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Autore: Black_Star    14/01/2009    1 recensioni
E se una ragazza fosse entrata nella vita di Sasori, quando questo era ancora un ragazzino ed abitava a Suna? Sarebbe cambiato qualcosa nel marionettista? Forse. O forse avrebbe solo peggiorato le cose. Alla sofferenza e alla follia non si può fuggire. L'avevo già pubblicata sotto il nome di JeanneAsakura92, ma dato che l'account è diventato inutilizzabile ho deciso di pubblicarla un'altra volta.
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Altri
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<<Chiyo-baasama…>> Chiese un bambino dai folti capelli rossi e uno sguardo triste alla donna che camminava accanto a lui

Come Burattini Innamorati

Kumiko’s Version

 

<< Sono a casa, mamma! >> Urlò una bambina dai capelli castani, rientrando in casa. Nella mano destra teneva una busta di plastica contenente vari tipi di medicine. Chiuse la porta d’entrata con rapidità, e sorridendo corse per i corridoi di casa, fino alla camera da letto.

<< Bentornata, Kumiko. >> Sussurrò con voce roca una donna dai lunghi capelli, distesa nel letto a bordo camera. Nonostante la sua giovane età, le chiome dorate erano secche e spettinate, gli occhi azzurri spenti e annebbiati, il volto pallido e scarno.

La bambina sorrise, avvicinandosi alla donna e poggiando la busta sul tavolo.

<< Papà non è ancora arrivato? >> Chiese, uscendo una strana bustina azzurra da essa. La donna fece cenno di no con la testa, lentamente, scoprendo un braccio dalla coperta in cui il suo corpo era avvolto. Solo adesso si poteva notare un cerotto bianco sul palmo, a copertura del buco lasciato da un piccolo ago che ancora riversava del liquido nelle vene della donna. Ad esso, vi era infatti attaccato un piccolo tubo ed una busta di plastica con dentro un visibile liquido azzurrino. La busta era messa in un posto strategico, alla punta di un’asta d’acciaio, in modo che la forza di gravità permettesse al liquido di scendere attraverso il tubo e arrivare direttamente all’ago.

<< Bene! >> Continuò la bambina, mettendosi in punta di piedi per poter cambiare la busta della flebo. << Così potrà trovare la cena pronta, una volta rientrato! >>

<< Kumiko… >> Sussurrò la donna, alzando la mano per sfiorare la guancia della figlia.

<< Non è necessario che tu ti sforzi così tanto…Sei ancora una bambina… >>

La bruna sbuffò. << Tu sei malata, mamma. E papà ha il suo lavoro. Questo è il mio modo di rendermi utile! >> Sul suo volto, spuntò un largo sorriso.

Sua madre era gravemente malata. Suo padre, ninja di alto rango, era costretto a mancare spesso da casa. La responsabilità della casa era nelle mani di Kumiko, e lei lo sapeva bene. Sempre con un sorriso sulle labbra, aveva imparato a cucinare, lavare, e tutte quelle mansioni che una madre di famiglia dovrebbe fare.

Non si era mai lamentata di nulla, e mai aveva dato dispiaceri alla sua famiglia.

Ma le andava bene così. Voleva bene a sua madre, e avrebbe fatto di tutto per renderla felice almeno un po’. Solo un po’, in quell’ultimo anno che le restava da vivere.

 

*****

 

Quando arrivò quel giorno, Kumiko pianse per due giorni interi. Poi, finì anche le lacrime. E, senza altro modo per sfogarsi, se ne stava seduta a terra di fronte al suo letto. La testa china sulle ginocchia, cinte dalle braccia. Teneva gli occhi aperti nonostante in quella posizione vedesse solo il nero.

<< Kumiko… >> Sussurrò un uomo sul ciglio della porta, il volto chiaramente segnato dal dolore. Non ricevette risposta. Sospirando, entrò lentamente in camera, sedendosi accanto alla figlia. << Ti manca, vero? >>

Sussurrò, osservando il letto vuoto e sistemato. << Manca tanto anche a me. >>

Non aspettò risposta da parte di lei, sapeva che non sarebbe arrivata.

<< Ma lei non vorrebbe che noi fossimo tristi. Lei vorrebbe vederci sorridere. >>

Solo in quel momento, lei si mosse. Lentamente, alzò la testa e lo fissò negli occhi rossi come i suoi.

