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Autore: Tayr Seirei    23/05/2015    2 recensioni
Un applauso infinito risuona alla chiamata sul palcoscenico, eppure...
Mezza citazione per presentare quella che, in realtà, è una storia che tratta di melone col prosciutto. E orchi, è una storia che parla di orchi!
E parla di gente che si perde nei boschi e gente che nel bosco ci abita, per la precisione in una casetta col tetto sbilenco. Una casetta che un po' odia e che qualcuno gli ha rubato. Eppure, in quella casetta ha anche qualche ricordo felice. Ma se si vuole tornare indietro bisogna prima andar via, giusto?
Ed è difficile, ma va bene comunque, perché quando lui ne ha bisogno Iwaizumi andrà a prenderlo - ovunque sia.
Poi questa storia parla anche di panini al latte, secchi senza fondo e sarti molto allegri, ma questo lo vedremo piano piano.
Al segnale, il sipario si alza e via, cominciamo!
[Iwaoi + Quel che succede quando si mescolano Cenerentola, la Iwaoi e Haikyuu Quest + Tanti OC random. (No, non è SU Haikyuu Quest, ma ne riprende qualcosina. Alla larga.)]
Genere: Comico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anche se reciti seguendo il copione...



C'è modo e modo di guadagnarsi la pagnotta





Iwaizumi guardò a destra.
Piante. Alberi. Foglie secche. Un cervo in fuga.
Guardò a sinistra.
Altre piante. Altri alberi. Altre foglie secche. Altro cervo in fug- wait.
Si era di nuovo perso.
Nel bosco dietro casa. (D'accordo, dietro la città in cui si trovava casa sua, ma in linea d'aria sempre dietro stava.)
E lui stava prendendo in seria considerazione l'ipotesi di dar fuoco all'intero bosco, ergersi in mezzo alle macerie e ridere.
Drastico ma efficace - o soddisfacente, quantomeno.
Peccato dubitasse di poter attuare il suo piano geniale con solo una pietra focaia e qualche sterpaglia...
Sospirò: forse sarebbe stato meglio soffermarsi e sbocconcellare quel poco di pane che gli era rimasto.
A pancia piena avrebbe ragionato meglio.
... O sarebbe stato più reattivo qualora, per caso, fosse esploso un brutale incendio. Ops.

Aveva fatto giusto in tempo a buttarsi per terra nell'incavo fra due radici.
I pochi secondi per rilassare appena la schiena contro il tronco, augurarsi da soli un buon appetito, aprir la sacca - semivuota - dove conservava il cibo e trovarsi pizzicati da un leggero odore d'olio e rosmarino. L'ultima rimasta ed era pure quella aromatizzata, doppia fortuna.
Dopodiché, aveva infilato una mano nella sacca.
E la terra aveva preso a tremare.
Non un terremoto epico, quel genere di tremore leggero che fa volar via gli uccelli dagli alberi - schivò una ghianda - e preannuncia più l'arrivo di qualcosa di grosso.
Di solito, oltre che grosso, era anche zannuto e affamato.
Ma cos'era, stavolta? Un orso? O un orco?
Sospirò di nuovo; sapeva che l'interruzione avrebbe dovuto irritarlo, ma... occhieggiò la sua spada, lì accanto. D'altronde quello era il suo lavoro, no? Un lavoro che apprezzava molto.
La pagnotta avrebbe potuto aspettare, lui aveva... un piccolo appuntamento. Non ci avrebbe messo molto.

Decisamente un orco, sì.
Per quanto non fosse ancora apparso nel suo campo visivo, un orso era alquanto meno chiassoso.
... e meno puzzolente, per la verità.
Per il momento se ne stava a lato di una quercetta: ancora non enorme come le sue sorelle maggiori, ma offriva un discreto riparo. Tanto avrebbe deciso lì per lì se fosse il caso di rimanere nascosti e studiare una migliore strategia o attaccare subito. C'era da dire anche che prima avesse fatto e prima sarebbe tornato dalla sua pagnotta... (Okay l'attesa, senza esagerare, però.)
Immobile, in penombra, il respiro inudibile; solo il suo odore avrebbe potuto allertare la bestiola, ma girovagava da tanto là in mezzo che l'aroma di legno appiccicatoglisi sarebbe servito a coprirlo... almeno per poco.
Aspettò; il tremore aumentava e vi si aggiungeva anche il rumore di rami piegati - strappati - con poca grazia e le proteste degli animali che popolavano il sottobosco - tanto piccoli da non potergli interessare. Non mancava così tanto e...
Qualcuno gli sfrecciò davanti, sparendo nel giro di due secondi e mezzo.
Sbatté le palpebre.
Non l'aveva sentito arrivare. Né percepito in alcun altro modo.
Un... ragazzo? Aveva a malapena intravisto una folta chioma castana e un sacchetto della spesa.
Una sciagurata vittima in fuga dall'oni - non più così sciagurata né così vittima, visto che c'era lui...?
Si mosse fra tronchi e arbusti, rimanendo al coperto, nella direzione in cui presumeva fosse andato il tizio. Poco più avanti si apriva una sorta di spiazzo dove gli alberi si facevano meno folti; giusto tre alberelli al centro. Ed eccolo là: il fanciullo (?) si era arrampicato sull'albero centrale dei tre... probabilmente usufruendo di agilità da scoiattolo, dato che il ramo su cui si era appollaiato stava abbastanza in alto e il tronco si presentava liscio e compatto, dunque privo di appigli.
