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Autore: Cygnus_X1    17/06/2015    4 recensioni
[SOSPESA]
Sirya vive in un castello sperduto tra le montagne, affidata da sua madre a un vecchio amico; non ha mai visto nulla oltre l'orizzonte frastagliato di quella stretta vallata.
Mizar è uno studente della più prestigiosa scuola aeronavale di Selaera. C'è solo un piccolo problema: lui lì non ci vuole stare.
Sono poco più che bambini, e non sanno dell'esistenza l'uno dell'altro, ma ciò che li lega è vasto. Un disegno ancestrale che guida i destini fin dall'inizio del mondo.
Un disegno che potrebbe trascinarli nella sua distruzione. O farli splendere al di sopra del caos.
[Fantasy/Fantascienza; accenni di Steampunk, Contemporary Fantasy]
Genere: Angst, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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***†  Eventide   ***


I Figli del Caos



 


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Capitolo 2

Buio


16 Vejezel 771, ore 7:45
Regno di Eythsun
Arcénelly, Programma

D



ove si trova? Non lo sa. Non riesce a vedere molto dell’ambiente circostante.
A destra e a sinistra pareti di mattoni sbeccati e polverosi; a intervalli regolari, colonne spuntano a metà dal muro e si innalzano a sostenere una volta invisibile nell’oscurità. Il pavimento è di pietra, irregolare e consumata.
Si guarda intorno confuso. Ovunque è solo tenebra. Dietro e davanti a lui, e sopra la sua testa, pareti, pavimento e soffitto sono inghiottiti dal buio. Un buio troppo fitto per essere quello della notte: deve trovarsi in un corridoio sotterraneo.
L’unica luce proviene da una sfera violetta che galleggia sopra la sua testa. La sfiora con una mano. È un incantesimo della Luce. È stato lui a evocarlo?
L’odore di chiuso, di terra e polvere, è molto forte. Una strana energia pervade l’aria, le pareti, il pavimento. La sente scorrere sotto di lui, come una corrente, una vibrazione bassa al limite dell’udibile. È magia, magia molto potente, ancestrale.
Che cosa ci fa lì? E soprattutto, dove si trova? Non riconosce il luogo, non ci è mai stato, ne è sicuro.
Si rende improvvisamente conto che quelli che ha addosso non sono i suoi vestiti. Invece della solita divisa grigia stropicciata, indossa un cappotto nero sgualcito e anfibi slacciati. Sul petto, sulle gambe e sulle braccia, indumenti protettivi di cuoio.
Sorride. Muove un passo in avanti, incuriosito. Vuole sapere dov’è, vuole capire. Gli abiti di cuoio scricchiolano debolmente, il suono si spegne nell'oscurità ovattata.
Cammina per qualche minuto. Il corridoio sotterraneo prosegue sempre uguale, non sembra avvicinarsi una fine. Prosegue sempre più perplesso e incerto, mentre il cunicolo sembra allungarsi all'infinito.
Infine, all’improvviso, qualcosa cambia. In lontananza, un puntino di luce.
La speranza si riaccende in lui. Comincia a correre, sempre più veloce, raggiungendo una velocità quasi innaturale. Il puntino di luce si ingrandisce mano a mano che lui si avvicina, in pochi secondi invade l'intero suo campo visivo. Prende la forma di un alto arco affilato; fuori, la luce del giorno.
L’arco sembra oscurarsi per un istante. Sullo stipite, ora, si disegna una figura longilinea, i contorni indefinibili a causa della luce intensa. La figura si avvicina, diventando sempre più nitida a ogni passo. Infine, si ferma davanti a lui.
È una ragazzina, undici o dodici cicli al massimo. È alta e snella, dal fisico slanciato e sottile. Lunghissimi capelli neri scompigliati incorniciano il suo viso affilato e serio, troppo forse per una ragazza di quell’età. Naso dritto, mento sfuggente, fronte aggrottata come da una qualche pesante inquietudine. Grandi occhi color smeraldo spiccano sulla pelle chiara, sporca di fuliggine, e lo fissano imperscrutabili, colmi di un’ombra di tristezza.
