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Autore: alisya    31/12/2008    11 recensioni
Molti mi chiedono quand’è che tutto ebbe inizio,
quand’è che si accese un lumino nell’ombra di pece…
E io rispondo che accadde una notte, a settembre,
molti anni orsono.
Quel dì una giovane anima venne carpita dal fato e gettata nel turbine degli eventi.
In un anno si crearono le radici
per la nascita di quella, che oggi, chiamiamo Speranza.
In un anno furon gettate le basi Della Resistenza.
Rendiamo onore ad essi, signori,
a coloro che bruciarono,
come astri nel firmamento,
per fare La Luce.
È sulla loro cenere che crescono i campi.
È nelle loro ombre che combattono i cuori.
Onore ad essi, signori,
gloria per La Generazione Sfiorita.
Genere: Romantico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Voldemort | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad Irene_evans, che più di ogni altra ha apprezzato questa Fanfic.
Ti auguro un felice anno nuovo!





Capitolo 8 – Alla Stazione. -



Dopo innumerevoli e infruttuose ore trascorse a lottare contro l’avanzata di un viscidume non meglio identificato, la sentenza del corpo docenti era stata unanime: gli studenti dovevano essere rimandati a casa.
Accampati dunque nei pressi della banchina in cui l’Expresso per Hogwarts sarebbe dovuto venire a prenderli da circa tre ore, sottoposti a scarsissimi turni di sorveglianza, era normale che gli studenti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts iniziassero un po’ a scaldarsi.
Il famigerato treno rosso fuoco, benché largamente atteso, non si faceva vivo e nessuno di loro aveva il permesso di uscire da un raggio di cento metri dalla banchina. Il che era anche peggio dell’essere costretti un una unica Sala, perché l’aria aperta, così come le tortuose stradine di Hogsmeade, erano esperte provocatrici.
Sapientemente schierate ai due poli opposti della stazione: Serpeverde e Grifondoro facevano attenzione a non sfiorarsi neanche con lo sguardo.
Ovviamente, Samantha Cooper e Victoria Anderson costituivano due eclatanti eccezioni. La prima, del sesto anno, vantava degli splendidi occhiali da sole in stile Audrey Hapburn e, con grande disappunto delle sue compagne di Casa, era coinvolta in una disinvolta e piacevole conversazione con Cleopatra Edenbrought e Floranna Gilmore. Le tre fanciulle, sedute sotto al pallido sole di Settembre, attiravano una tale quantità di sguardi da fare sentire in dovere un galantuomo quale Sirius Orion Black di andare ad offrirgli il suo appoggio e protezione in quanto figura maschile.
La seconda, fusa ad un eterogeneo gruppetto stanziato su una panchina all’ombra di un tiglio in fiore, osservava con il massimo interesse il vorticare delle nuvole. Alla sua destra, Duncan cullava dolcemente May, pallida e silenziosa, mentre alle sue spalle, seduta a gambe incrociate su un’aiuola, Lily, prigioniera tra Andrew e James, meditava di tagliarsi le vene, a Alice, sdraiata nell’erba ancora umida per il temporale del giorno prima, sopportava gli sguardi al vetriolo di Lorelay, appostata poco più in là assieme ad alcune Tassorosso. Tutto perché James, assorto nelle sue fantasticherie, le accarezzava distrattamente i capelli.
- Lor ci guarda male. – lo informò quando ne ebbe abbastanza.
- E allora? – osservò tranquillamente il Grifondoro, stringendosi nelle spalle.
Alexia ed Eric, spariti alla ricerca di un’edicola, passarono vicino a Nina e Timmy Walls, appostati dietro ad una colonna a tubare come due colombi, ed emersero dall’ombra del porticato della stazione fianco a fianco. Tra le mani riviste, quotidiani, cioccorane, zuccotti e gomme bollenti.
- Tieni May, mangia uno zuccotto… - Eric, con una maglia a maniche lunghe dello stesso colore dei suoi stupendi occhi color oceano, sorrise gentilmente alla bambina.
Lei afferrò il dolcetto e se lo rigirò tra le mani, studiandolo e forse non vedendolo, mentre un’ennesima lacrima valicava l’orlo delle ciglia bionde per bagnarle una guancia.
Alexia si chinò e baciò il ragazzo sulla fronte. – Abbi fiducia. – mormorò. – Non è detta l’ultima parola. -
Duncan non mosse un muscolo, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli platinati leggermente scomposti dal vento.
Alice rotolò in modo da dare la schiena a Lorelay, resistette un altro paio di secondi e poi scattò in piedi.
- Dove vai? – domandò James, contrariato.
- Alla ricerca di un pacchetto di sigarette. – brontolò lei mentre si allontanava strusciando i piedi.
La Montgomery attraversò svogliatamente l’ombra del porticato ed entrò nell’ampio edificio della stazione, ne attraversò l’atrio e uscì in strada, semideserta per l’ora.
Si addentrò in un vicolo alla sua destra, dove sapeva trovarsi un piccolo tabaccaio.
Uscita dal negozio la ragazza si passo una mano tra i capelli ondulati, spalancò il pacchetto e afferrò una sigaretta con i denti, tenendola tra le labbra senza però accenderla.
Si sentiva nervosa. C’era qualcosa, nell’aria, che solleticava il suo istinto.
Cercando di non pensarci, Alice affrettò il passo.
E fu proprio quando era quasi giunta alla strada principale, che un’ombra si mosse, alle sue spalle, facendola prigioniera.
Una mano le serrò la bocca, falciando via senza remore la sigaretta ancora integra, mentre un corpo forte e flessuoso la spingeva con decisione in un pertugio tra due sudice abitazioni.
Alice non urlò, non ci provò neppure. Quanto ad opporre resistenza, lo fece giusto per recare fastidio al suo sequestratore.
Lo avrebbe riconosciuto tra mille altri.
Schiacciata contro un muro scrostato e muffito, lo trafisse con un’occhiata lampeggiante.
Erano le buone maniere, ciò che era sempre mancato tra loro.
Di passione ce ne era stata anche troppa.
Lui, Christopher Samuel Osborn, le rispose con il suo solito sorriso sghembo.
Il cuore della Grifondoro mancò un battito e lei ebbe paura.
Già sapeva che non avrebbe resistito.
Il Serpeverde le liberò la bocca tenendola nonostante tutto inchiodata alla parete.
- Ciao Chris. - masticò Alice leggermente affannata. – A cosa devo l’onore? -
- Mi mancavi. – sentenziò con aria indecifrabile l’aitante ragazzo vestito nei colori verde-argento. Aveva corti capelli biondi e uno spiccato atteggiamento felino forse dato dagli occhi, chiari come due acini d’uva.
Il suo corpo era teso. Ogni singolo muscolo contratto in un unico obbiettivo.
Farla sua. Ancora e ancora.
Come un predatore con la sua preda.
Alice gli piantò le mani sulle spalle, tentando di allontanarlo e spezzare lo strano meccanismo che si azionava tra i loro corpi con un semplice sguardo.
Chimica elementare.
- Tu neanche un po’. – replicò quindi, spietata.
- E’ per questo che ti dai da fare con Potter? - le mormorò lui ad un orecchio, solleticandole il collo con l’alito caldo.
La Montgomery scoppiò in una risata aspra e disincantata. – Ecco svelato l’arcano. – ringhiò poi. – Sei venuto a rimarcare il territorio. –
- Spiacente cara. – replicò Osborn, mellifluo e sicuro, mentre con libidine le mordeva il collo. – Tu sei già mia. -
La Grifondoro rimase senza fiato, e tutto attorno a lei cominciò a svanire. Calda e umida, quella lingua esigente si muoveva in piccoli cerchi sulla sua pelle.
- Ci siamo lasciati a giugno. – rammentò in un soffio, rovesciando nonostante tutto il capo verso il cielo per lasciargli maggiore possibilità di movimento.
- Allora forse non avremmo dovuto fare sesso durante l’estate. – osservò lui, roco.
- Già. – fu l’unica cosa che la Montgomery trovò da dire.
E fu proprio quando le sue labbra si incresparono nello scheletro di un sorriso che comprese di avere ancora una volta perso.
Non era semplice alchimia.
Lui era la sua droga.
E, come un carnefice che conosce a memoria la sua vittima, la teneva in pugno.
Una mano scivolò a massaggiarle l’addome piatto, sotto la camicia, e gli occhi della Grifondoro si incendiarono mentre, senza volerlo, smetteva di respingerlo e lo artigliava a se.
Inibita la sua volontà, affilati i suoi sensi.
Non c’è niente di peggio che un amore andato a male, elaborò Alice mentre lo fissava oltre le ciglia socchiuse.
E il loro era stato malsano già prima di deteriorarsi.
Christopher le afferrò un fianco, costringendola ad inarcarsi su di lui.
- Sei proprio un figlio di puttana. – soffiò sottilmente la Montgomery, in un ultimo barlume di lucidità.
- E tu sei bellissima. – lo sentì sussurrare un attimo prima di bruciarle le ali e trascinarla con se in un’altra vertiginosa caduta libera.
Lei gli affondò le unghie nella schiena, vendicativa.
Lui sorrise.
E come un rapace calò sulle sue labbra, catturandole in una battaglia che, in realtà, aveva già vinto.