O forse era stata la forza della disperazione. Essere inseguiti da un oni portava ad incredibili sfoggi di forza nascosta - nessuno lo sapeva meglio di lui...
Comunque, ora lo vedeva bene; era un ragazzo, forse della sua età, probabilmente più alto di lui - strizzò le palpebre -, spalle larghe...
Ottima costituzione, forse avrebbe potuto perfino dedicarsi al suo stesso lavoro. (Deformazione professionale, avrebbe dovuto smetterla di cercare compari e rivali-)
Soltanto, a giudicare dai miseri abiti che portava - maglia e pantaloni semplicissimi di una stoffa che pareva tanto juta sbiadito - e dal fatto che avesse i piedi nudi, doveva essere un semplice servo.
Tra l'altro si era premurato di appendere il sacchetto che aveva con sé in un ramo ancora più in alto, dunque, o aveva molta fame, o doveva rischiare botte qualora al cibo fosse successo alcunché.
Oh, be'...
In tutto ciò, anche l'oni che tanto attendeva aveva avuto il tempo di raggiungerli; doveva aver fatto un giro più largo di quanto s'aspettava, perché apparve quasi dall'altro lato dello spiazzo. Un oni con tutti i crismi: alto, largo, azzurro, cornuto, una grossa clava al seguito.
Arricciò il naso. E sempre più puzzolente. A giudicare dai miasmi che gli arrivavano, doveva essergli rimasta qualche pezzo di carogna impigliato nei capelli...
Non era il caso di far gli schizzinosi, comunque; stava puntando dritto dritto al ragazzo sull'albero.
Meglio spicciarsi, o a far merenda sarebbe stato l'oni e non lui.
L'oni si fermò, forse per giudicare fosse meglio prendere a clavate tutto l'albero o lanciarla direttamente nella speranza di un fruttuoso tiro al bersaglio.
Portò un piede avanti, pronto a scattare, le mani strette sull'elsa della spada. Ora...
― Oh, sparisci!
...?
Il ragazzo aveva parlato.
E non gli pareva molto spaventato. Seccato, piuttosto.
Non si aspettava una voce così limpida, poi.
― Niente salame, oggi! ― Il ragazzo agitò un dito in segno di diniego ― Non ce n'era. Non ho niente per te!
Stava... uhm... conversando con l'orco.
Per carità, non che non avesse mai visto qualcosa del genere, ma erano per lo più suoi colleghi che si esibivano in minacce di morte e discorsi da macho - di suo preferiva lavoretti veloci e silenziosi, era un professionista, lui. - però...
L'oni, per tutta risposta, alzò un poco la clava e la puntò verso il ragazzo, con fare interrogativo.
Ah, ricambiava pure. Ottimo...
― No che non puoi mangiarti me! ― Saltò su il ragazzo ― Io... ― diede un'occhiata a destra e sinistra, esitante, forse sperando in un suggerimento dalla regia; non avendone, improvvisò: ― Non si direbbe, ma mangio pochissimo! Poca polpa. ― Lisciò i poveri vestiti che indossava. ― Sono tutto stoppaccioso. Quindi...
Silenzio.
Poi la clava dell'oni fu sollevata in alto, pronta per essere lanciata. Non doveva aver trovato l'argomentazione troppo convincente.
― Sei un rompiscatole. ― Il ragazzo gonfiò le guance, piccato, e si voltò a tirar giù il sacchetto della spesa; una volta recuperato, ne estrasse... un melone...?
Anche il melone fu alzato in alto, sopra la testa del ragazzo... che poi lo scagliò contro l'orco con un poderoso servizio.
Sbatté le palpebre - laddove non necessario - per la seconda volta nel giro di un quarto d'ora.
L'orco, contrariamente a tutte le aspettative, si portò una mano al punto leso, arretrò d'un passo, scioccato... e caracollò via, uggiolando - e sradicando un paio di alberelli nel passaggio.
Oh, giusto, il melone era semiliquido. E gli orchi erano allergici all'acqua. Gli avesse lanciato pure del sapone...
Riportò lo sguardo al ragazzo: stava sventolando con forza la mano, le lacrime agli occhi e i denti stretti.
Era duro era duro era durissimo-
L'improvviso sventolare si fermò; l'altro osservò la sua stessa mano, fece una smorfietta, contrasse le dita... e provò a piegare il polso.
Crack.
Ahia, doveva aver fatto male. Sentito nitido come se l'avesse avuto accanto.
― Ha pure fatto crack... ― piagnucolò quello, tastandolo con cautela.
Poi si bloccò, rimanendo perfettamente immobile, come fulminato da chissà quale pensiero.
In tutto ciò, era ancora in precario equilibrio sul ramo, sì.
Arraffò il suo prezioso sacchetto, guardò all'interno, lo scosse.
― ... ho tirato il melone. ― Realizzò, piano: ― ... la signora mi ucciderà. E forse non lo riporteranno fino alla settimana prossima...
Bizzarro fosse più preoccupato per il melone che non per l'aver appena affrontato un orco, ma d'accordo...
L'altro deglutì. Poi strinse i pugni - UN pugno -, presumeva per darsi coraggio. ― Il resto della spesa è salvo, però! Il pranzo... ... sono in ritardo per il pranzo!
E, con mosse tanto rapide che onestamente faticò a seguirle, il ragazzo si calò giù dal ramo e poi dall'albero, atterrando come se nulla fosse e concludendo il tutto lanciandosi in una nuova corsa in mezzo agli alberi.
Sparì subito dalla sua vista, ma non dal suo campo uditivo.
