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Autore: ladyAmaryllis    19/05/2015    0 recensioni
Magari avrete letto e sentito mille storie simili a questa: una ragazza normale, con una vita normale, improvvisamente viene a conoscenza di un mondo che credeva esistesse solo nei film. La storia di Emily è una storia d'amore, ma anche di guerra; è una storia sul capire la differenza tra bene e male, sul commettere degli errori e imparare da essi. In fondo è solo la storia di come una ragazza diventa donna, in un mondo più complicato di quello che sembra.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nei giorni successivi le cose si calmarono un po', e potei godermi questa nuova amicizia con Matt, che in effetti era un ragazzo fantastico: era divertente, spensierato, a volte anche dolce, e mi resi conto che eravamo davvero in sintonia, a volte ci bastava uno sguardo per capirci.
Sia lui che Mark si erano inseriti piuttosto bene nel nostro gruppo, e quel venerdì, come ogni venerdì, decidemmo di passare la serata allo Scarecrow, un pub in cui andavamo sempre a passare le serate nel fine settimana. A dire la verità, mezza scuola ci andava: faceva da ristorante, bar, aveva le freccette, il biliardo, era perfetto.
Arrivai come al solito con Noemi, che cominciò ad entrare a cercare un tavolo mentre io parcheggiavo sul retro. Scesi dalla macchina ed inspirai l'aria di settembre che cominciava a sapere sempre di più di autunno. Stavo per entrare quando una macchina parcheggiò a fianco a me e mi sentii chiamare: era Rachel.
Una volta scesa dalla macchina si sistemò tirando un po' giù il vestito e passandosi una mano tra i capelli. Mi trovavo bene con Rachel, ma era una di quelle ragazze che dovevano essere sempre perfette: i capelli neri sempre raccolti in qualche treccia o acconciatura elaborata, il trucco sempre perfetto, a volte la trovavo esagerata.
«Emily, tesoro, posso parlarti?», disse sbattendo le lunghe ciglia appesantite dal mascara.
«Certo dimmi pure»
«Sai è da un po' che cerco di dirtelo, visto che ci conosciamo da una vita e tutto il resto, sai solidarietà femminile e cose del genere», precisò con una risatina acuta, «Cooomunque, mi sono detta che quando le cose fossero diventate serie avrei trovato il modo di dirtelo. Poi l'altro giorno sei arrivata a scuola con Chris...»
Oh, ecco di che si tratta, pensai.
«Sì ma mi ha solo dato un passaggio, non c'è niente...», ma non mi fece finire.
«E così ho pensato che visto che hai deciso di darti da fare con chi ti pare quando ti pare...»
«Ehi, aspetta un attimo...», cercai di ribattere, mentre sentivo montare il nervosismo, ma era come se non mi sentisse nemmeno:
«...avrei potuto saltare la parte in cui facevo la persona corretta, e dirti direttamente che mi scopo quel gran fico del tuo ex ragazzo, e che non ho intenzione di smettere, per quanti disperati tentativi tu possa fare di riprendertelo. È finita tra voi, tesoro, fattene una ragione», così dicendo mi sorriso, si voltò ed entrò senza aggiungere una parola.
Ma come si permetteva di insinuare certe cose, come se non fosse stata la prima a farsi mezza squadra di football. Non aveva nessun diritto di dirmi certe cose!
«Brutta stronza egocentrica!!», urlai alla porta ormai chiusa del locale. Mentre mi rimbombava in testa la sua vocina che ripeteva "fattene una ragione, tesoro" pensavo che per quanto Chris potesse essere un coglione a volte, si era davvero superato a frequentare una come lei.
Sbattei i pugni sul cofano della sua macchina e impressi in quel gesto tutta la tensione accumulata durante la settimana, mentre me la immaginavo che sbandava e finiva fuori strada.
Ma all'improvviso tornai in me, e mi spaventai di me stessa. Come avevo potuto pensare una cosa del genere, quella non ero io. Chiesi perdono mentalmente, feci un bel respiro ed entrai.
Vidi subito Noemi insieme ad un gruppo di altri ragazzi che parlavano intorno ad un tavolo, ma tra loro c'era anche Rachel, così mi guardai intorno e vidi Matt vicino al tavolo da biliardo.
