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Autore: maeg    25/05/2015    4 recensioni
Sono fan di TORADORA! (il mio manga preferito) così ho pensato di scrivere come immagino il futuro della coppia drago(Riuji)&tigre(Taiga). La storia inizia al termine della cerimonia per il diploma, quando dopo essersi rincontrati, si ritrovano a casa Takasu dove Yacchan ha una notizia sconvolgente per i due piccioncini, che cambierà le loro vite.
Non vi anticipo nulla, spero la leggerete.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryuji Takasu, Taiga Aisaka, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Al mattino Ryuji uscì presto, tentando di non svegliare Taiga, cosa che era praticamente impossibile da fare. Era decisamente molto più probabile che la Cintura di Fuoco causasse un terremoto tale da distruggere il mondo intero che riuscire a buttarla giù dal letto prima che delle 11 del mattino. Per quanto lui si fosse sforzato di farle capire che “chi dorme non piglia pesci”, a lei non sarebbe minimamente interessato alzarsi presto. “Cagnaccio, sono gli altri che devono seguire i miei tempi, non il contrario” gli rispondeva ogni volta che veniva messo in mezzo l’argomento. E questo suo atteggiamento non era cambiato neanche quando aveva cambiato scuola. Taiga riusciva ad arrivare in ritardo anche nella nuova scuola e puntualmente veniva ripresa dai professori, che non la conoscevano e di sicuro non conoscevano il suo particolare “temperamento”. Ma a quanto Ryuji ne sapeva, per quel poco che era riuscito a cavarle da bocca, nel nuovo istituto scolastico lei non si era messa nei guai, né dato inizio a risse né aveva dato problemi di nessun genere. Il che suonava strano persino a lui. 

Lungo la strada che portava al ristorante, Ryuji non sapeva se sentirsi eccitato o agitato per quello che stava per fare. Indubbiamente quello che era successo durante la notte non lo aveva aiutato di certo. Il fatto che Taiga, proprio durante il loro primo vero contatto fisico ad un certo punto si fosse irrigidita pensando a Kushieda ed era diventata terribilmente triste, lo aveva lasciato a pensare fino a quando l’eccitazione si era completamente spenta ed il sonno aveva preso il sopravvento. Minori Kushieda si era comportata in maniera riprovevole e non era da lei, non era assolutamente da lei. “Ma perché?”. Ci aveva pensato fino a che gli occhi non si erano chiusi dalla stanchezza ed il cervello era crollato sotto il peso di quella domanda. Al mattino, prima di alzarsi, era rimasto a guardarla.

Taiga non si era mossa dal suo corpo, gli era rimasta avvinghiata per tutta la notte. Sembrava un koala attaccato al ramo da cui trae sostentamento e questo non fece altro che aumentare in lui il desiderio di proteggerla. Non voleva vederla soffrire. Vederla triste era incredibilmente insopportabile. Vederla fragile era così strano. Insomma, se lo avesse raccontato in giro, nessuno gli avrebbe creduto, tranne forse chi la conosce davvero! “Forse Kushieda..” l’idea di chiedere aiuto ala ragazza gli venne in un lampo ed in un lampo se ne andò, in fondo era proprio colpa di Kushieda se Taiga stava così male. 

Camminando a braccetto con questi grattacapi, Ryuji arrivò al ristorante. Non aveva fatto caso al fatto che il nome del locale fosse anche il suo motto. “Il miglior ramen di Tokyo” era il nome della locanda in stile tradizionale e, stando alle informazioni che gli erano state fornite dalla signora a cui chiese i moduli per la registrazione al corso, si era aperto da poco in quel posto anche se si era fatto una buona reputazione dall’altra parte della città. Prima si trovava in centro ed il fatto che cucinassero il ramen più buono della città non bastasse a pagare le bollette troppo salate per un locale in quella zona, li aveva costretti ad andar via da lì, preferendo un posto in periferia e di certo più piccolo del precedente. Ad ogni modo, la signora Hiro, questo il nome della padrona del ristorante, sembrava molto gentile e simpatica, stretta nel suo vestito di paillettes che a stento tratteneva le forme decisamente burrose. Lo aveva accolto con un ampio sorriso e lo aveva condotto con gentilezza nella cucina, nel retrobottega, dove il cuoco si trovava già ai fornelli. 

