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Autore: pamina71    01/06/2015    15 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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7. Non sarà troppo?

 

Oscar scese la scaletta del fienile ed uscì dalla porta male in assetto sui cardini. Non pioveva più, ma la notte era molto scura. La luna era quasi del tutto scomparsa, l'indomani sarebbe stato luna nuova. Pessima cosa, per montare le guardie. Pensò. Solo alcuni frammenti di cielo stellato si intravvedevano tra le spesse nuvole.

Sospirò. Era molto stanca, ed un'altra notte di sonno cattivo non le ci voleva proprio, avrebbe dovuto trovare un modo per chiarirsi con se stessa, altrimenti avrebbe perso la lucidità, in quel momento così necessaria.

Udì un cigolio alle spalle. Era André che la stava raggiungendo. E che, al contrario di lei, aveva avuto la saggia idea di mettersi un mantello1. Quel maggio imprevedibile aveva mutato in una notte fresca il calore opprimente di quelle giornate.

Ecco, ho perso ogni speranza di recuperare un minimo di lucidità. Pensò Oscar.

André l'aveva seguita in un moto improvviso, senza una decisione razionale dietro al proprio gesto. Sperava di poterle strappare una frase che mettesse qualche punto fermo alla situazione, anche se con poca convinzione. Conosceva la ritrosia di lei ad imprigionare con le parole sentimenti che non le erano del tutto chiari.

- Non riesci a dormire?

Oscar scosse la testa in segno di diniego, muovendo i riccioli sulle spalle. Un brivido di freddo le fece scuotere involontariamente le scapole. André le si avvicinò di spalle, allargando il mantello e nascondendola al di sotto.

Fu il primo a stupirsi del proprio atto, non era da lui forzare verso un contatto, soprattutto da quando aveva combinato quel disastro una notte di febbraio... gli parve che il suo corpo si muovesse dotato di una volontà propria ultimamente, compiendo gesti che gli sfuggivano.

Oscar ebbe un pensiero simmetrico, accoccolandosi all'interno di quell'abbraccio che, stavolta sì, le ricordava una stretta di febbraio, mentre sentiva la propria schiena aderire al torace caldo che le offriva appoggio, con l'impressione che il suo corpo agisse sotto una spinta che le era estranea, muovendosi prima che la mente avesse modo di giudicare e vagliare.

Eppure, lì, nell'aia di una misera fattoria spersa nel nulla, tra le sue braccia, si sentiva a casa come non le accadeva da tempo. E comprese che quello non era altro che amore. Non era lussuria, come aveva temuto. Non amicizia, come aveva creduto per anni. Nemmeno affetto fraterno, come per lungo tempo le aveva fatto comodo pensare. E neppure, un innamoramento nuovo. Era qualcosa che c'era da molto, molto tempo, si disse. Ma che non aveva saputo e voluto vedere. E che aveva tenuto nascosto ad entrambi, costringendo André per troppo tempo in una sofferente terra di nessuno.

Forse era il momento per farglielo sapere...

Si voltò per guardarlo in volto, senza forzare per uscire da quella stretta gentile. Si fissarono a lungo. Trattenendosi dalla tentazione di baciarlo, con la voce un poco oscillante, ma con un tono sicuro di quanto affermava, iniziò a parlare:

- Ho capito delle cose, negli ultimi tempi. Innanzitutto che sono stata una stupida egoista.

Sospirò e prese fiato chiudendo gli occhi.

Dillo, dillo, dillo! Se devi dirmelo, fallo ora, non ti perdere nei tuoi giri di parole che sono peggio dei tuoi silenzi....

Pensò André che attendeva il resto con un misto di eccitazione e terrore.

- E poi...ho capito che...ti amo.

Concluse in un soffio.

Andrè si sentì come se i lacci e le catene che gli avevano trattenuto l'anima per anni andassero di colpo in frantumi. Non rispose. Non ve ne era bisogno. La serrò ancora più saldamente tra le braccia e la baciò.

Un gesto che era insieme promessa e liberazione. Dono di sé e presa di possesso. Dichiarazione e richiesta.

Sentiva tra le sue braccia quella schiena esile, il petto che si poggiava al suo torace, le mani di lei sulle scapole, poggiate in un languido abbandono che non conosceva, una morbidezza di gesti che il suo vivere da soldatino non le aveva mai concesso di avere.

Oscar invece si stupiva di quanto si sentisse felice, protetta e compiuta in quell'abbraccio che la cingeva completamente, che pareva fatto e creato apposta per lei.