Mi vide ancora prima che lo salutassi, e mi accolse con un sorriso:
«Guarda chi c'è», disse passando lo sguardo su tutto il mio corpo, cosa che mi fece arrossire.
«Ehi...», risposi ancora un po' agitata. Mentre si concentrava a tirare mi appoggiai al tavolo da biliardo. Volevo sfogarmi con qualcuno:
«Matt, secondo te c'è qualche licantropo nella mia famiglia? Pensi che potrei avere anch'io quel gene?»
Si guardò intorno, stava giocando con altri due ragazzi che non conoscevo, ma non ci avevano sentito, stavo parlando piano e la musica del locale copriva bene le voci.
Appoggiò l'estremità larga della stecca per terra e si voltò a guardarmi:
«Ne dubito, lo sentirei dal tuo odore penso. Perché me lo chiedi?»
«Non lo so, con tutte le cose strane che mi stanno succedendo ultimamente...» improvvisamente mi vergognai ad ammettere di aver perso la pazienza per così poco solo qualche minuto prima.
«Emily, rilassati, non sei un licantropo», disse ridendo.
«Bé magari sono qualcos'altro! Magari sono un vampiro!», dissi in preda all'esasperazione.
«Ne dubito, non mi sembra di averti mai visto friggere se colpita dalla luce del sole», rispose completamente serio.
Per un attimo il cuore saltò un battito:
«Oh mio Dio io stavo scherzando!!»
«Okay calmati», mi sussurrò lasciando la stecca da una parte e prendendomi per le spalle, «Scusa, ero convinto di averti detto che esistono anche i vampiri»
Io ero sempre più scioccata.
«E...E...Oddio...ne conosci qualcuno? Io ne conosco qualcuno?»
Scoppiò a ridere:
«Non che io sappia, no. È molto difficile che tu ne conosca qualcuno della tua età e che vada ancora a scuola, considerato che di giorno non posso uscire».
«Oh...bé meglio così, credo. Sono pericolosi? Sono davvero immortali?»
«Sì, sono "immortali", nel senso che se non li ammazzi vivono per sempre, e non ci sono molti modi per ammazzarli. E si nutrono di sangue umano, quindi direi che sono un po' più pericolosi della media», disse storcendo il naso.
«Non ti piacciono i vampiri?», risposi abbassando la voce sull'ultima parola.
«Diciamo che l'antipatia è reciproca. Ma preferirei non parlarne».
«Oh, okay...», dissi un po' delusa. Volevo sapere tutto! Eppure non capivo perché fossi così curiosa sul mondo del sovrannaturale. Una persona normale si sarebbe spaventata di fronte a queste rivelazioni, mentre io per qualche strano motivo ne ero affascinata.
Matt sospirò, ma sembrava più divertito che arrabbiato per la mia insistenza.
«Senti, Emily, sono sicuro che tu sia speciale», disse puntandomi negli occhi quel suo sguardo magnetico, «Basta guardarti per capirlo, e chi lo sa, magari hai qualcosa di soprannaturale anche tu, magari sei una fata!»
Spalancai gli occhi:
«Ora non mi dirai che esistono anche le fate!», scoppiò a ridere:
«No, stavo solo scherzando. Ma almeno per stasera possiamo dimenticarci di tutte queste cose ed essere dei ragazzi normali che si divertono?»
Annuii. Però una cosa che aveva detto prima mi era rimasta in testa:
«L'ultima cosa, poi giuro che la smetto!»
«Matthew sta a te!», disse uno dei due ragazzi dall'altra parte del tavolo. Matt portò la sua attenzione sul gioco, ma sapevo che mi stava ancora ascoltando.
«Prima hai detto che l'avresti sentito dal mio odore se fossi un...tu sai cosa», a quelle parole sorrise, «Ma ora sono curiosa: che odore ho?»
Mentre scoccava un tiro quasi perfetto lo vidi leccarsi le labbra, poi si tirò su, e molto lentamente disse:
«Tu sai di tutto ciò che considero bello e speciale al mondo, sai di fiori in primavera, di rugiada fresca la mattina, del sole caldo sulla pelle, e di tante altre cose. Non saprei dirti che odore hai, ma so a cosa penso quando lo sento».
«Questa potrebbe essere la cosa più dolce e strana che qualcuno mi abbia mai detto, Matthew Carroll».
Sorrise e abbassò lo sguardo.
