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Autore: small leaf    20/05/2015    4 recensioni
Era solo un’assassina, quello era il suo lavoro. Era un Mostro. Voleva uccidersi, ma sapeva che non poteva. Lei era forte, non si sarebbe mai ceduta alla Morte così facilmente. Ma la desiderava così tanto. Le bare che sfilavano sotto i suoi occhi stavano diventando troppe, come troppe erano le volte in cui la Morte le aveva fatto sentire il suo freddo abbraccio, ma non l’aveva mai presa con se. E poi c’era quella promessa, quel patto che la teneva legata alla Vita. Una Vita non più sua, una vita da schiava. Tutto ciò che desiderava era ritornare nella sua casa, tornare Libera. Ma cambierà idea quando un giovane ANBU dai capelli bianco sporco incrocerà il suo cammino. Due anime tormentate che si cureranno le ferite a vicenda, ma chi dei due parlerà per primo del suo passato, chi dei due si toglierà la maschera?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Prima dell'inizio, Contesto generale/vago
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CAPITOLO 8 -  SARÒ UMANA PER TE, SARÒ  UMANA PER AMORE.

Si svegliò di soprassalto. Il fiato corto, la fronte imperlata di piccole goccioline di sudore e la mano che stringeva convulsamente la coperta di cotone bianco tutta arrotolata.

Solo un incubo, è stato solo un incubo.

Prese un lungo sospiro. Calmò il battito del proprio cuore. Chiuse gli occhi. Possibile che un uomo grande e grosso come lui , facesse ancora gli incubi? È che sembrava tutto così reale, quell’ombra, quella sensazione di gelo … solo a ripensarci tornavano i brividi.
Allungò la mano verso l’altra metà del letto matrimoniale per afferrare la mano di Lei. Non trovò nulla, solo il materasso freddo. Fece scivolare la mano avanti indietro, sentì il lieve solco che aveva ospitato il fianco di sua moglie per dieci anni. Salì verso il cuscino e lo trovò fresco e privo di pieghe. Lo trovò  come lo aveva sempre trovato ormai da  cinque anni.

Cinque anni in cui quella parte destra era priva di calore, cinque anni in cui il suo braccio cadeva nel vuoto quando tentava di avvolgere una figura che non esisteva più, cinque anni che ogni mattina quando si alzava e guardava quella metà , sentiva un’ immensa solitudine nel petto. 
Quel letto non aveva mai visto altra donna all’infuori di Hanna e mai ne avrebbe rivista un’altra.

Se solo fossi stato con te quel giorno, ti averi salvata o almeno sarei morto anch’io con te. Invece eccomi qui, morto dentro, un uomo a metà.

Si alzò barcollante e andò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Non accese la luce.
Bevve un lungo sorso, poi un altro e un altro ancora.
 Continuava a riempirsi il bicchiere,ma era come se quell’acqua non lo dissetasse, sentiva la gola perennemente secca.
Una strana sensazione gli attorcigliava le viscere e dei piccoli, freddi e veloci brividi iniziarono a salirgli lungo la schiena.
C’era qualcosa che non andava, pensò.

Forse è ancora l’incubo.

Ma una voce dentro di lui gli suggeriva che non era quello.
Appoggiò il bicchiere sul tavolo. Trattenne il respiro, ascoltò.
Non si muoveva, ogni parte di lui era paralizzata da un terrore remoto.
Sentì lo sguardo di qualcuno bruciargli sulla schiena.

Al tre mi giro, la luce è a meno di un metro da me, solo un passo, solo un passo dalla luce. Quando l’accenderò vedrò che non c’era niente e mi darò dello stupido per essermi impaurito tanto.

Si fece coraggio.

Uno …

Cosa sarebbe mai potuto capitargli? Era in casa da solo, la finestra e la porta erano chiuse …

Due …

Quante volte si era dovuto svegliare nel cuore della notte , scendere le scale con una scopa in mano perché
Hanna aveva sentito dei rumori al piano di sotto e quante volte l’artefice di tutto era un povero topolino che cercava disperatamente di uscire?

Tre!

