Stefania era una mia amica di vecchia data, davvero
simpatica e con un carisma unico e inimitabile. bastava
un suo sorriso o una sua battuta innocente per illuminare anche la giornata più
turbolenta e possedeva la capacità di far intravedere un arcobaleno negli
spiriti delle persone. Fu grazie a lei che potei trovare un posto dove dormire
a Milano, mi invitò nella casa dei suoi genitori (quel mese
assenti) situato in un vicolo in cui i condominii grigi si scagliano uno
dopo l'altro, senza differenza di colore o forma. Laggiù una persona triste,
fragile ed alienata non avrebbe resistito: si sarebbe subito suicidato. era una amica di vecchia data sì, ma non avrei mai pensato
di finire a letto con lei. questo capitò la notte del
giorno in cui incontrai Michela e le sue amiche. Successe a causa di un po'di
alcool di troppo e in pochi secondi ci ritrovammo tra le
lenzuola candide nudi come cani a fare le cose più impulsive che non
avessimo mai fatto, mentre i nostri vestiti giacevano sul pavimento.
dopo un paio di ore ci addormentammo inconsapevoli e
abbracciati. poco più tardi sentii una pacca violenta
sulla guancia e mi svegliai di soprassalto: Stefania era seduta sul bordo del
letto e mi guardava.
"Mi hai mollato uno schiaffo?" le chiesi
"TI AMO, BASTARDO" rispose lei con uno
sguardo sensuale.
non mi aspettai quel tipo di affermazione, così non
seppi cosa rispondere.
scesi dal letto, mi infilai la camicia rossa, i jeans
slavati e le scarpe a casaccio, poi uscii dalla casa senza voltarmi
dopo la scioccante confessione di Stefania non capii più niente e cominciai a
setacciare le strade di Milano senza sapere neanche dove stessi andando. Sono
uscito così di fretta e furia che in tasca ho solo il cellulare e 10€. svoltai
gli angoli continuando a camminare e vidi la gente sfiorarmi, urtarmi senza
sepere dove stessi andando. Senza particolare interesse per una meta nè per un
particolare interesse., ogni angolo che svoltai si
rivelò una pagina bianca tanto che rimasi quasi intontito nel vedere la
splendida Michela ritrovarsi fuori da un centro di chirurgia estetica. Proivai
a salutarla un po'atterrito nel vederla davanti a quel luogo, lei non rispose e
camminò con i capelli sugli occhi, biondi come il rame calati dolcemente su
quegli specchi cristallini e indifesi (oppure no?). quando
si accorse che io seppi del fatto che mi stesse ignorando mi salutò agitando la
mano ma con sguardo altrove. Mi avvicinai a lei, chiedendole del perchè di quel
posto e lei mi rispose che era uno dei tre segreti, zittendomi con un bacio.
Dopo un po' di insicurezza Michela mi chiese se potevo venire a casa sua.
Annuii, ma non ero molto sicuro di voler parlare con lei, seppur nutrendo un'insana passione nello scoprire del perchè fosse
appena uscita da quel centro. Non si è fatta rifare il seno, ce l'aveva uguale.
Persino naso, bocca, occhi, orecchie... tutto era come lo vidi qualche ora
prima...Non mutò nulla.
"Strano" pensai "Che segreto potrebbe essere?
Forse si è rifatta qualcosa prima che la conoscessi...Ma
è assurdo... infatti avrebbe ancora le bende se si fosse fatta rifare qualcosa
stamattina...non capisco"
Parlando con me stesso non mi accorsi che in poco tempo fummo già arrivati.
Dopo un breve giro di chiavi, la porta scattò ed entrammo nell'appartamento:
tremendamente ordinata e pulita. Tanto chè l'esclamazione di Michela
"Scusami per il disordine" mi lasciò impietrito. Una piccola hall
portava al soggiorno, tutto bianco e sterile. Un oleandro bianco vegliava
accanto alla porta e i suoi fiorellini erano così piccoli da lasciare un alone
di tenerezza. Come da tradizione giapponese, la ragazza si fermò all'uscio e
lasciò le scarpe all'entrata, chiedendomi di fare lo stesso. Ubbidii ma
comincia a pensare che fosse pazza: qualcosa nei suoi movimenti e nelle sue
gesta avevano un che di inquietante e criptico. Come se non esistessi si
diresse in una stanza a me ignota. Rimasi in soggiorno e mi avvicinai alla
libreria: scorsi tutti i titoli dei DVD riposti accanto al grande televisore al
plasma: "Opera", "Tre metri sopra il cielo", "Ho
voglia di te", "A cinderella story", "Non aprite quella
porta", "Fight club", Ultimo tango a Parigi"...Nulla mi attrasse: quei film o li ripudiavo o li avevo
già visti. un elemento diverso dal bianco in quella
stanza era lo stereo posto poco lontano dal televisore: rispecchiava grazie al
suo colore torvo e scuro come un pugno in un occhio tra tutto quel bianco
paradisiaco. Su di esso un po' di cd: Tutta la discografia di Tori Amos, Blink
182, Bjork, My chemical romance, Hole e Cocorosie. Tutta musica che fa eccitare.
