Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Jules_Kennedy    08/05/2015    5 recensioni
Shanks, dopo la morte di Makino, deve gestire due figli scatenati e famelici.
Rufy e Sabo, figli del rosso, non stanno mai lontani dai guai, e la cosa sembra non importargli granchè.
Killer e il suo fratellino Kidd vivono in una tranquillità costruita a fatica, ma sempre pronta a scoppiare.
Corazon cerca una cura per qualcosa che affligge suo nipote Law, impedendogli di essere come gli altri bambini.
Perona ed Ace vivono insieme all'orfanotrofio, quando un giorno lei scompare dalla vita di lui.
Come può un intreccio così incasinato di vite, trovare la propria armonia?
La risposta in realtà, è semplice.
Con un sorriso.
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ace/Rufy, Corazòn, Donquijote Rocinante, Eustass Kidd, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Nami/Zoro
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SMILE

Life is a mistery,
Everyone must stand alone
i hear you call my name, and it feels like.. home.
("Like a prayer", Jay Smith)
 
 
Shanks Red amava il caldo. L'estate era probabilmente uno dei periodi dell'anno che preferiva, tanto sole, mare, pace..

Beh, pace non proprio, considerando che l'estate portava con se, oltre che le zanzare, anche le vacanze, facendo si che il rosso si ritrovasse in casa quelle due pesti che erano i suoi figli, Sabo e Rufy.

Non che lui non adorasse stare con i suoi bambini, solo.. si faceva prendere troppo dai loro sogni e dalle loro aspirazioni, rischiando di sembrare più un terzo fratello che un padre vero e proprio. Si lasciava trasportare dalle loro fantasie, immaginando una vita colorata e avventurosa, sperando sempre di svegliarsi e ritrovarsi in quel mondo prodotto dalle fervide menti dei due bambini, assolutamente privo di preoccupazioni e responsabilità.

In fondo, era così che aveva sperato di vivere la sua vita, partendo per il mare. Poi aveva incontrato lei, e tutto era cambiato. Nel giro di pochi anni si erano ritrovati ad accogliere nella loro vita due piccoli miracoli, un moro piccolo ma pestifero, ed un biondo sdentato e furbo.

Non si poteva dire che vivesse di avventura, ecco, ma.. andava bene. Aveva trovato il suo equilibrio, e chi teneva tutto il castello in piedi era lei, Makino. L'unica donna che mai avesse amato nella sua vita. Se ne era accorto forse troppo tardi di ciò che davvero lei significasse nella sua esistenza, e in quella dei suoi figli.

La malattia se l'era portata via presto, troppo presto.

Da quando lei se ne era andata il rosso aveva dovuto fare i conti con la realtà dei fatti, ritrovandosi da solo a crescere due ragazzini iperattivi e mostruosamente famelici.

Lei sapeva come gestirli, lui andava semplicemente nel panico per ogni cosa.

Gli mancava davvero tanto, la sua Makino.

Si riscosse, passandosi una mano tra i rossi capelli. Non poteva sempre pensare al passato. C'era un presente a cui badare, ed era meglio iniziare a farci i conti.

Shanks si alzò dalla sedia della cucina dirigendosi verso il piano cottura, ghignando rassegnato.  I marmocchi stavano per arrivare, e lui avrebbe sfoderato il suo miglior sorriso per loro, come sempre.

E sopratutto, se non gli avesse fato trovare il pranzo pronto, l'apocalisse si sarebbe abbattuta sul mondo, quindi gli conveniva sbrigarsi.
Quando quei due avevano fame, non c'era tragedia che tenesse.
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-Appena papà ti vede ti fa fuori, poco ma sicuro!-
-Sta zitto Rufy, tu tieni la bocca chiusa e nessuno saprà niente. E poi se la sono cercata, volevano fregarti i soldi del pranzo!-
-Smettila, me la sarei cavata benissimo da solo!-
-Seh, come no. E poi perchè diavolo ti sei andato ad infilare nel cortile di quelli di terza, mi chiedo io?-
-Volevo conoscere il bambino nuovo, se ne stava solo in un angolo con un libro e allora ho pensato di andare a presentarmi..-