«Se vuoi posso dirti un sacco di altre cose dolci e strane, ma dovrai aspettare che finisca la partita perché se ci penso mi distraggo», disse puntandomi addosso uno sguardo che mi fece chiudere lo stomaco.
«O-okay, ti lascio al tuo gioco, vado a prendere qualcosa da bere».
Mentre mi avvicinavo al bancone vidi che da una parte c'era Mark, l'altro ragazzo nuovo. Noemi mi aveva parlato di lui, ed ero curiosa.
Mi avvicinai, chiesi una birra a Josh, il barista che ormai conoscevo bene, e mentre aspettavo mi voltai ad osservare Mark: aveva sempre un'aria così controllata e irraggiungibile, chissà cosa potevano avere in comune lui e Matt da averli fatti diventare così amici.
Lo toccai su un braccio per salutarlo, e un brivido mi percorse la schiena. Ma non era la stessa cosa che avevo sentito quando avevo conosciuto Matt, c'era qualcosa di diverso.
Quando mi guardò con quegli impenetrabili occhi azzurri mi riscossi:
«Ehi, sono Emily! Non so se ti ricordi di me...»
«Sì certo, ci ha presentati Matt»
«Sì esatto. Come ti sei trovato in questa città finora? Vedo che ti stai integrando bene a scuola»
Sorrise:
«Finora tutto bene. Trovo interessante soprattutto la tua amica Noemi», disse alzando un angolo della bocca in un sorriso malizioso.
«Lo è. Ma vedi di non approfittare della sua gentilezza», dissi puntandogli un dito contro.
Alzò le mani in segno di resa:
«Come potrei quando ha una così fedele amica a difenderla»
«Ecco vedo che hai capito», dissi scoppiando a ridere, come se una come me potesse mai rappresentare una vera minaccia per uno come lui. Ma era stato carino a stare al gioco.
Dalle casse del locale partì una canzone dei Mouserats, un gruppo emergente a cui mi ero appassionata, notai che Mark sapeva tutte le parole. Ci lanciammo in una discussione sulla musica alternativa che andò avanti fino a che entrambi non tornammo al tavolo dove c'erano Noemi, Rachel, Chris, Logan e un po' di altri ragazzi. Sembrava che Mark fosse un vero appassionato ma ne sapeva un sacco su tutta la musica del presente e del passato. Cominciava a piacermi.
Raggiunsi Noemi, e le sussurrai all'orecchio:
«Non so come stiano le cose tra te e Mark ultimamente, ma sappi che approvo»
Si voltò a guardarmi e scoppiò a ridere:
«E se non ci fosse niente?»
«Mmh, credo che qualcosa ci sia», le dissi strizzandole l'occhio.
 
 
La mattina dopo non avevo messo la sveglia visto che finalmente era arrivato il fine settimana, quando verso le undici il mio telefono cominciò a vibrare insistentemente.
Ancora mezza addormentata allungai una mano sul comodino per prenderlo e lessi il display: era mio padre. Che voleva?
«Pronto?»
"Tesoro scusami se ti ho svegliato, ma sono passato per caso dal reparto dei ricoveri, e ho visto che c'è una ragazza di nome Rachel Mass. Non è quella tua amica di scuola?"
A quelle parole saltai come se avessero messo fuoco al letto.
«Sì, sì, la conosco! Che è successo? Sta bene?»
"Sì niente di grave, ha una caviglia slogata ma la tengono in osservazione per paura di una commozione cerebrale, ma non dovrebbe essere niente di preoccupante. Pensavo solo che volessi saperlo"
Il cuore mi andava a mille, pensando alla domanda che stavo per fare:
«Cosa le è successo?»
"Dicono che ha avuto un incidente ieri sera mentre tornava a casa in macchina, qualcosa su un guasto ai freni, è finita fuori strada ma fortunatamente stava andando piano"
A quelle parole il cuore mi si fermò di colpo. Rivedevo chiarissima l'immagine che avevo avuto di lei che sbandava con la macchina in quel momento di rabbia la sera prima. Possibile che fosse una coincidenza?
«Okay papà, grazie per avermelo detto».
Stavo cominciando a sentirmi male. Non era possibile che fossi stata io a causare l'incidente, ma era una coincidenza troppo grossa. E solo al pensiero di aver causato una cosa così brutta...stava cominciando a girarmi la testa.