Fece uno scatto verso la parete, ma Qualcosa gli bloccò il braccio.

Ci fu un secondo di silenzio.

Un secondo in cui la sua mente si congelò assieme al suo corpo, la bocca aperta fra l’incredulità e il panico più totale.

Nel secondo successivo , L’uomo ruotò  meccanicamente la testa verso quella forza che gli impediva di allungarsi quei cinque centimetri che gli mancavano per  spingere quel maledetto interruttore.
Chi era? O meglio cos’era?
Si era preparato psicologicamente a tutto, ma ciò che vide era una cosa impossibile da prevedere, in quanto era impossibile che la mente umana potesse anche solo immaginare una scena simile …
Il bagliore della Luna stava illuminando un’ ombra?
Non riusciva a toglierle lo sguardo di dosso , come ipnotizzato. Ne cercò il volto, ma quando lo vide rimpianse di non essere stato fermo. Due occhi gialli come quelli di un gatto, ma privi di pupilla lo stavano fissando, inespressivi, letali.
Sbatté più volte le palpebre, pregò che fosse un incubo, ma Lei non scompariva.

Il terzo ed ultimo secondo capì che quella mattina non avrebbe rifatto il letto pensando ad Hanna, così come quelle avvenire.

L’ombra gli prese il volto fra le mani dalle dita lunghe e gelide, senza mai smettere di guardarlo fisso negli occhi.

“Mi porti da Hanna vero?”
Sussurrò l’uomo con la voce rotta.
L’ombra annuì.
“Ce ne hai messo di tempo.”

Chiuse gli occhi, mentre una piccola lacrima argentea gli scivolava sul volto fino a scomparire sulle labbra increspate in un sorriso che esprimeva pace e serenità.

Era giunto il suo momento.

Si abbandonò così a quella figura, senza rimpianti.
Sentì una forte pressione, un movimento scattoso e infine il buio.
Durò qualche secondo, poi una luce flebile e una voce serena di donna chiamarono il suo nome.
L’uomo si alzò in piedi in quell’oscurità senza luogo e senza  tempo e con passo sicuro si incammino verso una felicità che non provava da anni.

La sua Hanna, finalmente era di nuovo con lei e nessuno gliela avrebbe mai più portata via.
***
“Cosa significa che non posso vederla?”
Disse il copia-ninja con un tono accigliato che tradiva la sua solita calma.

“L’Hokage la scorsa notte non è stato bene, i migliori medici stanno cercando un modo per fargli riprendere le forze il prima possibile, fino ad allora le visite alla prigioni sono chiuse.”

“L’Hokage non si è sentito bene, in che senso?”
Chiese ora più pensieroso.

“Mi spiace ma non ne sono informato.”

Senza salutare Kakashi voltò le spalle alla guardia.
Qualcosa non gli tornava:  aveva appena incontrato Iruka disperato dopo l’interrogatorio fatto a Takara che chiedeva dell’Hokage per poi essere interrotto da il Terzo in persona. Ma se era stato male la notte, non poteva sicuramente essere sceso nelle prigioni. Forse la guardia gli aveva mentito,ma a che scopo? Forse Sarutobi gli aveva detto di rispondere così perché sapeva che lui  la andava a trovare tutti i giorni, ma se poi fosse dovuto partire per una missione imprevista la scusa sarebbe caduta immediatamente. Iruka non mentiva mai e poi perché inventarsi una storia simile. Cosa stava accadendo allora?

Takara che chiede dell’Hokage e lui magicamente bussa alla sua cella …

L’Hokage che sta male …

Takara sempre più debole, sempre ferita e quell’ombra vista un mese fa …

Questi tre elementi continuavano a ronzare per la testa  del ninja.  Giravano, si scontravano, ma senza mai trovare un filo logico che li collegasse.

Intanto si era fatta sera e lo stomaco del ragazzo cominciava a brontolare. Le vie della città,ora meno caotica, si illuminavano lentamente delle fioche luci delle lanterne appese fuori dalle case e dai negozi mentre il delizioso odore del cibo appena servito sulle tavole spinse Kakashi ad avviarsi verso il negozio del ramen dove era solito andare.