Sabo guardava suo fratello, cercando di non ridere del suo sguardo affranto. Rufy aveva tante qualità, ma di certo la lungimiranza non era tra queste. Ci credeva che suo fratello era davvero andato in mezzo alle belve di terza solo per conoscere quel ragazzino strano che si era appena  trasferito nella loro scuola, era una cosa da lui. Agiva senza pensare alle conseguenze, e anche se lo faceva a fin di bene, si metteva quasi sempre nei guai.
Lo aveva trovato infatti accerchiato da un gruppetto di bulli che sembravano pronti a spillargli fino all'ultimo centesimo a suon di botte, e così aveva deciso di agire. Si era scagliato contro gli aggressori armato del suo fidato bastone, riuscendo a mettere K.O quei prepotenti che volevano fregare Rufy.

Era andato tutto bene, finchè non era inciampato sulla gamba di uno di loro, finendo con la faccia a terra e con un grosso livido violaceo sulla tempia.

Che vergogna.
 
Probabilmente a suo padre avrebbe raccontato la verità, ma nessuno all'infuori di lui (e di Rufy, che vagamente aveva notato la dinamica dell'incidente) avrebbe dovuto scoprire che quel bollo violaceo era frutto di una stupida distrazione e non di un eroico combattimento a suon di cazzotti.
Assolutamente no, non se ne parlava.

-Ci credo Rufy, ma è meglio non dire nulla a papà. Se se ne accorge mi inventerò qualcosa, l'importante è che tu non tiri fuori l'argomento. D'accordo?-
Il piccolo moro gli rivolse un grande sorriso, annuendo convinto.

"Se la canterà." pensò il biondo, affranto e pronto ad affrontare l'interrogatorio di suo padre. Aveva anche fame, e sicuramente il fratello gli avrebbe fregato metà del pranzo, come faceva sempre.
"Dannato Rufy..." si disse sconsolato, gettando un'ultima occhiata al viso raggiante del fratello, voltando l'angolo per raggiungere casa.
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-Kidd, dannazione, muovi il culo e aiutami a preparare il pranzo!-

Stupido ragazzino. Stupido, stupido rosso ragazzino. Killer si voltò verso il moccioso stravaccato sul divano, e non ricevendo alcuna risposta da quella testa rossa, decise delicatamente di lanciargli un mestolo in testa, beccando perfettamente il bersaglio.

-Cazzo Killer, mi fai male!-
-Linguaggio porca puttana, Kidd!-
-Ma stai a sentire quello che dici tu piuttosto, biondo di sta ceppa!-
-Se non ti alzi immediatamente giuro che ti sequestro il gel, marmocchio.-

Il piccolo rosso si girò di scatto, fulminando il fratello con lo sguardo. Il gel no dannazione, tutto tranne quello! Già la giornata era stata stressante di suo. Aveva dovuto da fare da guida a quel pidocchio che si era appena trasferito nella sua classe, uno strambo con gli occhi da pazzo.. non si ci poteva mettere anche quell'idiota di suo fratello! E poi, aveva già un posto segreto dove tenere lo smalto e il rossetto viola che aveva rubato in un negozio,  in attesa dell'età per poterli indossare, e non aveva intenzione di  rinunciare all'unico privilegio che si poteva concedere.

Quel biondo sapeva che armi utilizzare contro di lui. Sbuffò sonoramente, imprecando tra i denti mentre si avvicinava a passo lento alla cucina.

Non che ci fosse tutta sta distanza tra le due stanze, considerando la dimensione esigua dell'abitazione. Quattro stanze, un'infinità di schifezze sparse per terra e un numero indefinito di poster metallari e band merchandise. Questa era la casa di Eustass Kidd e di suo fratello Killer, che a differenza del fratellino era un diciottenne ben impostato e con una capigliatura leonina tenuta ferma da un casco che gli copriva il viso perennemente.

A Kidd dava fastidio quello stupido casco. Dall'alto dei suoi otto anni capiva che suo fratello lo teneva per non far vedere a nessuno gli sfregi che gli costellavano il viso, ma non capiva il bisogno di tenerlo anche in casa, quando c'erano solo loro due.

Kidd ricordava perfettamente il giorno dell'incidente, il fuoco, il sangue.. Gli era rimasto solo Killer, e per puro culo. E quelle ferite le aveva viste più di una volta. Ci aveva fatto l'abitudine.
 
