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Autore: Manto    01/06/2015    9 recensioni
"Lui si chinò verso di me, e io indietreggiai.
Le sue mani erano ancora sporche del sangue di mio padre.
Con quelle mani, mi prese il volto, me lo alzò.
Lo fissai, il gigante che chiamavano Aiace, cercando di apparire coraggiosa.
Vidi i suoi occhi cangianti, ne rimasi rapita.
La mia sete di vendetta, i miei impulsi suicidi si sfaldarono, sotto la forza di qualcosa che ancora non potevo capire."
Frigia, al tempo della grande Guerra di Troia.
Da una parte la giovane Tecmessa, principessa di un regno ridotto in cenere, prigioniera di un terribile nemico venuto dal Grande Mare; dall'altra, Aiace Telamonio, campione dell'esercito greco con la sofferenza nel nome, dall'aspetto di un gigante e dal coraggio di un leone.
Un solo sguardo, e una forza più grande della guerra stessa giocherà con i loro destini, portandoli all'immortalità.
Ispirato alla bellissima tragedia "Aiace" di Sofocle, il personale omaggio a una delle coppie più belle, e purtroppo poco conosciute, della mitologia greca.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Immortali'
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II - La Regina




Poi il vento divenne tempesta. E fui io stessa a scatenarlo.
E solo adesso comprendo tutti i segni, anche quelli più piccoli: il Destino mi parlava già allora. Ma io non lo sentivo.

Mio padre era partito per un controllo ai confini orientali, ed erano già due giorni che mancava da palazzo. Non era mai successo, se non per cause di grave entità.
Che cosa poteva essere accaduto?
Ci pensavo da tutto il pomeriggio, all'ombra della quercia, lo sguardo all'orizzonte in attesa del mio caro padre. Un grido di allegria attirò la mia attenzione, e girandomi osservai Tealissa la Bionda, l'unica che potessi chiamare mia amica, che giocava con i figli delle serve nel lago poco lontano. Lei si accorse del mio sguardo, uscì dall'acqua e fece un cenno alle serve perché portassero via i bambini; quindi mi raggiunse. Mi abbracciò da dietro mordendomi un orecchio, e rotolammo entrambe a terra.
“Perché ti ostini a rimanere qui?”, esordì, scuotendo la chioma dorata.
Accennai un sorriso. “Lo sai.”
Lei sbuffò. “Solo un normale controllo di confine. Che cosa ti preoccupa?”
Volsi il capo alla strada. “Non è ancora tornato. La Torre Rossa sul Sangario non è molto lontana, mi chiedo perché ci metta così tanto a...” Non feci in tempo a finire che fui investita da un getto d'acqua fredda. “Tea!”, urlai balzando in piedi. La rincorsi fino al centro del lago, solleticandola fino a farle mozzare il fiato in gola dal ridere. “Le ho tentate tutte, e alla fine ce l'ho fatta”, mi disse Tealissa respirando a fatica, e mi lanciò un'occhiata complice.
Sorrisi sorniona. “Hai qualcosa di interessante da dirmi, amica mia? Per esempio, le ultime rivelazioni di Makros?”
La bionda arrossì, si accarezzò la pancia. “Questa volta le sue rivelazioni non saranno un segreto tra me e te. Sto aspettando un bambino.”
Spalancai gli occhi. “Quando?”
“Alla fine dell'inverno. Mi chiedo... cosa dirà la gente...”
“Non importa, Tea. È una notizia bellissima. E tu sarai un'ottima madre”, dissi con sincerità. Non mi era mai importato molto delle convenzioni. Lo sai bene.
Tealissa versò qualche lacrima, quindi mi prese per mano, e mi guidò fuori dall'acqua. “Vieni. Andiamo alla cala del Sangario. Fremo dalla voglia di dirti cosa abbiamo deciso io e Metra...”
“Prima dovresti accertarti che io non sia nei paraggi.”
