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Autore: laurapalmer_    01/05/2015    4 recensioni
"E' quando sei convinto di poter stare in piedi, o di esserlo, che possono passare gli tsunami senza che tu faccia la minima piega."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ventidue

addio








Franciscus era cattolico.
La maggior parte dei suoi amici non era mai entrata in una chiesa cattolica, prima d'oggi.
Le prime ad arrivare sono Zara e Danie, entrambe vestite di nero, una tutta impettita e l'altra mollemente appoggiata al braccio della propria migliore amica. Hanno passato la notte insieme, sole, nella penombra della cameretta di Danie, nel più completo silenziom, interrotto solo ogni tanto da un singhiozzo trattenuto.
Dietro di loro ci sono Luke e Lia, poi Calum che arriva con Michael e Ashton, Nina per ultima, le labbra prive del rossetto sgargiante che a lei piace tanto.
- Non andavo in chiesa da... - comincia Michael, evidentemente a disagio, con i capelli colorati in mezzo a tanto nero.
Luke gli tira una gomitata, tenendo comunque il braccio attorno alle spalle di Lia, che non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare.
- Calum, tu vai con Danie?
Lui scuote la testa stizzito, fissando con l'espressione dura il cranio rasato di Maximilian, a qualche metro da loro.
- Non cominciare - lo avvisa Ashton - Siamo al funerale del suo migliore amico.
Calum è costretto a ingoiare il groppo che gli stringe la gola e si volta, con fatica: - Entriamo.
Vanno a sedersi un paio di file dietro Danie e Zara, separati dagli amici più stretti di Franciscus e dalla sua famiglia.
Ci sono sue foto, vicino all'altare, e una composizione di fiori tutti bianchi è posata sulla bara, al centro della navata.
Tutti piangono, tutti sono ingobbiti, tutti si fanno forza stringendo le mani del proprio vicino.
A Michael sembra infinita, la funzione: il prete scandisce piano ogni parola, con le sue parole cerca di ricordare Franciscus, senza successo, si scaglia contro chi l'ha investito ed è poi scappato, muovendo forse qualcosa dentro i presenti, ma è tutto come cristallizzato. Sta assistendo a un funerale, non lo sta vivendo.
Quando sale Maximilian sul pulpito, con gli occhi lucidi e il maglione nero che gli scivola molle sulle spalle spigolose, sembra quasi che qualcosa stia per cambiare.
Michael osserva Calum irrigidire la mascella, mentre controlla le reazioni di Zara, poi alza lo sguardo verso il ragazzo che nel frattempo ha cominciato a parlare.
- Franciscus era... il mio migliore amico. Non ci sono altri modi per descriverlo, potrei dire che era un bravo ragazzo, che non se lo meritava e che non è giusto, ma chi mi conosce sa che odio rimpiangere il passato. Lui non avrebbe mai voluto vedermi abbattuto per una cosa del genere. Avrebbe detto che è andata così e ha ragione, non saranno le mie lacrime a riportarlo qui. Mi mancherà, questo sì, mancherà a tutti, immagino, perché era quel genere di persona che non si può non adorare.
Michael abbassa lo sguardo, osservando Danie dirigersi lentamente verso il pulpito. Doveva immaginarselo, che avrebbe parlato anche lei.
Danie, dal canto suo, non ne ha voglia. Si sente come se un milione di uncini la dilaniassero dall'interno, tirandola e strappandole ogni organo vitale.
Sta male, come molte altre volte, ma è come se questo dolore dovesse durare in eterno e non si sente in grado di sopportarlo.
Fa un passo, un gradino, due, poi le gambe si fanno all'improvviso molli, la chiesa torrida e l'aria irrespirabile.
Basterebbe un piccolo sforzo di autocontrollo, Danie lo sa, ma regolarsi non è mai stato il suo forte.
Sceglie, tra tutte, la cosa più sbagliata: si volta ed esce.


