Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
Segui la storia  |       
Autore: TeenAngelita_92    16/05/2015    5 recensioni
Una giovane psicologa, da poco entrata a far parte del mondo del lavoro.
Un ragazzo di origini spagnole con un carattere alquanto ribelle e particolare.
Nessuno era mai riuscito a comprendere le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue paure.
Nessuno era mai riuscito a farlo sentire al sicuro, amato...
Fino a quel giorno.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
Image and video hosting by TinyPic
8.
"E' qui, può fermarsi."
Il suono improvvisamente flebile della voce di Andres, interruppe quel cosi intenso e fitto silenzio che si era ormai creato dall'inizio del viaggio.
La dottoressa Lovato aveva preferito offrirgli un passaggio per tornare a casa, piuttosto che saperlo guidare la sua moto ad una velocità alquanto alta ed in quello stato emotivo. Certo era che ci aveva messo molto per convincerlo, ma alla fine poteva ritenersi soddisfatta di esserci riuscita.
Per l'intero tragitto verso casa nessuno dei due si era minimamente azzardato a parlare, ed in realtà chi avrebbe dovuto davvero farlo era Andres, ma cosi non fu.
Lei sapeva perfettamente che se avesse iniziato una conversazione su ciò che poco prima era accaduto, lui si sarebbe richiuso in se stesso tornando ad essere quel freddo, distaccato e tanto arrabbiato ragazzo che era sempre stato o che aveva sempre voluto sembrare all'apparenza. Capiva che non poteva di certo obbligarlo a parlare di qualcosa che non voleva, che sembrava procurargli reazioni del tutto negative e sapeva che lei stessa non avrebbe retto ad un'altra di quelle conversazioni nelle quali avrebbero sicuramente finito per litigare.
Lei solo si impegnò a scrutare ogni suo più piccolo gesto, ogni espressione diversa che nel giro di pochi attimi sembrava dipingersi sul suo viso. Solo restò in silenzio, ad ascoltare il suo respiro irregolare mentre più in basso le sue mani erano improvvisamente impegnate a strofinare forte l'una contro l'altra.
"La ringrazio." solo disse, con finto sguardo distratto. Il suo tono improvvisamente indifferente, cosi come il suo volto.
Fece per uscire ma lei lo fermò, ancora, con la sua sola voce.
"Andres." il tempo di spegnere l'auto e poggiare le mani sul volante e dopo una piccola pausa riprese "Mi piacerebbe parlare con te."
"Lunedì abbiamo un altro appuntamen..." si affrettò a ricordarle, ma lei lo interruppe, chiarendo la sua precendente affermazione.
"Ora, Andres. Mi piacerebbe parlare con te ora." ripetè.
"Io non..." cercò di farfugliare qualcosa, non sapendo ancora cosa dirle o quale scusa inventarsi stavolta, ma fu l'improvviso squillo del cellulare di lei a salvarlo.
Tuttavia, Andres notò con stupore che quel continuo e probabilmente fastidioso squillare non la distrasse minimamente, quasi come non esistesse.
"Dovrebbe rispondere, potrebbe essere importante."
"Chiunque sia, non sarà più importante di ciò che sto facendo ora." gli rispose subito.
Del tutto impreparato a quella sua affermazione e quasi piacevolmente sorpreso, Andres prese a fissarla, come mai prima aveva fatto.
"Dios, sus ojos tan lindos." sussurrò silenziosamente tra se e se chiudendo per un istante le palpebre, sicuro che lei non avrebbe potuto sentire ne tantomeno capire, ma dall'espressione che vide sul viso di lei appena riaprì gli occhi, capì che probabilmente aveva udito qualcosa.
"Sono un paziente come tutti gli altri, e come loro ho un regolare appuntamento nel suo studio per poterle parlare. Non vedo la necessità di farlo ora." il suo tono ora era tornato completamente freddo e distaccato, e lei sapeva bene che sarebbe successo.