“Hei Kakashi che bella sorpresa rivederti! Il solito?”
Chiese un simpatico cuoco dalla spalle larghe e la voce grossa, ma cordiale.

“Nemmeno da chiedere.” sorrise da sotto la maschera.
Aspettò pochi minuti prima che una giovanissima  e bella  ragazza, nonché figlia del cuoco, gli servì una piena
ciotola di ramen fumante.

“Oh proprio quello che ci voleva per farmi tornare il sorriso.”  scherzò il ninja.
La ragazza arrossì , era tutto quello che riusciva a fare in sua presenza.

Quell’Hatake, le aveva fatto perdere la testa fin dal primo giorno in cui aveva messo piede nel ristornate assieme al suo maestro. Ricordò di come aveva sbirciato dalla finestra della cucina che dava sulla sala dove mangiavano i clienti:  aveva preso una sedia traballante e si era messa in punta di piedi per osservare meglio quello strano ragazzino dai capelli bianchi sparati in aria e quella maschera che gli copriva metà del volto, lo rendeva così misterioso …
Erano anni che veniva lì a mangiare, una sera sì e una no. Tranne ovviamente quando partiva per missioni che lo impiegavano giorni se non settimane. In quei periodi lei non faceva altro che attendere e sperare con ansia il suo ritorno. Era il suo ninja, lo incontrava tutte le notti in sogno. Solitamente immaginava di essere nel negozio sola con lui. Lei lo osservava mangiare quando tutto a un tratto lui abbandonava la scodella e le sorrideva. Con un agile balzo scavalcava il bancone mettendosi di fronte a lei, le allungava la mano e le diceva : “Vieni via con me, ti porto lontana da questo stupido ristornate. Vali molto di più di una semplice cameriera, vali per Me. Avanti seguimi, scappiamo insieme  questa notte, ti porterò a vedere il mondo.” . Lei allora allungava la mano in un silenzioso assenso, persa nel suo sguardo così tenebroso ed ipnotico. Lui l’attirava a sé, prendeva la maschera fra le sue dita e le sussurrava:“ chiudi gli occhi” con quella sua voce virile e pacata. Così lei, docile, eseguiva e poi …

“Ayame! Sei ancora a lì a sognare ad occhi aperti, come al solito!  Sbrigati devi lavare i piatti in cucina!”
La voce di Teuchi la destò dai suoi dolci pensieri.

”A - arrivo … ”
Imbarazzata si andò a rifugiare dietro alla montagna di piatti e ciotole sporche sul tavolo affianco al lavandino.

Come puoi anche solo immaginare che uno come lui,il più forte ninja di Konhoa, si accorga della tua esistenza? Sei solo una normalissima umana che per di più fa la cameriera, con il grembiule sporco, i capelli raccolti che sanno da fritto e le mani callose a forza di pulire queste stupide stoviglie! Poi bello com’è pensi che non abbia già una ninja sexy, forte e intelligente a casa ad aspettarlo? Beh in effetti non è mai venuto in compagnia di nessuna donna qui a mangiare … certo questo non è esattamente il posto più romantico al mondo, ma è quasi sempre qui … già è sempre qui, ma non per te … non è qui per Te!

Urlavano i suoi pensieri mentre sfogava la propria frustrazione su quei poveri piatti. Senza accorgersene la pila stava diminuendo a vista d’occhio. Più lavorava, più il peso che aveva nel cuore svaniva, così aumentò la velocità, sempre di più , fino  a che, quando allungò la mano per prendere un’altra ciotola, non trovò più nulla. Attontita guardò la parte di tavolo vuota.

Ma sono stata io?

“Wow non sarei riuscito a lavare tutto così velocemente nemmeno io!”
Con incredulità si girò verso quella risata.

Aspetta, aspetta , aspetta … Ma ha parlato Kakashi?