... curiosa, quella mattinata.
Iwaizumi rinfoderò la spada.
L'orco se n'era andato, inutile inseguirlo ora.
Anche perché quel ragazzo forse rappresentava la sua possibilità di fuga (?) da quel dannato bosco. E magari anche trovare la casa che andava cercando, che nel bosco c'era andato in primo luogo per QUEL motivo...
Ma avrebbe dovuto seguirlo in fretta: era veloce.
Buona corporatura, agilità, equilibrio...
Era un poco curioso, adesso.
Soprattutto di quale tragedia avesse mai innescato la perdita del melone.
La pagnotta avrebbe dovuto aspettare ancora un po', pareva.

Due buone notizie, una cattiva.
La cattiva era che aveva perso di vista il ragazzo.
Le buone erano, in ordine di importanza: 1. Essere uscito dal dannato bosco e, 2. aver trovato la dannata casa.
Una casetta di mattoncini e pietre che se ne stava proprio lì, al limitare del bosco, quasi immersa negli alberi...
Mattoncini e pietre, per quanto si vedeva, almeno. Enormi cespugli sistemati alla base delle pareti arrivavano fin troppo in alto, quasi oscurando le finestre; mentre lunghi stralci d'edera raggiungevano le zone inarrivabili ai cespugli mutanti. Dal tetto, che assumeva in più punti curve pericolose, pendevano altre piante non meglio identificate. Tutta la casa era soffocata dalla vegetazione e, probabilmente, pareva più piccola di quanto non fosse. Avrebbe potuto avere perfino due o tre piani, ma sull'unica parete visibile le finestre erano disposte a caso, anziché sulla stessa linea, e non aiutava molto...
Dal tettuccio pericolante, poi, spuntavano anche tre caminetti, disposti senza apparente criterio logico, tutti ad altezze diverse.
Il tutto era circondato da un basso muretto di sassolini e calcestruzzo, forse per segnalare dove finiva il bosco e iniziava il giardino.
... Altrimenti sarebbe stato difficile dirlo, sì.
Nel bel mezzo del giardino avevano sistemato una sedia a sdraio... di traverso, come un muro di protezione; una signora di mezz'età se ne stava accovacciata là dietro, del tutto intenta a guardarlo male.
Spuntavano solo la testa con la sua crocchia di capelli grigio topo e le mani dalle dita adunche, strette alla sdraio. Erano così lunghe e sottili da sembrare tanti insetti stecco.
La sua futura cliente, presumeva. Che ora si stava tirando indietro con tutta la sdraio.
Si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo: non si era soffermato a pensare come avrebbe preferito fosse il suddetto futuro cliente ma, se l'avesse fatto, era abbastanza sicuro che avrebbe tracciato un quadro un po' diverso. Oh, be', non era il momento di far gli schizzinosi...
Si avvicinò. ― Qualche problema, signora?
La donna trasalì. ― Sì... ― E lo sguardo si fece sospettoso: ― Io vorrei stare in giardino a prendere il sole...
Ringraziò sentitamente chiunque provvedesse alla sua buona sorte per non averla trovata intenta a spalmarsi la crema solare.
― Ma c'è quello lì. ― E, con un colpo del mento, indicò un punto imprecisato alla loro sinistra.
Si voltò... ah, ecco. Laddove gli alberi cominciavano a farsi più fitti e il bosco più scuro, s'intravvedeva appena un'ombra un po' troppo grande e un po' troppo azzurra.
Quell'oni aveva avuto la geniale idea di mettersi controvento di modo che il suo odore venisse portato via. Peccato solo dai cespugli più bassi ai suoi piedi spuntasse la sua grossa clava spinata...
(E a voler ben vedere, nell'ombra i suoi cornini luccicavano.)
Il guizzo di un sorriso: ora poteva cominciare a lavorare sul serio.
Tuttavia, prima c'erano alcune cose da pattuire.
Tornò a rivolgersi alla signora: ― Potrei... aiutarla io.
Estrasse con lentezza la spada dal fodero, lasciando che il leggero sibilo del metallo riempisse l'aria.
― Dietro compenso, ovviamente. Ma...
D'improvviso, la signora parve farsi tutt'altra opinione di lui: ― Ma che bravo ragazzo!
La donna si mise in ginocchio e batté le mani; ora poteva vedere i quattro strati di scialli in cui si era avvolta - tutti di seta e altre stoffe dall'aria pregiata - e le tre grosse collane di perle e perline che le adornavano il collo. Come gli avevano riferito, la padrona di quella casa non era una povera contadina.
Avrebbe potuto già valutare cosa richiedere come "compenso"...
― Vuoi aiutare una signora in difficoltà. Un giovanotto prestante che ci darà una mano! ― La voce era garrula, ma parlava con la sicurezza di chi è abituato a farsi obbedire. ― Allora... ― Piegò la testa: ― Ci sarebbe quello appostato lì, altri due qui dietro casa, e non so quanti nell'area est del bosco. Non posso uscire un momento in giardino senza subire un agguato! ― Sospirò, affranta ― Le mie amiche, poi, devono buttarsi giù dalla carrozza e rotolare direttamente dentro casa. Un vero strazio, glielo dico io. Tra l'altro... ― Portò l'indice su una guancia rugosa: ― Ci sarebbe anche mio figlio, qui. Potrebbe essere una buona idea fare una disinfestazione totale, quindi...
Ammirevole come del figlio si fosse ricordata a fine discorso...
