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Autore: K anonima    24/05/2015    0 recensioni
Lui ha spazzato via tutto il mio passato.
Lui mi ha fatto credere in un futuro diverso.
Lui mi fece del male amandomi.
Ed io non potei farne a meno.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Avevo quasi dimenticato quanto potesse noiosa la scuola.

Da: Alex Giuli

Ieri ho passato la migliore notte della mia vita.

 

Da: Anna Rivelli

Così mi distrai. Biologia non ammette distrazioni.

 

Da: Alex Giuli

Ormai è diventato il mio hobby, distrarmi con te principessa.

 

Cullata dalle sue parole, riposi il cellulare nella tasca e cercai di seguire la spiegazione. La verità era che la vera distrazione per me era lo sguardo di Andrea su di me.

Era là appoggiato con la schiena al muro, mordicchiando il tappo della penna, guardandomi con uno sguardo torvo.

Come potevo biasimarlo, probabilmente era confuso quanto me. Il bacio, il sangue, la vergogna... troppe cose da gestire per una persona sola.

Iniziava a farmi male la testa.

Notai in un secondo momento che Andrea era sparito dalla mia vista.

«Dobbiamo parlare» mormorò una voce alle mie spalle. Era una voce talmente familiare e calda che mi sciolsi.

Mi voltai, ma non era chi mi aspettavo. Alex era seduto in fondo alla classe a braccia incrociate. Aveva la fronte corrucciata e lo sguardo severo nel vedere quel ragazzo vicino a me. «Dico sul serio, dobbiamo parlare, non posso più aspettare» sussurrò Andrea afferrandomi un polso.

Si alzò e mi trascinò con sè fuori dall'aula senza dare spiegazione alla professoressa, che ci guardò uscire con aria basita.

«Non puoi trattarmi così» si fermò nel bel mezzo del corridoio.

«Che vuoi dire?» non capivo, proprio non capivo. Io non potevo trattarlo come? Fino a prova contraria era stato lui ad intrufolarsi in casa mia, mi aveva baciato e si era fatto picchiare dal mio ragazzo. In fondo era un finale anche troppo scontato.

«L'hai voluto anche tu. Eppure il tuo ragazzo ha picchiato me» cominciò agitando le mani in aria, rabbioso.

«Non ho voluto niente. Devi solo lasciarmi in pace» mormorai tormentandomi le mani in preda all'imbarazzo.

Andrea aveva capito tutto: avevo sperato per anni che mi baciasse, ma l'aveva fatto nel momento sbagliato.

«Tu mi vuoi, lo vedo» si avvicinò all'improvviso, pressandomi contro il muro. La parete fredda sulla mia schiena e il suo fiato caldo sul mio viso. Un brivido attraversò in un lampo la mia schiena.

«Io ti voglio, quando lo capirai? Stai con me, vivi con me. Non posso pensare ad altro. Non mi vedo con nessun'altra nel mio futuro, ti prego».

Finchè lui fantasticava sul suo futuro con me, io non avevo riflettuto su niente. Vivevo alla giornata, senza progetti e senza speranze.

Dopo qualche secondo quegli occhi grigi si staccarono da me. Non ero più stretta dal quel bellissimo corpo e finalmente potevo respirare.

«Stai lontano dalla mia ragazza, quante volte te lo devo dire?!» esclamò Alex girando l'angolo. La sua voce, il suo sguardo pieno d'ira mi fecero ribollire il sangue. Non l'avevo mai visto così arribbiato, nemmeno con sua madre.

«Non sei il ragazzo giusto per lei» gridò Andrea mosso dalla rabbia.

«Non sei tu a doverlo decidere» esclamò Alex. Quelle urla mi rendeva nervosa, non riuscivo a ragionare, la testa mi faceva male.

«Nemmeno tu» replicò Andrea.

«Tocca a lei» esordì Alex con uno scatto d'ira. A quelle parole mi misi a correre, fino ad arrivare a casa.

Avevo corso per quasi due chilometri, cosa che per me era un miracolo, ma non mi importava avevo altro a cui pensare. Non volevo essere io a decidere.

Mi rifugiai in camera mia, chiusi la porta a chiave e scoppiai a piangere. Le mie tempie pulsavano e la testa minacciava di scoppiare.

Sentii bussare alla porta.

«Posso entrare?» chiese la voce all'esterno. Alzai le spalle e girai la chiave.

Mia madre entrò in pigiama, sempre stupenda e ordinata.

«Cosa ti tormenta piccola mia?» chiese abbracciandomi, premurosa per la prima volta. «Non lo so, ho solo male la testa» confessai sorpresa dal suo improvviso approccio materno.

«Capisco, è per Alessandro?» domandò per tre volte prima che mi decidessi a rispondere. «Sì. No. Non lo so, è complicato».

Mi addormentai in lacrime tra le sue braccia.

 

Il giorno dopo non pensai a truccarmi e indossai pantaloni della tuta e una tshirt qualsiasi. Non avevo voglia di pensare a come vestirmi, ero troppo impegnata a riflettere su come evitare Alex ed Andrea.

Accesi il cellulare prima di uscire di casa: 8 chiamate perse e 3 messaggi.

Presi coraggio e iniziai a leggere: "Mi dispiace per quello che ho detto. La decisione è chiaramente tua. Tuo, Andrea". Aprii quello dopo: "Dove sei finita? Sono venuto a casa tua e tua madre mi ha detto che non c'eri. Sono veramente spaventato. Alex". "Ti prego rispondi alle mie chiamate. Ti amo, Alex". "Cosa è cambiato da ieri sera? Dove è finito quell'amore? Alex".

Mi girava la testa. "Sì Anna, cosa è cambiato da ieri?". Zitto cervello.