“G- grazie … beh non sarò una chiunin ma nel pulire i piatti non mi batte nessuno ah-ah ah …”
Cos’era quella roba? Una battuta?! Stupida,  Ayame, semplicemente stupida! “Nel pulire i piatti non mi batte nessuno” ah non l’avrei mai detto!! Sei una cameriera! E i ninja non puliscono i piatti, proteggono vite umane, tra cui la tua! Stupida, stupida, stupida …

“ Hai perfettamente ragione! Bisognerebbe inventare una tecnica su questo, sono sicuro che renderebbe più facile la vita di molti ninja:  fra ore di allenamento e missioni, siamo tutti abbastanza disordinati e quelle poche volte che abbiamo voglia di cucinare, i piatti sporchi rimangono nel lavello per giorni e giorni, prima di essere buttati direttamente via!”
Scherzò Kakashi.

Non ci credo, sta ridendo … io sono qui, lui è lì , e sta parlando con me … non svenire, fai di tutto ma non svenire …
“ la conosco io infatti, ma non la dirò mai, altrimenti nessun ninja avrà più bisogno di venire qui a mangiare e mio padre mi ucciderebbe …”
Non verresti più tu qui  e sarei io a uccidermi per prima credo …

“allora dietro a quel visino da cerbiatta si nasconde una volpe eh?”
Le sorrise.

Era un complimento? Forse, circa, per metà … Oh non importa le stava parlando! Dopo anni le stava parlando!
“ anche le cameriere hanno i propri segreti.”
Gli ammiccò, stupendosi da sola con quale facilità le era venuta  fuori quella frase.

“Mai insinuato nulla in contrario.”
Alzò le mani in segno di resa.
“Beh si è fatto tardi, grazie per la cena, squisita come sempre, ci vediamo Ayame!!
La salutò allegramente prima di girarsi e sparire nel buio della strada.

“A dopodomani Kakashi …”
Mormorò lei in estasi.

L’aveva chiamata per nome, quello era il giorno più bello della sua vita.

I sogni si avverano! I sogni si avverano!

Esultò dentro di sé, ma la sua felicità era tale che non riusciva a stare ferma e senza accorgersene si mise a ballare per tutta la cucina.  Ma salta di qua, e salta di là, ci impiegò poco per prendere contro alla pila di piatti puliti che si era dimenticata di riordinare nelle credenze.

No,  no, no ti prego …

Implorò nel vedere la torre di ceramica bianca ondeggiare pericolosamente. Senza pensarci troppo tentò di bloccarne la caduta con il corpo, ma non riuscì a salvare una ventina di ciotole che caddero frantumandosi rumorosamente mille pezzi.

“Ayame!! Cos’hai combinato questa volta!”
Ecco, lo sapeva, non ne combinava mai una giusta ..
“Nulla, ora pulisco io.”

“ci mancava solo che dovessi farlo io!”
La rimproverò il padre.

Zitta,  zitta iniziò a raccogliere i cocci, ma non le scocciava doverlo fare, era al settimo cielo  in quel momento e se quella era una conseguenza per aver parlato con il suo ninja, beh  che si rompessero pure tutti i piatti del mondo allora!
***
Che strana tipa era quella ragazza! Pensò il  copia ninja. Però lo aveva fatto sorridere e in quella giornata piena di dubbi e presentimenti, era quello che gli serviva.
Ma ora che era lontano dall’atmosfera familiare e calda del Ramen Ichiraku, non riusciva a non smettere di pensare alla sua Takara.

Alla tua Takara?
Cioè  A Takara,  Takara e basta.

Perché non gliel’avevano fatta vedere quel pomeriggio?
Perché sentiva la mancanza di quell’incontro?

Forse perché con Takara lui era se stesso. Non le aveva parlato del suo passato, così come lei aveva tenuto nascosto il suo, ma era come se fosse stato stipulato fra loro un comune accordo, come se in fondo entrambi sapessero che le loro storie centravano solo parzialmente su chi fossero realmente e quegli aspetti che le loro esperienze avevano mutato nei loro caratteri si annullassero quando erano l’uno di fronte all’altra, come se condividessero una stesso ma diverso dolore e proprio per questo nessuno dei due ne voleva parlare, in rispetto dell’altro. Loro erano sé stessi con le proprie  maschere.