― Visto che si è offerto così gentilmente, mi sento di tirare la corda e chiederle, se possibile, uno sterminio di massa. Arriva l'estate e sarebbe piacevole potersene stare tranquilli, non crede? ― E si rialzò, trascinandosi dietro un sinistro numero di gonne e robi appesi alle gonne: ― Ci aiuterà, vero?
Per come l'aveva detto, era suonato più come un "Ci aiuterai. E basta."
Ebbe di nuovo voglia di sorridere.
Senz'altro, li avrebbe aiutati. Con molto piacere.
― Certo, signora. Farò tutto il possibile per liberarvi di questo fastidio. Solo, considerando il numero, potrebbe volerci qualche giorno. Perciò mi vedo costretto ... ― Costretto, proprio. ― A chiederle di poter soggiornare qui fino a lavoro concluso. Consideriamolo un anticipo del pagamento...
― Come preferisce! Stanze ne abbiamo e il cibo non scarseggia. ― La donna agitò una mano con noncuranza. ― Ma... se vivremo sotto lo stesso tetto, dovrò almeno conoscere il suo nome! Come si chiama, giovanotto?
Stavolta, il sorriso, per quanto appena accennato, scappò sul serio. ― Iwaizumi. Iwaizumi Hajime.
Seguì le reazioni della signora passo passo: le braccia ricaddero lungo i fianchi. La sua espressione si fece piatta. Dopodiché, ogni centimetro di pelle sul suo viso sbiancò.
Oh, allora aveva sentito parlare di lui. Iwaizumi Hajime, uno dei migliori cacciatori di mostri della regione...
O forse, da come stava strizzando le labbra, aveva piuttosto sentito parlare delle sue tariffe: le più esorbitanti della regione.
Eh, già.
Abbassò lo sguardo sulla sua spada. Era il momento di guadagnarsi la (un'altra) pagnotta.

Non ci era voluto molto, per quella prima parte: aveva solo provveduto all'oni che faceva la posta alla signora.
Poi si era preso una decina di minuti per ripulire per bene la spada, che il sangue di quei cosi macchiava. Se si fosse incrostato e la spada avesse cominciato a raschiare contro il fodero, non sarebbe stato molto carino... - né professionale, perdiana.
La signora lo aspettava vicino al cancelletto del giardino; tuttavia, in quel minuscolo spazio di tempo, era riuscita a far sparire nel nulla due collane, tre scialli e delle gonne che aveva addosso. Probabilmente le aveva ficcate sotto la sedia a sdraio, ora di nuovo nella posizione in cui sarebbe dovuta essere. La cosa aveva del tenero.
― Quale velocità! ― Lo accolse, appena tornò verso la casa. ― Abbiamo davvero avuto fortuna nell'incontrare un giovane così efficiente... ― Nonostante le parole amichevoli, però, si teneva a distanza di sicurezza; prima che potesse arrivare a meno di due metri, la donna si voltò con un gran - pericoloso - svolazzare di scialli, gonne e ciocche sfuggite alla crocchia, per poi dirigersi alla porta d'ingresso a passo di marcia.
Appoggiato allo stipite, un ragazzo... il figlio? Era alto, ma il viso dai tratti ancora leggermente morbidi - come se avessero appena iniziato a definirsi meglio - gli fece pensare che avesse qualche anno meno di lui.
I capelli erano sistemati in un caschetto ordinatissimo, tutti tagliati alla stessa altezza; la pignoleria dell'insieme, però, si interrompeva sulla fronte, dove i capelli si raccoglievano in un unico ciuffetto di frangia che ricadeva sul naso. Gli occhi, nella penombra, erano sassolini di un blu cupo.
La schiena dritta, le braccia strette al petto, il viso serio.
Di primo acchito, una persona integerrima.
Si scambiarono un'occhiata.
― Tobio, caro, fa' gli onori di casa... ― disse solo la donna nel superarlo, per poi entrare e sparire in una porta qualsiasi di quelle che intravvedeva da lì.
Si portò accanto al ragazzo. ― Salve.
L'altro continuò a guardarlo.
Per un po'.
― Buongiorno. ― Disse infine, dopo quella che doveva essere stata un'attenta (intensa) riflessione. ― Iwaizumi... ― Quei venti, trenta secondi di riflessione. ― ... san.
Altra lunga occhiata.
― Faccio strada. Mi segua.
Come se nulla fosse, con tutta la disinvoltura del mondo, si voltò di scatto e partì anche lui a passo di carica; se avesse avuto un mantello, gli si sarebbe schiantato in faccia.
Ma non lo aveva, per sua fortuna.
Integerrimo forse non era la parola più precisa per descriverlo.
― Porta. ― Disse... Tobio?, entrando e procedendo a passo spedito. ― Primo soggiorno. Stanza vuota. Altro soggiorno. ― Ad ogni voce dell'elenco, indicava una nuova porta con gesto metodico, ma senza rallentare, né fermarsi.
No, integerrimo non andava bene.
Iwaizumi lo seguì ad ampie falcate in quel corridoietto stretto; le mura, verso l'alto, si curvavano leggermente, dando l'impressione di potersi richiudere sul malavventurato da un momento all'altro.
― Bagno. Dispensa. Stanza inutile. Stanza del pianoforte. Altra dispensa. ― E il suo accompagnatore continuava a tirare dritto, senza far caso alle sue occhiate curios- stanza inutile?