Peter Minus accompagnò con un gesto della mano l’anta del sudicio cubicolo da cui era appena uscito.
Detestava produrre rumore.
Ogni singolo scricchiolio o schiarimento di voce divenivano per lui fonte di imbarazzo o, peggio ancora, gli apparivano come inopportune manifestazioni della sua esistenza.
Forse, molto semplicemente, odiava essere solo.
E in quel momento lo era, perché aveva litigato con i suoi migliori amici.
Il ragazzo ruotò il rubinetto e un forte getto d’acqua inondò il lavandino ingiallito.
Il suono gli dette fastidio. Era necessario fare silenzio, per passare inosservati.
I bagni della stazione erano deserti, ma nelle mattonelle sbeccate si riflettevano innumerevoli firme o messaggi, echi di passate presenze.
Quel luogo parlava da sé.
Peter, sciacquandosi il viso, concluse di andare a cercare James e scusarsi con lui. Come dono di pace avrebbe potuto raccontargli della dichiarazione d’amore che qualche ignota studentessa gli aveva dedicato, incidendola con un coltellino nella porta del gabinetto. Conoscendolo, l’amico sarebbe andato in sollucchero a una notizia del genere.
Forse poi sarebbero tornati nel bagno assieme, e avrebbero riso delle sconcezze che qualche altra anima pia aveva scritto sui muri all’indirizzo di Sirius.
Rincuorato e con l’animo più leggero, il Grifondoro si volse verso l’uscita. Non aveva mosso che pochi passi quando la porta si aprì e nel decadente bagno entrarono sghignazzando Evan Rosier, supponente e determinato; Severus Piton, un libro sotto braccio e i capelli neri più unti del solito; Avery Burton, quinto anno, corporatura massiccia e un’arroganza fuori dal comune anche per un Serpeverde; Nicholas Dalton, gemello di Phoebe Dalton.
Compatti quanto un muro, inarrestabili come una marea.
Peter, quasi involontariamente, arretrò di qualche passo. Il sorriso gli morì sulle labbra.
I ghigni dei Serpeverde, quando lo videro, se possibile si moltiplicarono.
- Ma tu guarda… una pecorella smarrita. – ironizzò Evan, un ragazzo alto e moro, con gli occhi dal taglio orientaleggiante e le iridi luccicanti in forte contrasto con la carnagione olivastra.
Un mantello nero allacciato sulla spalla destra copriva quasi interamente il suo fisico massiccio.
- Non mi dire che sei solo, Minus. – proseguì Avery agitando un dito a mo’ di finta predica. – Non è prudente, in tempi come questi… Dovresti saperlo bene. -
Piton, al fianco di Nicholas, sorrideva come se natale fosse arrivato in anticipo.
Peter fece un tentativo disperato. – Infatti me ne stavo giusto andando… - asserì con tono piatto.
- Io non credo proprio. -
- Già, che fretta c’è, Minus. Resta un po’ con noi… -
Dalton, capendo al volo, chiuse la porta e vi si appoggiò con una spalla. – Mi piace, come girano le cose ad Hogwarts. – osservò biecamente.
- E non hai ancora visto niente, Nick. – fu la poco rassicurante affermazione che giunse dalle labbra di Rosier.
- I miei amici mi stanno aspettando. – ringhiò il Grifondoro, serrando con le mani il bordo del lavabo e ispezionando la stanza alla ricerca di una via di fuga. Il cuore gli martellava forte nel petto.
- Chissà se ti riconosceranno, dopo che sarai passato sotto le nostre mani… - commentò malignamente Avery, sbottonandosi i polsini della camicia e arrotolando lentamente le maniche sugli avambracci.
Piton rise e avanzò di qualche passo. Peter istintivamente cercò la bacchetta e, dopo avere fatto un breve tafferuglio per districarla dalla cintura, la brandì alta.
- Cosa volete da me? – gemette, mortalmente pallido.
- Un po’ di divertimento, Minus, nient’altro… - rispose Rosier avanzando a sua volta.
- Siete dei vigliacchi. – rantolò il Grifondoro, orripilato.
Una risata cattiva lo fece sobbalzare. – Furbi, al limite. – replicò Piton. – Non lo sai che in un branco si attacca sempre l’elemento più debole? -
Gli occhi di Minus si inumidirono.
- Sei patetico, Minus. – sibilò con odio il Serpeverde, sputandogli ai piedi.
E improvvisamente Peter sentì di dover dire qualcosa. Pensò che se lo avesse fatto i suoi amici sarebbero stati fieri di lui. Arrivò scioccamente a crede che quella fosse la sua occasione di tenere alto l’onore dei Malandrini e dimostrare a tutti che anche lui, il piccolo imbranato Peter Minus, valeva qualcosa.
- Mai quanto te, Mociosus. – replicò con voce strozzata ma stentorea.
Un impedimento in un punto non meglio definito tra la carotide e i polmoni gli impediva di respirare bene, ma un’espressione vittoriosa gli si dipinse in viso quando vide le guance di Piton imporporarsi di colpo.
Aveva colpito nel segno.
Avery, alle spalle di Severus, esibì un sorrisino sfacciatamente sarcastico.
Mociosus. Lo aveva chiamato Mociosus.
- Lurido schifoso… - Piton, scansandosi dagli occhi neri la frangia unticcia, impugnò la bacchetta e con un unico e fluido movimento disarmò Minus.
Il Grifonodoro gemette ritraendo il polso, dove spiccava una lucente bruciatura.
- Fa male, eh? – lo incalzò il suo avversario, esaltato dall’idea di poter avere finalmente la sua vendetta.
- Non ci sono i tuoi amichetti a pararti le spalle, oggi. – ringhiò Evan facendosi avanti a sua volta.
- Sei tutto nostro… - convenne dolcemente Avery.
Poi Rosier scattò in avanti e lo colpi con un pugno allo stomaco, mozzandogli il respiro. Peter, con gli occhi appannati dalle lacrime, sentì le gambe diventare molli e il suo corpo scivolare inevitabilmente verso le sudice piastrelle del pavimento.
Una mano lo afferrò per i capelli, trattenendolo ad un’altezza che non implicasse fastidi al suo aggressore.
Un secondo e un terzo pugno gli fecero annoverare come sopportabile il dolore che pativa al cuoio capelluto.
Boccheggiante, il Grifondoro si aggrappò alle vesti del Serpeverde, il quale parve non gradire perché lo scagliò a terra.
Da lì, riverso come un pesce sul pavimento di un bagno pubblico, Peter ebbe una vaga visione della gamba di Avery che caricava un calcio in direzione del suo fianco sinistro, poi scattò di lato e riuscì con qualche sconosciuta e miracolosa manovra ad evitare il colpo.
Sgusciò tra i piedi di Piton facendolo inciampare e arrancò alla massima velocità che le sue ginocchia gli permettevano verso il gabinetto più vicino.
Era quasi riuscito a chiudersi dentro quando una mano sbucò dal nulla e lo afferrò per il colletto, strozzandolo quasi.
Troppo occupato a tossire per incamerare ossigeno, fu brutalmente sradicato dallo stipite cui era ancorato e gettato nuovamente a terra.
Il labbro superiore, spaccatosi nell’urto con le mattonelle di ceramica, gli imbrattò di sangue il viso.
- Ve la faranno pagare. – rantolò, reso audace dalla disperazione.
- Che paura. – tubò Rosier. E lo colpì ancora.
- Non sono belle parole, per della feccia. – osservò anche Avery, scuotendo ironicamente il capo. – Forse è il caso che ti schiarisca un po’ le idee… -
- Già, magari con dell’acqua fresca… – suggerì Piton, le labbra sottili frementi per la soddisfazione.
Tutti, anche Dalton, risero fragorosamente per qualcosa che Peter, evidentemente, non afferrò.
- Vedrai che non ti dispiacerà. In fin dei conti dovresti esserci abituato… - puntualizzò malignamente il Serpeverde.
Piton, seguito a breve distanza da Dalton, si avvicinò alla porta del cubicolo in cui Peter aveva cercato rifugio e ne spalancò la porta con un calcio.
- Prego. – frecciò, gli occhi scintillanti di malvagità. – Serviti pure. -
Il Grifonodoro inizialmente fissò con sguardo vacuo e un po’ sfocato la tazza del gabinetto, poi comprese e arretrò con orrore. Ma il suo carnefice lo aveva già afferrato per il retro della camicia, spingendolo a forza verso il sanitario.
Peter, urlando a squarcia gola per invocare aiuto, oppose una stoica resistenza ed ebbe anche la prontezza di spirito di azzannare la mano di Rosier, ancora serrata attorno ad un ciuffo dei suoi capelli, quando gli giunse a portata di fauci.
Peccato che i suoi assalitori fossero quattro, anche se due non partecipavano attivamente al suo massacro, e lui uno solo.
Oramai chino sulla tazza del water, con le mani di Rosier che lo spingevano inesorabilmente verso il basso, Peter serrò forte le labbra e chiuse gli occhi.
Se avesse potuto, si sarebbe privato anche dell’udito, così da non dover udire le risate di scherno dei suoi nemici.
Poi, la porta lasciata incustodita da Dalton, si aprì cigolando.
- Peter? – chiamò una voce incerta. Una voce adorabilmente familiare. – Peter, sei qui? -
La pressione delle mani di Rosier sulla sua nuca si annullò praticamente all’istante, il Serpeverde mise mano alla bacchetta ma rimase immobile.
Loro tutti erano nascosti alle due persone che avevano varcato la soglia del bagno e adesso ne percorrevano il pavimento bagnato. Avevano ottime possibilità di passare inosservati.
Piton gli puntò a bacchetta ad una tempia. – Non una parola. – scandì con il solo movimento delle labbra.
- C’è nessuno?! - domandò ancora una voce femminile.
- Peter! –
- Forse mi sono sbagliato, dai Jen, andiamo via… -
- No, aspetta… qui c’è del sangue! -
- Cos…? –
Rosier scivolò versò l’uscita del cubicolo, deciso ad attaccarli alle spalle.
Peter ebbe un attimo di esitazione, poi si scagliò contro a Piton, pronto a giocarsi tutto per tutto.
- Remus, attento! – latrò.
Il Grifondoro fece appena in tempo a voltarsi per vedere le labbra di Evans Rosier formulare uno schiantesimo, poi scartò di lato.
- Impedimenta! – urlò nuovamente il Serpeverde, ma un fortissimo sortilegio scudo deviò il suo incantesimo verso un lavandino.
Avery balzò fuori dal cubicolo, la bacchetta alla mano.
- Ma tu guarda… abbiamo compagnia. – ringhiò mirando a una ragazza vestita nei colori di Corvonero.
Lupin la spinse a terra, facendole scudo con il proprio corpo.
- Pietrificus totalus! – tuonò.
Avery, alle spalle di Rosier, si trasformò in una sgraziata scultura umana.
Jennifer Parker, gli occhi sbarrati  per lo spavento, si rannicchiò in disparte mentre Remus e Evan si fronteggiavano e riprendendo a duellare con foga.
Nel gabinetto invece, si stava svolgendo un combattimento ad armi impari: Dalton e Piton avevano costretto Minus in un angolo e, abbandonate le bacchette, erano tornati a prenderlo a calci.
Un lampo di luce rossa e Rosier fu spedito contro la parete opposta, Lupin si precipitò verso l’amico.
- Fatevi da parte e nessuno si farà male. – consigliò scrutando torvamente gli ultimi due serpeverde.
Piton fece un passo in avanti. – Non ho paura di te, cane. –
Un’espressione spiritata balenò sul volto del Grifondoro, rapido come una stella cadente alzò la bacchetta ma prima ancora che potesse aprire bocca il corpo di Severus crollò ai suoi piedi come un sacco di patate.
Con un’espressione di ammirato compiacimento Lupin guardò Minus, che gli rivolse a sua volta uno sguardo vacuo mentre alle loro spalle una voce arrabbiata proclamava “forse dovresti averne, stupido serpeverde.”
- Jen… - gemette debolmente Lupin, sorridendo suo malgrado alla bionda corvonero che gli aveva appena fatto un grande favore. – non dovevi preoccuparti. -
- Nessun problema. – replicò lei, un po’ pallida ma risoluta.
Remus si volse verso Dalton, che lo studiava senza battere ciglio.
- Tu devi essere uno dei nuovi, dei privatisti. – osservò calmo.
- Così sembra. – Nicholas incrociò le braccia al petto.
- Sai, non posso dire che sia stato un piacere conoscerti. Ciò nonostante ti do il benvenuto nella nostra scuola e, tanto per farti capire come funzionano le cose, sottraggo alla casa di Serpeverde 20 punti. –
Il ghigno strafottente di Dalton si mutò in un’espressione di più totale sbigottimento.
- Ora, se vuoi un consiglio da amico, ti suggerisco di sparire alla svelta perché quando i miei compagni sapranno ciò che è successo la prima cosa che faranno sarà venire qui a verificare. E loro non sono persone accomodanti, te lo posso assicurare. -
Scavalcatolo, Remus tirò in piedi Minus e sorreggendolo si diresse verso l’uscita. – Tutto bene Pet, adesso ti porto via… - mormorò al suo orecchio.
Jennifer si chinò e strappò dalle mani abbandonate di Piton la bacchetta sottratta al Grifondoro, poi si accostò a Peter.
- Vuoi…? – domandò tuta titubante offrendogli una spalla a cui sorreggersi.
- Tranquilla Jen, ce la faccio. – la rassicurò Remus, chino sotto il peso dell’amico, con un sorriso affannato.
- Okay. – assenti la biondina. E con aria pratica li precedette in modo da aprire tutte le porte i cui si fossero imbattuti.