Non si erano più abbracciati da quel primo giorno, in realtà non si ricordava nemmeno come fosse capitato, lui non era un tipo da queste cose romanzate, anche se doveva ammettere che gli era piaciuto e che se fosse risuccesso non gli sarebbe di certo dispiaciuto. A volte la notte si portava la mano al petto sicuro di accarezzare quella testa color del fuoco della sua prigioniera.

E continuiamo con questa tua …
È solo del semplice affetto per una persona che soffre ingiustamente.

Si continuava a ripetere. Ma era una affetto che faceva fatica a controllare perché cresceva giorno dopo giorno, ora dopo ora che passava in sua compagnia. In quel mese avevano parlato di tutto, da argomenti stupidi, come quale fosse il loro cibo preferito, ad argomenti impegnativi, come cosa significasse per loro essere un ninja. Lui le disse “ per proteggere chi amo” , lei rispose “fino a poco tempo fa anch’io, infatti  ora non so più se sono una ninja.”
Voleva chiederle perché, ma capì che non gli avrebbe  mai detto la verità , o per lo meno non in quel momento e non in quel luogo.  Così decise che appoggiarle un amano sulla testa e scompigliarle i capelli con un sorriso allegro avrebbe fatto più di mille belle ed inutili parole.

Parlarono spesso anche di cosa avrebbero fatto una volta che lei fosse uscita di prigione: dei posti che lui le avrebbe fatto vedere, di quanto si sarebbero allenati e delle sfide che avrebbero fatto, discutendo poi su chi avrebbe vinto. Solitamente quest’ultimi discorsi cadevano infine in silenzi dove ognuno, con lo sguardo un po’ malinconico, si chiedeva se mai davvero sarebbe riuscito a realizzare tutti quei bellissimi piani futuri.

Sarebbe così bello se si fidassero di lei come faccio io.

Si bloccò per strada.

Io mi fido di una persona?

Sì certo si fidava dei propri compagni di squadra, ma era una fiducia diversa la loro, basata sull’affidarsi all’altro nelle missioni, coprirsi le spalle a vicenda … quella che aveva per Takara era una fiducia molto più profonda che nella sua vita aveva provato solo per il padre e per il proprio sensei.

Entrambi morti … e se accadesse anche a Takara? Se fosse colpa mia, se non fossi adatto ai sentimenti? In fondo se non provo nulla non posso essere ferito e se non mi lego alle persone neppure loro possono essere ferite da me. Questo vorrebbe dire però lasciarla libera.
Perdere Takara …

No, nel suo egoismo non voleva. Era arrivata solo da un mese nella sua vita, ma era come se ci fosse sempre stata, anche se i ricordi erano ancora vivi e bruciavo in lui. Si sentiva in colpa per quell’accenno di felicità che stava provando e anche perché quando passava del tempo con lei si sentiva un ragazzo normale come tutti gli altri.
A forza di pensare gli doleva la testa.

Per oggi basta. Meglio andare a casa e dormire, risolverò tutto domani, spero.

Non poteva immaginare che la ragazza fosse più vicina di quanto potesse immaginare. Era proprio nella casa dove il giovane ninja si era fermato a pensare sulla fiducia che riponeva in lei. Una fiducia che stava tradendo proprio in quel momento con la testa di un povero vedovo fra le mani nere.

Infatti dire che Takara era in quella casa non è del tutto corretto, la sua Ombra, ecco, la sua Ombra era in quella casa. Mossa da una forza maligna che poteva solo parzialmente controllare. Doveva uccidere quella notte, ma non uno qualunque. Inizialmente voleva assassinare un criminale, almeno avrebbe fatto giustizia, ma una morte così nella prigione non sarebbe passata inosservata e il suo sarebbe stato il primo nome sulla lista dei sospettati. Così decise di dare pace a chi non ne aveva più. Grazie ad un particolare sigillo che Loro le  avevano imposto, possedeva le abilità del clan Nara, ossia, poteva percepire i sentimenti, gli stati d’animo e leggere le storie delle persone. Grazie, o meglio a causa della tecnica dell’Ombra del sicario, si muoveva veloce e silenziosa nelle camere da letto delle sue possibili vittime , entrando nei loro sogni, si infiltrava come un serpente negli angoli più bui della loro mente a cercare i dolori e le paure più remote. Questo le causava un immenso dolore, tutti soffrivano, chi più ,chi meno, e tutte le loro paure le si accorpavano addosso pesandole terribilmente.