Da un enorme pentolone si alzava un profumo delizioso di carne e verdure, che si attaccò ai vestiti di Ryuji non appena ebbe varcato la soglia. Era il brodo per il ramen che gorgogliava di fronte a lui, mentre un signore alto e magro come un grissino si destreggiava fra taglieri ricolmi di verdure da tagliare e pentole che venivano sbattute da una parte e dall’altra della cucina con grande fracasso. La signora Hiro lo presentò come “il cuoco migliore di Tokyo”. “In questo posto si usa troppo l’affermazione: il migliore” pensò Ryuji, notando che il cuoco Tamotsu non si era nemmeno voltato a guardarli, quando erano entrati in cucina, tanto era preso dalle sue cose. 

 

- Ehm, Tamotsu.. qui c’è un giovane pronto ad apprendere la tua arte culinaria.. - la signora Hiro cercò di attirare la sua attenzione - TAMOTSU! Per amor del cielo!

Solo quando la donna urlò spalancando le labbra da un'insolita forma a canotto e dal colore viola lucido, l’uomo sembrò rendersi conto di non essere più il solo lì dentro. Alzò lo sguardo, lanciò un occhiata veloce ai due e tornò, senza dire una parola a ciò che stava facendo: nello specifico aggiungere miso, sale e zucchero al brodo, in questo ordine. 

-Ti lascio alle sue amorevoli cure- fece la donna con sarcasmo- Prova ad immaginare come è a casa!-

Ryuji arrossì a quella confidenza, distogliendo lo sguardo mentre la donna andava via e afferrando velocemente il grembiule bianco che era posato sul tavolo. Dato che non c’era nessun altro nella stanza, pensava fosse per lui ma non appena lo infilò, sentì due occhi puntarglisi addosso. Alzò lo sguardo e si trovò faccia a faccia con il cuoco i cui occhi si erano ridotti a due piccole fessure, tanto che era particolarmente difficile distinguere l’iride dalla sclerotica.

-Chi sei tu?- la voce del cuoco era indagatrice e profonda, come se arrivasse dal suo stomaco piuttosto che dalle sue corde vocali.

-Mi chiamo Takasu Ryuji. Sono qui per il corso di cucina- rispose il ragazzo cercando di nascondere gli occhi sotto il lungo ciuffo di capelli.

-Hai lo sguardo cattivo lo sai?- fece l’uomo, piegando leggermente la testa di lato - Sei mai stato in prigione?

-No..- “Dannazione”. Cercò di nascondersi ancora di più.

-Sicuro?- data la vicinanza del viso del cuoco, Ryuji riuscì a notare la strana forma che avevano le sue sopracciglia, troppo sottili per essere naturali e soprattutto troppo lucide. “Questo è fuori di testa! Si mette la cera sulle sopracciglia” e notò che anche i baffi avevano una curva del tutto innaturale, probabili vittime anche loro di quella pasta azzeccosa. 

-Lo saprei, non crede, se fossi stato in prigione?!- quel genere di commenti lo infastidivano da sempre, ma a quanto pareva, nessuno aveva intenzione di smettere di farli.

-Se lo dici tu..- Tamotsu si allontanò da Ryuji, avvicinandosi ai fornelli, per controllare il grado di ebollizione del brodo - Ad ogni modo, quello non è il tuo grembiule.

Ryiju si guardò intorno, convinto di non aver visto nessuno a parte loro due.

-Ma non c’è nessuno, qui, a parte noi due.

-Ciò non vuol dire che sia per te. 

-Ed allora per chi è?

-Per chi avrà il posto di aiuto cuoco al termine del corso.

-Va bene. - “Ma a quanto pare qui sono l’unico e con tutta probabilità rimarrò l’unico” -  Dove sarebbe allora il mio?

Senza voltarsi a guardarlo, Tamotsu gli indicò con un veloce gesto della testa un piccolo cumulo di stracci ammucchiati sopra una sedia vicino la porta che dava sul retro. A quanto pareva, avrebbe dovuto estrarre da lì il grembiule. Da quel cumulo di germi. Per poco non collassò, pensando di dover indossare quella sporcizia di chissà quanti secoli.

Allora?- il cuoco aveva fretta e Ryuji, ingoiando la bile, si avvicinò, estrasse il grembiule che sembrava meno logoro e sporco degli altri ed iniziò ad eseguire gli ordini di Tamotsu. “Iniziamo bene” pensò non appena prese il coltello in mano e ricevette il primo urlo dal cuoco, per aver impugnato l’arnese nella maniera sbagliata.

