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Autore: sistolina    18/05/2015    0 recensioni
Regno Unito, 1981.
Molotov, manganelli e barricate.
Brixton, tre ragazzi senza nome confusi nella foschia degli incendi che inghiottono un quartiere.
Londra, condensa di respiri ubriachi sui vetri della Piccadilly Line.
Piccole storie, flash scattati di sbieco nelle vite di sconosciuti incontrati per caso. Istantanee di guerriglia urbana.
Joe Strummer che canta delle Pistole di Brixton, ossa scricchiolanti di rimmel e Siouxies and the Banshees.
Ha respirato benzina per dodici ore imbevendo gli stracci nei serbatoi delle macchine parcheggiate, svuotando birra da mezzo pound nei tombini e facendosi venire le vesciche per impilare le molotov finite.
Lui ha cercato me, nella sua divisa da ragazzo perbenino con la cravatta e l'ultimo bottone della divisa allacciato. E i suoi occhiali da vista, e i suoi capelli puliti, e il suo buon odore.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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King Midas has donkey's ears



Di quella sera Tony ricordava gli spigoli: del tizio che si dondolava scoordinato dietro di lui allo Sport Centre, e gli aveva conficcato i gomiti fra le scapole sedici volte, della voce sempre un po' allucinata di Siouxie, del bacino di Gillian incastonato fra le falangi del suo dito medio sotto i jeans sul treno da Bracknell a Londra, mentre giocherellava con l'elastico delle mutandine che sua madre le aveva proibito di indossare, gli spigoli della sua erezione inaspettata alla stazione di Twickenham, e lo spigolo scavato alla base della schiena di Gillian dal rubinetto dell'acqua calda del bagno del treno, soffocante e puzzolente di un piscio molto più vecchio dei sedili, tentando di sciogliere almeno uno spigolo.
Spigoli pressati in centocinquanta rantoli alcolici, alla marijuana e acidi, quattro vagoni stipati di bambini in scozzesi strappati e spille da balia abbracciate a magliette logore.
Lo spigolo della ringhiera per aggrapparsi all'ultimo viaggio della Victoria di mezzanotte e trentuno da Green Park. Gli spigoli emozionali di Love In a Void ancora attorcigliata ai timpani e al sudore sulla schiena. Spigoli di dimenticanze e del tempo che scorreva come un colpo di tosse tisica o un lento infarto che ti uccide solo per inedia.
Tony avrebbe ricordato come uno spigolo anche la tetra rotula di un ginocchio che scrocchiava sotto la punta di un Dr.Martens con la punta d'acciaio. Un ginocchio pallido, di uno che non aveva la pelle abbastanza scura per essere un giamaicano, né lontanamente somigliava ad un “muso giallo” parassita ed efebico aggredito in qualche mew solo per divertimento.
Forse Tony avrebbe srotolato quegli spigoli se fosse stato un po' più adulto, consapevole, intelligente o coraggioso. Almeno uno, lo spigolo di un nome che non sapeva, e di un'età che aveva paura di stimare.
Gli spigoli del corpo di un bambino che abbraccia ogni spigolo per svanire in un pavimento freddo di metallo e Evening Standard appallottolati. 
Ma invece era rimasto lì, Anthony Paul Madden, incespicando fra le porte del terzo e quarto vagone, asfissiato di reduci del concerto dei Banshees ancora fatti e inebetiti.
Spigoli di occhi e orecchie, e dita che hanno tamburellato sugli spigoli degli schienali, come la sua, mentre Gillian urlava e urlava, e anche la sua gola si rattrappiva in spigoli vacui di spigolose lacrime. 
Tony ha contato i calci, uno dopo l'altro, senza nemmeno provare ad ignorare, né a muoversi. Vago e casuale, lo spigolo di un'incertezza.
Forse avrebbe potuto...
Forse se solo...
Anche il ragazzino aveva pianto ad un certo punto, un suono piano e gutturale fatto anche lui di spigoli, un gorgheggio di sangue nei polmoni forse.
Il tempo si era riavvolto e riavvolto, lo aveva punto e colpito fra le costole e dietro la nuca, poi aveva preso la rincorsa e saltato, fino alle sirene dell'ambulanza, la Victoria bloccata e stipata di sudori e umori truculenti, sputi sulla banchina e vomito, piscio che colava dai finestrini e sui binari.
Gillian era rimasta accartocciata a terra senza voce. Senza suono.
Lui non si era mosso, e non aveva più parlato, con quello spigolo di gola attorcigliato alle corde vocali e il sangue su quella maglietta dei Clash che ha faticato tanto a rovinare. 
Aveva un occhio leggermente strabico, questo Tony lo ricordava bene, perché tracciava uno spigolo nella percezione del mondo, e quella serata era fatta di spigoli, Tony lo sapeva dall'inizio.
Entrambi lo avevano guardato, spigoli di asserzioni catramose senza direzione che tracciavano angoli nella sua coscienza.
