Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: LeMuseInquietanti    10/01/2009    2 recensioni
Il tuo buon senso lascialo a casa, con gli occhiali sempre appannati. Porta con te solo il rossetto, per imbrattare i tuoi finti sorrisi di sangue. E se si inceppa la macchina, se una sera volessi abbandonare in un angolo gli orpelli e giocare pulito, ti diranno che hai qualche problema. Sei giovane non puoi conoscere il dolore.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Balia



Detestava vivere in una campana di vetro.
L’unica ignara dei complotti che fuori il mondo progettava era lei.
Si pettinava con vigore di fronte allo specchio cercando di non pensarci.
Attendeva che giungesse l’ora stabilita, l’ora in cui avrebbe potuto anche lei sentirsi un tantino utile.
Anche se la sua parte non era quella dell’eroina, né della principessa da salvare. Era una dannata nutrice. Come quella vecchia gigantesca che accompagnava nelle sue scorribande la povera Giulietta, il donnone di cui si fa beffe Mercuzio e a cui tutti leccano il culo per raggiungere il proprio scopo. Era un manichino, una macchinetta fotografica usa e getta per di più una malsana autolesionista. Ormai aveva accettato quel ruolo di consigliera, e credeva che nella vita avrebbe seguitato a interpretare sempre e solo quello.
Che poi, dare opinioni non era il suo forte.
Non le esponeva mai, era una stupida omologata al sistema che ottenebra nel silenzio ogni disdetta, e le disfatte dei porci potenti, e le sconfitte dei poveri illusi.
Non aveva il coraggio per dar alito a quello che le riempiva l’animo.
Poteva solo pettinarsi e pensare.
Aveva le lacrime aggrappate alle ciglia.
Il cellulare squillava nel frattempo, e i Nirvana si struggevano chiedendo ad una ragazza di non mentire e di dire dove aveva dormito la notte passata.
Aveva la testa pregna di quelle parole, e quasi non si stupì di vedere quel numero che ora la cercava.
Adesso che non avrebbe saputo cosa dire, che avrebbe tentato di liquidarlo con una frase scarna.
Voleva che il mondo si tramutasse in una statua di sale, solo allora avrebbe potuto respirare un attimo liberamente.
Aveva bisogno di fumare, i suoi occhi già appannati dalle lacrime si stavano colmando di rabbia.
Le chiamate continuavano a susseguirsi, lei voleva solo che la vibrazione scemasse e non tornasse più.
Essere tranquilla con il suo maledetto dolore.
Sporcarsi con le parole false di quelle persone era la peggiore macchia del pulito.
E lei non voleva imbrattarsi.
Meglio non rispondere, venire accusata di indolenza, o di temere il confronto.
Meglio il silenzio che la certezza comunque.
Un messaggio.
Questo lo devi aprire per forza.
Non puoi ignorare qualcosa che si spiaccica sul tuo schermo. Non quando volente o nolente dovrai rispondervi. Magari di persona.
Tremi all’idea.
E così schiacci sul pulsante verde, e aspetti quei pochi secondi in cui il panico si mescola alla curiosità e alla rabbia. Rabbia perché quella curiosità ansiosa che ti preme sul petto non dovrebbe esistere.
Ma c’è.
Leggi con la sensazione di essere una maledetta stronza. Illusa di certo.

Sta andando tutto male. Tremo.

Come se la cosa potesse interessarti.
In effetti non sei indifferente alla notizia, ma dovresti.
Invece comandi al tuo cellulare scassato di aprire una pagina per rispondere e chiedi altre informazioni.
Che ti faranno male.
Che permetteranno all’interlocutore di scaricare su di te la sua rabbia.
Che ti faranno male.
Che gli faranno bene.
Che ti faranno restare una notte sveglia.
A sentire il dolore penetrare dentro, sfondando vene, arterie e valvole unidirezionali.
In circolo nel sangue, maledetto veleno moderno.
I Nirvana gridano ancora e tu come un’idiota rispondi.
Dove sei stato la notte scorsa e cosa hai fatto.
Dimmelo, anzi no, anzi dillo.
Dillo perché comunque non dovrebbe interessarmi, ma sono una deficiente patentata e sono abituata a farmi male e ad assorbire il dolore.
Sono la balia, ed oggi devo occuparmi di te.
Assorbire come una spugna il tuo dolore.
Dove poi io lo scaricherò non è un tuo problema, vero?
No, non lo è.
Nessuno si interessa delle balie, ottenuta un po’ di pace.
Nemmeno le balie si interessano delle altre balie.
Nessuno si interessa di te.



Volevo ringraziare chi ha commentato il primo, bah chiamiamolo così, capitolo.
The Corpse Bride e PiccolaBlack.
Grazie.
Mi è difficile rispondere alle recensioni. Perchè già, questa storia non è che una trasposizione appena esagerata dei miei pensieri.
Quante di noi si sono sentite solo osservatrici distanti anni luce dalla vita?
In questo periodo mi sento spesso così.
O forse, da sempre vivo un siffatto periodo.
<3 Baci, Marie
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: LeMuseInquietanti