- Al diavolo. – sentenziò Andrew alzandosi con uno scatto di reni dal prato e spazzolandosi i pantaloni. - Io la vado a cercare. –
- Vorrai dire che io la vado a cercare. – lo contraddisse James, punto sul vivo.
- Voglio dire esattamente ciò che ho detto, Potter. Io sono preoccupato, io la vado a cercare. Il processo logico non causerebbe problemi ad una talpa, dubito possa crearne a te. -
- Molto spiritoso, Redgrave. Peccato che anche io sia preoccupato e che sia stato proprio io, a notare la sua prolungata assenza. –
- Ragazzi, sono sicura che Alice sta bene. Si sarà fermata a fare due chiacchiere con qualcuno… - li blandì debolmente Alexia.
Loro la ignorarono.
- Senti, possiamo sempre andarci tutti e due, no? – propose di controvoglia Andrew, in seguito ad una occhiata particolarmente violenta che Victoria gli aveva rivolto da sopra una spalla.
- Io sono il suo migliore amico, so tutto di lei. – osservò Potter, pigramente sdraiato a pancia all’aria, con una punta di polemica nella voce.
- Con questo cosa vorresti dire? – il Corvonero serrò impercettibilmente la mascella.
- Che probabilmente la troverei in un baleno, al contrario di te. – fu l’insolente risposta.
Lily, seduta con la schiena contro il tronco dell’albero, scosse il capo sconsolata. Avesse potuto li avrebbe avvelenati tutti e due seduta stante. Ex e non ex.
- Mi riesce difficile crederlo considerando che te ne stai sdraiato a contare le farfalle, sai Potter? –
James balzò in piedi, i pugni serrati. – Non stai insinuando che io non tenga a lei, vero Redgrave? Perché in quel caso dovrei prenderti a pugni. –
- Ora si che ho paura. – Andrew si avvicinò di un passo.
Victoria si voltò di nuovo. – Non costringetemi a usare la bacchetta. – sibilò. – Seduti. Tutti e due. –
- … a prender ordini da una donna… - borbotto Potter, ri-assumendo la sua posa da divo in vacanza.
Andrew si sdraiò prono e prese a giocherellare con un margherita.
- Sicuro di stare bene, Potter? Mi sembri un po’ pallidino… - insinuò quindi perfidamente.
- A differenza del tuo, uomo di gomma, il mio fisico risente del poco sonno. – fu l’acida risposta.
- Povero tesoro... Ti piacerebbe avere il mio potere, vero? Per cancellare quella tremende occhiaie, la mattina, o fare qualcosa per quel naso… -
- Il mio naso non ha niente che non va! – tuonò James senza pensare.
Un attimo dopo tutti ridevano più o meno a crepapelle.
- Scontro tra galli. – sospirò Lily, divertita.
- Ehi! – protestò Andrew dandole una spintarella.
Lei, incautamente, gli sorrise.
E lui ebbe la certezza che qualcosa non andava. Lo capì e basta.
Mai un sorriso aveva avuto un così spiccato sapore di lacrime.
Rimase a fissarla, quasi stordito dalla vacuità di quegli occhi verdi che conosceva tanto bene, mentre lei distoglieva lo sguardo dal suo e si abbracciava le ginocchia.
Duncan lasciò che quell’effimera allegria gli scivolasse addosso come una doccia tiepida, May con la testolina bionda appoggiata nell’incavo del suo collo, aveva da poco chiuso gli occhi.
Non dormiva, lo sapeva bene. Sentiva il suo respiro ancora troppo frenetico solleticargli la gola. Forse pregava.
Lui non era in grado di fare neanche quello. Non poteva nulla.
La sua mente era come paralizzata, e l’attesa lo uccideva.
Sarebbe dovuta arrivare una lettera, dal Ministero.
Morte o prigionia.
Queste erano le due opzioni.
E sinceramente lui non sapeva proprio quale auspicarsi.
Le mani fresche di Victoria guizzarono sulle sue spalle, massaggiandogli la schiena.
La serpeverde avvertiva l’aumentare della sua tensione e cercava di placarlo.
Il Corvonero serrò le palpebre e lasciò dondolare il capo. Si concentrò sulla paura e lasciò che fosse questa stessa a svuotargli la mente.
Comprese che qualcosa era cambiato quando udì il silenzio. Un silenzio ostile e teso.
Al limitare dell’ombra del tiglio sostavano Lucius Malfoy e Fabian Pretwood. Il primo, intento ad accendersi una sigaretta, sembrava tranquillo, mentre l’altro, spostando incessantemente il peso da un piede all’altro, li scrutava bellicoso.
Lily scattò in piedi e si fece avanti di qualche passo. – Cosa volete? – domandò dura, spazzolandosi la gonna dagli steli d’erba.
Lucius si strinse nelle spalle e soffiò in aria una densa boccata di fumo. La ignorò completamente. – Vieni a prenderti un caffè? - si rivolse a Victoria.
- No, grazie. – rispose lei, asciutta, senza togliere le mani dalle spalle di Duncan. – Non ne ho proprio voglia. -
Lui la fissò per qualche secondo, indecifrabile e silenzioso, poi si avvicinò. Con calma e senza prudenza, penetrando incautamente il territorio nemico.
- Hai avuto una mattinata pesante. – osservò porgendole con gentilezza il pacchetto di sigarette.
Lei, suo malgrado, stirò un pallido sorriso di ringraziamento e ne afferrò una. – Anche tu ti sei dato da fare. -
Malfoy scrollò il capo con modestia e fece dietrofront, diplomatico come sapeva essere solo in presenza di lei.
Era quasi uscito dall’area minata quando la voce ringhiante di Fabian proruppe, provocatoria. – Forse dovresti offrirne una anche a Switford, Lucius. Non sembra tanto in forma. –
- Fatti suoi. – sibilò il serpeverde, affrettando il passo. – Adesso andiamocene. –
Il risveglio di quella mattina era il peggiore che riuscisse a ricordare da molto tempo. Ora aveva solo voglia di acciambellarsi in un angolo, cheto nella luce baluginante, a sorseggiare un caffé in santa pace.
L’assenza di Fabian e la compagnia di Victoria, sarebbero state gli ingredienti fondamentali di una mezz’ora in paradiso.
Peccato che nulla andasse mai come doveva.
- Eppure, fossi in lui, non mi dispererei tanto. Una madre mezzosangue è meglio perderla che trovarla… -
Lily sussultò, come colpita da uno schiaffo. Duncan, dietro di lei, serrò di scatto le mani.
Victoria assottigliò gli occhi.
E il corpo del serpeverde, magicamente, si coprì di graffi e abrasioni.
May gridò. La Evans, istintivamente, si lanciò in avanti per sorreggerlo.
Lui la respinse con violenza, cadendo in ginocchio e tenendosi le mani sul viso. – Cosa mi hai fatto, lurida strega!? Cosa mi hai fatto!?! –
Lily gemette, terrorizzata. – Non sono stata io… -  sussurrò indietreggiando.
Andrew le fu accanto in un attimo, coprendola con il suo corpo dalla folla di studenti che si stava radunando.
Malfoy afferrò il compagno per le spalle, cercando di valutare l’entità del danno. – Ma sei matta? – ringhiò fuori di sé. – Fallo smettere! Fallo smettere! –
- Non sono stata io… non so come si fa… - farfugliava intanto la rossa, aggrappata al corvonero come un naufrago ad un salvagente.
- Assassina! – fu la delirante accusa di una serpeverde alta più o meno un tappo e mezzo. – Lo volevi uccidere…! –
- Chiudi il becco, sciocca. – la mise a tacere Alexia, sovrastandola di buoni venti centimetri. – Nessuno la ha vista alzare la bacchetta. – dichiarò a voce alta.
- Lo hai aggredito, Evans. – ribattè però un corvonero del sesto anno. – Ti espelleranno. –
Fabian, intanto, si stava rimettendo in piedi. Le ferite non erano profonde.
Braccia e viso sembravano semplicemente… scorticati a sangue.
- Brutta stronza! – sibilò scagliandosi contro di lei.
Andrew lo prese di petto, ostacolandolo con uno spintone.
- Attento a quello che fai, Pretwood. – lo apostrofò, insolitamente minaccioso. Le gambe, divaricate e il busto leggermente proteso in avanti, in posizione di difesa.
La reazione fu immediata.
- Ma vaffanculo, Redgrave! -
Victoria fece schioccare la lingua contro il palato, cupa e stranamente tesa. – Niente risse, ragazzi. Non voglio grane. -
Fabian avanzò verso di Andrew e gli giunse fin sotto al naso. – La madre del tuo amico è fottuta, te lo dico io. – rise col viso rosso di sangue vivo.
Il Corvonero digrignò i denti e scattò in avanti, pronto a colpire.
Qualcuno lo afferrò per le spalle, trattenendolo.
James Potter, dopo che Andrew se lo fu scollato di dosso, sorrise alla sua espressione oltraggiata.
- Sembra un coniglio spellato. – osservò inarcando ironicamente un sopracciglio. – Non mi dire che lo vuoi davvero toccare…! -
Andrew lo fissò a lungo, poi emise un sospiro di rassegnazione. – Hai ragione. – convenne. – Che schifo! –
E da quel momento si scatenò il caos. Le bacchette non furono sfiorate nemmeno con il pensiero.
Certi conti, tra giovani maghi adolescenti, vanno regolati a mano.
Sirius Balck, col senno del poi, se la prese relativamente comoda. Salutò le tre belle fanciulle con cui stava facendo conversazione, lasciò che Samantha gli stampasse sulla guancia il segno del suo rossetto. Attraversò il cortile assolato strusciando i piedi e, dopo avere staccato a viva forza tre mocciosi da James e averli rilanciati tra gli spettatori con il consiglio di “tornare quando avessero messo i denti da latte” si diede la pena di domandare  - Cosa cazzo sta succedendo? -
Una risata vellutata lo colse alle spalle. – Chiedilo ai tuoi, Black. Magari ne sanno qualcosa. –
Il Grifondoro si voltò con sguardo assassino. I lineamenti induriti in una maschera di disgusto.
James invece, scattò in piedi come una molla, scansò l’amico con uno spintone e lasciò partire il pugno, naturale e netto come era stato concepito. Perfetto nella sua parabola.
- Sta zitto, Malfoy. – ringhiò poi, leggermente alienato.
Black, mentre Lucius cadeva a terra, inarcò un sopracciglio. – Non… -
- Lo so. – fu la spiccia risposta dell’amico.
- Comunque… -
- Di nulla. –
I due grifondoro rimasero occhi negli occhi per qualche secondo.
- Allora… - abbozzò Sirius con un timido sorrisino.
- Già. – asserì James spettinandosi i capelli.
Ed entrambi si voltarono, gettandosi nella mischia fianco a fianco.
Con l’arrivo dei professori, la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente sublimò. Si dissolse nell’aria come una nuvola di vapore. Così, come da copione, gli unici ad essere presi con ”le mani nel sacco” furono Sirus e Fabian, che si rotolavano a terra stretti in un abbraccio che di amichevole aveva ben poco.
La sottile differenza fu che uno era pesto di sangue e terra, l’altro, a volerla fare tragica, aveva un labbro spaccato.