Uscì dall'auto e si diresse alla porta, del tutto disinteressato di aver lasciato dietro di se la donna. Il suo cellulare aveva ormai smesso di squillare da molto ma lei neanche se ne era accorta.
"Cos'è? La punizione che vuoi far pagare a me per averti visto per la prima volta fragile e debole? Oppure a te stesso?" ormai uscita anche lei dalla sua auto ed intenzionata più che mai a fare ciò che istanti prima gli aveva detto, si trovò a fronteggiarlo, poco lontano dall'entrata. "Eh Andres?"
"Lei non capisce." un debole e triste sorriso si disegnò sulla sua bocca e si voltò nuovamente alla porta per aprirla.
"Se non capisco allora aiutami a farlo!" alzò leggermente il volume di voce e dopo una breve pausa continuò "Aiutami tu a farlo allora perchè credimi, io capirei." gli spiegò.
Passarono solo alcuni secondi di silenzio da quella che apparentemente dava tanto l'idea di una supplica, dopo di chè Andres si decise ad entrare e sospreso da se stesso, invitò anche la dottoressa a fare lo stesso.
Notò l'assenza di sua madre e pensò che probabilmente fosse andata a sbrigare alcune faccende con sua zia Beatriz. Poggiò le chiavi sul tavolo della cucina dopo essersi chiuso la porta alle spalle e si voltò verso di lei.
"Dove preferisce parlare?" le chiese, scrollando le spalle.
"Ovunque tu voglia, non è importante." rispose, osservando il nuovo ambiente intorno a lei.
"Venga." la invitò a salire le scale che portavano alla sua camera.
"Questa è la tua camera, suppongo."
"Già." tossì  "Dovrei scusarmi per il disordine ma non è mia abitudine ospitare qualcuno qui."
"Non preoccuparti." sorrise lievemente.
"Si accomodi dove vuole." le disse prima di sedersi a metà del suo letto.
"Qui andrà bene." si avvicinò a lui e si sedette invece ai piedi del letto.
In attesa delle sue imminenti domande a cui era ormai abituato, Andres allungò una mano verso il comodino per afferrare una sigaretta. La inserì tra le labbra leggermente schiuse, fece per prendere il suo accendino ma lei lo fermò.
"Questa non ti serve." afferrò dolcemente la sigaretta stretta tra le sue labbra e la ripose esattamente dov'era prima. "Vero Andres?" sorrise. "Prova a sostituirla con un'abitudine migliore, che non sia un vizio."
"Impedirmi di fumare una sigaretta non mi indurrà a smettere."
"Avanti, prova. Pensa a qualche altra abitudine, che sia migliore." ripetè.
"Non ne ho idea." le rispose, ma il sorriso che piano iniziò a dipingersi sulla sua bocca indusse la dottoressa a pensare che la conversazione stesse diventando più fluida e piacevole, cosi come lui iniziava ad essere più tranquillo e calmo.
"Vediamo..." si fermò a pensare "Potresti sostituire quella sigaretta con un'abitudine piacevole per te, qualcosa che ti provochi ciò che secondo te solo il fumo riesce a provocarti, qualcosa che ti piaccia e che riesca a calmarti e a farti sentire al sicuro." gli spiegò ed Andres, in cuor suo, iniziò a sentire di esserne certo: lui sapeva perfettamente qual'era la giusta "abitudine" che meglio rispettava quella sua descrizione cosi dettagliata, ma sapeva anche che non poteva, non poteva permetterselo.
"Allora?" chiese quasi impaziente lei.
"No, non ne ho." rispose serio, spostando lo sguardo su un qualunque elemento della sua stanza che potesse salvarlo dal leggero rossore in viso.
"So che ne hai una, ne sono certa." si fermò, riprendendo dopo pochi secondi "Andres, qualcosa che puoi fare ogni volta che ne hai bisogno. Prova a pensare: tre sigarette al giorno equivarranno a tre volte la tua nuova abitudine, ogni giorno." provò ancora, nella disperata speranza di convincerlo ma la sua espressione non sembrò cambiare poi molto. "Mostramela. Se non vuoi dirmela, mostramela allora." gli disse infine, come ultimo e probabilmente vano tentativo.