- Secondo te dove può essere andata?
- Non ne ho idea, altrimenti non sarei qui a vagare come un deficiente! - sbuffa Michael, passandosi una mano tra i ciuffi colorati dei suoi capelli, completamente nel panico.
Lia sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
Ormai è talmente abituata all'accento scozzese che non ha alcun problema, quando Mike è agitato e si mangia due parole su tre.
- Perché è uscita? - chiede, guardandosi intorno.
Michael si stringe nelle spalle e: - Non ne ho idea - confessa, mentre interiormente esulta, perché sa che non avrebbe potuto sopportare le parole strozzate di Danie.
Egoista, certo, ha imparato dal migliore, lui.
- E' là - mormora poi Lia, dandogli un colpo leggero con il gomito.
Michael segue con gli occhi la mano dell'amica, che gli indica la figura minuta di Danie, appoggiata mollemente ad una parete, le guanche rigate da spesse righe di mascara colato e una sigaretta tra le labbra sottili.
- Vai da solo - gli suggerisce Lia, allontanandosi per raggiungere Luke, che li ha osservati da lontano per tutto il tempo.
Michael è abituato, a stare da solo: figlio unico di due lavoratori accaniti, riservato da sempre e timido per gran parte della sua adolescenza, il silenzio non gli pesa, non tanto.
E' quindi tutto nuovo, ora, persino il senso di disagio che il mutismo nel quale Danie si è calata gli provoca.
- Hai mai sentito quella citazione del cazzo, quella tipo "Ci siamo voluti così tanto, ma ci siamo tenuti così male?" - gli chiede lei, gli occhi pallidi rivolti all'orizzonte, appena gli si fa vicino.
Michael scuote la testa, quasi timido.
- Ecco, immaginavo, sai? - ride Danie - Solo Luke la conosceva già.
- Luke è un coglione.
- Questo senza dubbio. Però io ti ho voluto tanto.
- E Franciscus?
Danie scuce le labbra in un sorrisetto amaro: - E' questo il problema. Siamo al suo funerale e tutto quello a cui riesco pensare è che comunque io non lo amavo. Non ce la faccio, a stare dentro, dove tutti piangono e io vorrei piangere per lui, quando invece devo piangere per la persona che avrei dovuto amare. Un po' contorto come discorso - aggiunge alla fine, notando l'espressione perplessa di Michael.
- No! Cioè, no, ti seguo.
- Io amavo il modo in cui mi guardava, in cui mi sorrideva e parlava - Michael storce la bocca, che di sentire inutili elogi non ne ha voglia - Ma... è complicato da spiegare.
- Abbiamo tempo.
- Ma io non ho le parole.
- Ti mancherà?
Danie fa spallucce, portandosi dietro l'orecchio un ciuffo di capelli che gli ricade davanti agli occhi. Michael non crede di averla mai vista vestita interamente di nero in tutta la sua vita, ci deve sicuramente essere lo zampino di Zara.
- Sono abituata a farmi mancare le cose.
Sorride.
Michael le passa un braccio intorno alle spalle e se l'avvicina ancora di più, mettendo a tacere l'istinto che gli ruggiva dentro da un po'.
Non sono più abituati, ma va bene così.


Claude non è ancora rientrato a casa per pranzo ed Helena lo sta aspettando seduta comodamente sul divano rosso del loro salotto.
La chicken pie è già pronta, chiusa nel forno per non raffreddarsi, in tv non c'è nulla di interessante e sisente un po' sola, senza i messaggi stupidi che Zara le invia quando si annoia a lezione.
Il campanello suona, poi, invadendo l'ambiente di un trillo acuto che ad Ashton non è mai piaciuto.
Non c'è Claude, però, dietro alla porta bianca del loro ingresso; al suo posto Helena trova un donna che è il suo completo opposto.
Ha i capelli scuri legati elegantemente in uno chignon, gli occhi sono truccati minuziosamente e il rossetto poco appariscente le conferisce un'aria raffinata, mentre gli abiti da donna in carriera le scivolano comodi sul corpo asciutto. Indossa un paio di quelle scarpe con il tacco a spillo che lei ha sempre guardato con timore.
- Credo che abbia sbagliato...
L'altra scuote la testa meccanicamente: - No, l'indirizzo è giusto.
- Sta cercando qualcuno?
- Vive qui Claude Irwin, giusto?
Helena annuisce, scettica, ancora appoggiata allo stipite della porta.
La donna apre le labbra in un sorriso, ma viene anticipata dalla voce sgomenta del padre di Ashton.
- Catherine?
- Claude! - le labbra di Catherine sono leggermente incurvate, ma gli occhi verdognoli non lasciano trasparire nessun tipo di emozione, nè gioia nè agitazione.
- Perché sei qui?
- Passavo da Edimburgo.
- Ashton non ti vuole vedere - esala lui, glaciale. Fa due passi in avanti, il maglione blu che fa a pugni con il cachi dei suoi pantaloni.
A Catherine non sono mai piaciuti i vestiti comodi di Claude.
- Ero qui per un semplice saluto - replica lei, ricalcando di riflesso i modi di fare meccanici dell'uomo.
C'è stato un tempo in cui sono andati d'accordo, tanto da sposarsi e avere insieme un figlio, ma a guardarli non si direbbe mai: Claude, con i suoi capelli brizzolati e la barba lasciata un po' lunga, il suo maglione largo, l'orecchino al lobo e le mani callose di chi ama lavorare in giardino, osserva immobile Catherine, le unghie smaltate di un bordeaux particolarmente elegante e la costosissima borsa griffata che pende da una spalla.
- Ashton non ti vuole vedere - ripete lui, categorico.
Helena assiste alla scena impotente, silenziosa: Catherine, con un cenno veloce della testa, scende gli scalini e torna in strada. Sul marciapiede, torna ad essere l'anonima donna in carriera che si è presentata al campanello.
Una delle tante, che, dopo un ultimo sguardo annoiato, se ne va.
- Ho fame - spezza il silenzio Claude, stiracchiando poi un sorriso in direzione di Helena, che sembra tornare a respirare solo ora, dopo interminabili minuti di apnea.
Aspetta che la raggiunga, poi si chiudono alle spalle tutti i problemi, insieme alla porta di casa.















NdA: Buonaseeeeeera e buona festa :)
Sono di corsa (ehi, che strano), ma abbiamo qui il ventiduesimo capitolo. A parte il fatto che per me è semplicemente SURREALE essere già a questo punto, sono felice di aver scritto questa parte (un po' con il cazzo, non sono soddisfatta), ma mi sono tolta un peso.
So che Danie risulta incomprensibile, ma ormai dovreste saperlo, che nulla è come sembra ahahah
Vi lascio, un bacione grande a tutte!

Eleonora



  
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