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Autore: Lost In Donbass    11/06/2015    1 recensioni
California, 1987.
Questa è l'America della perdizione, della musica, delle libertà negate. E' il tempo di un'epoca giunta al limite, dove non c'è più niente da dire. E' l'America delle urla, delle speranze, dei cuori infranti.
Nella periferia di un'insulsa cittadina si muovono otto ragazzi, otto anime perdute e lasciate a loro stesse. Charlie se ne vuole andare ma gli manca il coraggio di voltare le spalle. Jimmie Sue spera, crede in qualcosa che la possa salvare ma a cui non sa dare un nome. Jake è al limite, soffoca tutto nel fumo, dimentica grazie all'alcol, non ne vuole più sapere. Jasper ha finito di sperare, di pregare, di credere; ha dimenticato cosa vuol dire piangere, cosa vuol dire vivere.
Tirano avanti come possono. Sono le creature di una periferia assassina e di una società fraudolenta e fallace. Sono dei bastardi senza gloria e senza onore.
E questa è la loro storia.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DODICI: BITE MY LIP AND CLOSE MY EYES

Si consiglia di ascoltare durante la lettura "Longview" dei Green Day. Ne approfitto per chiedervi umilmente SCUSA. Davvero, mi dispiace se aggiorno a ritmi così irregolari e lenti ma ho avuto un brutto calo di ispirazione. Vi ringrazio infinitamente, che continuate a seguire la mia storia e a leggerla. Scusate se il capitolo è corto, ma almeno c'è.
A presto (spero)
Charlie.


Quando Jake aprì gli occhi, si ritrovò il viso affondato nei capelli di Jasper. Subito non se ne rese conto, rintronato dal dopo sbornia che martellante gli torturava la testa e dalla gola riarsa, colpa di tutte le sigarette che aveva fumato la sera prima. Sentì qualcosa di caldo accarezzargli il viso, e quando finalmente i suoi occhi insonnoliti riuscirono a mettere a fuoco, si rese conto che erano solo dei capelli annodati. Alzò lentamente la testa. La sentiva pesante, come se fosse riempita con pietre. Non filtrava nessuna luce dall’abbaino, e l’orologio posato per terra era rotto da chissà quanto tempo. Si guardò intorno, con lentezza esasperante. La camera di Jasper era sempre la solita, niente era cambiato, se non per i suoi vestiti abbandonati ai piedi del letto. Non si ricordava nulla della sera precedente. Nulla dopo il bacio, ovviamente. Quello se lo ricordava bene, impresso a fuoco sulla sua bocca, nella sua testa sballata. Jasper era raggomitolato tra le coperte, stretto a lui. Jake sentiva il suo respiro sconnesso sul petto. Era così dannatamente bello quando dormiva, sembrava così innocente. Quell’innocenza che scompariva non appena spalancava quegli occhi demoniaci. Jake si era sempre chiesto come mai il suo amico (o fidanzato? Non sapeva nemmeno più lui) respirasse in modo così sconnesso : sembrava sempre sul punto di smettere e questo al ragazzo faceva paura. Già che c’era, si mise a studiare il corpo di Jasper. Gli accarezzò la schiena pallida, tendente al grigiastro. Glielo diceva sempre, di smetterla con la droga. Mai una volta che lo stesse a sentire. E poi era così magro … gli si vedevano tutte le vertebre. Accarezzò tutti i tatuaggi che aveva sulle spalle e sul fianco. Jake chiuse gli occhi, tentando di ricordarsi cosa avevano fatto la notte prima, ma niente gli sovveniva.
-Se ti interessa saperlo, tesoro, ieri mi sei crollato praticamente svenuto in braccio, quindi ti ho portato a casa, perché portarti da tua madre mi pareva disdicevole, ti ho spogliato, ti ho messo a letto e poi mi sono addormentato vicino a te. Non abbiamo fatto niente di sconcio, se è ciò che ti preoccupa.
Jake si prese un colpo quando sentì la voce bassa di Jasper soffiargli direttamente sulla pelle nuda. Spalancò gli occhi, e Jasper rise piano, tirandosi in ginocchio.
-Beh, non è sicuramente la parte sconcia che mi preoccupa ma … come facevi a sapere che stavo pensando a quello?
-Intuizione pura e semplice.
Jake scosse la testa, con un sorriso storto. Certo che come lo conosceva Jasper, non lo conosceva nessuno. Forse nemmeno se stesso.
-Senti, Jas, a proposito di ieri sera … io … cioè …
Sapeva che prima o poi avrebbero affrontato l’argomento, e va bene che la notte prima Jasper non aveva opposto resistenza, anzi, però … Jake non era mai troppo sicuro di quello che passasse per la testa del suo amico. Avrebbe potuto trattarlo come se fossero fidanzati da una vita, o continuare a trattarlo come migliore amico, come se il bacio non fosse nemmeno avvenuto. Avrebbe potuto fare di tutto, e la certezza non ci sarebbe mai stata.
-Ieri sera abbiamo semplicemente fatto quello che era naturale.
-Ovvero?
-Abbiamo liberato i demoni che avevamo dentro in un bacio che era inevitabile. Ti è più chiaro?
-No- Jake si sentiva decisamente fuori posto in quel momento. I discorsi di Jasper lo confondevano da morire, e in certi momenti lui avrebbe voluto solo estrema chiarezza. Ma se volevi Jasper dovevi sacrificarti alla nebbia impenetrabile dei suoi discorsi contorti.
-Allora, se non ci fossimo baciati ieri sera ci saremmo comunque baciati a breve, ok? Ci completiamo, Jacky, come le parti di una stessa collana. Quindi, eravamo destinati a baciarci.
Jake annuì, ma quella frase lo mise ancora più in confusione. Guardò Jasper alzarsi da letto, e lo seguì con lo sguardo mentre ondeggiava fino a una cassettiera rovinata, da dove tirò fuori una fialetta di pastiglie. Lo guardò ingoiarle lentamente, la luce pallida del sole che filtrava dall’abbaino e illuminava i suoi tratti delicati e i tremiti del suo corpo slanciato dopo l’assunzione delle pasticche.
-Senti, Jas, oggi che si fa?
-Andiamo al covo. Vedremo il da farsi. Niente di nuovo, come al solito.
Jake si alzò dal letto e abbracciò Jasper, poggiando la testa sulla sua spalla.
-Dovremmo dirlo ai ragazzi? Che ora noi stiamo tipo … insieme?
-Penso che se ne siano accorti da molto tempo, tesoro. Molto prima di te, di sicuro.
-Cosa?!- Jake si scostò da Jasper come se si fosse scottato, con una buffa espressione a metà tra l’oltraggiato e lo stupefatto. Jasper non poté fare a meno di sorridere di fronte alla smorfia così infantile dell’altro. Perché lo sapeva, lo aveva sempre saputo : Jake era ancora un bambino nel cuore, aveva un animo ancora innocente. Semplicemente, nascondeva la sua innocenza dietro a sigarette e una faccia da duro. Ma bastava spegnere le braci ardenti della sigaretta e lavargli via l’atteggiamento che si era creato per trovarsi davanti un diciassettenne fragile come vetro, eppure forte dentro. Forte, ma dannatamente giovane. Troppo giovane. E in quello Jasper si sentiva ancora più diverso di quanto già non fosse. Lui aveva perso l’anima candida, se avessi scavato quel viso troppo bello avresti solo trovato ossa e ceneri. Si sentiva semplicemente vecchio, come se le cose che avesse visto, provato e vissuto fossero troppe per la sua testa folle. Si sentiva ancora un ragazzo così giovane, che aveva ancora troppo da imparare e gente da proteggere. Aveva Jake e lo doveva salvare. Era troppo prezioso, merce rara, non poteva essere lasciato a se stesso. Jake era suo ora e non glielo avrebbero strappato.
-Niente. Scherzavo. Vestiti, che andiamo.
Jake lo guardò in tralice, ma obbedì, indossando i vestiti che puzzavano di fumo e di alcool della sera prima. Oddio, se veramente gli altri sapevano non poteva immaginare tutti i risolini senza fine di Jimmie, le battutacce sconce di Jeremy, le occhiate complici di Boleslawa, le previsioni esagerate di Ash, le pacche sulle spalle di Frizzy e l’immancabile “A quando le nozze?” che puntualmente Boleslawa diceva a chiunque la ispirasse come coppia fissa. Forse si era fregato con le sue stesse mani. O forse si stava semplicemente aprendo un nuovo scenario per lui. Un nuovo scenario fatto di baci al sapore di sogni infranti, occhi truccati, e un nuovo letto dove passare la notte.
 