Il biondo si era ripreso lentamente dal trauma, sia fisico che morale, ritrovandosi con un fratello scontroso ed iroso da crescere. Se qualcuno gli avesse detto che quella sarebbe stata la sua vita, probabilmente Killer avrebbe tirato un cazzotto in faccia a quel coglione che aveva avuto il coraggio di sparare una minchiata del genere.
Eppure era li, a punzecchiare quel moccioso dai capelli rossi che lo aiutava a sistemare la tavola, guardandolo di sottecchi e lanciando frecciatine.

In fondo era quello il loro modo di comunicare. Strano, ma a loro andava bene così.
Anche se litigavano, Killer avrebbe dato la vita per proteggere suo fratello. E Kidd questo lo sapeva.
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L'orfanotrofio di Raftel non era poi un posto così schifoso.

C'erano tanti bambini di età diverse, e tutti con storie più o meno drammatiche, ma ci si sosteneva a vicenda. Ace ci aveva fatto l'abitudine ad avere a che fare con ragazzini della sua scuola che venivano presi e accompagnati dai rispettivi genitori senza starci male più di tanto, in fondo non avrebbe avuto senso lamentarsi.

Sapeva di non essere un orfano e che suo padre non era altro che un bastardo troppo occupato a vivere di sogni per preoccuparsi del proprio figlio, e la sua sistemazione attuale gli andava a genio. Voleva bene ai suoi fratelli dell'orfanotrofio, specialmente a Marco.

Lui senza dubbio era quello a cui Ace si era legato maggiormente. Era uno tra i più grandi, aveva sedici anni e una stranissima capigliatura bionda, simile ad un cespuglio. In realtà Ace litigava praticamente in continuazione con Marco, dato che il passatempo preferito del biondo sembrava fosse fargli saltare i nervi in qualsiasi maniera possibile. Tuttavia, quel giorno Ace era particolarmente giù.

La giornata era iniziata abbastanza male, considerando che gli avevano affibbiato un nuovo compagno di banco, un bambino nuovo e che sembrava anche piuttosto strano. Ad Ace piace starsene per i fatti propri, magari dando fuoco a qualche goccia di cancellino. E invece era li, a dividere il banco con il moccioso più strano che avesse mai visto. Un buffo cappello a macchie sulla testa, una pelle olivastra ma stranamente macchiata di bianco in diversi punti, e due occhi color grigio-blu, stranamente intensi. Ace aveva provato un'immediata tristezza nel guardare il ragazzino negli occhi. Dal canto suo quello non aveva fiatato, rivolgendo la sua attenzione esclusivamente al grande libro di scienze che portava sotto il braccio.
Al lentigginoso moro non poteva importare un granchè di quello che il suo nuovo compagno aveva intenzione di fare, lui era già abbastanza scosso così.

Già, perchè proprio quella mattina una delle persone a cui teneva di più a Raftel era stata adottata.

Non che Ace fosse scontento per Perona, anzi! Era felice che lei avesse trovato una famiglia con cui stare, qualcuno che le avrebbe voluto bene
veramente. No, ciò che gli faceva male era il modo in cui si erano salutati. O meglio, in cui NON si erano salutati.

Si, perchè Ace odiava gli addii, e non voleva farsi vedere abbattuto o triste da Perona, non voleva rovinarle l'atmosfera. Aveva optato per chiudersi in camera, attendendo che la bambina smettesse di bussare alla sua porta per convincerlo ad uscire per salutarlo, sentendo i suoi passi mogi allontanarsi giù per le scale. Lottando per non piangere.

E ora se ne stava li, seduto su quelle stesse scale da dove lei era andata via, forse verso una vita migliore. Nemmeno si accorse di Marco che si era portato vicino a lui, sedendosi al suo fianco.

-Non mi fare la predica, Marco. Io so come gestire i miei affari.-

Il biondo se l'aspettava una frase così. Nel linguaggio di Ace significava semplicemente "parla", ma il moro era troppo orgoglioso per chiedere a qualcuno di potersi confidare, e quello era l'unico modo che conosceva per comunicare. Sorrise Marco, cercando le parole giuste da dirgli.