Il famoso treno rosso filava veloce sulle rotaie. Una vegetazione fitta e rigogliosa circondava quel tratto del tragitto, e la fronde degli alberi talvolta sfioravano i vetri dei finestrini in una frusciante carezza.
Il rombare della locomotiva si traduceva in soffici fusa e tremule vibrazioni delle pareti, nel primo vagone. Poi si perdeva nel vento.
Seduto sulla soffice moquette del treno, con una gamba piegata al petto per sorreggere l’avambraccio e l’altra tesa a sbarrare il passaggio, James Potter fissava intensamente la sua scarpa sinistra. Più precisamente, il lacci della sua scarpa sinistra.
E pontificava un futuro in cui avrebbe fatto il killer strangolatore.
Una ragazza con lunghi capelli biondi uscì dallo scompartimento dei Caposcuola tirandosi dietro la porta. Lo scavalcò con un sorriso. – Ciao James. – salutò scompigliandogli i capelli.
Lui alzò appena gli occhi. Poi tornò alla contemplazione della sua scarpa.
E la sua rabbia contro il mondo sfumò in rassegnazione. Improvvisamente immaginò di impiccarcisi, con quei lacci. Magari proprio lì, in mezzo al corridoio dell’Espresso per Hogwarts, in quel vagone sconosciuto a chi, come lui, non era mai stato ne aveva mai aspirato ad essere un prefetto o un caposcuola. Per non dire un professore.
I suoi deliri suicidi furono ad ogni modo interrotti da due paia di gambe che, approssimatesi, invece di oltrepassarlo e continuare si fermarono, esitanti.
- Hem… James? –
La voce era conosciuta ma un po’ impastata.
Potter alzò lo sguardo, quasi annoiato, per poi spalancare gli occhi.
Peter e Remus lo sovrastavano, visibilmente perplessi e imbarazzati.
- Oh. Hem… ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. – ripetè James, sentendosi molto stupido.
Un silenzio pressoché comico avviluppò i tre grifondoro.
- Ti stavamo cercando. - confessò Remus, distogliendo lo sguardo.
- Che ci fai li per terra? – tubò Peter a ruota libera.
Bella domanda, pensò James fissando con astio la porta dello scompartimento sigillato e insonorizzato dinnanzi a cui sostava da quasi un’ora aprirsi di scatto per lasciare uscire Fabian e Lily, con lo sguardo fiammeggiante e le guance rosse per la rabbia.
Alle loro spalle la professoressa McGranit, aveva le labbra serrate e la mascella tanto contratta che Sirius non si sarebbe sorpreso se gli si fosse scheggiato un dente. Quest’ultimo era di spalle al finestrino, teneva il capo chino e la braccia conserte con l’atteggiamento di chi ha da tempo smesso di stupirsi delle ingiustizie che gli vengono perpetuate e attende che la tempesta passi. L’uomo che gli era accanto, invece, osservava il bosco vivido e umido ignorando con apparente facilità tutto ciò che si stava svolgendo in quella piccola stanza. James non lo aveva mai visto prima né, in quel primo momento, riuscì a vederlo in viso, coperto dai baveri rialzati di un pesante mantello da viaggio.
Il professor Silente, incastrato in un angolo del piccolo scompartimento sovraffollato, nonostante la vistosa veste viola a stelle argentee, sembrava essere la presenza meno ingombrante, assorto com’era a fissarsi le lunghe dita intrecciate. Più discreto perfino di Sirius, che pareva emanare una sorta di aura di energia negativa con quel cipiglio cupo e decisamente poco aperto al dialogo.
La professoressa Barners, sostava accanto all’uscio, una mano ancora sulla maniglia. Aveva le labbra umide e la stessa espressione di quando interrogava alla cattedra. Era evidente che aveva condotto lei gli interrogatori, fino a quel momento.
- Professoressa non è stato lui! – balzò su Potter, furibondo. – Cristo santo, ci sono decine di studenti che potranno testimoniare… -
- Moderi i termini, signor Potter. Non le permetto di parlarmi i questo modo. – lo freddò lei senza un battito di ciglia.
- Ma non è stato lui! Mi deve credere, lui non –
Il preside, dal suo angolino, sorrise impercettibilmente.
- Abbassi la voce, signor Potter, o sarò costretta a prendere provvedimenti contro di lei. Inoltre, come può vedere, abbiamo già provveduto ad interrogare una sua compagna di Casa, sforzo di cui dovrebbe esserci doppiamente grato data l’evidenza di ciò che mi sono trovata davanti, quando... –
James si passò un paio di volte la mano tra i capelli, si morse le labbra e… esplose.
- Ma Sirius non c’entra assolutamente nulla! Non era neanche presente, quando la rissa ha avuto inizio e questo imbecille si è ricoperto di piaghe, come può… -
L’ “imbecille” in questione, ormai perfettamente calato nel suo ruolo di vittima, si rivoltò come una iena. – Guarda come mi ha ridotto, il tuo amichetto! Con che coraggio lo difendi ancora? Eh, Potter? Con che coraggio?! – si lagnò con una faccia tosta tale da lasciare i grifondoro sull’orlo di un baratro chiamato follia.
- Ma tu sei fuori di testa! – rise infine Lily, tanto sbigottita da essere rimasta senza parole. – Tu sei totalmente suonato! –
- è evidente che sta cercando di fregarvi! Coma fate a credere a questo stronzo…?! – allibì anche James allargando le braccia con un gesto esasperato.
- Signor Potter! – si riscosse a quel punto la professoressa McGranit, scandalizata.
- Ci hanno provocato… - provò allora James esibendo la sua migliore espressione da cucciolo bastonato.
- E si da il caso che questo non sia l’asilo, signor Potter. Per quel che si è svolto oggi alla stazione non esiste giustificazione di alcuna sorta. –
- Ma… professoressa! – Lily si affiancò a James, furibonda a sua volta. – Hanno insultato la madre di Duncan Switford! –
- …la sorellina piccola era presente… - le fece eco James.
- … cosa potevamo fare… -
- Bhe, l’idea di maledirlo non è stata delle più brillanti, Signor Black. Davvero. Mi complimento per la sua presenza di spirito nonché oramai assodata demenza. Come le è venuto in mente di usare la magia nera su un suo compagno, si può sapere!? – domandò la direttrice della Casa rosso-oro con la voce resa stentorea dall’ira, rivolgendosi per la prima volta a Sirius dall’inizio di quel inconsueto processo.
Il sarcasmo, reso tanto tagliente dalla delusione. sarebbe risultato letale se non fosse stato che, per una volta… Sirius era innocente.
Sollevato dal fatto che lei gli avesse rivolto la parola, il grifondoro alzò finalmente lo sguardo. – Io non lo ho toccato! – rise scuotendo il capo e alzando le mani.
A quel punto fu il momento della Barners, di ridere. – Vi ho visto io. – annunciò. – Con questi occhi. Vi stavate rotolando per terra… -
James perse la pazienza. – Non sta dicendo che non lo ha toccato in quel senso! Ovvio che lo ha picchiato! Però –
- Ma si sente quando parla, signor Potter!? E secondo lei picchiare un altro studente è cosa buona e giusta…? – lo interruppe lei, petulante.
- Sta dicendo che non è stato lui a maledirlo, non ci vuole mica questo gran genio a capirlo…! – intervenne Lily, che aveva trascorso gli ultimi cinquanta minuti a sentirsi dare praticamente della bugiarda da quella sottospecie di mostro in gonnella ed era sull’orlo di una crisi di nervi.
La mora assottiglio gli occhi. – Non usi quel tono con me, signorina Evans. Dieci punti in meno per Grifondoro! –
Non era leale, si ritrovò quindi a pensare Lily.
Quella donna, nei suoi confronti, nutriva una vera e propria avversione.
Abuso di potere, ecco cos’era. Un abuso bello e buono.
- Non è stato lui. Capite? Ci sono più possibilità che sia stato il professor Silente, a maledire Pretwood, piuttosto che Sirius Black. Lui era da un’altra parte. – James scandì le sillabe una ad una, con esasperante lentezza, come se stesse parlando ad un ritardato mentale.
- Faccia silenzio, per l’amor del cielo! Non è questa la sede per discutere di una faccenda tanto incresciosa. –
- Infatti, se mi aveste fatto entrare, non avrei dovuto aspettare una fottutissima ora davanti a questa fottutissima porta e avrei potuto spiegare come davvero si è svolta la vicenda impedendovi di –
- Il motivo per cui non l’abbiamo fatta entrare, caro il mo studente, è esattamente il suo comportamento incivile e sconsiderato. Stiamo cercando di scoprire la verità circa questa scabrosa vicenda quindi, se non le dispiace farsi indietro e lasciarci proseguire in santa pace… -