Non credevo fosse cambiato qualcosa, dovevo solo trovare un modo per spiegare. Sentivo freddo, un brivido gelido.

Scesi le scale e mi imbattei nell'imponente figura di Carlo in pigiama. «Anna, stai bene?» domandò vedendo la mia faccia, visibilmente abbattuta.

«Non lo so» mormorai uscendo.

Arrivai a scuola dopo una ventina di minuti e già volevo tornare nel mio letto. Alex già mi aspettava, appoggiato alla sua auto con le braccia conserte.

«Parlami, ti prego» disse avvicinandosi.

«Credo di amarti» sussurrai con un filo di voce, ma non ero più così sicura. «Non sembri convinta» sembrava triste, affranto.

Lo sorpassai e mi avviai verso la classe. Mi abbandonai sulla sedia e mi infilai le cuffiette. L'intero disco di Hozier, che avevo prontamente scaricato dopo averlo ascoltato a casa di Alex, suonava in riproduzione casuale.

La classe si riempì, ma io non potevo sentire altro se non quella splendida voce cantare per me.

Forse avevo raggiunto una conclusione, forse era quella sbagliata, o forse era giusta. E probabilmente avevo anche abusato della parola "Forse".

«Rivelli, voglio il suo commento a questo sonetto di Petrarca» percepii il professore solo vagamente.

«Ehm...» non sapevo nemmeno quale fosse, come potevo fornire la mia opinione?

«Prof, posso rispondere?» intervenì Francesca, salvandomi e sorprendendomi.

«Sì, forza Carrioli. Rivelli sei salva per adesso» replicò il professore con il solito tono arrogante.

 

«Non puoi continuare così, finirai per farti bocciare» esordì Francesca al suonare della campanella. Alzai la testa, stupita per questo nuovo interesse nei miei confronti.

«I maschi... alle volte sono esseri inutili, ma non puoi vivere senza» commentò la situazione, di cui era chiaramente al corrente.

«Sì, credo» mormorai come risposta. «Non sono la persona più indicata per dare dei consigli, ma sono ragazzi fantastici. Tu hai la grande fortuna che siano entrambi follemente innamorati di te. Dipende solo da te, tu cosa senti?» ero sbalordita della sua incredibile saggezza.

«Penso di essere sicura, ma...» comiciai a spiegare, ma lei mi fece segno di smettere con la mano «Non devi spiegarlo a me, io so che sarà la scelta migliore comunque. In amore non bisogna avere rimpianti scricciolo» fece un sorriso amorevole e si dileguò in mezzo alla folla in corridoio.

Francesca aveva sorprendentemente ragione, io avevo già scelto, tanto tempo fa.

Buttai nello zaino tutti i libri e corsi fuori dalla classe. Rincontrai Francesca solo nei bagni.

«Ti piace vero?» domandai finchè lei aggiungeva un'altro strato di rossetto rosso sulle labbra.

«Chi?» ribattè con fare perplesso.

«Andrea, si vede lontano un miglio» l'avevo notato nelle settimane precedenti, quando Andrea guardava me, lei guardava lui. Mi sembrava una cosa così triste e non gliene avevo dato peso. La seconda ragione, più importante, da cui avevo dedotto fosse cotta di lui era stata la relazione sospetta che avevano intrapreso per farmi ingelosire. Francesca non avrebbe mai accettato se non fosse stato così.

«No, che dici. Che stupidaggine» il rossore improvviso sulle sue guance era la terza ragione. Si sentiva colpevole, come se fosse stata colta con le mani nel sacco.

«Non devi convincere me, non ce n'è bisogno. Eravamo amiche una volta, so che non sei una persona cattiva e appunto per questo so che lo conquisterai» le feci un grande sorriso e la lasciai a far sbollire le guance.

Iniziai a cercare Alex, con un sorriso ebete stampato in faccia. La sicurezza di poter mettere a posto le cose si stava facendo spazio nella mia mente e mi rendeva felice.

Mi imbattei in Andrea, che a malapena riusciva a guardarmi in faccia.

«Scusami» mormorai bloccandogli il passaggio. «Ci hai pensato?» un barlume di speranza era apparso nei suoi occhi, ma non sarebbe durato a lungo.

«Non posso, dico davvero. Non è così che doveva andare» cercai di spiegare, vedendolo piegarsi sotto le mie parole.

«Ti voglio bene, sei mio amico. Sempre» aggiunsi stampandogli un bacio sulla guancia.

Sentii squillare il telefono.

«Pronto?» rispondei.

«Anna, dove sei?» domandò Alex con tono preoccupato.

«Stavo venendo a cercarti. Tu piuttosto, dove sei?».

«Fuori da scuola, nella tabaccheria qui di fronte».

«Arrivo» non riuscivo quasi più a trattenere l'entusiasmo. Mi erano mancati i suoi abbracci seppur per un giorno e mezzo.

Uscii dal cancello del liceo e lo vidi dall'altra parte della strada. Lo salutai con la mano, sorridente.

«Devo dirti una cosa» gridai sorridendo ancora di più.

«Dimmi» esclamò lui, contagiato dalla mia ritrovata allegria. Era quasi arrivato vicino a me, sul marciapiede.

«Ti amo, ti amo tantissimo» urlai allargando le braccia per poterlo accogliere di nuovo. Ero felice, felicissima di poterlo avere per me. Avremmo sistemato ogni cosa, ne ero più che certa.

Qualcosa mi scuotè. Non c'era nessuno davanti a me, un silenzio agghiacciante mi aveva avvolto e aveva ricoperto ogni cosa.

Notai una persona stesa sull'asfalto, priva di sensi. Sentii le gambe cedere nel riconoscerlo.

Mi fiondai sulla strada con un solo pensiero in testa. "Tutto questo è colpa mia".

   
 
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