Ci voltammo, e Makros scese le scale del palazzo con lentezza, gustandosi la nostra sorpresa.
Scoppiammo a ridere, e io abbracciai la mia unica amica. “Tu, villano, come osi spiare i nostri momenti privati?” Il ragazzo si passò una mano fra i capelli nerissimi, facendo un sorriso beffardo. “Attenta, potrei diventare geloso. Sarai anche la mia principessa, ma io peso il doppio!”
Strinsi ancora di più Tealissa, reggendo il gioco. “Mi permetterai almeno di darle un bacio!”
“No, non ti è permesso!”
“Grande Dea, sentilo, questo figlio di contadini!”
“Tu dovresti ascoltare la tua alterigia, oh figlia di re Teleuta! O dovrei dire wanaxa [1], come fanno gli Achei?”
“Mi stai paragonando a una donna achea? La vuoi lavare nel sangue quest'offesa, è questo che vuoi?”
Tealissa si svincolò dalla mia presa, ridendo si frappose fra noi. “Propongo una sfida: vi immergerete entrambi nel lago, e chi tra i due riuscirà a resistere più a lungo sott'acqua potrà baciarmi finché vuole. Andate!”
Io e Makros si lanciammo uno sguardo di sfida, poi corremmo in acqua. “Preparati a piangere lacrime amare, gigante”, dissi, dandogli un pugno scherzoso.
Per tutta risposta, Makros mi prese per la vita e mi fece fare un piccolo tuffo.
“Grosso, brutto e anche permaloso!”, urlai quando riemersi, tirando un getto d'acqua al giovane.
“Basta giocare! Diamo inizio alla sfida!”, urlò Tealissa dalla riva.
Ci immergemmo. Aprii gli occhi e vidi che tutto intorno a me il mondo era azzurro e verde, e c'era una grande macchia ondeggiante, dorata: la luce del Sole che arrivava fino laggiù.
Toccai il fondo con la schiena e mi adagiai, muovendo appena le gambe, incurante della melma che sporcava la veste e i capelli. L'acqua mi spingeva in superficie e il fiato iniziava già a mancarmi, ma non mi mossi. Lì sotto udii un silenzio pieno di pace, e mi sembrò di non essere mai stata così libera.
Poi sentii un grande dolore al petto, fui costretta a risalire. Dopo qualche istante riemerse anche Makros, il viso congestionato per la fatica.
“Ha vinto Makros! A lui spetta il diritto di baciarmi!”, urlò Tealissa entrando in acqua.
“Non montarti troppo la testa, ci affronteremo ancora", sussurrai, scompigliando i capelli al giovane e spostandomi verso riva. Lui accennò un sorriso, quindi impallidì improvvisamente.
“Makros!”, urlò Tealissa mentre il giovane ripiombava nell'acqua, svenuto.
“Corri a chiamare aiuto, Tea! Sta annegando!”, urlai, spingendola lontano e rituffandomi.
Intravidi il corpo del ragazzo molto più in basso, in una piccola fossa. Raggiungerla fu difficile, perché ero affaticata, ma alla fine riuscii ad afferrarlo sotto le ascelle. Mi diedi una spinta con i piedi, ma la melma mi fece scivolare e mi gettò sul fondo.
Non posso morire ora, non posso morire ora, pensai sentendo una forte pressione sul petto. Con rabbia puntai i piedi, li affondai nella melma viscida; riuscii ad alzarmi, e a trascinare con me Makros. “Tealissa! Qualcuno mi aiuti!”, gridai esausta.
Non c'era nessuno. Ero sola.
Il peso di Makros mi rigettava sotto, stirandomi le braccia e rischiando di farmi annegare, ma non lo lasciai andare; feci piccoli passi, tenendogli la testa fuori dall'acqua, e quando sentii il fondale sicuro della riva sotto i piedi mi fermai, caddi in ginocchio.
Respirai rumorosamente, e al mio fianco anche Makros si mosse.