Il suo corpo magro è fasciato in una tuta nera da pilota, ma strappata e sgualcita in più punti. Da dietro la sua spalla occhieggia l’elsa argentea di una lunga spada sottile.
La ragazzina lo fissa, impassibile, a lungo. Lui sente il suo cuore battere forsennato sotto le sue costole, come se volesse romperle e liberarsi. Si scopre a sorridere, rassicurato ed euforico, anche se ancora confuso. Poi lei socchiude appena la bocca, come per parlare.
«Mizar!»
Quella voce... è un suono noto che punzecchia la sua mente lasciandolo perplesso. Tutte le emozioni precedenti sono scoppiate nel nulla, e ora rimane solo un sottile disagio.
Di chi è quella voce? Non è stata la ragazza a parlare, ne è sicuro. Poi capisce.
In quel momento, la ragazzina di fronte a lui e tutto quello che ha intorno sfuma in un bianco abbagliante.
No, maledizione!
Niente da fare. Il sogno è andato. Per quanto lui vi si aggrappi con tutte le sue forze, il sogno scivola via tra le sue dita come sabbia impalpabile. Il ragazzino sospira e apre gli occhi alla luce del giorno.
La prima cosa che vede è un volto rugoso, teso in un’inequivocabile espressione di riprovazione, e due occhi neri irritati che lo fissano da dietro un paio di occhiali tondi dalla montatura di bronzo.
«Finalmente ti sei svegliato! Stavo per andare a prendere un secchio d’acqua gelida» minaccia la proprietaria di quel volto con voce intimidatoria.
Mizar si alza a sedere poco convinto.
«Ma... che ore sono?» sbadiglia, la mente ancora lenta dal sonno.
«Sono le otto meno dieci! Dovevi essere pronto mezz’ora fa!»
«Scusa, Hilda» sospira Mizar, ravviandosi i capelli troppo lunghi che gli ricadono sugli occhi. All’Istruttore Jéan non vanno proprio a genio quei capelli così lunghi: l'ha minacciato già numerose volte di tagliarglieli nel sonno. È esattamente per questo motivo che si ostina a lasciarli crescere; Mizar non ha mai sopportato le regole, e questo gli rende la vita al Programma non certo facile.
Ma d’altronde, non è stato lui a scegliere di studiare proprio lì.
«Mizar! Sono già stata troppo indulgente, con te. Non farmene pentire!» lo rimbrotta nuovamente Hilda quando si rende conto che si è perso ancora nei suoi pensieri. La governante lo fissa con aria truce, le braccia conserte.
«E va bene» sbuffa lui alzandosi infine dal letto. Corre a lavarsi velocemente, rinunciando ad un bagno per recuperare il tempo speso tra le propaggini del sogno, si veste in fretta e, saltando la colazione, si dirige di corsa al simulatore di volo con la bionda chioma scomposta ancora arruffata e grondante.
Si fionda dentro un attimo prima che la porta ermetica si chiuda. Prende posto come sempre in fondo all'aula, accanto a Julien, che gli scocca un’occhiata divertita.
«Tu vuoi seriamente farti espellere» ridacchia l’altro ragazzo. Esile, occhi sottili che sorridono sempre furbescamente come se complottasse qualcosa di continuo, una massa di riccioli castani da cui spuntano gli occhiali di precisione che porta sempre con sé: il suo migliore amico da una vita.
«Non sarebbe male» valuta Mizar, annuendo.
«Ma cosa stai dicendo? Sei troppo bravo per essere cacciato, lo sai.»
Quella volta, però, Mizar non ricambia il sorriso.
«Non volevo essere qui, Julien» si intestardisce lui. «Mi hanno costretto. Odio questo posto.»
«Ancora questa storia» si arrende il ragazzo castano. «Sei uno dei migliori in Combattimento e in Magia, nelle altre materie sei appena sufficiente solo perché non ti interessano... è ovvio che ti abbiano scelto.»
«Non m’importa» ribatte Mizar, duro. «Nessuno mi ha chiesto cosa volessi fare. I miei zii hanno pensato che sarebbe stato carino se avessi fatto come i miei genitori, e mi hanno mandato qui appena hanno potuto. Io non volevo.»
«Zoral e Angstorm, là in fondo, smettetela!» sbraita l’Istruttore Morras. I due ragazzi si zittiscono all’istante. Mizar si rassegna a seguire l’ennesima lezione su aeronavi e parti meccaniche e modalità di atterraggio.
 