Ma con sua enorme sorpresa, furono proprio quelle parole a convincerlo e di scatto si alzò in avanti, verso di lei. In una frazione piccolissima di secondo si ritrovò tra le sue braccia, stretta dolcemente al suo corpo.
Seppur troppo sorpresa e confusa per poter comprendere a pieno quel suo gesto o per potergli semplicemente chiedere spiegazioni, non lo respinse. Pose attenzione al suo respiro di nuovo irregolare ed al cuore quasi intenzionato ad uscirgli dal petto. Pareva spaventato, terribilmente preoccupato da qualcosa ma lei non capiva, non riusciva a capire. Seppe solo stringerlo a sua volta, il più forte che poteva.
"Hey, va tutto bene." gli sussurrò dolcemente quando capì di dover fare qualcosa. Poggiò delicatamente una mano sulla sua testa, strofinando la folta chioma scura.
"Va tutto bene, respira." continuò. "Cosi, bravo." sollevata dalla terribile preoccupazione di non sapere cosa gli stesse succedendo, lei sorrise quando si accorse che piano, il suo respiro stava tornando regolare cosi come i battiti del cuore.
"Andres" lo allontanò leggermente per poter guardare i suoi occhi. "Che succede?"
"Io non..." deglutì duramente "Non fumo tre sigarette al giorno. Arrivo a quattro, massimo cinque. Ed io non... Non credo che questa nuova abitudine possa..."
"Se abbracciare una persona riesce a calmarti o a farti sentire al sicuro, credimi è la miglior abitudine che tu possa prendere, che siano cinque o dieci volte al giorno." gli spiegò, con un grande sorriso sulle labbra.
Ma in realtà non era "abbracciare le persone" che riusciva a calmarlo, a farlo sentire al sicuro. Era "abbracciare lei".
"Mi scusi." si allontanò bruscamente e prese inspiegabilmente a camminare su e giù per la stanza.
"Andres, che succede? Un attimo fa avevi difficoltà a respirare e..." tentò di chiedergli lei, ma lui la interruppe.
"Sono solo un po' stanco." si giustificò "Potremmo parlare di ciò che è accaduto al parco qualche altro giorno? La prego." La dottoressa annuì comprensiva e si avvicinò.
"Certo Andres, certo. E' abbastanza per oggi." sorrise lievemente "Riposa, va bene?"
"Va bene." sforzò un piccolo sorriso, dopo di chè la vide allontanarsi e lentamente sparire dietro la porta.
Tirò un sospiro definibile "di grande sollievo", mentre con le mani si strofinò il viso ancora impadronito da un'espressione confusa e preoccupata dopo ciò che aveva appena fatto.
"Cosa diavolo mi salta in mente!" quasi urlò a se stesso, rimproverandosi.
Ma senza neanche darsi il tempo di pensare a ciò per cui davvero si stava rimproverando, si mise alla ricerca del foglio e della penna di cui la notte prima si era servito per svuotare la mente ormai piena zeppa di pensieri e dubbi.
Trovò entrambi e senza aspettare più un solo attimo, iniziò a scrivere:
"L'ho abbracciata. Dio, se l'ho fatto.
L'ho stretta a me come mai prima d'ora, come non ho mai fatto con nessuno.
L'ho stretta al mio corpo ed ho potuto sentire il suo profumo, il suo meraviglioso profumo.
Ho potuto sentire il suo respiro entrarmi fin sotto la pelle e la sua voce mandarmi in paradiso.
Ho sentito la sua mano accarezzarmi la testa mentre l'altra mi teneva stretto.
Ho sentito cosa si prova a desiderare dispertamente di vivere in un paio di braccia, con la testa nell'incavo di un collo.
Ho sentito la sua voce dirmi che tutto andava bene.
Ho sentito il suo corpo riuscire a calmare il mio, in un attimo.