Si baciarono ancora, ed ancora, nel buio di una notte di montagna e nel tepore di un mantello scuro. Si baciarono fino a che le parve di avere preso una piacevole abitudine che non avrebbe più dimenticato.

Si baciarono fino a che entrambi ebbero chiaro che avrebbero voluto andare oltre. Ma non in quella situazione precaria.

Oscar si sentiva quasi spaventata da se stessa, era una situazione che non conosceva, mai aveva dovuto fare i conti con il proprio desiderio, così concreto, così rappresentato da una debolezza che le piegava le ginocchia e le stringeva l'ombelico. Non aveva mai sentito così concreta la necessità di sentire la pelle di qualcuno sotto le proprie dita, la voglia che altre labbra, così vicine, assaporassero le sue ancora ed ancora, il fremito del suo corpo racchiuso tra due braccia solide, la consapevolezza di essere desiderata.

Andrè, fin troppo consapevole della propria bramosia, ascoltava tutte le sensazioni che gli venivano dal proprio corpo, con tutti i sensi all'erta. Il freddo della notte che gli mordeva le caviglie nude, il canto indisponente di un assiolo nel bosco, il fruscio lieve della stoffa pesante del mantello. Ed il calore di quel corpo così stretto al suo, il leggero cedere di lei che si lasciava reggere dalle sue braccia, la pelle che solo un tessuto leggero separava dalle sue dita, il lieve sentore di acqua di rose che ormai l'accompagnava ovunque. I respiri tenui sul suo collo, le labbra di lei poggiate su una clavicola, il solletico dei capelli che lo invadevano.

Si separarono per coscienza di quanto stava per accadere.

Oscar prese la mano di lui, e se ne portò il palmo al viso. Poi si sciolse dall'abbraccio e dal mantello, scivolando veloce all'interno del fienile.

 

Alain udì un rumore che lo risvegliò del tutto da un sonno faticoso, in quel mucchio di fieno troppo caldo e troppo scomodo.

Aprì gli occhi senza muoversi e vide una figura sottile risalire la scaletta a pioli e tornare nell'angolo opposto. Stava per archiviare quanto visto sotto la voce "necessità primarie" quando si avvide che nel loro angolo di fienile erano rimasti in tre.

Guarda guarda...domani avremo di che chiacchierare, con André.

E si girò sul fianco con un sorriso sornione.

 

 

Il mattino seguente Oscar scese di buon'ora dal fienile. Trovò ad osservarla uno di quei silenziosissimi bambini, il maggiore. Lo guardò con attenzione: i piedini scalzi e neri, le manine già screpolate, le braccia magrissime sotto una camicia troppo grande e troppo sottile. Si frugò in tasca e gli diede un'altra monta d'argento. Il ragazzino non ringraziò e corse in casa velocissimo, quasi timoroso che quello strano soldato vestito di blu cambiasse idea.

- Non sarà troppo, quello che gli avete dato? - Una voce la riscosse dalla contemplazione del bambino.

- Troppo per quello che ci hanno offerto, certo, Alain. Ma guardali. Nulla è troppo per chi vive così. Ora preparatevi, voglio arrivare a Briançon il più presto possibile.

Alain pensò una volta di più che il Comandante aveva una logica tutta sua, e si allontanò verso i cavalli, attorno ai quali Andrè stava trafficando con selle e finimenti.

- Dormito bene?

- Come un bambino. - Rispose André senza scomporsi.

- Nonostante le passeggiatine all'aria aperta? O proprio per quelle? - Insisté Alain, col suo tono più scanzonato.

André alzò la testa di colpo. Ammutolito. Pensò che una risposta avrebbe potuto mettere nei guai Oscar. Ci mancava Alain, accidenti!

 

Una nuova giornata di viaggio trascorse simile alle precedenti, anche se ora il fatto di sapere che il confine era vicino rendeva tutto più concreto e dava una data alla fine di quel percorso interminabile. La sera montarono le tende in una minuscola radura accanto ad un folto d'alberi, ai quali legarono i sei cavalli.

Erano tutti stanchissimi, per il dormire male, le guardie, le cavalcate che sforzavano i muscoli delle gambe e della schiena, le tende da montare, i cavalli a cui badare.

Anche le bestie erano sfinite dalla salita, dal peso dei cavalieri. Masticavano lente l'erba e la biada che André e Gérard avevano preparato per loro. Gérard aveva una buona indole, ed il suo carattere pacato lo rendeva adatto ad occuparsi dei cavalli.

Quattro mantelli bai, il sauro di André ed il cremello di Oscar si riposavano pacati legati ai rami bassi.