 
******
 

 

Tante sono le cose di Selaera che lo spirito ribelle e sognatore di Mizar ritiene inutili, come per esempio il terrore atavico che gli abitanti dei sette regni nutrono nei confronti dell'Altrove. Un’altra di queste sono certe regole assurde che al Programma sembrano spuntare in ogni dove, e che lui puntualmente fa in modo di infrangere in tutte le occasioni che gli sono concesse.
Da questa sua ostinata decisione derivano caratteristiche del suo aspetto fisico come i capelli lunghi fino alle spalle e la divisa perennemente stropicciata che non fanno che guadagnargli occhiatacce da parte dell'intero corpo insegnante.
È evidente, e naturale anche, che a questo punto, dopo un intero ciclo di ribellioni e frustrazione, in molti si chiedano cosa diamine quel ragazzino testardo ci stia a fare proprio lì. È risaputo che è stato iscritto al Programma, nonostante non volesse saperne, dai suoi zii nonché tutori dopo la morte dei genitori, avvenuta durante un incidente dalle parti di Nashar. Si è tentato di convincere questi zii che il ragazzo in quella scuola non ci vuole proprio stare, ma loro non hanno ascoltato, ribadendo che prima o poi avrebbe accettato la loro decisione e si sarebbe rassegnato, e che al ragazzo avrebbe fatto bene un po' di "disciplina come si deve".
Il problema è che Mizar non l’ha fatto. Anzi, più il tempo passa e più si accanisce a fare l’esatto opposto di quello che gli viene ordinato. Come risultato si è fatto sospendere e mettere in punizione per ben due volte nell’ultimo trimestre del ciclo precedente, e ora che ha iniziato il secondo – il secondo di otto, se ci pensa si sente soffocare – ha tutta l’intenzione di continuare con quel ritmo.
Nessuno quindi si stupisce che, dopo il sedicesimo ritardo in venti giorni di scuola, il dirigente del Programma lo mandi a chiamare e lo tenga nel suo ufficio per un monologo di tre quarti d’ora; discorso a cui il ragazzo assiste con la testa bassa ma l’espressione dura, annuendo ma senza dire nemmeno una parola. Con gli occhi coperti dal ciuffo disordinato, in poco tempo si distrae a fissare le linee del legno di cui è fatta la scrivania: riesce a distinguere la sagoma di un eroe enorme con in mano una spada, di un'aeronave e di una teiera.
Quando esce è infuriato. Non è riuscito a isolarsi del tutto dalle declamazioni del preside. Non gli importa proprio per niente della reputazione, del prestigio del collegio, del grande futuro che lo attende fuori di lì. Lo stanno imprigionando, incatenandolo a qualcosa che non ha mai voluto.
È la sua vita, maledizione.
Si incammina a testa bassa verso la camerata del secondo ciclo con i pensieri che gli si agitano dentro in una tempesta. I fregi geometrici sul pavimento si affastellano uno sull'altro in una nebbia indistinta.
«Già dal dirigente, Angstorm?» ride una voce stridente alle sue spalle.
Il ragazzo continua a camminare, tentando di nascondere l’irritazione. Sa a chi appartiene ed è l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare in un momento come quello.
«Non cominciare, Lèsha» intima, in un tono che avrebbe voluto neutro, ma che risulta inequivocabilmente colmo di rabbia. L’altro ragazzo capta all’istante la debolezza di Mizar come un falcone delle Andrèlle e ci si fionda sopra. Gli si para davanti al centro del corridoio, ghignando e costringendolo a posare lo sguardo su di lui. È un ragazzo del terzo ciclo, alto ma smilzo e sproporzionato come i ragazzi che ancora devono crescere ed assestarsi. Magro e spigoloso com'è, lottare con lui non può che portare lividi e dolori. Senza considerare che, nonostante lui stesso a volte sembri ignorarlo per il semplice piacere di azzuffarsi anche con i larsti, lui è un ayra.
«Altrimenti?» lo deride Lèsha. «Mi picchi? Non vorrai certo finire dal dirigente di nuovo. Due volte nello stesso pomeriggio sarebbe un record anche per te!»
Mizar non raccoglie la provocazione. Cerca dentro di sé tutto l’autocontrollo di cui è capace e non si ferma, ignorando il ragazzo, girandogli intorno e continuando imperterrito per la sua strada.
Lui è un ayra. Non posso picchiare un ayra. Si ripete queste frasi per calmarsi, ma non ne è capace. La voglia di togliergli quello schifoso sorrisetto resta lì, pulsante.
«Che cosa c’è, Angstorm, hai paura di lottare contro un ayra? Hai paura di essere sconfitto?»
Il ragazzo non regge anche l’ultimo scherno. La sua rabbia esplode e prende il controllo: Mizar si volta, scatta avanti e con un movimento preciso e fulmineo gli sferra un pugno dritto in faccia; Lèsha incespica e finisce a terra con un grido strozzato di sorpresa.
«Bastardo di un larsta!»
Solo in quel momento Mizar si rende conto di quello che ha appena fatto. Il terrore monta come un’onda dentro di lui e lo sommerge. Fissa sgomento il suo pugno chiuso, le nocche che pulsano dal dolore dell’impatto, mentre la scia di sangue che il labbro spaccato del compagno gli ha lasciato sulla pelle sfuma nelle lacrime.
Se le strappa con rabbia dagli occhi e corre via.