In pochi minuti mi preparai e uscii di casa, diretta al Corvalis General Hospital.
Trovai facilmente il reparto in cui era ricoverata Rachel, dato che mio padre lavorava in quell'ospedale c'ero andata tante volte. Fuori dalla sua stanza trovai Hilary, la sua migliore amica, una bionda tutta ricci decisamente più simpatica di Rachel, e Logan. Quando mi videro si avvicinarono.
«Ehi, Emily, che carino da parte tua venire a trovarla», disse Hilary rivolgendomi un gran sorriso, «Solo che ora sta dormendo. Le dirò che sei passata».
«Grazie Hilary. Logan», aggiunsi salutandolo con un cenno.
Lui mi fece l'occhiolino e mi rivolse un gran sorriso.
Mi diressi verso l'uscita immersa nei miei pensieri. Non avevo avuto modo di togliermi un po' di sensi di colpa cercando di parlare con Rachel visto che dormiva, e non sapevo cos'altro fare.
Mi resi conto di essere andata fino all'ospedale a piedi, visto che non era molto distante da casa mia, ma non volevo tornare a casa e rimanere da sola con i miei pensieri.
Quasi inconsciamente digitai un numero sul telefono e attesi contando gli squilli. Poi finalmente la sua voce:
"Emily?"
«Ciao Matt. Spero di non disturbarti. Ti volevo chiedere se potevamo vederci»
Sentii dal suo tono di voce che stava sorridendo:
"Non riesci proprio a starmi lontana eh?"
«A dire la verità è una cosa seria, potremmo vederci ora?»
"Ma sì, certo. Dove sei? Ti vengo a prendere"
«Al Corvalis General Hospital»
"Arrivo"
Cinque minuti dopo un fuoristrada bianco parcheggiò di fronte al marciapiede dove stavo aspettando. Matt mi salutava da dietro il finestrino.
Raggiunsi il posto del passeggero e salii.
«Che ci facevi in ospedale? Stai bene?», chiese evidentemente preoccupato.
«Sì, ero qui per Rachel, ieri sera ha avuto un incidente», così gli spiegai cosa mi aveva detto mio padre, e poi gli raccontai della discussione della sera prima con Rachel, e della macchina e dei pensieri brutti che avevo avuto. Sentii salirmi le lacrime agli occhi:
«Matt non posso essere stata io, e se le fosse successo qualcosa di peggio? E se fosse morta
Mi guardò dritta negli occhi:
«Cerca di calmarti, fai un bel respiro, ora scendiamo e ne parliamo».
Mi guardai intorno, non riconoscevo il quartiere. Chissà dove mi stava portando. Lentamente accostammo di fronte ad una bella casa: era a due piani, più si capiva che c'era una soffitta, pochi scalini di fronte alla porta principale, ed una tettoia su cui si reggeva il primo piano, e la stanza che affacciava sul giardino di fronte aveva le pareti coperte da enormi finestre.
«Questa è casa tua?», esclamai dimenticando momentaneamente il motivo per cui lo avevo chiamato.
«Già, benvenuta»
A metà strada sul vialetto che portava all'ingresso però mi bloccai:
«Ma non ci saranno mica i tuoi? Sto per incontrare la famiglia Licantropi al completo?»
Scoppiò a ridere:
«No, tranquilla. I miei sono raramente a casa, e oggi non dovrebbe esserci neanche mio fratello»
«Non mi avevi detto che hai un fratello!», gli diedi un pugno sul braccio che fece più male a me che a lui, «Non mi dici mai niente!»
«Direi che ti ho detto abbastanza», rispose con un sorriso complice.
«Hai sempre la risposta a tutto, eh?» lo stuzzicai.
Lo seguii dentro, e notai che l'interno reggeva il confronto con l'esterno: di fronte alla porta d'ingresso c'erano delle grosse scale che portavano al piano di sopra, a destra e a sinistra si aprivano la cucina e il salotto. Lo seguii su per le scale ed entrammo nella stanza che si vedeva da fuori con quelle grosse finestre.
«Mi piace un sacco casa tua!», esclamai cominciando a curiosare per la stanza.
C'era un grosso letto al centro, le pareti erano piene di foto di Matt a varie età. Vedere un piccolo Matthew con le guance piene di torta e un cappellino in testa, con quegli occhioni verdi rimasti uguali fino a quel momento mi fece una gran tenerezza.