-Sai, sembrano brave persone. I genitori adottivi di Perona, intendo. Lui ha degli occhi veramente strani, e lei.. beh, lei sembra davvero carina. A Perona brillavano gli occhi.-
-...hm.-
-Dai Ace, inutile che fai il bietolone insensibile. Ti manca, e manca anche a me. So che non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura, ma a me certe cose non le nascondi. Sappi semplicemente che da quello che ho sentito (e non stavo origliando, semplicemente Oyaji parla ad un volume spropositatamente alto) frequenterà sempre la tua stessa scuola, quindi potrete continuare a vedervi. E se non ti bastasse, casa sua è a pochi isolati da qui.-
-..Davvero? Questo significa che potrò vederla?- chiese Ace, lo sguardo fisso sulle scarpe. Se si fosse fatto scoprire da Marco così rosso ed imbarazzato com'era al pensiero di rivedere Perona, probabilmente il biondo l'avrebbe preso per il culo a vita. E avendo solo otto anni, Ace sapeva che una vita sarebbe stata mortalmente lunga.

Senza ricevere una risposta, vide Marco alzarsi, dopo avergli tirato uno scalpellotto affettuoso sul collo. Rimase li il moro, tenendosi le ginocchia con le braccia.
Sorrise.
L'avrebbe rivista.
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-Cora-San, perchè devo andare a scuola? Quelle cose che spiegano gli insegnanti io le so già. Non vedo l'utilità di perdere tempo prezioso in un luogo inutile come la scuola.-

Lo stangone biondo fissò il bambino, seduto sul sedile del passeggero accanto a lui. Sorrise, perchè era quello che faceva sempre, sorridere.

-Sai Law, a scuola potresti conoscere altri bambini. E poi ti serve occupare il tuo tempo, in fondo non puoi passare tutto il giorno a letto in attesa della prossima visita medica. Non se ne parla. Tu andrai a scuola, che ti piaccia o no.- concluse ferreo Corazon, attendendo la tagliente risposta del nipote.

 Quel bambino aveva una lingua velenosa come poche, ma su Cora non aveva effetto. In fondo, lui sapeva come prenderlo, Law.

-Beh, non vedo perchè non posso stare a casa a studiare. Alla fine quei bambini sono dannatamente stupidi, e se tu li vedessi.. oh beh, ripensandoci, a te piacerebbero Cora-san. Tutti allegri e sorridenti, con i loro zainetti e le loro merende. Si, ti piacerebbero di sicuro.-
-Sono certo che tu abbia conosciuto qualcuno di interessante a scuola, Law, altrimenti non ti prenderesti la briga di raccontarmi così tanti dettagli di su loro. Avanti, sputa il rospo!- lo punzecchiò Cora, facendolo saltare sul posto  facendogli il solletico al fianco.
Il moro gli rivolse un'occhiata che doveva sembrare di odio puro, ma il biondo sapeva che a Law piaceva essere stuzzicato. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era così. Sorrise fiducioso, riportando lo sguardo sulla strada.

-Beh, qualcuno l'ho conosciuto.-

"Bingo."

-E come si chiama?-
-In realtà ho conosciuto più di una persona. Beh, uno non è che l'abbia proprio conosciuto, ma si è avvicinato a me all'intervallo. Credo che si sia messo nei guai con alcuni bulli di terza, ma da quello che ricordo non gli è successo nulla.-
-Hm, capisco. Magari voleva fare amicizia.-
-Probabile, anche se era un marmocchio di prima, e credo che non ci avrei trovato nulla di interessante nel parlare con lui. Poi un altro moro lentigginoso ha cercato di attaccare bottone in classe, ma con scarso successo. Sembrava triste, ma non gli ho chiesto nulla, alla fine non sono fatti miei. E poi uno stupido bullo con i capelli rossi mi è stato affibbiato dalla prof di lettere per farmi fare un giro della scuola. Ti giuro Cora-san, se non fosse che quel tipo è il doppio di me credo che l'avrei ucciso.-
-Ah, e come mai?-
-Beh.. è antipatico, volgare, rumoroso e prepotente. Spero di non averci più nulla a che fare.-
-... Beh, Law, vedo che ti sei fatto un nuovo amico!- rise Cora.

E mentre lo diceva, sotto il tono scherzoso, Cora credeva davvero alle sue parole. Era davvero convinto che Law avrebbe trovato degli amici.
O meglio, lo sperava.
Perchè anche Law meritava di essere quello che era: un semplice bambino di otto anni.
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Perona sentiva il profumo di macchina nuova andarle alla testa, mentre il cuore le si alleggeriva man mano che si allontanava da Raftel. Non che l'orfanotrofio fosse un brutto posto, aveva incontrato persone stupende li, e un po' le dispiaceva lasciarle, anzi.