Stufo di ispezionare mi voltai: dietro di me era collocato un divano di pelle
bianca a tre posti. Ci volle un bel po', poi, per notare un inquietante
particolare. Sotto il mobile era nascosta una foto sgualcita e attorcigliata,
come una falena notturna, bruciacchiata sui lembi. La notai perchè stavo
osservando la coda di un gatto crema sbucare da sotto il sofa. Protesi le mani
sotto il divano, ma immediatamente quello splendido gattaccio dagli occhi blu
profondissimi mi graffiò. Nonostante tutto riuscii ad afferrare in tempo la
foto: so che la privacy va rispettata, soprattutto quella di una ragazza, il
fatto è che quella doto tutta spiegazzata nascosta con tutto questo riguardo m'incuriosì
Controllai il graffio sulla mano, che ancora stringeva la foto con tutte le sue
forze. Il taglio era bello profondo. Cominciò ad uscire del sangue e alcune
gocce caddero sui miei piedi bianchi e sul pavimento donando un certo tocco
esotico al marmo freddo e candido. Quel gattaccio doveva avere dei coltelli al
posto delle unghie! Gocce di sangue continuarono ad uscire,
ma nonostante il dolore non me ne curai: aprii la fotografia ed ebbi uno
schock, rotto solamente da "Rid of me" di Pj Harvey che giunse
d'improvviso dalla stanza in cui si era introdotta, forse camera sua:
NO, NON TI SEI LIBERATO DI ME
TI FARO' LECCARE LE MIE FERITE
TI TORCERO' LA TESTA
FINO A CHE NON MI DIRAI CHE NON ME LA VUOI VEDERE
Il fatto che Michela avesse scelto proprio quella canzone per accogliermi la
prima volta in casa sua m'intontì. Non capii le sue intenzioni, poi cosa
significava quella foto che raffigurava una persona così famigliare da
scioccare? Quella ragazzina che vidi per la prima volta in treno e poi in
biblioteca, che uguale a Michela aveva solo il nome e l'attrazione che scaturì in
me.
cosa ci faceva Michela con la foto di quell'unica altra Michela che conobbi?
All'improvviso sentii un brivido scorrermi sulla schiena: ero
ancora impietrito davanti alla foto con la bocca spalancata quando m'interruppe
una voce celebre: "Hey! non taccare la mia
roba, lurido bastardo!" Ormai quell'ultima parola stava per entrare tra le
più dette della giornata, eravamo già a quota due nel giro di neanche un'ora.Si
diresse verso di me con gli occhi infuocati e ridusse la foto in brandelli,
strappandomela dalle mani.
"Chi è la ragazza della foto?" le domandai, pur sapendo già in parte
la risposta. Il fatto è che mi incuriosiva il fatto che lei la custodisse. erano forse parenti? Improbabile, l'ha nascosta con tanta
curanza.
"Lo sai" mi rispose sorprendendomi. Sapeva forse leggermi nella
mente? Cazzo, magari conosceva i miei segreti più oscuri, panico.
no, non sarebbe stato possibile.
"Come fai a saperlo?"
"Beh...perchè quella ragazza sono io" disse
lei seria, facendomi fare comunque un sorriso di compiacimento. Pensai fosse
matta da legare.
La immaginai nella stanza di un manicomio, mentre si strappava i capelli,
sventrava peluche e ritagliare quotidiani. ma
l'immagine era troppo assurda e la cancellai dalla mente.
"Esatto" continuò lei "Quella sono io...o
meglio ero io"
Beh...l'ipotesi poteva combaciare in effetti: non mi è
mai capitato che due ragazze mi attraessero allo stesso modo. è come trovare due uomini con la stessa impronta digitale o
due canzoni identiche cantate da differenti cantanti. ma era fin troppo assurdo
e paranormale.
Iniziai a non capire e mi arrabbiai: "Ma sei diventata matta?" chiesi
scaraventando a terra un vaso (ovviamente bianco) che si trovava sul tavolino
accanto al divano, facendola sussultare.
"Daniele, scusa ma..." iniziò a piangere,
sembrò terrorizzata
"PErchè mi chiami Daniele? Non è neanche il mio vero nome"
"Beh... perchè non lo voglio sapere...quando
inizia a conoscere qualcuno finisce per deluderti"
"Sei malata" dissi rinchiudendomi in fretta
nel bagno (bianco anche quello). Mi lavai le mani e l'acqua si colorò di rosso,
così disinfettai la ferita.