I soldati dormivano nelle loro tende, a parte Gérard, a cui era toccato il secondo turno di guardia. Un turno pressoché inutile. La notte era molto scura a causa della luna nuova, si riusciva a vedere solo ciò che veniva illuminato dal falò acceso nel cerchio delle tende.

Non si avvide di una figura scura che si avvicinò silenziosamente ai cavalli, e con un ferro allentò un chiodo allo zoccolo anteriore di due animali.

 

Si stavano rapidamente avvicinando alla città fortificata di Briançon, dove pensavano di poter riposare tranquillamente un paio di giorni. Avevano già superato Chantemerle, ed erano presso il bivio che portava verso Embrun, si trattava di un paio di leghe al più. Sarebbero giunti entro il tramonto. Avevano già perso tempo perché il cavallo di François aveva perduto un ferro durante la mattinata.

Avevano però con loro alcuni ferri nuovi di ricambio ed il minimo degli attrezzi indispensabili. Di nuovo André ed Oscar avevano da un lato ringraziato il Generale e dall'altro allibito i soldati raccontando che quest'ultimo aveva preteso che entrambi avessero almeno un'idea di come si potesse cambiare un ferro in condizioni precarie.

All'epoca la cosa aveva scatenato l'ilarità degli altri ufficiali Suvvia, Augustin, non siamo più nei secoli bui del medioevo, quando ad ogni aspirante cavaliere si richiedeva di saper ferrare! Ma il Conte Jarjayes aveva in effetti partecipato a più di una campagna, e sapeva cosa poteva voler dire trovarsi con un cavallo sferrato quando si era lontani da ogni villaggio...come ora. Quindi aveva insistito. Che suo figlio fosse il migliore tra i soldati del regno, che sapesse fare tutto, o quasi.

In una svolta particolarmente pietrosa della strada, fu Droit, il cavallo di Alain, a perdere un ferro.

Oscar iniziò subito a lanciare improperi contro Antoine Druot, il maniscalco della Caserma, ma André la interruppe:

- Già stamattina avevo un dubbio, ma a me ora sembra davvero che il chiodo sia stato allentato...vedi questo piccolo segno?

I cinque cavalieri si guardarono esterrefatti: allora qualcuno durante la notte si era avvicinato tanto da arrivare ai cavalli!

Non ebbero tempo di commentare, perché una pallottola, che pareva giunta dalla direzione di Embrun, prese Gérard di striscio2 alla spalla sinistra. Si buttarono a terra, prima di sentire il fischio di un secondo proiettile. Difficilmente sarebbe partito un terzo colpo.

Prima che potessero fermarlo, François saltò sul proprio cavallo e partì in direzione del presunto sicario.

- Françooooiiiis! Torna indietro!

Gli gridò il Comandante, ma era troppo tardi. Anche Oscar montò sulla propria cavalcatura, e partì nella stessa direzione, urlando:

- Voi restate qui.

André non provò nemmeno ad obbedire agli ordini. Salì Su Alexandre e si lanciò all'inseguimento.

Solo il ferito Gérard e l'appiedato Alain rimasero ad attendere nei pressi del bivio, mentre le ombre si allungavano e la notte senza luna stava per incombere.

 

Vedendosi inseguito, l'uomo raggiunse velocemente il proprio cavallo e iniziò una corsa pericolosa lungo il sentiero in discesa che scendeva da Briancon costeggiando il fiume Durance, incassato tra le montagne. Non pareva esserci traccia di abitazioni, ma sapeva che presto avrebbe incontrato la miniera3. Sarebbe stato sufficiente entrare nei cunicoli per sottrarsi alle ricerche, e nello stesso tempo tendere un agguato a quei soldati.

Arrivò alla miniera d'argento al tramonto, legò il cavallo velocemente, senza preoccuparsi di nasconderlo, anzi: sarebbe stato un'esca perfetta. Entrò e si avviò nei cunicoli, dopo aver acceso una lanterna con il proprio acciarino.

 

 

 

 

 

 

 


1 Sono in missione, quindi hanno anche abiti civili; ma il mantello non era contemplato per i soldati semplici.

2 Non è che il sicario sia particolarmente imbranato, ma all'epoca la precisione di mira era un concetto molto più elastico del nostro, causa la meccanica delle armi. Inoltre ogni arma andava ricaricata con un procedimento lungo, prima di poter effettuare un altro tiro.

3 Le miniere di Argentière-la-Bessée, conosciute dal medioevo, ed in seguito abbandonate. Nel 1785 ritentarono di renderle produttive, ed all'epoca del racconto vi erano impiegati circa 60 minatori.

   
 
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