La donna, con fare definitivo, stava nuovamente chiudendo la porta quando James scattò in avanti, bloccandone il meccanismo con un piede.
- Dovete ascoltarmi. – proclamò disperato. – Non potete espellerlo per qualcosa che non ha fatto… ne ha fatte tante di cretinate, almeno servitevi di una scusa fondata! – tentò di scherzare. Ma i suoi occhi erano solo per il professor Silente.
- Si tolga immediatamente di mezzo, signor Potter. – ordinò Eglantina Barners, perentoria.
- No. – disse però quello. Sempre più convinto di stare cacciandosi in un mare di guai.
Anche Sirius, a tre metri di distanza, sembrava consigliargli di lasciare perdere.
Si era spinto troppo oltre. Ne era certo.
Ma lasciare perdere, in una circostanza come quella, voleva dire perdere Sirius.
Le condizioni di Fabian avrebbero portato all’espulsione anche di studenti con la fedina penale immacolata e loro, di precedenti, ne avevano anche troppi.
- Albus! – gemette la Barners, alzando gli occhi al cielo.
Il preside, chiamato in causa con tanta autorità, indirizzò il suo penetrante sguardo sullo studente che stava creando tante complicazioni.
Le lenti a mezzaluna per un attimo rifletterono il bagliore della luce solare.
- Eglantina, temo proprio che dovremo ascoltare ciò che il signor Potter desidera dirci. In fin dei conti non ci lascia altra scelta… - concluse allegramente sedendosi più comodo
Lei, alquanto sconvolta, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e cedette il passo al giovane grifondoro, che avanzò nello scompartimento dei professori con aria guardinga.
- Spero tu non abbia nulla in contrario, James, se suggerisco che i tuoi compagni restino fuori. La signorina Lily è stata così gentile da concederci già molto del suo tempo e credimi se ti dico che sopportare con tanta stoicità un tale interrogatorio non è da tutti. Certamente non sarebbe carino lasciarla da sola in corridoio, dunque confido nelle capacità di intrattenimento del signor Minus e del signor Lupin che, non ho dubbi, saranno adorabili. Tornando a noi: occorre che qualcuno si occupi delle ferite del signor Pretwood. Eglantina, puoi…? -
- Ma certo. – scattò lei, consapevole dell’essere stata appena liquidata con grande tatto.
Quando la porta, con un ultimo cigolio, si fu richiusa alle sua spalle, per qualche istante regnò il silenzio.
- Non è stato lei, signor Black, a maledire il signor Pretwood. – disse infine l’anziano preside.
- No. – confermò Sirius, sollevato.
- Lei non era presente, al momento dell’accaduto. –
- Esatto. –
- Bene! - Silente sembrò trattenersi a stento dal battere le mani. Poi tutta quella sua gaiezza sfumò, così come era arrivata. Una espressione seria prese il suo posto.
- I tuoi tentativi di scagionarlo, James, mi hanno molto colpito. Ma la perseveranza, se usata senza discernimento, porta alla rovina. Non dimenticarlo. Detto ciò ti prego di assumere un comportamento più riguardoso nei confronti della professoressa Barners, che oltre ad essere una validissima docente è anche una persona deliziosa di cui personalmente ammiro l’energia e la perspicacia. –
James annuì.
- Adesso, James, gradirei che tu mi facessi il nome di colui che ha scagliato la maledizione contro il signor Pretwood. -
Potter battè le ciglia, confuso. – Mi scusi? –
- Il nome, James. Il nome. Voglio sapere chi è stato. -
L’uomo misterioso non mosse un muscolo. La professoressa McGranit, quasi pendesse verso la risposta, si protese impercettibilmente in avanti.
- Io… io non lo so. Professore, davvero, io non ne ho idea. -
- Tu eri lì. – osservò Silente, pacato.
- Sì. Ma non so come sia potuto accadere ne chi sia stato. Lui e Redgrave non avevano nemmeno iniziato a spintonarsi quando improvvisamente ha iniziato a contorcersi, è caduto in ginocchio e… beh, lo ha visto. –
Silente rimase assorto per quasi un minuto.
- è possibile che qualcuno lo abbia stregato mentre non guardavi, James? Per me è molto importante saperlo. Magari Andrew… - suggerì senza un briciolo di malizia.
Il Grifonodoro scosse il capo. – Professore, nessuno ha toccato le bacchette. Me ne sarei accorto. È semplicemente… successo. Non so spiegarlo. -
L’anziano preside lo fissò a lungo, poi con uno svolazzo della bacchetta, evocò dal nulla piuma, calamaio e pergamena.
- Gradirei che tu segnassi su questo foglio i nomi di tutte le persone presenti, al momento dell’accaduto. Non tralasciarne nessuno. È molto importante… -
Il Grifondoro annuì e si chinò su un sedile, vergando con la sua scrittura un po’ spigolosa la pagina.
Per lunghi istanti nessuno osò parlare.
Infine Sirius si azzardò a prendere la parola. – Quindi… hem, io sono libero insomma. – concluse un po’ incredulo.
- Sì. – lo freddò La McGranit. – Libero di recarti tutti i venerdì sera per un mese in punizione dalla professoressa Allen, Black. E spero che tu ti renda conto del fatto… -
Ma la sua voce si affievolì poco a poco. – Tempo perso! – sentenziò infine con uno sbuffo, voltando il capo allo studente, che invece di guardarla afflitto e con la coda tra le gambe si era ormai illuminato di un sorriso a dir poco accecante.
James gli sorrise di rimando, alzando gli occhi dalla lunga lista di nomi che aveva tra le mani.
- Credo ci siano tutti. – borbottò passandosi una mano tra i capelli e consegnando la pergamena al vecchio preside. – Per le persone sopraggiunte dopo non so dirle… forse dovrebbe chiedere agli altri. –
- Nessun problema, James. Ora la faccenda passa nelle mie mani. – lo rassicurò Silente con un cenno di assenso.
I due studenti, dopo un tacito scambio di sguardi, si mossero in sincrono verso la porta. – Allora noi andiamo. – propose Sirius con una strana sfumatura interrogativa nella voce.
- Sparite, prima che ci ripensi. – fu il tagliente suggerimento della McGranit.
Ma non aveva ancora finito di parlare che già la porta si era richiusa con uno schiocco e dal corridoio si udivano grida di giubilio miste ad imprecazioni.
L’uomo misterioso esplose in una risata calda e un po’ roca.
Si volse, rivelando un volto dai lineamenti espressivi. Aveva occhi tempestosi e una corta cicatrice lungo la mascella, semi nascosta dalla barba scura. Le labbra erano rosse e volitive, tese in ghigno compiaciuto.
Aveva un fisico possente, fasciato da abiti pesanti e resistenti all’usura. Le mani ampie e forti, erano segnate dalle intemperie.
Non dimostrava meno di cinquantacinque anni, ma la sua vera età appariva indefinibile, falsata com’era da quella patina di vento e salsedine, avventura e pericolo.
- Questi ragazzini mi piacciono… - tubò infine andando a sedersi accanto al professor Silente e stiracchiando le gambe in avanti. – Sarà un anno più divertente del previsto. – osservò allegramente.
- Certo, nulla a che vedere con le tue mirabolanti avventure, Damian. Non eri forse tu quello che il pericolo se lo mangiava a colazione…? – fu il commento iracondo, a malapena sibilato dalla donna che gli stava innanzi.
L’uomo sbattè le ciglia, preso in contro piede. – Dio, Minerva… - sospirò infine. – Sei assurda. -
- Tu un idiota. Ma non ritenevo necessario sottolineare l’ovvio. – replicò lei, glaciale. Poi si alzò, rassettandosi la lunga gonna verde con poche semplici mosse. – Se non ti spiace, Albus, vado a cercare Domitilla e la metto al corrente della punizione di Black. Hai da dirmi qualcosa? -
Il preside alzò lo sguardo dalla pergamena che teneva stretta fra le mani. Un nome, tra gli altri, sembrava per lui lampeggiare con particolare intensità.
Osservò con dolcezza la donna alta e molto magra che in attesa di una sua risposta scalpitava impaziente accanto all’uscita. Aveva una postura rigida ed eretta, fondamentalmente fiera. Un abito scuro dalla linea severa le fasciava la vita e i fianchi, mentre occhiali squadrati le celavano le iridi, castane e intelligenti. Zigomi alti e felini erano incorniciati da capelli lisci e sottili, tagliati alle spalle.
- Albus… - lo richiamò lei, con i nervi a fior di pelle. – posso andare? -
Silente fece un divertito cenno di assenso. – Ma certo Minerva, ma certo… -