"Daniele!Daniele!" sentii urlare alla porta "Il bagno è mio,
quindi devi farmi entrare"
Rimasi in silenzio e aprii un armadietto di metallo che mi incuriosiva:
medicine, cerotti, colluttorio e notai anche un paio di forbici dalla punta
insanguinata. Perfetto! Quella odiosa giornata di agosto si rivelò fin troppo
piena di sorprese: scoprii che Michela si tagliava la pelle. lei
iniziò anche a battere dei pugni contro la porta con grande ferocia e la
disperazione si trasformò in rabbia: diede anche calci, allora ubbidii: aprii
la porta con tumore e appena vide il mio viso iniziò a prendermi a schiaffi e
ad unghiate.
"Fermati" urlai e dopo avermi massacrato la faccia a dovere si calmò
"Scusa"
"Ora tu mi dici tutto...Non sto capendo un
cazzo"
"Vuoi davvero sapere la verità?"
"Sì"
"Ne sei sicuro?"
"Sì"
"Io...io mi sono fatta rifare un volto
completamente diverso...sette mesi fa"
Sette mesi prima? pochi giorni dopo aver visto la
prima Michela
"Ti sei fatta rifare il volto?"
"Sì, mi hai vista al centro di chirurgia perchè ogni mese devo fare un
controllo nel caso si presentino anomalie"
"Ma perchè?Perchè l'hai fatto?"
"Volevo essere irriconoscibile"
"sì, ma perchè...e poi sei troppo giovane per
un'operazione"
"Ti dirò tutto non appena lo vorrò...ti dirò
tutto...non preoccuparti"
"questo è uno dei 3 segreti?"
Lei annuì con sguardo perso e quasi innocnete e io rimasi scioccato...non seppi
più cosa fare e dire, così mi precipitai fuori dalla porta dimenticando le
scarpe, anche se non potei ritornare indietro a riprenderle: ormai avevo fatto
un'uscita di gran classe e mi sarei mostrato debole tornando indietro, e poi
non volevo più vederla...mi ha scioccato a tal punto
da odiarla. Tuttavia appena arrivato in strada, alzai lo sguardo verso la sua
finestra e vidi chiaramente Michela guardarmi con sguardo di pietà. Mi rivoltai
e camminai per la mia strada, trattenendo il dolore nel caso nel mio piede nudo
si infilassero scheggie, vetri o altro. Giunsi in zona duomo, ignorando gli
sguardi della gente che mi fissava i piedi, ora quasi neri dallo sporco delle
strade. Continuai a camminare, quando all'improvviso sentii una voce maschile
chiamarmi, così mi girai. Era Thòr, un mio amico di origini islandesi. Lo
conobbi durante un mio viaggio Rejkyavik e fummo amici soprattutto perchè
parlava anche lui italiano, ma anche perchè possedevamo gli stessi gusti:
musica, cinema, ragazze...
la particolarità sua era che nonostante fosse nordico,
aveva un viso fortemente inglese, segnato da una mascella marcata, dagli occhi
azzurri di un tedesco e dai capelli biondi ossigenati (tinti).
"Quanto tempo che non ci si vede" inziò lui
"Già"
"Che ti sei fatto la faccia?" mi chiese notando i lividi provocati
dalla pazza (Michela)
"Niente..."
"Donne?"
Annuii, strano che non abbia notato che fossi a piedi nudi.
"Perchè sei scalzo?"
Mi sbagliai.
"Storia lunga" mi limitai a rispondere "Cosa ci fai a Milano,
non abiti più in Islanda?"
"Sono qui per piacere...non posso?"
"No..no...nulla...chiedevo"
"Che ne dici di venire a casa mia? ALmeno ti offro un nuovo paio di
scarpe"
"Ok...se proprio insisti"
La casa di Thòr è quella che si potrebbe aspettare da un uomo che vive da solo,
l'inverso di quella di Michela, ovvero un completo disordine: vestiti buttati a
casaccio sul pavimento e sul divano (c'era pure una cravatta sul lampadario, mi
domandai come avesse fatto a finirci lì). Degli avanzi di pizza giacevano su di
un giradischi e sulle mensole regnava il cattivo gusto:quadri
orribili ricchi di allusioni sessuali, calendari pornografici non più recenti
del 1972 (strano, anche perchè lui non era ancora nato in quell'anno) e cornici
che non incorniciavano nulla. Poi prese un paio di scarpe da tennis malconcio
che giaceva sul pavimento in modo disordinato e casuale e me lo porse.
"ORa vai...perchè sto aspettando una" mi
disse
"Ok" risposi indossando le scarpe "Almeno è carina?"
"è una orientale...sai che a me piacciono anche
così le donne"
"Sì sono eccitanti" scherzai "Comunque ora che so dove abiti ti
vengo a trovare QUANDO POSSO"
"Ok, basta che non entri quando trovi una cravatta appesa alla maniglia
della porta...capito?"
"Sì...penso di aver capito"