«Ma guarda com'eri cariiino!»
Distolse lo sguardo e per la prima volta lo vidi arrossire leggermente.
«Non mi hai chiamato perché eri preoccupata?», così dicendo mi riportò subito alla realtà.
«Hai ragione. Senti non ho idea di che genere di creature ci siano là fuori, ma tu che ne sai molto più di me, pensi che in qualche modo possa avere a che fare con quello che è successo a Rachel?»
Sospirò e si mise a sedere sul letto.
«Ad essere onesto, non lo so. Non ho mai sentito di nessuna creatura che potrebbe fare una cosa del genere»
Tirai un sospiro di sollievo.
«Quindi potrebbe essere stato un caso?»
«Direi che è l'ipotesi più probabile. Ma anche se fossi stata tu a causare in qualche modo l'incidente, non devi fartene una colpa»
«E come potrei? Mi sento malissimo solo al pensiero che potrei davvero...», non riuscii a finire, era assurdo anche solo dirlo ad alta voce.
«No, ascolta...», di scatto si alzò in piedi e mi prese le mani, ancora una volta il suo tocco mi dava conforto, «Magari per qualche ragione hai il potere di aver causato l'incidente, ma non eri in te e di certo non l'hai fatto apposta, basta guardare quanto stai soffrendo adesso. Il fatto che tu abbia la potenzialità di fare del male non ti rende cattiva. Anch'io sarei capace di fare del male, e anche facilmente, ma questo non mi rende cattivo, perché non è mia intenzione farlo. Guardati, appena hai saputo cos'era successo ti sei precipitata a vedere come stava Rachel. Questo ti rende una persona premurosa e sensibile ma soprattutto buona».
Senza neanche rendermene conto calde lacrime presero a scendermi sulle guance.
Matt mi sorrise dolcemente, e mi strinse in un abbraccio. Fu una sensazione inaspettata, ma era come se il posto a cui appartenevo era quello, tra le sue braccia.
Un po' contro voglia mi districai da quell'abbraccio.
«Grazie, ne avevo bisogno»
«Lo so, non preoccuparti. Va meglio?»
«Sì», dissi tirando un po' su col naso. «Ti rendi conto che mi hai appena detto delle cose bellissime?»
«Oh, sì», sussurrò mentre mi spostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Era proprio bello, tutto concentrato a fissare qualcosa nei miei occhi. Aveva ancora quel mezzo sorriso, con l'angolo destro della bocca un po' sollevato. E quelle labbra, chissà che sapore avevano. Socchiusi la bocca. Eravamo ancora molto vicini, troppo vicini.
«Senti...ehm...grazie per...esserci ogni volta che ho una crisi...»
«È un piacere aiutarti con le crisi...vorrei poter fare di più...», disse lentamente, mentre il mio cuore faceva una capriola. Deglutii.
«Mi prometti che ci penserai? Ad una spiegazione per quello che mi sta succedendo?»
«Ma certo. Qualsiasi cosa per te»
Sorrisi nervosa.
«Sono ancora convinta che la cosa giusta sia...non complicare le cose tra noi due...»
«Ma a volte è così bello quando si complicano le cose», rispose prendendomi il volto tra le mani.
Ci sarebbero state così tante ragioni per trattenersi: lo conoscevo da pochissimo tempo, non sapevo se potermi fidare di lui, inoltre la mia vita era ogni giorno più incasinata, mi stava succedendo qualcosa che non riuscivo a comprendere e...
Toc toc toc! Tre colpetti sulla porta ci riscossero come una secchiata di acqua fredda.
«Matt posso entrare? Sei vestito? Mi serve una camicia pulita...», disse una voce profonda da dietro la porta che lentamente si apriva.
Istintivamente mi allontanai da lui e presi a sistemarmi i capelli dietro l'orecchio, mentre fissavo quella copia sputata di Matt che entrava in camera sua.
«Oh, hai ospiti», disse aprendosi in un sorriso perfetto. Era impressionante la sua somiglianza con Matt, se non fosse stato per la barba incolta che aveva sulle guance e un taglio di capelli più impostato non avrei saputo distinguerli.
«Sono Tony», disse porgendomi la mano, «Il fratello maggiore di Matt. Molto piacere!»