Ma stare li, in quella macchina, con i suoi nuovi genitori adottivi, era quanto di più bello avesse potuto sperare la piccola rosa.
A sette anni appena compiuti, aveva vissuto la sua intera vita tra le mura dell'orfanotrofio, diventando la sorellina minore dell'intero istituto. Ripensava con dolcezza a tutti coloro che in quegli anni l'avevano fatta sentire a casa, cercando di risollevarle sempre il morale e trattandola sempre come una principessa.

Tutti tranne lui.

Ace non era voluto uscire a salutarla, e la cosa le bruciava. Le bruciava maledettamente.

Perchè doveva essere sempre così testone e caparbio? Lei voleva solo salutarlo, dirgli che sarebbe vissuta poco lontano dall'orfanotrofio, così sarebbe potuta andare a trovarlo ogni volta che voleva, e che a scuola si sarebbero rivisti come se nulla fosse cambiato. A modo suo voleva rassicurarlo, anche se non era molto cerca sul perchè. Aveva visto lo sguardo triste che si era celato dietro al suo abituale sorriso, la sera in cui gli aveva detto (il primo dell'orfanotrofio a ricevere la notizia) che era finalmente stata adottata, che il suo sogno si era avverato. E aveva percepito con quanta forza Ace l'avesse stretta a se, quasi spaventato di poterla perdere.

Si sentì avvampare al solo pensiero di quell'abbraccio, e strinse il suo Kumachi ancora più forte, respirando profondamente.

-Perona, tesoro, va tutto bene?- chiese una ragazza bionda seduta a lato passeggero, sporgendosi verso di lei.

La rosa aveva sentito il suo nome, Cindry, o qualcosa del genere. Lei sarebbe stata sua madre. Sembrava una brava ragazza, con il chiaro viso illuminato da due grandi occhi nocciola, e un sorriso delicato che si accompagnava perfettamente al caschetto che le incorniciava il viso.

-Si, è che non esco spesso dall'orfanotrofio, quindi per me le strade sono nuove..- spiegò la piccola, sorridendo timidamente.
-Non preoccuparti, siamo quasi arrivati.-

Era stato suo "padre" a parlare.
A Perona era bastato uno sguardo per capire che l'uomo che era venuto a prenderla quella mattina era una persona speciale. Aveva un pizzetto curato e un bel paio di baffi, capelli ben sistemati e di un nero lucente, era molto alto e anche molto bello.
Ma quello che aveva completamente catturato la bambina era il suo sguardo, intenso e penetrante, con quei suoi occhi color ambra dorata, così grandi e apparentemente freddi, ma Perona ci leggeva dentro tanta bontà. In fondo se l'avevano adottata non potevano che essere brave persone.

-Dopo che ti avremo mostrato la casa, vorremmo portarti fuori per un gelato. Ti andrebbe, Perona?- chiese Cindry, sorridendo dolcemente. Perona annuì convinta, felice come una pasqua.
Si sentiva emozionata come non mai, pronta ad iniziare una nuova vita.

Non vedeva l'ora di andare a scuola, per raccontare ad Ace ogni cosa su quel meraviglioso pomeriggio.
Che per fortuna,  era appena iniziato.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Uhm.. non so bene cosa mi sia venuto in mente. ç_ç So solo che vorrei gettarmi in questa impresa folle, in questa long che mi ispira davvero un casino. *^* Sinceramente ho avuto l'ispirazione da una fanart che ho visto oggi, e subito mi sono gettata a capofitto su questo primo capitolo, forse non molto attivo ma sicuramente introduttivo per far capire un po' attorno a chi gira la storia ^u^"
La scelta dei personaggi rispecchia la fanart, anche se alcune cose ho deciso di cambiarle u.u Fatemi sapere se vi piace e se vorreste vederla continuata, e in caso contrario, se avete qualche suggerimento o correzione, non siate timidi e fatevi avanti :3
Al solito vi aspetto, e spero davvero che questa idea possa prendere piede.
Un grande bacio, a presto! <3
 
Jules

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