semichiusi di Renesmee.

Rose si chinò su di lei e le sussurrò: < Per intanto, saremo noi a prenderci cura di te, finché la mamma non starà meglio... >
  
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