Mi riscossi da quello shock iniziale e sorrisi anch'io:
«Emily. Wow, vi assomigliate un sacco!», dissi passando lo sguardo dall'uno all'altro. Tony scoppiò a ridere:
«Non dirlo troppo in giro», disse facendomi l'occhiolino. Quando mi strinse la mano sentii quel brivido ormai familiare scorrermi lungo la schiena, ma questa volta ero preparata: Matt mi aveva rivelato che tutti nella sua famiglia erano licantropi. Mi sorpresi a chiedermi se anche da lupi lui e Tony erano identici.
Ignorando completamente la mia presenza Tony si rivolse a Matt:
«Allora cerco un po' nel tuo armadio okay?», disse andando verso la parete a sinistra del letto che era quasi completamente occupata da un grosso armadio a muro. Ma la cosa che mi fece arrossire fu che si tolse tranquillamente la maglietta e la gettò per terra, mostrando di avere un fisico decisamente sviluppato e atletico. Mi voltai verso Matt un po' a disagio, e lo vidi alzare gli occhi al cielo mentre mi faceva segno di andare al piano di sotto.
Non me lo feci ripetere, presi la borsa e la giacca che avevo appoggiato sul letto e corsi giù per le scale prima che Tony si togliesse qualche altro indumento.
Dopo pochi minuti mi raggiunse anche Matt:
«Perdona mio fratello, è un po' troppo estroverso a volte». Sorrisi per tranquillizzarlo:
«Nessun problema, sembra simpatico»
«Oh, è un amore», disse sarcastico, «ti accompagno a casa?»
«Se non è un problema, sì, grazie».
Durante il viaggio di ritorno Matt era pensieroso, guardava la strada ma sembrava che non la vedesse davvero. Quando ci fermammo ad un semaforo rosso sembrò risvegliarsi e mi guardò per qualche secondo prima di dire:
«Emily penso che tu abbia dei poteri. Tutte queste cose strane che ti succedono, penso che tu abbia qualche capacità al di sopra degli esseri umani comuni. Non saprei dirti cosa sei, ma non credo che tu sia completamente umana»
Il cuore prese a battermi forte:
«Andiamo Matt, non ti sembra di esagerare? Sì questi ultimi giorni sono stati fuori di testa, ma non pensi che se avessi qualche strano potere me ne sarei accorta?», dissi più che altro per convincere me stessa che lui.
Scattò il verde e la macchina riprese a muoversi.
«Non necessariamente. ma potrei sbagliarmi, sto solo facendo delle ipotesi», poi di colpo tornò allegro, «Metto un po' di musica?», così dicendo accese la radio e partì una canzone dei Mouserats. Lo guardai piacevolmente sorpresa, e lanciandomi un'occhiata veloce disse:
«Mark mi ha detto che ti piace questa band, così ho ascoltato qualche canzone. Non sono male»
«Ti stai informando su cosa mi piace per fare colpo su di me?», lo stuzzicai.
«Forse», disse facendomi l'occhiolino.
Ma quello che aveva detto poco prima, sull'avere dei poteri, mi aveva colpito. Mi guardai le mani, come se da un momento all'altro dovesse uscirmi un raggio laser dalla punta delle dita. Quando non successe niente sentii quasi una punta di delusione.
Scacciai quei pensieri e mi concentrai sulle parole della canzone mentre guardavo Matt concentrato alla guida. Ancora una volta eravamo stati interrotti sul punto di baciarci. O almeno, io ero stata decisamente sul punto di farlo. Chissà forse qualcuno stava cercando di dirci che quella non era la strada da prendere. Eppure in alcuni momenti sembrava che davanti a me non ci fossero altre strade se non quella che conduceva dritta a lui. Rievocai la sensazione di poco prima quando l'avevo sentito così vicino. Aveva un odore così buono, di forza e sicurezza e puro istinto primordiale. Inconsciamente presi a mordicchiarmi il labbro. Matt mi vide e tirò fuori quel suo mezzo sorriso:
«A che stai pensando?», disse con un tono che suggeriva che sapeva benissimo a cosa stavo pensando.
«Niente, guarda la strada invece che guardare me», risposi voltandomi a guardare fuori dal finestrino e canticchiando la canzone che era appena iniziata.
Mi manderai al manicomio, Matthew Carroll, pensai tra me e me.
  
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