<< La mamma ha detto che mi avrebbe guardato da lassù, sai? >> Proferì, facendo comparire un lieve sorriso su quel volto rigato da troppe lacrime.

<< Non faccio bella figura se continuo a piangere. Poi penserà di avere una figlia buona a nulla. >> Il sorriso si spense, lo sguardo andò al letto di fronte a se.

<< Voglio diventare un medico. Così se starai male anche tu, papà, potrò salvarti. E la mamma sarà felice di me. >>

Nei suoi occhi, lentamente, si accendeva la determinazione, la speranza, la voglia di andare avanti.

Commosso, il padre non potè far altro che abbracciarla, tremando per trattenere le lacrime, ma sorridendo per la decisione della figlia.

<< Ce la farai. >> Ripeteva, con voce mozzata. << Ce la farai.>>

 

*****

 

<> Aveva enunciato un uomo con voce ferma e decisa, prima di uscire dall’aula con serenità. Dentro, tutti i ragazzini festeggiavano la fine della lezione saltando e urlando di gioia.

Kumiko, sorridendo alle amiche, scriveva su un rotolo come quella fosse la sua quinta lezione, coordinando alla scritta una frase che riassumesse l’appreso di quel giorno.

<< Un passo in più per il raggiungimento del mio sogno! >> Aveva esclamato, chiudendo il rotolo, e ponendolo nello zainetto. Fu proprio in quel momento, che lo vide.

In silenzio, con il suo solito sguardo assente e fisso verso il basso sistemava le sue cose e si accingeva a tornare a casa.

Kumiko restò a guardarlo per un po’, come incuriosita. Suo padre gli aveva parlato di lui quando le aveva detto di una certa Chiyo, il miglior ninja medico di Suna.

Quel ragazzino era suo nipote, ed anche lui aveva perso i genitori. Era ancora un bambino, ma già decantava il titolo di genio, maestro delle marionette.

Ignorando le domande delle compagne, Kumiko lo seguì fino alla porta, tirando fuori tutto il coraggio che aveva.

<< Ciao! >> Esclamò, rigida come un tronco e abbastanza imbarazzata. << Tu sei Sasori, il nipote di Chiyo-sama, vero? >>

Deglutì, attendendo risposta. Ma ci volle un po’ prima che lui si voltò, rinunciando ad aprire la porta dell’aula. << Mh. >> Disse annuendo poco convinto, fissandola annoiato.

<< Oh cavolo. >> Pensò, scoprendo di non aver niente da dire.<< E adesso? Sono una stupida! Devo inventarmi qualcosa! >>

E poi, l’illuminazione. Lei voleva diventare  un medico. E la nonna di Sasori era il miglior medico di Suna. Avrebbe voluto tanto diventare sua allieva. Quale scusa migliore della pura e semplice verità?

<< Ecco, io…sai, ho sempre sognato di fare il ninja medico, e mi chiedevo… >>

<< Se vuoi te la presento. >> Tagliò corto lui, che aveva capito le intenzioni della ragazzina. Chissà per quale motivo, ne restò quasi delusa. Ma cercò di non darlo a vedere, e sorrise.

<< Ah, davvero? Oh, grazie mille! Prendo le mie cose e ti seguo, ok? >>

Disse, e corse al suo banco lasciando Sasori sulla porta. Il suo cuore batteva forte, mentre riponeva velocemente i vari rotoli nello zaino, lanciando ogni tanto delle occhiate al rosso, assicurandosi che fosse ancora lì. E ogni volta che lo vedeva, fermo alla porta ad aspettarlo, sorrideva. Finchè non lo raggiunse raggiante. << Andiamo? >>

 

*****

 

<< E’ ancora lontano? >> Chiese la mora, le braccia incrociate dietro la schiena e un grande sorriso sul volto. A dire il vero sapeva benissimo dov’era casa sua, ma cominciava a sentirsi in imbarazzo. Non le piaceva il silenzio che si era creato tra i due. << Non molto. >> Rispose lui, senza dar molta importanza alla cosa. Lei abbassò lo sguardo sconsolata, quando si ricordò di non essersi ancora presentata.

Fantastico, andiamo sempre migliorando!

<< Oh, che sbadata! Il mio nome è Kumiko, piacere! >> E gli porse il palmo della mano destra, fiera e decisa. Anche se, dentro di se il cuore le scoppiava e aveva mille dubbi. Il rosso fissò serio prima il volto di lei, poi la sua mano.