Finalmente i servi accorsero, aiutandomi ad alzarmi e assiepandosi intorno al corpo del giovane.
Tealissa spuntò dietro di me piangendo, ma la allontanai. Makros era vivo, ma c'era qualcosa che non andava: il suo corpo aveva dei tremiti, come se...
“Giratelo su un lato!”, urlai quando compresi. I servi obbedirono, e un istante dopo Makros spalancò gli occhi e iniziò a vomitare acqua e fango.
Chiusi gli occhi, sospirai di sollievo. Tealissa piombò tra le mie braccia, piangendo di gioia.
Le accarezzai i capelli, sorrisi.
“Arriva il Re! Arriva il Re!”
Dopo qualche istante vidi sfrecciare sul sentiero Kioss, il messaggero di mio padre, che appena smontato da cavallo mi cercò con lo sguardo. “Principessa Tecmessa, vostro padre chiede che prendiate posto al vostro seggio”, disse quando mi vide.
Vacillai: se mio padre chiedeva la mia presenza nella sala del trono era per qualcosa di cruciale.
Mi diedi una veloce occhiata: ero completamente sporca di fango. “Tieni”, disse Tealissa, staccando un pezzo della sua veste, “mettilo sulla testa come un velo.”
Lo feci, e di corsa entrai nel palazzo. Raggiunsi la sala del trono e mi sedetti sul seggio che era stato costruito apposta per mia madre; lasciai cadere il velo fino al pavimento per coprire le pozze d'acqua che andavano creandosi, e mi ripulii in fretta il volto.
Il portale si aprì dopo qualche istante e mio padre entrò, chiuso nella sua più bella armatura, i capelli candidi legati in una lunga treccia che ricadeva sulla spalla. Non era solo.
Dietro di lui procedevano due guerrieri dall'aspetto nobile, che non conoscevo né avevo mai visto.
Il più vecchio aveva corti capelli castani e una barba ben curata, era tarchiato e camminava guardingo, voltando qua e là il capo e scrutando tutto con occhi brillanti e profondi; il secondo, più alto e molto più giovane, era semplicemente bellissimo: i capelli biondi rilucevano come oro puro sotto i raggi del Sole, gli occhi color del cielo risplendevano come gemme, e io notai che si illuminarono ancora di più quando si puntarono sullo scranno di mio padre.
Quindi, dopo aver ammirato le ricchezze della sala, i loro sguardi si spostarono su di me.
Quello che vi lessi mi fece rabbrividire. E in questi momenti ancora di più, ora che so che fu in quell'istante che gli Dèi iniziarono a ridere di me.
Di noi.
Mio padre mi sorrise, quindi si rivolse a loro. “La mia unica figlia, Tecmessa, principessa di Frigia. Figlia mia, il re di Itaca, Odisseo figlio di Laerte, e Diomede figlio di Tideo, re di Argo.”
Risposi con un freddo cenno ai loro inchini, e ricambiai il loro sguardo pieno di superbia.
Achei.
Mio padre prese posto sul suo seggio, mi lanciò uno sguardo carico di intesa, quindi si rivolse al bruno. “Re Odisseo, prima mi accennavi a qualcosa di importante di cui dovevi discutere con me. Puoi parlare liberamente, ora: il mio palazzo è un posto più che sicuro.”
Il re di Itaca mi rivolse un'occhiata carica di stupore e disappunto. “Perdonami, re Teleuta, ma preferirei che la bella Tecmessa non fosse presente al nostro colloquio.”
Mio padre fece un sorriso sornione. “Le leggi del vostro popolo non valgono in terra frigia, re Odisseo. Le nostre donne sono libere quanto gli uomini, forse anche di più.
Inoltre, voglio che mia figlia partecipi ai colloqui, in modo che sappia consigliare saggiamente il suo futuro marito nella gestione del governo.”