Ma il fatto che ogni tanto il pavimento andasse in salita, come costruito su delle montagnole, o che il soffitto si abbassasse (i famosi bozzi che si vedevano da fuori...) e, più inquietante, che la strada percorsa non fosse dritta ma comportasse, al momento, almeno tre svolte - destra/destra/sinistra, gli pareva. Forse. Sperava. - lo distolse dalla sua approfondita analisi degli ambienti (sempre la deformazione professionale...) e spinse a concentrarsi solo sulla schiena del ragazzo, ancora qualche metro di fronte a lui.
― Biblioteca. Stanza vuota... ― Tobio si fermò di botto davanti ad una porta che sembrava appesa ai cardini: ― Altra stanza quasi vuota, è quella degli ospiti, quindi la sua. ― Si volse per guardarlo in viso, sempre compassato, un braccio semi-teso ad indicare la porta. ― Se si perde, segua la striscia di muschio sul soffitto, la condurrà direttamente in sala da pranzo. Verrà servito fra poco, perciò si può avviare. Buona permanenza, Iwaizumi-san.
E con lo stesso passo di carica con cui l'aveva condotto fin lì, se ne andò.
Iwaizumi rimase fermo per un momento.
Sul soffitto c'era effettivamente un lungo filo di muschio. Forse non l'avrebbero ritrovato a girovagare lì dentro una settimana dopo.
Diede un'occhiata alla porta della sua futura stanza... si sarebbe limitato a lasciare le sue sacche e la spada, per ora.
Adesso lo aspettava un'entusiasmante sfida con se stesso per vedere se fosse in grado di perdersi seguendo le frecce.
Poteva sperare che l'unica cosa buona e normale di quella casa fosse il pranzo, vero?
... ma poi, se il pranzo era quasi pronto, perché non l'aveva accompagnato direttamente lì, piuttosto che in camera...?
E nella sua mente, l'integerrimo fu sostituito da un "malefico". Avrebbe dovuto verificare, però.

Solo una cosa poté superare la sua gioia dell'essere, in effetti, riuscito ad arrivare sano e salvo alla sala da pranzo: la manciata di profumi molto invitanti che venivano da quella stanza.
Non si sarebbe precipitato là dentro come un morto di fame, però. Ci teneva alla sua immagine.
Diede una vaga rassettata ai vestiti, si schiarì la gola... d'accordo, bastava così, bussò appena sul battente per annunciare il suo ingresso e aprì.
Una stanza luminosa. E larga. Finalmente non c'era più quel senso di soffocamento.
Entrò.
I mobili erano pochi - due credenze una di fronte all'altra, un mobiletto basso sotto la finestra, il grosso tavolo da pranzo, le sedie attorno - ma di ottima fattura e pulitissimi; soltanto, neanche la più accurata delle pulizie avrebbe potuto salvarli dai segni che l'usura e il tempo avevano lasciato. E la finestra, con la sua larghezza che prendeva quasi l'intera parete, la illuminava a giorno, oltre a fornire una rassicurante visione del bosco là fuori.
Okay, quella stanza gli piaceva.
Le ottime cose che vedeva sulla tavola, poi, gli piacevano ancora di più-
Carne arrosto che non si distingueva più cosa fosse ma dal profumo doveva essere buona, formaggio sempre arrosto, poi patate, pomodori, pane... due bottiglie di vino la cui visione gli riempì il cuore di gioia. Tutto con un certo retrogusto rustico, ma andava benissimo così. Fece per sedersi...
― Aspetti, per favore! ― ... ma una voce nota - non familiare, solo... già sentita - alle sue spalle lo fermò.
Si voltò e tutto fu chiaro: a pochi passi di distanza c'era il ragazzo... quello che l'aveva incuriosito e condotto fin lì. Era pure quello che aveva steso un oni con una melonata, nondimeno.
Non si spiegava da dove fosse apparso, visto che prima la stanza gli era parsa decisamente vuota - forse si era sistemato a lato di una credenza...? -, ma d'accordo.
Capacità di celare la propria presenza... mh...
E ora se ne stava lì, fermo davanti a lui; non lo guardava negli occhi, eppure aveva un sorriso cortese sulle labbra.
Un secondo dopo, fu tutto ancora più chiaro: l'aveva visto correre in quella direzione. Quella era l'unica casa così stupidamente vicina al bosco di tutto il circondario. Era vestito da servo.
... faceva da servo lì.
Profondo moto di compassione.
― Scusi se ho interrotto la sua... contemplazione.
Se lo stava immaginando o il sorriso aveva assunto una sfumatura ironica? Tutto il moto di compassione se ne andò.
― Ma le darò fastidio solo un momentino, promesso! ― Il ragazzo alzò entrambe le mani: ― Poi mi levo subito di torno. Soltanto... ― Indicò una sedia dal lato opposto a quello dove si stava dirigendo. ― Il suo posto.
Annuì soltanto, per poi seguirlo intorno al tavolo. L'altro, in tutto ciò, non l'aveva ancora guardato negli occhi, né pareva intenzionato a farlo. Anche se nulla in lui gli comunicava timidezza o pudore, anzi; quando guardava altrove, teneva la testa alta. I movimenti erano disinvolti, come aveva avuto modo di vedere anche prima...
Una volta davanti alla sua (sua e di nessun altro, c'era da specificare) sedia, il ragazzo la scostò, sempre col suo fare garbato, e lo invitò a sedersi con un gesto della mano.
D'improvviso, si rese conto che la persona più normale in quella casa pareva pure quella che si era messa a discutere con un orco come se fosse routine quotidiana. C'era qualcosa che non tornava.
Fece per sedersi - di nuovo.