Ma io non posso, lei deve solo aiutarmi ad essere felice. Lei non può essere la mia felicità.
Lei deve solo aiutarmi a calmarmi, ma non può essere il mio calmante.
Lei deve solo aiutarmi a stare tranquillo, ma non può essere il mio tranquillante.
E so di aver desiderato disperatamente le sue braccia attorno a me, ancora e ancora e ancora...
So di aver sentito il bisogno di affondare la testa nell'incavo del suo collo e di chiudere gli occhi.
So di aver voluto che il suo respiro riscaldasse la mia pelle.
So di averla desiderata ma so anche di aver sbagliato, di aver confuso tutto.
Ma questo non succederà ancora, non lo permetterò."


"Tesoro, svegliati." continuava a sussurargli con estrema dolcezza la voce di sua madre. "Andres, avanti." sorrise.
Erano appena le 10:00 del mattino e lei aveva iniziato a preoccuparsi quando si era sera conto che il giorno prima, Andres aveva dormito per tutto il pomeriggio ed ancora non sembrava volersi svegliare, come caduto in un sonno intenso e profondo.
"¡Dale Andres! Tienes que levantarte." continuò.
"Uhm... ¿Mamá, que quieres?" le rispose seccato, intento a cambiare posizione sul cuscino.
"Ma finalmente! Hai dormito un po' troppo per i miei gusti, Rivas." lo rimproverò.
"Giù c'è la Dottoressa Lovato che vuole vederti." continuò con fare tranquillo e sereno, ma la reazione di Andres al solo suono di quell'affermazione fu l'esatto contrario.
"Cosa?" si alzò di scatto, facendo distrattamente rotolare giù dal letto il foglio e la penna che aveva usato il giorno prima. "Perchè è venuta? Perchè vuole vedermi?" le chiese frettolosamente, iniziando quasi a farle un interrogatorio senza neanche darle il tempo di rispondere.
"Aspetta, dammi il tempo di rispondere!" lo guardò, scrutando la sua espressione per cercare di capire qualcosa "E' venuta chiedendomi di te ed io le ho chiesto se andasse tutto bene, o se magari tu avessi fatto qualcosa di sbagliato ma mi ha tranquillizzato dicendomi che tra di voi va tutto bene e che stai iniziando ad aprirti." gli spiegò "Andres, non è che devo preoccuparmi? Hai fatto qualcosa..."
"No, certo che no!" la interruppe prima che potesse finire. "Non so perchè voglia vedermi." si alzò e si diresse verso il suo armadio.
"Beh allora sbrigati." gli disse prima di alzarsi e dirigersi verso la porta. "Andres." lo chiamò e continuò solo quando capì di aver attirato la sua completa attenzione "Sono felice che stia andando tutto bene con... Con la nuova psicologa, magari è quella giusta." gli sorrise, con espressione serena e sollevata.
"Ho solo deciso di impegnarmi stavolta, niente di speciale." le rispose indifferente "E... Per favore, vorrei che tu smettessi di parlare con la madre di Josh."
"C-Cosa? Che vuoi dir..."
"Te lo spiegherò più tardi ma per favore, fidati di me." gli disse infine, e ritornò a porre l'attenzione sui suoi vestiti.
Mentre quasi "sfogliava" i suoi indumenti come fossero fogli di giornale, la sua mente sembrava essere da tutt'altra parte: ancora si stava chiedendo come mai fosse venuta a casa sua, come mai avesse chiesto di vederlo. Ancora si stava chiedendo come mai avesse voluto vederlo di Domenica, il suo unico giorno libero. Cosa la spingeva a fare tutto questo per lui? Ad esserci costantemente per lui? Dopotutto era solo un paziente come tutti gli altri, perchè perdere tempo proprio con lui? Perchè perdere tempo quando lui non l'avrebbe mai ripagata abbastanza? Quando in realtà avrebbe continuato a rispondere male, ad essere scontroso ed arrabbiato? Ne valeva davvero la pena?
Finì di vestrirsi e fu il rumore della porta che si apriva ad interrompere i suoi pensieri.