Vidi che l'altro sovrano, Diomede di Argo, reprimeva a stento un moto d'ira, quindi decisi d'intervenire. “Perdonatemi, padre, ma farò come vuole il signore di Itaca; non voglio che la mia presenza sia fonte di turbamento o malumore.”
Detto questo, mi alzai con tutta la grazia che possedevo, e con un cenno mi congedai dalla loro presenza, godendo dello sguardo sorpreso dei due sovrani stranieri al vedere l'acqua ruscellare giù dalle mie gambe.
Le serve mi attendevano nei bagni reali, e mi lasciai andare alle loro attenzioni. Mentre mi lavavano e massaggiavano con delicatezza guardai il fango colare dai miei capelli, e la stanchezza si impadronì improvvisamente di me.
Quando mi lasciarono andare, davanti ai bagni trovai ad attendermi Metra, la madre di Makros. Questa mi baciò le ginocchia, piangendo. “Pagherei con la mia stessa vita quello che hai fatto. Pregherò la Grande Dea ogni giorno affinché ti protegga sempre.”
Notai una presenza ostile a poca distanza, ma decisi di ignorarla. Mi inginocchiai e feci rialzare la donna. “Ho fatto solamente quello che dovevo. Tuo figlio è salvo. Basta questo.”
Metra trattenne un singhiozzo, e prendendomi le mani me le baciò. Quindi si dileguò nel palazzo, lasciandomi sola.
Io mi voltai... e mi trovai davanti gli occhi del re di Itaca. Questi accennò un sorriso notando il turbamento che tentavo di nascondere mentre osservavo i suoi occhi cangianti e vividi, così in contrasto con il resto del corpo, bello ma senza alcuna luce.
“Non eravamo neanche giunti a palazzo che la gente gridava il tuo nome e ti onorava. La principessa coraggiosa, ti chiamano.
Perché? Che cosa hai fatto di tanto valoroso?”
Deglutii. La sua voce, profonda e carica. Più lo fissavo, più pensavo al fiore che riempiva i miei sogni. “Ho salvato un giovane uomo dall'annegamento.”
“Interessante. E dimmi, wanaxa, tutte le donne di Frigia sono belle e ardite come te? Se sì, sono disponibile a conoscerle.”
Socchiusi gli occhi, ignorando l'orribile parola con la quale mi aveva chiamata. “La stirpe delle donne di Frigia è la più orgogliosa fra quelle orientali. Attento, grande re: potresti trovare ciò che stai cercando. E potrebbe non piacerti.”
Gli occhi del figlio di Laerte brillarono di una luce sinistra, ma non una parola uscì più dalle sua labbra. Chinai il capo in segno di congedo, e lo lasciai da solo.

Verso il tramonto, mio padre venne nelle mie stanze. Vidi dal suo sorriso che lo avevano già avvertito degli avvenimenti del pomeriggio, e chinai il capo in attesa.
“Perdonami, Tecmessa, se non ti farò chiamare questa sera per cenare con noi. Il motivo lo sai.”
Annuii, e mio padre sorrise, mi abbracciò. “Tu sei veramente la degna figlia di tuo padre.
Sei stata molto coraggiosa, oggi pomeriggio. E non solo per quello che hai fatto al lago, ma per come ti sei comportata con il sovrano di Itaca.
Dice che hai usato saggezza e fierezza, due tra le doti di un buon re. Ti manca solo un'armatura e poi potrai scendere in battaglia.”
Ridemmo entrambi, quindi lui mi prese il volto tra le mani, mi guardò a lungo. “Non dimenticare mai chi sei, ragazza mia.
Non ingannare mai il tuo cuore, non lasciare che un altro imponga la sua mano su di te.
E non perdere mai il tuo coraggio. Mai.”
Io alzai lo sguardo per guardarlo, colpita da quelle parole; lui fissava il lontano orizzonte.



NOTE

[1] Wanaxa è il termine miceneo per indicare la regina. Wanax è il re.
   
 
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