Ma la Fame, quella stramaledetta Fame non le dava tregua e la spingeva ad andare avanti e la paura di cosa le sarebbe successo all’alba se non avesse trovato qualcuno con cui saziarsi le metteva una certa fretta.

Fu così che trovò Ruka Kuusamoon , un semplice muratore che aveva perso la moglie caduta nel fiume cinque anni fa. Amava davvero tanto quella donna e si sorprese a pensare come sarebbe bello poter essere amati così.

Magari Kakashi potrebbe amarmi così …  No, cosa vado a pensare, io sono una prigioniera e lui  un ninja fedele al proprio villaggio. Avrà avuto l’ordine di controllarmi, per questo viene tutti i giorni a trovarmi, per cercare di capire chi sono e se possono fidarsi a lasciarmi libera …

Il pensiero che il giovane ragazzo le parlasse solo per scopi di lavoro le ferì il cuore, anche se era consapevole che in quel momento non ne aveva uno.

Però sembra così sincero quando parla, così simile a mecomunque anche se fosse al massimo è amicizia, l’amore è ben altro, molto più profondo .. cioè è così che lo descrivono almeno .. chissà com’è Amare.

Poi la voglia di sangue si impadronì del suo corpo, ricordandole che l’Amore era una cosa da umani mentre lei in quel momento era un’ombra e che anche quando era in forma corporea dentro di se le avevano insediato quel demone al posto dell’anima. Lei era un esperimento e gli esperimenti non potevano provare o donare amore così come riceverlo.

Uscì dalla mente dell’uomo e lo osservò da un angolo della stanza. Guardò i suoi movimenti spasmodici nel risvegliarsi e da come cercava la moglie nel letto capì che aveva scelto la persona giusta.
Lo seguì in cucina ringraziando che non avesse acceso la luce, non sapeva cosa sarebbe successo se si fosse esposta: possedeva quella specie di tecnica maledetta solo da poche ore e  faticava a tenerla controllata. Si sentiva estremamente potente, poteva uccidere chiunque nel sonno senza correre il rischio di essere scoperta e se anche fosse, era un Ombra, cosa avrebbero potuto fare per contrastarla? Non voleva nemmeno immaginare dunque cosa causerebbe una tecnica simile nelle mani sbagliate.

Sentiva il terrore dell’uomo, probabilmente si era accorto della sua presenza. Gli bloccò il braccio quando tentò di spingere l’interruttore sul muro di fianco a lui. Era il momento di farla finita, sentiva che stava perdendo la propria lucidità, se entro pochi minuti non si fosse nutrita, sarebbe stata completamente in balia del Male e allora si che sarebbero iniziati i veri problemi.

“Mi stai portando da lei vero”
Takara annuì.
“Ce ne hai messo di tempo.”

L’uomo sorrise mentre percepiva che una sua lacrima le aveva appena attraversato un dito.
Che sensazione strana, essere incorporea. Ma cosa ancora più strana, pensa che io sia uno spirito della notte incaricato di portargli la pace.

Se avesse avuto una bocca, avrebbe sorriso amaramente, però quella definizione non le sembrava male: chi le impediva di essere un Angelo della morte? Perché vedere quella tecnica come un’arma qualsiasi? In fondo chi decideva era lei, o quasi, magari non su tutto, ma come usare il potere che le mettevano fra le mani sì e lei lo avrebbe usato per fare del bene. Non funzionava ribellarsi al Demone ,è vero, ma non aveva intenzione di rassegnarsi e chinare la testa, dentro di sé non era umana, ma fuori sì e questo  ingannava tutti, perché non  poteva ingannare anche se stessa?

Fingersi umana … perché no? In fondo devo solo usare bene il mio potere, avere autocontrollo e sopportare, stringere i denti e andare avanti.

