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Autore: 50shadesofLOTS_Always    14/06/2015    1 recensioni
La vita può cambiare in un attimo. In una sola notte. Per sempre. Come ritrovare allora la gioia di vivere e quella sensazione di amare e sentirsi amati? Alle volte,basta una tavolozza di colori,una paio di punte da ballo ed un ragazzo dagli occhi nocciola...
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Un amore piú forte del Destino'
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Non ho mai creduto a Dio. Ne sono accaduti di fatti a me,nel mondo,che nemmeno il più crudele degli dei lascerebbe correre. Non ho mai creduto alla fortuna,magari al Destino e al Caso. Ma non alla fortuna,anche perché  la mia dea bendata é pure cieca. E ne ho la prova in questo momento. La sveglia non é suonata ad io ho fatto tardi. Dopo aver parcheggiato in fretta e furia il motorino,prendo i due quaderni che non entravano nella zaino e mi avvio verso il cancello. La campanella suona squillante non appena metto piede in classe. Traggo un respiro di sollievo,ma il Fato non ha ancora finito di prendermi in giro. Non mi accorgo di un mio compagno di classe e gli vado addosso. Mi chino per raccogliere i quaderni mentre lui fa' lo stesso. Alzo lo sguardo incontrando quello di Marco,che dopo avermi riconosciuta abbozza un sorriso << Scusa non ti avevo visto... >> dico sperando che non se la prenda << Non preoccuparti... >> risponde con lo stesso tono rassicurante di ieri sera a lezione. Raccoglie uno dei quaderni e me lo porge mentre ci raddrizziamo in piedi contemporaneamente << Grazie... >> mormoro prendendo l'oggetto. Appena una nuova prof entra in classe,mi accorgo che Tiberio non é venuto. Mi siedo comunque al mio banco in silenzio e senza farmi notare,mando un sms a Tiberio.

Che fine hai fatto,furfante?
Inviato alle ore 08:15 del 16/09/2014. 

Resto a guardare fuori dalla finestra,osservando come l'ultimo polline di stagione svolazzi attorno agli alberi del cortile,che lentamente perdono le loro verdi foglie col progedire dell'autunno. Sento la prof chiamare il mio nome << Mi sai dire,Giada,cosa pensava Leopardi? Giusto per dimostrare che stavi ascoltando... >> dice con finta arroganza la donna bionda,seduta alla cattedra. Mi sistemo sulla sedia mentre ad un banco e trenta centimetri di distanza,avverto lo sguardo di Marco addosso << Leopardi trasse i suoi primi pensieri da Rosseaux,un intellettuale francese,che sosteneva che la vera felicità la si scopre quando si é piccoli e non si sente il peso del mondo sulle spalle. Questo perché non si é ancora entrati in contatto col mondo degli adulti,che presenta dei limiti posti dalla cruda realtà... - riprendo il mio tono sicuro,declinato precedentemente da dei cattivi ricordi - Leopardi però nel corso della sua vita,approfondirà tale tesi fino ad allontanarsene per poi elaborarne una più personale,secondo la quale la Natura ovvero il meccanismo che controlla la vita umana,é sostanzialmente indifferente alla sofferenza dell'uomo. Ed é da qui che si trae il suo lato più pessimistico. Personalmente credo che Rosseaux abbia in parte ragione,proprio sul fatto che si é felici solo quando si é bambini... In fin dei conti,quanti adulti possono affernare dire di esserlo? >>. Mi volto verso Marco,che inarca un sopracciglio e sorride sorpreso mentre la prof ricomincia la sua spiegazione.  


*****  

Torno a casa e non appena entro,sento un buonissimo profumo di cibo << Oh,cara! Sei in perfetto orario... >> esclama mia zia poggiando un piatto di pasta fumante davanti ai miei occhi. Vivo coi miei zii da quando avevo dieci anni. Mia madre e mio padre sono separati e solo mio padre sembra essere cresciuto per maturità. La cosa non mi disturba affatto,anzi la trovo perfino vantaggiosa. Mentre mangio,il mio cellulare vibra per l'arrivo di un messaggio. 

Scusa se ti rispondo solo adesso. Farò ammenda :) Non sono venuto a scuola perché mia madre non si sentiva molto bene. 
Ps: vediamoci in piazza. Devo parlarti. 
Ricevuto alle ore 13:30 del 16/09/2014. 

Fisso il telefonino confusa. Non capisco di cosa dobbiamo parlare. Mi ricorda il tono di rimprovero che assume un genitore,quando avverte il figlio che sa che ha fatto una gran stronzata. Il punto é che lui non é mio padre ed io non ho fatto niente! Gli rispondo con un semplice 'ok' prima di riprendere il pranzo. 

******

Arrivo per le 16 nella piazza comunale. Lo vedo seduto ad una panchina e mi avvicino silenziosamente. Solleva gli occhi nei miei e mi sorride << Ehy - mormoro mettendomi seduta accanto a lui - Allora... Quale segreto devi confidarmi? >>. Lo prendo in giro mentre mi da una gomitata. Mi osserva ancora per qualche attimo in silenzio,con un'espressione troppo seria da attribuirgli << Devo andare via di qui per qualche giorno... >> esordisce mentre un senso di panico striscia nella mia mente << A quanto corrisponde il tuo "qualche"? >> dico sottolineando le virgolette con un gesto delle dita << Non lo so... Dai tre ai cinque giorni >> risponde facendo un gesto vago con una mano. Lo guardo mentre quel lieve timore si ingrandisce. Si diffonde e scivola fin nei meandri più bui della mia psiche. Mi afferra per le braccia << Nessuno ti farà del male... Okay? >> sussurra col viso vicino al mio,come per accertarsi che comprenda le sue parole. Deglutisco sonoramente prima di lasciarmi cadere fra le sue braccia,a cui mi aggrappo con entrambe le mani. Stringo fra le dita,la stoffa della sua felpa << Ho incaricato quel Rossi di tenerti d'occhio... >> dice schiacciando gentilmente la testa contro il suo petto. Il battito del suo cuore ha un effetto balsamico. Ho smesso di ascolarlo,ma ora mi sento di nuovo a casa.

   
 
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