E la signora piombò nella stanza di gran carriera, in un frullio di gonne e scialli, producendo tintinni e cozzare metallici non si sapeva bene come - che avesse il borsellino, sotto le sue sette, otto gonne...?
― Tu! Te l'ho già detto mille volte! ― L'indice puntato contro il ragazzo, la voce che da garrula era passata all'essere stridente e aggressiva: ― Devi farlo in contemporanea! Con-tem-po-ra-nea! Vuoi un disegno? Quando una persona STA per sedersi, tu sposti la sedia e gliela metti sotto! Non prima! Intesi?
Ma era fisicamente possibile, una cosa del genere...?
Vabbé, si sedette comunque.
Dette un'occhiata al ragazzo, sopra la sua spalla: al momento, gli occhi erano precipitati ancora più giù, al pavimento, uno quasi nascosto dalla folta frangia.
― Ah, giusto... mi scusi. ― Ancora poco e avrebbe faticato a sentirlo perfino lui che gli era accanto:
― Lo terrò presente per domani. ― Nonostante tutto, però, sorrideva ancora. Un sorriso un po' piccolo, ma c'era.
Uno sbuffo, poi la megera (non gli pareva più una definizione imprecisa, a 'sto punto) si guardò intorno. ― Ad ogni modo, questo soggiorno fa schifo. Vedi di ripulirlo, dopo pranzo.
Perché aveva l'impressione che il suddetto soggiorno fosse stato già più che pulito quel mattino?
L'altro, però, annuì. ― Subito dopo pranzo, certo. Come desidera...
Al seguito della madre era arrivato anche il figlio, ma con maggior discrezione: lui si limitò ad entrare, gettar loro un'occhiata apatica e dirigersi al suo posto senza dir nulla. La sedia se la spostò da solo, però.
Una volta che tutti si erano accomodati - beh, quasi tutti -, si poteva cominciare, infatti il ragazzo si adoperò subito; recuperò la forchetta da arrosto, un grosso coltello, e si volse nella sua direzione.
Ah, giusto, un ospite andava servito per primo...
― Cosa preferisc-
― NON DARE FASTIDIO ALL'OSPITE!
La signora stava sbattuto uno dei suoi coltelli sul tavolo. E ora lo stringeva con tanta forza che, se non fosse stato troppo anche per lei, gli avrebbe seriamente fatto pensare volesse lanciarlo.
Il ragazzo, dal canto suo, era sobbalzato. E basta, era rimasto fermo così.
― La parte croccante. ― Rispose, spezzando quell'attimo di silenzio venuto a crearsi. Gli costò un'occhiataccia della signora, ma non gli importava granché; l'unica cosa che voleva da lei era una mancia per il suo lavoro. Per il resto...
Un grosso pezzo di carne arrivò subito nel suo piatto e, da quello, poté concludere che le sue parole erano bastate per tranquillizzare l'altro. In qualche modo, se ne compiacque.
Fosse stato anche solo per irritare la megera.

La carne, per quanto non si fosse ancora capito di quale bestiola fosse, aveva effettivamente una bella doratura croccante.
Il pane, le patate, il vino... tutto si era rivelato buono come si era augurato.
C'era una sola cosa che non gli era piaciuta: il ragazzo era rimasto nella sala, appoggiato ad una parete, finché non avevano finito. Dopodiché aveva sparecchiato ad... ammirevole velocità, trotterellando via infine carico di un considerevole numero di piatti sporchi. D'accordo che era piuttosto prestante, ma...
Lui si era preso quei due minuti per riflettere, intanto che la signora finiva una mela e Tobio, in apparenza, se ne stava ben barricato nei suoi pensieri.
Intrecciò le dita, vi posò il mento sopra e si decise a parlare. ― Non è un po' crudele? Mangiare davanti a qualcuno che potrà farlo solo dopo, intendo.
La signora annuì con veemenza. ― Senz'altro, e oggi sarà ancora più crudele! ― Abbatté un pugno sulla tavola. ― Quel disgraziato s'è perso il mio melone. Può sognarsi il pranzo per i prossimi tre giorni!
Sollevò la testa. ― ... per del melone. ― Disse, piano, quasi per accertarsi di aver capito bene.
La donna lo scrutò, occhietti neri lucenti nella penombra: ― Avrei dovuto farci merenda, con quel melone, stasera. ― Prese un profondo respiro, strinse i denti. ― Avvolgerlo nel prosciutto. Invece no. Come farò, ora, mi dica? Eh?
― ... capisco.
Iwaizumi si alzò dalla tavola. Non c'era altro da dire.
Solo, ora che ci pensava...
... come faceva il ragazzo a sapere che stava contemplando i cosciotti arrosto, prima, se non l'aveva mai guardato in viso?
... mh.
La cucina non doveva essere così lontana.

In effetti non ci era voluto molto per raggiungere la sua meta: prima era bastato seguire l'odore di arrosto, dopo il tintinnio delle posate e il cozzare dei piatti di ceramica gli uni contro gli altri.
Quando entrò, trovò una stanza piccola, ma accogliente allo stesso modo del soggiorno; ben illuminata da una finestrella rotonda, tutti i mobili di un legno scuro e spesso... il taglio era grossolano, come se li avessero reperiti in una capanna o casa comunque più povera. Al soffitto erano appesi mazzetti d'erbe e alcuni sacchetti, l'aria sapeva... be', di quello che avevano mangiato per pranzo. E salvia, c'era un buon odore di salvia.
Era più nel suo stile.