<< Sai già il mio nome. >> Sentenziò subito dopo, facendo sbuffare la ragazza.

Non si arrendeva così facilmente!

<< Però la mano dammela lo stesso, ok? E’ così che si fa. >> Un attimo di esitazione, poi prese la mano di lei, stringendola. Il contatto tra i due fece nascere un piccolo brivido in lei, che arrossì lievemente.

<< Bene! Bravissimo! >> Esultava, ma lui sembrava non trovare interesse in tutto ciò, e continuava a fissare davanti a se. Erano arrivati. Kumiko lo intuì, e mentre Sasori alzava il pugno per bussare, lo interruppe.

<< Sasori… >> Non si voltò, né disse niente. Bussò. Ma lei sapeva che la stava ascoltando.

Lo conosceva da poco, ma aveva capito come comportarsi con lui.

E decise di lasciar perdere l’imbarazzo, o non avrebbe concluso nulla.

<< Adesso che ci siamo stretti la mano…ti va se diventiamo amici? >>

Non rispose. Si limitò ad eseguire un mugolio incerto. Lei, lo prese come un sì. E sorridente, si presentò all’anziana donna che aveva appena aperto la porta.

Ce l’aveva fatta. Un passo avanti.

Per la realizzazione di un sogno?

 

*****

 

<< Costruisci un’altra marionetta? >> Chiese la ragazzina appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto e un sorrisetto dipinto sul volto. Osservava un ragazzo dai rossi capelli seduto su una scrivania montare quello che, da quel che aveva capito, era un braccio di legno. Cercò con lo sguardo il resto del corpo, ma era difficile capire quale fosse in mezzo ai tanti “cadaveri” di legno appesi alla stanza.

<< Oh. >> Si limitò a dire lui, mentre posato un cacciavite guardava l’arto appena terminato, muovendolo per assicurarsi che le articolazioni funzionassero come si deve.

<< Sei tornata. >> Disse senza entusiasmo, ma lei sorridente si sedette accanto a lui, poggiando i gomiti sul tavolo. La ragazza passava parecchio tempo a casa sua, poiché Chiyo era diventata la sua maestra. Ma spesso e volentieri restava più del dovuto in quel luogo, osservando Sasori costruire le sue opere. Ricordava che la prima volta che gli aveva chiesto di assistere lui era rimasto sorpreso dal suo interesse verso le marionette, e quindi glielo aveva concesso.

Da allora lei passava più tempo possibile seduta su quella scrivania ad osservare, meravigliata.

Le sembrava impossibile che lui fosse capace di fare una cosa del genere. Già solo a pensare di costruire una marionetta, le veniva il capogiro. Figuriamoci provare a farlo!

Certamente, non ne sarebbe mai stata in grado. In fondo, nonostante i giorni che passava a guardarlo lavorare, non aveva capito assolutamente niente delle marionette.

Forse, perché non ci faceva molto caso. La maggior parte del tempo lo sprecava a fissare il suo volto. Corti capelli rossi sempre in disordine, lineamenti dolci e pelle chiara nonostante le temperature di Suna. E poi, gli occhi. Adorava i suoi occhi marroni, profondi, dalle ciglia lunghe. Ripensandoci, adorava tutto di lui.

A volte pensava che fosse troppo bello per essere vero. E, ridacchiando, paragonava mentalmente la sua perfezione a quella delle marionette che costruiva.

Ma nonostante le piacesse osservarlo in silenzio, fremeva ogni volta che apriva bocca.

Chiese se parlare disturbasse il suo lavoro, ma lui rispose di no. E così, lei cominciò a parlargli di tutto ciò che le passava per la testa, che riguardasse la sua vita o semplici pensieri del momento. E in fortuite occasioni, che via via divenivano sempre più frequenti, aveva l’onore di sentire una sua risposta, un suo commento.

Vedeva il loro legame rafforzarsi, e ne era felice.

Poi, un giorno, si armò di tutto il coraggio che possedeva e con la mano prese la sua, inducendolo a lasciare la gamba che stava costruendo.

<< Sasori… >> Sussurrò piano la ragazza, sorridendo lievemente. << Che ne dici di prenderti una pausa? Potremmo andare a fare una passeggiata. >>

Lentamente, annuì. E ancor più lentamente, si alzò dalla sedia, posando l’arto sul tavolo, e seguendo la ragazza fuori dalla porta.