- Porca puttana, Sirius. Giuro che da domani faccio il bravo ragazzo… - rise James, passandosi una mano fra i capelli e sbirciando nell’ennesimo scompartimento, rigorosamente pieno, per poi tirare dritto, alla ricerca di quattro miseri posti dove lui e suoi degni compagni potessero conversare in santa pace.
- Ma vaffanculo, Jamie. E io mi faccio suora! – fu la sghignazzante risposta di Black, con un braccio attorno alle spalle di Remus e il viso acceso di una luce radiosa.
- Sei un maschio, demente. – replicò quest’ultimo, roteando gli occhi. – Al limite puoi farti prete. –
- Era per sottolineare l’impossibilità della cosa, Lunastorta. – precisò Sirius con voce saccente.
Tutti risero ancora una volta, consapevoli di averla scampata bella.
- Lily è stata davvero carina… - borbotto Felpato dopo qualche attimo di silenzio. – Mi ha difeso come una tigre. -
- Sarà innamorata di te. Come tutte le oche di questo posto, d’altronde. E poi quella, di una tigre, ha soltanto la criniera. – Ramoso accelerò impercettibilmente il passo, incupendosi appena.
- Che astio… -  si impressionò Sirius, con un sorriso canzonatorio.
- Un uccellino mi ha detto che stamattina avete litigato di nuovo. – osservò Lupin, pragmatico.
Peter lo guardò con tanto d’occhi. – E tu lo hai capito? –
- Beh, non è un concetto difficile… - si imbarazzò il lupo mannaro, un po’ perplesso.
- Ma come hai fatto…? Voglio dire, non cinguettava?! – si accalorò Minus, tutto emozionato.
E così si giocarono Remus, che passò i successivi quaranta minuti a ridere come un idiota. Tutto solo, tra l’altro. Perché anche James e Sirius in quanto a modi di dire babbani erano esperti come una capra in aritmetica.
Fu in questo deprecabile stato che il quartetto giunse nel pertugio che divideva il terzo dal quarto vagone. Un angusto passaggio interdetto da una porta con su un insegna di divieto grande quanto un’anguria.
James aveva appena abbassato la maniglia, pronto a spingere l’uscio e fare largo ai compagni, quando una voce rabbiosa e dalla forte connotazione femminile si fece sentire, al di sopra dello sferragliare delle rotaie. Filtrava da sotto la porta.
 - …me ne sbatto delle tue condizioni, Duncan! Mettimi di nuovo in una situazione del genere e sarò costretta ad intervenire personalmente. Gia, loro non sono affatto contenti... -
- Ho capito, cazzo. Ho capito… - intervenne un’altra voce, bassa e vibrante.
Si dispiegò un silenzio teso. I Grifondoro si scambiarono un’occhiata accigliata.
Tornare indietro o andare avanti?
Era questo il dilemma.
- Scusa. – sillabò infine quella che ormai avevano riconosciuto essere la voce di Duncan Switford. – Scriverò oggi stesso per fare rapporto. –
- Bene. – approvò la voce di ragazza, sostenuta. – Per le corrispondenza rivolgiti a Sam. Io me ne tiro fuori. –
- Strano. – fu la replica che sembrava introdurre una lunga polemica.
Poi un imperativo secco ed efficace, mormorato a mezze labbra. – Taci! –
E la porta fu all’improvviso strappata dalle mani di James Potter per aprirsi verso l’interno, rivelando agli occhi sorpresi dei quattro Grifondoro un altrettanto sbalordito corvonero e… Roxanne Danglard, con ancora la mano sulla maniglia.
Un sibilo furioso le sfuggì dalle labbra, tinte di un bel rosso corallo. – Ecco. – si rivolse a Duncan, come accusandolo di qualche oscuro misfatto.
Poi svicolò fra i ragazzi, guadagnando rapidamente il corridoio.
Quando anche l’orlo della sua gonna, frusciando fu scomparso, la domanda sorse spontanea.
- Tu e Roxy… hem… cioè, tutto bene Duncan? – abbozzò Remus, visibilmente preoccupato.
La risposta, fu altrettanto inevitabile e definitiva. – Beh. -
Il Corvonero si strinse nelle spalle e li congedò con un sorriso vuoto. Aveva fatto qualche passo quando si voltò, impensierito.
- Ah, Sirius… - lo richiamò. - Nessuna grana, spero, per la faccenda di Pretwood. -
Black lo fissò negli occhi e scorse qualcosa dibattersi, nel profondo. – No, nessun problema. – mentì. – Grazie Duncan. - aggiunse senza sapere il perché.
Quello si strinse nuovamente nelle spalle e se ne andò.
Stranamente silenziosi, i Malandrini non aprirono bocca fino a quando non si ritrovarono finalmente soli e lontani da orecchie indiscrete.
Comodi come pascià in uno scompartimento da sei posti.
Lì, infine, James incrociò le braccia dietro alla testa e si lasciò andare sdraiato.
- Perfetto. – sorrise sornione. – Codaliscia, hai circa cinque ore per raccontarmi che ti è successo alla faccia. Pensi di farcela…? -
Il ragazzo tese il labbro ancora gonfio e sanguinolento in una espressione a metà fra l’imbarazzo e la pena.
- Devo proprio? – borbottò, quasi mortificato
- Eccome. – sogghignò Sirius. – quando commetterò davvero l’incantesimo di cui mi hanno accusato oggi, vorrei essere certo di stare torturando la persona giusta. -
Remus lo ammonì con un debole spugno sulla spalla. – Non scherzare, scemo. Questa volta la hai davvero scampata bella… -
- Erano parecchio incazzati. – ammise Sirius, con un sorrisino modesto.
Peter ridacchiò a sua volta, gonfio di serenità come un frutto maturo.
- Meno male che non gli abbiamo detto della gelatina… - borbottò più a se stesso che agli altri.
E improvvisamente si trovò tre paia d’occhi puntati contro.
- Perché siamo stati noi, vero? – insistette con uno sguardo furbo.
Ancora silenzio.
- Suvvia ragazzi… questa volta dovete ammetterlo: abbiamo proprio sbagliato tutto! – cinguettò, allegro e innocente.
Sirius fu il primo a cedere. Si passò una mano sugli occhi ed esplose in una risata bassa e un po’ roca. – Porca puttana se abbiamo sbagliato…! – concesse, fra un singhiozzo e l’altro.
- Io davvero non capisco… - capitolò anche James, tutto corrucciato. – Doveva essere schiuma alla fragola e invece è venuta una viscida, schifosa, invadente e indelebile… -
- … melma. – completò Remus per lui.
- Una schifosissima cazzo di melma! – ululò Potter  scoppiando in una risata argentina.
Peter si unì presto a lui, genuinamente felice.
Remus si torse le mani e morse le labbra. Ripeté sottovoce tutte le date delle rivolte dei Goblin che riusciva a rammentare e infine sbuffò.
- Questa è la volta che ci espellono. Ne sono sicuro. – sospirò con tragica comicità mentre, suo malgrado, le labbra gli si piegavano in un sogghigno.




