Il ragazzo era lì, impegnato davanti ad un grosso lavandino su cui erano impilati almeno il triplo dei piatti che aveva visto in soggiorno prima. (Da dove-)
Dette un colpetto di tosse per annunciarsi, il cigolio della porta doveva essere stato coperto dalla spugnetta che sfregava sulle pentole.
Il ragazzo voltò la testa verso di lui... per tornarsene precipitosamente alle pentole appena lo vide. Si schiarì la gola. ― Le serviva qualcos'altro...?
Sempre gentile, ma... lo era di natura o per costrizione?
― Posso sapere perché non mi guardi in faccia? ― Molto diretto, d'accordo, forse troppo, ma non era tipo da lenti preamboli.
― Oh. ― La mano con cui stava energicamente strofinando un piatto rallentò. ― Scusi. La signora non vuole che...
― La signora non è qui, ora. ― Fece notare, e il sottinteso era evidente.
― ... mpf.
Era stato un principio di risata, quello?
Il ragazzo si voltò di nuovo... ma, stavolta, un paio di occhi marroni incontrarono i suoi. ― Così va meglio? ― sorrise.
Sì, andava meglio.
A farci caso, poi, il ragazzo era tutto color castagna... abiti a parte che erano più sul beige e non dovevano nemmeno aver avuto dei tempi migliori.
Iwaizumi acchiappò una sedia vicina al tavolo e la girò; ci si sedette al contrario, appoggiando le braccia incrociate al bordo dello schienale.
― E puoi parlarmi in modo più colloquiale. Gli onorifici sono noiosi. ― Sospirò, abbandonando la testa sulle braccia. Sebbene non avesse fatto così tanto, quel giorno, cominciava ad avvertire la stanchezza pesare... più che sulle spalle, sulla sua mente. Sospettava non fosse proprio fatica fisica.
La risposta tardò di qualche secondo. ― Allora va bene... Iwaizumi. Solo quando siamo da soli, però. ― Poteva ben immaginare che se si fossero parlati con confidenza davanti alla megera sarebbero seguite urla raccapriccianti. ― Cosa... fai qui in cucina?
― Mi serviva un posto tranquillo. ― Risposta parzialmente vera e senza dubbio credibile.
L'altro annuì. ― Capisco. Beh, potrò farti compagnia per un po'! ― Piccola pausa ― ... Certo ― Un sospirino, ma non era amaro; pareva più... rassegnato ― Giusto finché non ho finito con i piatti, qui. Dopo ci sarà il soggiorno, dopo ancora lavare le tende, poi innaffiare il muschio e riparare la porta sul retro... per il primo pomeriggio. Dopodiché...
Il muschio? Quello sul soffitto? Lo innaffiavano pure?
― ... ma ― Interruppe senza scrupoli la sua lista che doveva comprendere ancora quindici o venti voci ― Non potresti mangiare qualcosa, adesso, piuttosto?
Il ragazzo rimase un momento immobile. ― ... ti ha detto del melone. Beh... ― Riprese a sciacquare i bicchieri, ma con più lentezza: ― In realtà, non ho proprio fame! E poi ― scrollò le spalle ― La signora controlla tutti i giorni qualunque cosa ci sia in cucina. Se mancasse una briciola, lo saprebbe. E i tre giorni diventerebbero una settimana...
Lui, invece, cominciava a capire quali ragioni mistiche gli avessero impedito di mangiare la sua benedetta pagnotta per tutto il giorno. Fortuna che prima di passare in cucina aveva ben pensato di fare un salto nella sua stanza.
Recuperò la sua sacca da terra.
Il ragazzo intanto continuava il discorso, preso: ― Una volta sparì mezzo cracker e la signora si arrabbiò moltissimo. Poi scoprimmo che era stata una lucertola, e allora...
E si voltò a guardarlo, forse per dar più enfasi al racconto; tuttavia, appena lo fece, tacque.
Fissava la pagnotta che aveva appena messo sul tavolo.
Iwaizumi la spinse verso di lui con due dita.
― N-no. ― Il ragazzo fece un passo indietro, si appiattì contro il lavandino: ― Se la signora lo sapesse...
― ... ma la signora non è qui. ― Ripeté allora, con assoluta calma. ― E neanche verrà. Mi ha visto mentre entravo. E ho come il sospetto che preferisca tenersi il più lontano possibile da me...
... e dalle sue eventuali richieste di pagamento.
Tra l'altro, signora qui, signora là: ma come si chiamava? Si era pure presentata, fra una cosa e l'altra, ma se n'era scordato all'istante.
Il ragazzo tentennava, gli leggeva l'esitazione in viso. Doveva rincarare la dose.
― Tanto... ― Scosse la sua sacca, ormai vuota. ― Era l'ultima cosa che avevo con me, se nessuno la mangia andrà comunque a male fra un paio di giorni. Quindi...
Non pareva del tutto convinto. La megera lo terrorizzava a tal punto?
― ... perché lo stai facendo? ― Volle sapere infine l'altro. Insomma, ci conosciamo da dieci minuti e...
Iwaizumi lo guardò.
Rilassò le spalle.
La risposta poteva essere soltanto una.
― Odio il melone col prosciutto.
Il ragazzo sbatté le palpebre.
Lentamente, si avvicinò al tavolo e prese la pagnotta.
Poi la mangiò, o meglio sbranò; la teneva con due mani e divorò a grandi morsi, manco fosse la cosa più buona che avesse mai mangiato.
― Non avevi detto di non aver fame, prima?
L'altro mandò giù l'ultimo boccone. ― Ah-ha. Mentivo!