"Posso?" non ci mise poi molto a riconoscere la sua voce. Si voltò ed annuì semplicemente.
"S-Salve." riuscì solo a farfugliare, mentre un treno zeppo di domande sembrava partire dalla sua testa e dirigersi a gran velocità verso la sua bocca.
"Ti chiedo scusa per questa mia improvvisa irruzione a casa tua." rise "E so che ci siamo già visti solo ventiquattro ora fa e che oggi è Domenica e non abbiamo nessun appuntamento..." si fermò per un breve attimo, come per trovare le parole giuste "Ma ieri, mentre ritornavo a casa, ho ripensato a ciò che è successo al parco e ad alcune cose che non ho potuto non notare." gli spiegò "E sono qui oggi perchè mi piacerebbe farti conoscere un luogo che penso potrebbe aiutarti."
"Perchè sta facendo tutto questo per me?" le chiese, quasi senza darle il tempo di finire e si accorse di averla probabilmente colta di sorpresa.
"E' il mio lavoro, Andres."
"Se davvero fosse il suo lavoro, non le salterebbe neanche in testa di perdere tempo con uno come me anche l'unico giorno libero che ha."
E lei restò in silenzio, sorridendo lievemente come per pensare un istante a ciò che avrebbe dovuto dire.
"Hai ragione sai, probabilmente no, non lo farei...." rispose semplicemente.
"Ho ragione? Nient'altro?" chiese estremamente stupito da quella sua risposta. "Cos'è? E' a corto di parole oggi, Dottoressa Lovato? Come minimo ad una domanda del genere avrebbe risposto iniziando a parlare del fatto che..." iniziò lui, intento ad elencare tutto quell'inutile mucchietto di cose che aveva sentito e risentito più volte da tutti gli altri psicologi, e forse anche da lei.
"Hai ragione, in effetti su ciò che hai appena affermato avrei molto da dire, ma mi piacerebbe parlarne con te in auto, mentre ti porto a conoscere il luogo di cui ti parlavo prima." disse, estremamente serena e sorridente, quasi come fosse sicura che lui avrebbe accettato.
"Ma, ovviamente, sei libero di rifiutare la mia proposta e goderti questa meravigliosa giornata di sole. Il nostro solito appuntamento è comunque domani." proseguì, infine.
Dopo un ultimo, forse speranzoso sguardo, si voltò verso la porta intenta ad uscire ma non ne ebbe il tempo.
"Va bene." rispose, quasi in tono di sfida "Mi porti dove vuole se crede che ciò possa aiutarmi." alzò le braccia fin sopra la testa, in segno di resa.
"Bene." sorrise "Ti aspettò giù." fu l'ultima cosa che disse, dopo di chè uscì e Andres la vide sparire dietro la porta. La segui con lo sguardo, prima di stringere forte le palpebre e respirare profondamente. Afferrò il pacchetto di sigarette dal suo comodino e dopo averlo sistemato per bene nella tasca destra del jeans, uscì.
-
"Allora? Ora mi piacerebbe ascoltare il suo sicuramente lunghissimo discorso riguardo alla questione "Qual è davvero il suo lavoro"." quasi con aria di sfida ed estrema curiosità, la voce di Andres interruppe l'ormai inevitabile silenzio che ogni volta si creava tra loro. Erano in macchina da circa 10 minuti e nessuno dei due sembrava avere intenzione di parlare.
"Lunghissimo?" chiese con fare sorpreso lei, ponendo estrema attenzione alla strada.
"Si, lunghissimo. Avanti non mi dica che ha poco da dire al riguardo." si fermò per una breve pausa, intento a cercare di captare un possibile risposta solamente dalla sua espressione "Non mi dica che ho rinunciato ad una Domenica cosi bella e calda come questa solo per perdermi uno dei suoi lunghi e troppo articolati discorsi!" disse ancora, con fare ironico. "Lei ha sempre cosi tanto da dire, questa non può essere un'eccezione." proseguì, infine.
