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Autore: C r o w l e y    27/05/2015    4 recensioni
{ Storia ad OC } { Iscrizioni chiuse } { There will be blood }
I semidei hanno perso il loro tocco, secondo dei sommi giudici.
Se un tempo erano eroi, combattenti, ora non lo sono più.
20 ragazzi si ritroveranno lontani da casa, con poche provviste, armi e istinto di sopravvivenza. La legge del più forte non è mai stata tanto valida e, se vogliono sopravvivere, dovranno lottare, dovranno uccidere
♢♢♢
vidi una pergamena. L’afferrai sotto gli occhi curiosi di Rose e ne lessi il contenuto.
«Deboli, siete deboli.
Mezzi dèi, mezzi mortali, completamente deboli.
Una volta eravate eroi, e adesso? Adesso vivete al sicuro nel vostro Campo e non combattete, vi allenate contro dei manichini. Non siete più eroi, sporcate l’antico sangue che mai ha cessato di scorrere.
Osate dire che non è vero, forse?
Noi non mentiamo.
Voi prescelti siete stati chiamati e trasportati in questa terra, terra che vedrà sangue, sconfitte, ma anche una vittoria.
I deboli moriranno, i forti vinceranno, ma alcuni di loro anche cadranno.
Recuperate il cinto dell’antica regina.
Dimostrate il vostro valore, Mezzosangue»
Genere: Angst, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cinto di Ippolita

A Slayer Game
 

♢ Beatrice Treston ♢
 
 
Scostai i miei capelli rossi dal viso dopo essermi risvegliata in un luogo sconosciuto. Verde. Tutto intorno a me era verde. La natura dominava in quel luogo che era ben lontano dalla mia memoria. Cominciai a camminare, cercando una via di fuga, ma tutto era così maledettamente uguale. Stavo girando in tondo? Forse, ma non ne sarei mai stata sicura. Era impossibile da dire con certezza.
Camminai per parecchi chilometri prima di arrivare presso un fiume, l’unico elemento che conferiva un po’ di diversità a tutti quei metri simili. Guardai oltre e vidi un sentiero ben curato, formato da tanti piccoli ciottolini grigi che mi ricordavano il vialetto del mio giardino della mia casa dove vivevo prima di scoprire di essere una semidea.
Quel sentiero sembrava condurre ad una via precisa e dovevo raggiungerlo e percorrerlo ma il fiume… non ero, non sono e mai sarò una brava nuotatrice. Mi avvicinai di più al fiume e notai, con sommo piacere, che non era affatto profondo, perciò ci avrei potuto camminare tranquillamente.
Immersi un piede nell’acqua e toccai il fondo. Poi l’altro. Mossi i primi passi mentre le acque che s’infrangevano contro il mio corpo mi bagnavano il viso con gli schizzi veloci. I miei capelli erano umidi e attaccati al mio viso. Rabbrividivo per l’impatto freddo con la mia pelle accaldata. Arrivai dall’altra parte.
Strizzai la maglietta e i capelli per privarli dell’acqua eccessiva e iniziai  a guardarmi intorno ma, ad un tratto, sentii come un ago infilarsi nella mia gamba destra.  Dolore. Qualcosa mi saliva sulla gamba sinistra, di nuovo quella sensazione. Dolore. Guardai a terra.
Scorpioni.


 
 
♢ Theodor "Ted" Smith ♢


 
Poggiai la mia mano sul tronco dell’albero e un sottile stato di brina, con la forma del mio palmo, si impresse sicuro sul tronco. Mi serviva come punto di riferimento, quella brina, per evitare di smarrire la strada. Avanzai. Una voce.
Mi voltai velocemente, la mano sulla spada che non amavo usare. Meglio il ghiaccio. Un sorrisetto malandrino, occhi color cioccolato, morbide onde castane come capelli. Tolsi la mano dalla spada.
«Caelie» dissi semplicemente. «Che vuoi?»
«Nulla» rispose la figlia di Apate con fare enigmatico. La guardai alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto. La fissai con disappunto e lei resse la sfida silenziosa con fare impertinente finchè, ad un tratto, sbuffai e le diedi le spalle.
«Perché sei qui?» biascicai.
«Presumo per il tuo stesso motivo» rispose lei.
La guardai ancora annoiato. «Intendo,» ripresi.  «Qui con me. Non puoi andare, non so, a tormentare qualche animaletto?»
Lei rise, come se fosse la battuta del secolo. E chi la capiva. «Che acidone che sei» cinguettò. «Dai, mi son risvegliata nel bel mezzo di una foresta sconosciuta e ho trovato un mio amico»
«Non siamo amici» precisai di scatto. Lei mi guardò con fare canzonatorio.
«Sarei stupida a non cogliere questa palla al balzo» continuò.
«Ma non siamo amici» chiarii ancora.
«Non vuoi scoprire perché siamo qui?» mi chiese con uno scintillio pericoloso negli occhi. Odiavo quello scintillio.
«Non con te» sbuffai sicuro, allontanandomi. Un’ombra mi fermò, però. Era come se qualcuno si fosse messo fra me e il sole. Alzai lo sguardo e vidi una figura alata.
«Che accidenti è quella cosa?» chiesi esterrefatto guardando in alto. Vidi Caelie sorridere allegra e sollevata.
«La mia ragazza»
♢ Nora Nilson ♢
 