Inarcò un sopracciglio: in qualche modo, la frase l'aveva irritato, seppure un minimo. E qualche oscuro presentimento gli suggeriva che quella NON sarebbe stata l'unica volta in cui il tizio l'avrebbe irritato.
Ad ogni modo, ora che si erano occupati delle questioni di vitale (letteralmente) importanza...
― Comunque... ― Si alzò. ― Posso sapere come ti chiami, ora?
L'altro arraffò uno strofinaccio e vi si ripulì le mani dall'olio della pagnotta. Sorrideva fra sé e sé.
― ... era da un pezzo che non... ― Scosse con forza il capo. ― Mi chiamo Tooru. ― Guardò la sua stessa mano e... ― Posso? Piacere! ― ... gliela porse.
La strinse: la pelle era dura, callosa. Come la sua.
― ... piacere mio. ― Gli scappò l'accenno di un sorriso, piccolo piccolo.
Forse stare in quella casa per i prossimi giorni non sarebbe stato così massacrante come si era prospettato all'inizio.






... ero seriamente indecisa se salutare con "yoh" o "yohoo" che sono le mie formule tipiche, quindi buonsalve. ☆
Dato che ci tengo sempre a presentarmi, qualora qualcuno non abbia presente chi sono, potete chiamarmi Tayr/Tailu/Tailuchan/Comemeglioviaggrada. *O*/ Ho pubblicato due cosettine qualche mese fa e letto un po' di cose dietro le quinte, ma per il resto questa sezione per me è territorio inesplorato, LOL.
Venendo all'ordine del giorno: sì, sono Tayr Soranance Eyes e sto pubblicando una long.
Sì, avevo detto che non avrei più pubblicato long in corso di scrittura. (Questo lo sapranno i miei aficionados (?))
No, questa fanfiction non l'ho ancora conclusa - ne ho altri due capitoli pronti, però!
Perciò, per chi non mi conosce ancora: onestamente, sono davvero lenta con gli aggiornamenti delle long. Non so se questa andrà a seguire anche le altre mie, ma mi sono resa conto che rimandare la pubblicazione/pubblicare solo sul mio blog è giusto un simpatico modo per aggirare il problema, non risolve niente. Dunque chiedo venia in anticipo se mai ritarderò, ma a pubblicare puntualmente, o qualcosa di simile, voglio almeno provarci-
Ora, piuttosto, passiamo alla fanfic in sé e per sé...
Actually, davvero non ricordo come mi sia saltata per la testa all'inizio. So solo che Cenerentola è una delle mie favole preferite e che, quindi, tutti i miei personaggi preferiti hanno la grandissima sfiga di ritrovarsi me che li immagino a farci remake e parodie. Tooru è giustappunto uno dei miei personaggi preferiti nell'universo intero, la IwaOi la mia OTP di Haikyuu e nel periodo in cui ho iniziato a scriverla avevo appena tradotto, o forse l'ho tradotta dopo ma comunque l'avevo sentita, una canzone Vocaloid a tema (Itsuka, Cinderella ga - di cui voglio il video damn it-). Plus, Haikyuu Quest mi ispira alquanto. Sì, insomma, tutto ciò è venuto fuori da me che scleravo fangirlando. *Fa gesto vago*
La fanfic non è demenziale. Non sempre, almeno. E' solo tanto scema, senza alcuna pretesa di coerenza e allegramente anacronistica. Ah, sì, siamo in Giappone, in teoria. In pratica è un curioso mondo high fantasy, ovvero pseudo Europa medievale. Qualcosa di simile. Ma un buon high fantasy demente non sarebbe la stessa cosa, senza idromele e case a graticcio <3
Noooon dovrebbe essere lunghissima. Conto in, boh, da dieci a quindici capitoli. Spero.
E sì, appariranno anche altri PG di Haikyuu, sebbene non tantissimi. E il buon Tobio-chan dovrebbe essere il personaggio che ritorna più spesso a parte i due protagonisti ùwù (No ok non si direbbe ma Kageyama è uno dei miei personaggi preferiti di Haikyuu, ve lo assicuro! x° E no, non è un antagonista, WTF)
Il titolo è una mezza citazione dalla canzone Crazy ∞ Night. Che, tra l'altro, è una delle mie cit. preferite di sempre e vedere anche come finisce la frase potrebbe dare qualche idea in più su cosa verterà la fanfic. *O*/
Eeee... questo è tutto, direi. E io non ho ancora messo l'html, quindi credo ora andrò a farlo. *Guarda inquieta il tag br...*
Alla prossima, si spera presto ma chissà!
Bye!

P.S.: tutto calcolato, e anche le cose più dementi troveranno spiegazione, un giorno.
Tranne il muschio sul soffitto, però fa scena.



Extra - Colonna Sonora

* "Anche se reciti seguendo il copione..." = "'Daihon-doori yatta' koto dake ga..."
Crazy ∞ Night
[Miku Hatsune, Rin & Len Kagamine, Meiko, Kaito, Gumi, Gakupo Kamui, Luka Megurine + Hitoshizuku-p & Yama; Night ∞ Series]
* La vera Canzone di questa storia, però, sarebbe più Death should not have taken thee-! / Shinde shimau to wa nasakenai! [Rin & Len Kagamine + Wonderful Opportunity]
* Itsuka, Cinderella ga [Len Kagamine + Hitoshizuku-p & Yama] Ci sarebbe da chiedersi esattamente come una canzone Così Allegrissima mi abbia ispirato una fanfiction tanto idiota, lol.


  
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