Spazio Autrice:

Bonjour a tout le monde!
Ebbene sì, non sono morta!XD Né mi hanno amputato le dita, se è per questo…
Non ho giustificazioni valide per tutto questo ritardo ma, tanto per cambiare, vi offro un altro po’ di enigmi.
Perché James definisce Andrew “uomo di gomma”? E Roxy cosa vuole da Duncan?
^_^
Come regalo di Natale, invece, spero gradiate l’inquietante figura di Chris Osborn, così come le ultime scottanti quattordici pagine.^^
Vaaaaaaaaaaaaaaaaabè, le risposte alle recensioni le dei mini poemi. Vi lascio il tempo di leggerli…!XD
Vi auguro un Felice Anno Nuovo, gente.
Ci si vede nel 2009,
alisya.






Per Myki:
Innanzitutto piacere! Felice(issima) di fare la tua conoscenza.
Poi: grazie mille per la splendida recensione. Se come me scrivi, sai quanto siano importanti commenti e critiche (sì, anche le critiche. Non preoccuparti non mi sono neanche lontanamente offesa!^^) e, dettaglio non trascurabile, quanto risollevino l’umore dell’autore.
Ti ringrazio (ancora) per l’attenzione che hai prestato alle mie quattro grifondoro. Le amo così tanto che negli ultimi capitoli ho addirittura lasciato che rubassero spazio ai mitici Malandrini! Su di loro cos’altro posso dirti…?
Hai colto il carattere schietto e forte di Alice, quello ambiguo di Alexia (come può non essere ambigua una persona che viaggia su onde diverse dalle nostre?), l’energia magnetica di Victoria. Lily… Lily ti sfugge un po’, da quel che ho capito. Ma è questione di tempo e di abitudine perchè hai ragione, la mia visione del personaggio è abbastanza insolita!XD
Circa le indicazioni spazio-temporali, sì. I Malandrini sono al settimo anno. E per la famosa metamorfosi in uomini un pelino più maturi dovrai aspettare, anche se in questo capitolo qualche buona intenzione viene a galla…!
A parte gli scherzi, come avrai notato, mi sono presa parecchie libertà. A partire dall’età di Malfoy per finire, anzi continuare, con molte altre cose.
La “malattia” di James, come te, ha confuso e intrigato molte atre lettrici. Tra poco apriremo la Lotteria delle Ipotesi e a colei che arriva più vicina alla verità andrà in premio un coniglietto di peluche.XD
Capisco che il legame James-Alexia ti abbia un po’ insospettita. Ma hai notato che anche Andrew, brillante e cavalleresco, con lei ha degli atteggiamenti un po’… fuori dalla norma?
Quasi tutti i ragazzi riservano ad Alexia molte attenzioni, facci caso. E quasi nessuno ha con lei un doppio fine… perché?
Ti lascio con questo indovinello.^^
Nella tua recensione mi hai scritto che in Green Years “tutti hanno un segreto”. Mai fu detta cosa più vera! La rete di misteri si sta infittendo…
Grazie (di nuovo!) per la tua schiettezza e il tempo che hai speso dietro ai miei deliri. Spero di sentirti ancora,
Un Bacio!
Ps: scusa. Davvero. Oggi sono incredibilmente prolissa. Ma non posso lasciarmi sfuggire la possibilità di festeggiare una nuova fan del giovane Andrew! Tu e blackout metterete su un club di questo passo… lei sono capitoli che lo difende!XD