 

 

Taiga tornò nel mondo degli svegli parecchio tempo dopo l’uscita di Ryuji. Si stropicciò gli occhi e ci impiegò qualche secondo per rendersi conto di essersi svegliata quando ormai il sole era alto nel cielo e mancava poco all’inizio del suo percorso verso il tramonto. Si aggirò per le stanze deserte alla ricerca di Ryuji o di qualsiasi forma di vita che le avrebbe preparato la colazione/ il pranzo, ma quando si rese conto di essere completamente sola in casa, si fece forza ed aprì il frigorifero. C’erano ancora resti che la nonna di Ryuji aveva meticolosamente incartato per loro, ma non aveva proprio voglia di quegli avanzi. Ne aveva voglia di mettersi ai fornelli e cucinarsi qualcosa con le sue mani. Non lo faceva normalmente, figuriamoci ora che si sentiva emotivamente devastata.

Rimase di fronte il frigo aperto per diversi minuti, indecisa sul da farsi e soprattutto molto combattuta sulla nuova situazione emotiva in cui si trovava a vivere. Doveva essere felice della vicinanza di Ryuji, ma in qualche modo si sentiva colpevole agli occhi della sua Minorin, che ora come ora, sembrava tutt’altro che la sua Minorin. Quella situazione proprio non le piaceva, sopratutto perché non era abituata a vivere in quello stato, provare quelle emozioni, sentirsi triste non era decisamente da lei e non sapeva cosa fare per risolvere l’intera questione. Avrebbe voluto chiamare Ryuji, sapeva che sentire la sua voce, l’avrebbe in qualche modo risollevata. In fondo era grazie a lui se quella notte aveva dormito, stretta stretta fra le braccia del suo ragazzo. Il pensiero della sua dolcezza le fece salire le lacrime agli occhi e quando vide, sullo scaffale più alto del frigorifero due mele rosse vicine, quasi accocolate l’una all’altra, mentre una terza più piccolina era lontana e sola, si immedesimò nella scena immaginandosi diverse varianti della possibile storia: le due mele erano lei e Ryuji mentre quella più piccola rappresentava Minori, oppure quella più piccolina era lei, che si sentiva tutta sola perché causa della sofferenza di Minori il cui desiderio era essere vicina a quella bella e succulenta mela che le sembrava Ryuji. Ci mise poco a capire che stava dando i numeri, se tre mele lasciate lì per caso le facevano balenare in mente certe idee strane. Ricacciò dentro le lacrime, risoluta a non sentirsi come le donne in fase premestruale, pronte alla lacrima anche se vedono cadere una goccia di pioggia. 

-Okay, sto impazzendo! IO NON SONO COSì!- si rese conto dell’incredibile cretinata che aveva pensato sottolineata sentì dal brontolare del suo stomaco e pensò che quel farneticare era dovuto al fatto che era a digiuno da ore ormai- Effettivamente non mangiare per tanto tempo mi ha sempre causato delle allucinazioni!

Si vestì in fretta, decisa ad andare al ristorante dove di sicuro avrebbe trovato Ryuji e così avrebbe preso due piccioni con una fava. La persona che ama, mentre lei era intenta a fare la cosa che amava. La strada che la separava dal ristorante era però lunga, così decise di fermarsi lungo il tragitto a comprare un taiyaki e per essere sicura di non svenire per la troppa fame decise di comprarne tre, tanto per essere sicura. Magari uno lo avrebbe dato a Ryuji!

-Ma tu guarda chi si vede! AISAKA, fermati!-

Senza accorgersene, forse troppo presa dal trangugiare il pesciolino di pasta dolce, aveva oltrepassato Kitamura che con un sorriso ebete in faccia  era stato oltrepassato senza neppure essere visto. Inutile dire che era rimasto deluso dal fatto di essere passato inosservato, ma guardandola camminare, tutta presa dai pensieri e dal taiyaki, si era accorto che qualcosa non andava. Quando glielo fece presente, dopo i soliti convenevoli, Taiga fece finta di niente, disse non aveva nulla e che si era sbagliato, ma Kitamura era un osso duro ed era sicuro delle sue impressioni così la convinse a rivelarle dove stava andando e si autoinvito ad un pranzo fra amici, molto felice di assaggiare nuovamente la cucina di Ryuji.

 

Arrivati al ristorante, Taiga si sentì sollevata, come se l’insegna di quel posto non alludesse al piatto tipico, ma più che altro al fatto che di lì a qualche secondo avrebbe rivisto Ryuji e questo sicuramente l’avrebbe tranquillizzata. Certo non immaginava che oltre la porta di legno avesse luogo la terza guerra mondiale.

  
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