Charlie stava cercando il tonno meno costoso al bancone del supermercato. Un brivido di piacere gli percorse la spina dorsale al pensiero che era lì che era iniziata la sua nuova, pazza vita con i Gentiluomini del Ventesimo Secolo. Aveva ancora tanto da imparare da loro, e loro avevano ancora tanto da conoscere di lui.
Prese in mano la scatoletta di tonno e provò a fischiettare una canzoncina che gli aveva insegnato Jeremy. Pensò ad Ash e a Jimmie, quando erano tornati dentro la casa tenendosi per mano e avevano annunciato il loro fidanzamento. Era stato contento per loro, un piacevole formicolio si era dipanato nella sua anima. Il sorriso raggiante di Jimmie Sue lo aveva fatto stare bene dentro; così come lo sguardo rilassato di Ash dietro le lenti appannate. Lo aveva preso in disparte e gli aveva sussurrato
-Ehi, Charlie, posso giurarti che baciare Jimmie è stato la cosa più scientificamente complessa che abbia mai fatto. È stato come un esperimento chimico direttamente sulla pelle! Tipo, la consistenza delle sue labbra era fisicamente interessante, ma il rossetto! Deve aver fatto reazione con le bollicine di whiskey che avevo in bocca perché c’è stata una specie di microcosmo esplosivo nelle nostre bocche, di quelle da studiare per energia atomica e …
Poi era arrivato Frizzy e addio discussioni parascientifiche. Comunque, gli era bastato quell’attimo di complicità che Ash gli aveva regalato, quel momento in cui aveva scelto proprio lui come primo testimone del bacio, in cui gli aveva raccontato tutto, per farlo sentire felice. La prima volta che qualcuno lo avesse considerato talmente importante da potergli raccontare qualcosa di prezioso come il proprio bacio con una ragazza splendida come Jimmie.
Però, in quel turbine di buone notizie, c’era il piccolo problema interiore che colpiva solo lui e che nessuno avrebbe mai capito : Jasper si era dissolto come la nebbia al mattino. Ok, lo sapeva che lui non avrebbe mai avuto anche la più larvata speranza di fare breccia nel cuore del capo, ma un po’ di risentimento c’era comunque. E poi c’era Jake di mezzo. E Jake era su tutto un altro piano rispetto a lui.
Sospirò rumorosamente, comprando il tonno e la maionese e uscendo nel caldo giugno californiano, sotto il sole cocente che bolliva l’asfalto dismesso delle strade.
 
 
 
  
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