Per Irene_evans:
Mmm… mi sa che la risposta alla tua recensione è ad inizio capitolo!
Non smetterò mai di ringraziarti, credo, per l’entusiasmo che mi trasmette ogni tua recensione. Dunque non provare mai più a scusarti per avere scritto troppo, perché è con un’autrice da 14 pagine che stai parlando…!XD
A parte tutto, a sgamare il collegamento gelatina/Malandrini sei stata una delle prime quindi non ti sminuire, bel lavoro d’arguzia!
I complimenti per Victoria sono graditissimi e gli sguardi roventi ad Alice… direi che il tanto misterioso Chris ha fatto la sua entrata in scena!XD Fammi avere la tua opinione a proposito, mi raccomando! È la prima scena relativamente “calda” che inserisco nella fic, e vorrei sapere che effetto fa…
La tua teoria sulla bellezza è esatta, più o meno. Volevo sfatare il mito della bellezza inquadrata (tra le altre cose). Se ti interessa leggi la risposta a freddymercury.
Con questo capitolo spero di non avere deluso le tue aspettative.
Baci!
Ps: per andare a capo, nelle recensioni, devi inserire
a fine rigo. Ciao!



Per PikkolaGrandefan:
Ciao! Grazie per i complimenti e gli incoraggiamenti!^^
Fa sempre piacere sapere che la storia piace e i personaggi, per quanto TROPPI, incuriosiscano. Le tue previsioni, sul lavoro da scuola, si sono avverate… T_T
Ma adesso sono tornata e spero di riuscire ad aggiornare in maniera leggermente più regolare.
Piuttosto, Io Dawson Creek's non l’ho mai seguito… dici che è grave?XD
Baci!


Per Lwrence of DW:
Cain! Ma che piacere ritrovarti anche qui, in questa landa affollata di gente…
Andrew è tutto tuo, e i personaggi “belli” sì, avevo il sospetto ti piacessero…XD
Le imperfezioni, come da te egregiamente detto, ci sono e si fanno sentire. La metà di questi “ragazzi” se la incontrassi per strada, ad esempio, mi starebbe mortalmente antipatica.
Tvb, un bacio.
Ps: ti aspetto per quella Sacher…


Per TheBestLady:
Allora… di una cosa devo darti atto: sei incredibilmente perspicace!
Detto questo, la tua recensione mi ha fatto prima morire dalle risate (devo dire però che una parte del mio cervello era inquieta: non te li dovrò mica rimborsare io i soldi che il tuo cane sperpera alle aste!?XD) poi, però, mi ha messo un’angoscia…!
Hai avanzato varie ipotesi, alcune decisamente valide (come detto in prima riga), ma altre…!
Nonno, cara Lady, i Malandrini non sono prossimi al sfacelo. La loro non è una lite seria, un piccolo diverbio, ecco! Mentre leggevo mi è preso un colpo, giuro. Ho temuto di avere dato un tono troppo apocalittico a quello che in realtà era uno scontro fra galletti un po’ suscettibili.
Mi hai fatto perdere dieci anni di vita e adesso ho i capelli bianchi, ecco. Come minimo mi devi recensire un altro paio di capitoli per farti perdonare. Ah, già che ci siamo, promettimi anche di dare un po’ di ferie a qual povero cecchino che segue Andrew anche in bagno. Sta diventando una situazione imbarazzante…
Come lo giustifico io un serial killer a spasso per i corridoi di Hogwarts?XD
Passano oltre… (i miei deliri, intendo)
Sei la prima a sprecare due righe sulla disgrazia di Duncan, che lettrici spietate che ho! Il Corvonero perde la madre e noi tutte sospiriamo perché James è svenuto tra le gambe di Alice. Che roba! E poi osiamno chiederci perché Potter è convinto di essere il re dell’universo…!
XDXDXD
Oddio, deve essere una tara ereditaria. La mia mente pende inesorabilmente verso la follia!
Scusa per lo sproloquio, baci!


Per lauraroberta87:
Aaaah. Ora ho capito!:P Scusa, ti avevo fraintesa.
Per i personaggi non ti preoccupare, hanno creato problemi un po’ a tutti!
Spero che gli esami ti siano andati bene, alla fine.^^
Grazie per la recensione, l’ho molto gradita.
Un bacio!


Per Nikelaos:
Centro, mia cara! Complimenti per l’arguzia…!^^
La gelatina è, effettivamente, un effetto collaterale dello scherzo dei malandrini. Uno scherzo molto poco riuscito, in effetti!XD
Sulla litigata James/Andrew ti ho accontentata, anche se forse non è ciò che immaginavi…
La verità è che quei due, ancora, si considerano troppo poco anche solo per litigare. James non sopporta tanto il Corvonero, perché lo sente “nel suo territorio di caccia”, per così dire. Ma niente di più.
Ho incontrato la squadra di soccorso alpino che avevi mandato a cercarmi… dei ragazzi davvero simpatici!XD
Scusa per la lunga attesa, ciao!


Per freddymercury:
Tranquilla, a demoralizzarmi ci penso da sola. Agli altri non è concesso!XD
E non mi sono offesa neanche per scherzo. Anzi, ho apprezzato molto la schiettezza delle tue osservazioni che, tra l’altro, potrebbero anche tornarmi utili.
Detto questo, permettimi di ribattere che lo stile prolisso, pur facendo parte del mio DNA, è stato in questa circostanza accuratamente scelto. Voglio dire che lo reputo particolarmente adatto a questo racconto, ecco. O per lo meno alla funzione “rilassante” che questa Fanfic ha per me.^^
Le descrizioni esasperanti, invece, hanno uno scopo puramente pratico.
Lasciami spiegare: quel continuo ribadire concetti già espressi (vedi ricci biondi di Alexia o la chioma d’ebano di Victoria) ha la funzione di una formula fissa.
La moltitudine dei miei personaggi, come avrai visto, ha creato non pochi problemi…
Il minimo che possa fare per aiutare un po’ le mie lettrici è proprio “definire” il più possibile ogni singola figura.
Anche l’aspetto bellissimo dei protagonisti, è stato un po’ frainteso. In quelle descrizioni in parte sì, mi sono fatta prendere un po’ la mano, ma ho anche seguito la scuola dell’ “esalta e valorizza i dettagli”. Nel senso che se io affermo di avere occhi grandi e una bocca soffice, potrei perfettamente essere una racchia con tanto di gambe storte e faccia coperta di brufoli, mi sono spiegata?
Tra l’altro, tendenzialmente è molto facile trovare belle le persone che ci piacciono. Pensa ad i tuoi amici o ai tuoi familiari, se ti chiedessi di parlarmene probabilmente glisseresti sugli aspetti meno artistici soffermandoti invece sulle caratteristiche positive.
Anche la maturità dei miei personaggi, per quanto possa apparire insolita, è a suo modo giustificata. Sono quasi tutti maggiorenni, vivono in un collegio (negli ambienti chiusi le personalità tendono a rafforzarsi) e frequentano la famiglia solo d’estate. Senza contare il fatto che, alla fine della scuola, si troveranno proiettati direttamente nel mondo lavorativo. E che, sempre in teoria, avendo conseguito i GUFO potrebbero già lasciare la scuola.
Conclusa la mia arringa (prolissa anche questa!XD), mi vedo costretta ad ammettere che, nonostante tutto, mi trovo perfettamente d’accordo con te.
Lo stile con cui ho impostato questo racconto non mi soddisfa affatto (come si può notare dalle pause tra la pubblicazione di un capitolo e quello successivo) e di dettagli criticabili ce ne sono fin troppi!
Ti ringrazio ancora per l’attenzione che, nonostante tutto, mi hai prestato.
Non con questo (che fa parte di una serie già scritta), ma con il prossimo capitolo, spero di farti contenta.
A presto!


Per ___MiRiEl___:
Ciao! Sai che proprio in questi giorni mi sono dedicata alla lettura della tua Fanfic? Aspettati una recensione al più presto!^^
Grazie per i complimenti e la carica di allegria che traspare da ogni tua recensione.
Quel “non riesco a staccarmi dal computer” mi ha fatto piacere oltre ogni dire, perché è esattamente il tipo di atteggiamento che assumo io quando una cosa mi prende davvero.
A Sirius in questo capitolo ne accadranno delle belle…
Spero che il capitolo ti sia piaciuto,
Bacio!



Per PolarLight:
Benvenuta e grazie mille per avere rec





  
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