 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Salve, gente :3
Riemergo dalle fangose paludi dell'esame di maturità per una toccata e fuga, e poi mi riimmergerò nelle derivate e negli integrali in attesa della disfatta di domani (sigh...!)
Chi ha letto una qualsiasi delle mie long fantasy precedenti probabilmente noterà qualche somiglianza tra questa e le altre, soprattutto all'inizio. Il fatto è che la Guerra è nata come esercizio da una vecchissima versione di questa storia, mentre Aleestrya è nata come side-project della Guerra, un po' come le matrioske e devo ancora riuscire a cambiare un paio di cosette per differenziare gli incipit.
Intanto, giusto due cosette che avrei dovuto scrivere già nelle note dello scorso capitolo ma di cui mi ero dimenticata. Di solito sono contraria alle note che spiegano l'ambientazione prima che il lettore capisca da solo certe cose, ma in questa storia è necessario che lo faccia, dato che pubblicandola a capitoli altrimenti non si capisce niente.

Kuna e Naleion.
Come spero si sia capito, il pianeta su cui si trova Selaera orbita intorno a una stella gialla (come il Sole) che si chiama Kuna. Questa stella fa parte di un sistema binario in coppia con Naleion, che invece è una stella blu molto calda ma molto distante.
Il pianeta di Selaera possiede anche cinque lune, piccole, irregolari e più simili ad asteroidi che a lune vere e proprie.

Tempo.
L'anno (ciclo) di Selaera è formato da 406 giorni divisi in 14 mesi da 29 giorni ciascuno. Un mese è formato da un giro intero della luna più lenta intorno al pianeta.

I sette regni.
Selaera è divisa in sette regni e circondata da barriere magiche che non si possono oltrepassare. In questi sette regni la società è divisa in caste molto rigide: i nobili (ayra) e la gente del popolo (larsti). Sono stata vaga e non dirò nient'altro perché le dinamiche tra i vari regni e le due caste dovrebbero intuirsi con il tempo, semmai aggiungerò qualche nota poi :3

In realtà non so se davvero tutto ciò interessa a qualcuno ma vabbè.
Ho detto tutto, torno a disperarmi, ciau!

Vy

P.S. Passerò anche a rispondere a tutti, sorry! Ho apprezzato moltissimo le recensioni, non vi sto ignorando... appena finsco gli scritti rispondo a tutti, I promise! :3
P. P. S. Mi stavo per dimenticare! Qui c'è la mia pagina di fb dove avviso quando aggiorno etc. Mipiacciatela se vi va :3
   
 
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