"Stavolta direi cose che già sai."
"No, non credo. Io voglio semplicemente sapere perchè me, perchè io. Ciò che sta continuando a fare supera di molto il limite del suo lavoro e lei lo sa bene."
Ancora una volta lei restò in silenzio, per qualche minuto, probabilmente solo per pensare a cosa dirgli e a come dirglielo.
"Lascia che ti racconti una cosa..." Inizio, sistemandosi meglio sul sediolino dell'auto. "Sono riuscita a far parlare anche il più duro che mi sia mai capitato. Promisi a lui ed ai suoi genitori che lo avrei aiutato, che avrei fatto l'impossibile per far si che stesse bene e fosse felice. E sai, non ci volle poi molto a convincerlo che stesse evidentemente sbagliando qualcosa. Si lasciò aiutare, buttò nel cestino le sue brutte abitudini e il suo brutto e freddo comportamento. Ora, ogni volta che torna a trovarmi è sempre cosi sorridente e non sa quanto mi renda felice il semplice fatto di essere riuscita ad aiutarlo." si fermò, e questo diede il tempo ad Andres di chiederle:
"Perchè mi sta parlando di un suo paziente che neanche conosco quando ciò che voglio sapere e tutt'altro?"
"Per lui non ho fatto neanche la metà di ciò che sto facendo per te eppure è bastato." continuò il suo racconto, incurante della sua domanda "A tutti sembra bastare ciò che faccio per loro e si lasciano sempre aiutare, ma tu no. Tu continui a non fidarti di nessuno, a non lasciarti aiutare da nessuno. Hai cambiato cosi tanti psicologi che Dio solo sa perchè tu abbia voluto che accadesse. Ho promesso a te e tua madre che ti avrei aiutato e lo farò, che sia il mio lavoro o no."
"Quindi è per questo?" rise tristemente lui "Una promessa? Come lo hanno promesso tutti gli altri."
"Quei "tutti gli altri" si sono limitati a fare ciò che fanno sempre, ciò che di solito funziona: promettono ma in realtà forse neanche loro sanno cosa fare. Con te sapevano in partenza che non poteva funzionare e hanno lasciato che tu credessi di non poter essere aiutato o di non avere nessun'altra speranza. Ma Dio, se solo tu ti lasciassi aiutare da me e ti fidassi io..." si fermò, accorgendosi di stare stringendo un po' troppo forte il volante tra le mani e concentrò la completa attenzione sulla sua indecifrabile espressione quando un semaforo fermo al colore rosso gliene diede la possibilità.
"Io potrei aiutarti Andres." finì sospirando. 

Spazio Autrice:
SONO TORNATAAAA *grido superultramegafelice*
Credevate che vi avessi abbandonato, eh? Ebbene si, io, TeenAngelita_92, sono tornata, con la mia Demina ed il mio Andres, a rompere le scatole. E' passato tipo quanto dall'ultima volta che ho aggiornato? Un anno? Si, forse, ma sapete, è stato un anno pieno zeppo di cambiamenti: cambio di paese, cambio di scuola, cambio abitudini, traslochi, eccetera eccetera... Di conseguenza l'ispirazione per scrivere qualcosa di almeno decente era inesistente. Sono tanto felice di essere tornata e di poter continuare tutto tutto tutto ciò che ho lasciato in sospeso, davvero, soprattutto sono tanto felice di poterlo far leggere a voi (se ancora siete disposte a leggere i miei "scleri di fantasia" e a perdonarmi per l'infinità di tempo che sono mancata.)
Credetemi, non mento quando dico che tutto questo mi è mancato taaaantissimo! 
Bene, come sempre mi prolungo troppo, trasformando un semplice "spazio autrice" nella Divina Commedia. 
Spero siate contenti di questo mio improvviso ritorno, e spero vi soddisfi ancora leggermi.
Un abbraccio grande! Ed a molto molto presto.
TeenAngelita_92
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato / Vai alla pagina dell'autore: TeenAngelita_92