 

«Nora!» il mio nome veniva chiamato a gran voce da qualcuno che conoscevo molto bene. Guardai in basso e colsi l’immagine di due figure, una chiaramente maschile, perfettamente immobile, e l’altra femminile, che agitava le braccia per farsi vedere da me. Scesi immediatamente a terra. Avevo trovato qualcuno. E che qualcuno! Quando atterrai, ripiegando le ali dietro la schiena, m’imbattei nel sorrisetto immancabile di quella ragazza. Guardai il ragazzo accanto a lei, un figlio di Chione noto per il suo caratteraccio, e lui guardò me o, meglio, le mie ali. Odiavo quando la gente le fissava.
«Angioletto!» Caelie mi venne incontro, circondandomi le spalle con un braccio e lasciandomi un bacio sulla guancia. L’avrei uccisa per il soprannome ma, sul serio, se faceva così non ci riuscivo. «Vuoi partecipare anche tu al gioco?» chiese allegra.
«Gioco?» chiesi confusa.
«Perché dovete  permettere a certa gente di sparare cazzate quando potete evitarlo?» si lamentò Ted. Caelie mise il labbruccio, inclinò la testa di lato e disse: «Tesorino non fare così, solo perché stai perdendo non devi mettere il muso. Non sei figlio di Nike, voglio dire»
Alzai un sopracciglio e la guardai male. «Cosa intendi dire, scusa?»
«Io?» esclamò Caelie. «Ma nulla, giuro!»
Roteai gli occhi.
«Ad ogni modo, dicevo!» si schiarì la voce. «Il gioco si chiama Indovina Dove Diavolo Siamo Andati A Finire  E Per Quale Motivo Ci Troviamo Sul Set Dell’Ultimo Sopravvissuto» recitò con fare solenne.
«Sapete, è solo un suggerimento ma se evitiamo di perdere tempo e proviamo a concentrarci su quello che sta succedendo?» disse Ted in modo caustico. Accennai un piccolo sorriso.
«Dopo di te»
 
 
♢ Nathan Barrett ♢
 
 
«Non ho capito cosa ho fatto io di male agli dèi per meritarmi simili punizioni» sbottò Nathan tappandosi le orecchie. Accanto a me, la ragazza che non aveva fatto altro che parlare e parlare, una delle persone che più detestavo al mondo, assunse un’espressione scioccata.
«Cerco solo di fare conversazione!» replicò oltraggiata Evelyn Tallish. «Non è certo colpa mia se sei asociale» sbuffò poi. Io la guardai infastidito. Era bella, maledizione, ma era eccessivamente logorroica e insopportabile!
«Io non sono asociale,» chiarii. «Solo che la tua compagnia non mi è affatto gradita»
Evelyn alzò gli occhi al cielo «Non è che io abbia pregato giorno e notte gli dèi per farmi finire da sola con te, sai» soffiò irritata. Lei era irritata?! «Però, sai, ora che è successo cercavo di renderlo… pseudo piacevole, quanto meno»
«Non aprezzo» dissi alzando gli occhi al cielo.
Camminavamo litigando, giusto per non attirare l’attenzione, quando improvvisamente mi fermai, e lei entrò in collisione con la mia schiena, lamentandosene. Io la guardai male, zittendola, per poi indicarle qualcosa nascosto dai cespugli. Mi avvicinai piano piano, pronto ad usare la mia arma, e poi, scostando i cespugli, vidi il corpo di una ragazza.
«Beatrice!» esclamò Evelyn, coprendosi una mano sulla bocca. Presi il polso alla ragazza: era viva. La esaminai per bene e decretai che nelle sue vene scorreva veleno.



 
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