Bastardo, diceva lei.
Solo Basta, diceva lui.
Doveva farselo bastare, Tony, quello spigolo di innocenza che colava dalle mani che aveva sfregato in un'altra direzione.
Gillian lo aveva lasciato, perché lei amava un uomo vero, e Tony un uomo vero non lo sarebbe mai stato.
Chissà a quali spigoli di scuse si sarebbe aggrappata lei, verso quale angolazione obliqua avrebbero scelto di cadere le sue lacrime se Tony fosse caduto combattendo sotto spigoli di acciaio e borchie, per difendere un ragazzino finocchio sull'ultimo treno per Brixton. 
Eroico finocchio pacifista che difende i succhiacazzi come lui.
Sai che bel titolone.
Ma Tony sapeva per certo quale sarebbe stata l'angolazione del gomito di Hugh premuto sul fondo della sua gola.
Era cresciuto con Hugh, anche se non era cresciuti affatto, spingendo lungo i marciapiedi increspati di vetri rotti mortificanti copertoni di biciclette, e rattoppandosi ginocchia e gomiti sputando sui fazzoletti di stoffa da portare in tasca, per ogni evenienza, emergenza, esigenza. 
Le brave mamme di Brixton.
Erano cresciuti con le bandiere dell'Inghilterra lasciate sanguinare fuori dalle finestre, striate del pianto fangoso della pioggia e puntellate di sprazzi di soli troppo codardi e cafoni per scaldare quelle pelli grigiastre da uova a colazione e pollo tutto il resto del tempo.
E Hugh non diceva mai nulla, silenzioso come il suo vecchio, operaio su al porto, sfumacchiando sigarette troppo acide per i suoi dieci, e poi dodici, e quindici anni.
Quello che aveva detto poi aveva sempre un retrogusto di sangue degli altri sulle nocche e qualcuno raggomitolato sotto le suole consumate sul lato destro, perché Hugh camminava storto.
Tony aveva pensato agli spigoli delle sue spalle sempre un po' inclinate, e a come avrebbe riso, e incitato e sputato e tossito e brindato, alla fine, perché un frocio morto è sempre un motivo per festeggiare.
Ma lui non era morto.
Era rimasto mezzo sordo da un orecchio, giusto un po', e con un ginocchio a puttane. 
Meno male che non voleva fare il calciatore, o camminare decentemente, nella vita, altrimenti erano cazzi suoi.
Raccontando quella storia, a se stesso, al nulla, mesi, anni dopo, ai giornalisti, agli amici, a quelle vecchie conoscenze che passano a trovarti quando il tempo è passato e puoi solo ricordare quanto avevate scopato e bevuto e pogato e menato froci di merda in giro per Londra nei bei tempi andati, la testa affogata in un buco nel terreno urlando “Re Mida ha le orecchie d'asino”, Tony non avrebbe pianto per quegli occhi strabici e i capelli tagliati a cazzo con le forbici da carta, a quel ginocchio accartocciato e a quel timpano sinistro perforato, ma ci sarebbero stati gli spigoli di un'acquiescenza, in fondo, da qualche parte, forse solo brandelli di spigoli.
E una stanza d'ospedale con le pareti gialle, lo stesso piscio liquefatto lungo i finestrini e la banchina di Green Park, quattro vagoni stipati di ragazzini punk strafatti e ossa sgualcite dalle guerre degli altri, che non volevano combattere.
Tony non era uno di quelli che si sedevano a raccontarti di com'era complicata la vita prima, e quanta merda avevano masticato i suoi per venire fuori, almeno, quasi vivi, dagli anni '80, ma potevi vederli i chiodi arrugginiti delle sue croci, messi a stendere assieme alle bandiere dell'Inghilterra, una nuova ogni anno; rosse e bianche, croci di spigoli sul grigio sporco di una patria stanca, in cui non crede più nessuno.
Non è che La Signora Inghilterra creda in te, comunque, o in me, avrebbe detto. 
O forse no. 
Magari, forse, chissà, avrebbe solo urlato in un buco il nome di un ragazzino che non aveva nome, solo spigoli.
Re Mida ha le orecchie d'asino.






 
Note: questa storia prima era una OS, prima doveva essere solo il mio modo di celebrare l'esistenza dei Clash, che di per sè andrebbero sempre amati e celebrati, ma poi è diventata una raccolta, perchè c'è troppo di questo mondo che io amo, troppo di quella realtà e di quel periodo storico-sociale, troppo della Londra degli anni '80.
Questa OS nella fattispecie trae ispirazione da un saggio che ho letto recentemente focalizzato sulla storia e l'evoluzione dell'omosessualità nella subcultura skinhead, dalle origini agli anni '90, e le esperienze che molti dei personaggi intervistati hanno raccontato all'autore del libro. E' una OS ispirata a fatti realmente accaduti, ma più di questo non so, ecco^^ Se siete interessati a saperne di più il libro è "Gay Skins: class, masculinity and queer appropriation" ^^
Potete trovarmi sempre qui, just in case ahaah
   
 
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