Questa consapevolezza fece nascere in lei un sentimento che non provava da tempo, come se tutto ad un tratto si era accesa una luce nel suo mondo buio. Una via d’uscita? Forse no, ma era un modo per essere viva. Tornava ad  esserci un futuro, aveva scavalcato le mura di quel limbo che la teneva imprigionata in presente in cui il passato continuava a rivivere. Come si chiamava questa sensazione?

Speranza . Sì, esatto. Che bella parola, suona bene …

Fece il suo lavoro, uccise l’uomo con un colpo secco, senza farlo soffrire. Poi gli prese il polso e avvicinandolo al volto iniziò a nutrirsi avidamente della sua energia vitale.
Si sentì subito meglio, la fame era svanita e si sentiva piena di energie.
Tornò nelle prigioni e fece i vari simboli con le mani mostratele dal demone per terminare la tecnica.
Nonostante si fosse appena nutrita passare da una forma all’altra era davvero estenuante e non si era mai accorta di quanto pesasse il suo corpo fino a quando non aveva provato la sensazione di essere un ‘Ombra.

Sentiva di essere osservata, probabilmente Lei era lì, ma non le importava. Poteva farle tutto quello che voleva ,tanto sapeva che non la poteva uccidere se voleva continuare a scorrazzare liberamente fra il mondo degli Inferi e quello terreno . Poi quella speranza appena nata in lei le impediva di avere paura e le sussurrava all’orecchio che bastava volere di non essere sua schiava per smettere di esserlo.
Così fece un sorriso strafottente ad un angolo qualsiasi della sua umida cella, aveva deciso chi essere e il demone non faceva parte del suo piano.

Adesso guardami dormire in pace, avanti,  prova ad entrare nei miei sogni, non vedo l’ora di vedere la tua faccia quando troverai le porte chiuse.
Pensò, sapendo che Lei poteva sentirla.

Si raggomitolò su se stessa, cercando una posizione pressoché comoda per addormentarsi, anche se era così sfinita che a mala pena riuscì a terminare il suo ultimo pensiero che come ogni notte volò  al ragazzo dall’occhio e il volto nascosti:

Sarò umana per te Kakashi, sarò umana per provare amore,  te lo prometto.
 
 
L’Angolo dell’autore
 
Dopo due anni, eccomi qui, sono tornata! Non sono più abituata a scrivere i commenti, qualcuno mi aiuti! Perdonate se questo capitolo non è come gli altri, un po’ perché sono abbastanza arrugginita, è davvero tanto che non scrivo, un po’ perché in due anni si cambia, forse si matura, o almeno spero, e di conseguenza anche  il mio modo di scrivere non sarà sicuramente lo stesso.  Spero che vi piaccia comunque o ancora meglio che lo preferiate, comunque ho intenzione di continuare questa storia, quindi ,magari mi rifarò nei capitoli seguenti. Non so se è lungo o corto, se ha un ritmo di narrazione troppo veloce o troppo lento, perdonatemi davvero, ma mi è venuto molto di getto. Ovviamente l’ho ricontrollato ma aveva una tale voglia di esprimermi che non riuscivo a mettere bene in ordine. Voglio ringraziare le persone che mi hanno scritto in privato e che mi hanno spronato a continuare questa storia, spero di non deluderle perche sono state veramente,  veramente importanti. Questo è un po’ un nuovo inizio, spero davvero vada bene. Ditemi cosa ne pensate, se avete consigli VI PREGO contattatemi perché sono aperta a suggerimenti e vorrei davvero che questa storia fosse anche un po’ vostra e che vi ritroviate nel personaggio un po’ tenebroso, ma in fondo buono e coraggioso di Takara, insomma avete visto chi le  va dietro? Io Kakashi non me lo lascio sfuggire ! Spero di tirare fuori presto  la nostra protagonista di prigione così magari i due piccioncini possono passare un po’ di tempo assieme e vedere cosa accade fra i due. Io vi mando tanti baci e grazie in anticipo a chi spenderà il proprio tempo a leggere la mia storia, spero non se ne pentirà.
Small Leaf
 
  
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