I due camminarono per un po’. Lei continuava a parlare, lui guardava la strada, nel suo solito sguardo afflitto. Nonostante parlasse poco e niente, lei sapeva perfettamente come si sentiva. Standogli accanto aveva capito il suo modo di pensare, il suo carattere, decifrando le sue espressioni impassibili e i suoi silenzi.

Sorrise. Pensò che fosse il momento di spronarlo.

<< Sasori…non mi hai mai parlato di te… >> Il rosso sobbalzò, sentendosi chiamato in causa. Odiava parlare di lui.

<< Non c’è niente da dire. La mia storia non è affatto interessante. >> Si limitò a dire, fermandosi e fissando a terra senza un valido motivo. Lei sbuffò, mettendo le mani ai fianchi. Si aspettava quella risposta, ma non demordeva.

<< Non importa se sia interessante o meno, io vorrei solo sapere qualcosa di te. >>

<< Perché? >> Chiese semplicemente. Kumiko sorrise, pensando che era proprio quello che voleva sentirsi dire. Trasse un lungo sospiro, e mentre il cuore accelerava si avvicinò, parlando con un tono particolarmente dolce.

<< Per lo stesso motivo per cui vengo da te ogni giorno e ti osservo lavorare. >>

Lui alzò lo sguardo inarcando lievemente un sopracciglio, ma l’espressione non era cambiata poi di molto.

<< Per le marionette? >> Chiese, ma sembrava più un affermazione. Stavolta l’aveva colta di sorpresa.

Scherzava o credeva davvero che fosse solo per le marionette?

Ridacchiò, prendendogli la mano.

<< Oh, Sasori…Non dirmi che non ti sei accorto… >> Chiuse gli occhi lentamente, avvicinando il volto al suo. << …che sono innamorata di te… >>

E sfiorò le sue labbra dolcemente, con un po’ di timore, caricando d’amore quel bacio atteso da tempo.

Ce l’aveva fatta. Gli aveva confidato i suoi sentimenti. Tremava, aveva paura, e il suo cuore sembrava scoppiare. Ma poi, sentì due braccia avvolgerle in un dolce abbraccio.

Lui la ricambiava. La ricambiava davvero!

Più felice che mai, gettò le braccia al collo di lui, lasciandosi andare a quel bacio che diveniva via via sempre più passionale

 

*****

 

Passarono i giorni, i mesi, gli anni. Kumiko non smetteva di andare a trovare Sasori, dopo le lezioni con Chiyo. Si soffermava come al solito a vederlo lavorare con le marionette. Si divertiva, cominciava anche a capirci qualcosa. Nonostante questo, era già un miracolo se sapeva montare il mignolo di una mano.

<< Ah, è troppo difficile per me! Qui il genio sei tu, mica io! >> Diceva sempre, e lui sorrideva.

<< Se ti abbatti così, non ci riuscirai mai. >> Le sussurrava, dolcemente.

<< Mh. No, dai. Qualcosa penso che riuscirò a fare, un giorno. Con te come maestro, potrei anche imparare a volare. >>

<< Vero. Ma quello non è necessario. >> Proferì scrollando le spalle, facendola ridere.

<< Sei un bravissimo marionettista, Sasori. Il migliore. >> Sussurrò dolcemente, un pizzico di malizia nel suo tono. Cinse il suo collo con le braccia, baciandolo sensualmente.

<< Voglio restare con te per sempre…Tu, io e i burattini. >> Ironizzò, sorridendo.

<< Perché…io sono…>> Non finì la frase che lui la baciò con passione, completando al posto suo.

<< Mia. >> Lei sorrise, fissandolo negli occhi. << Sì, tua. Ma tu sei solo mio. >>

E riprese a baciarlo, dolcemente, mentre sentiva le sue mani accarezzarle il corpo, togliendo l’impiccio dei vestiti che aveva addosso.

E fecero l’amore, promettendosi ognuno nel suo cuore di restare insieme per sempre.

Se solo…quel giorno…lei avesse detto “no”…forse questo sarebbe potuto accadere.

 

*****

 

<< Sasori… >> Si presentò da lui piuttosto in anticipo, e ciò non prometteva nulla di buono. Lui la guardò inarcando semplicemente un sopracciglio, le sue espressioni erano ancora particolarmente serie. << E’…successo qualcosa? >> Chiese, mentre nel volto di lei si disegnava un sorriso. << Vado in missione. Fuori Suna. >> Ridacchiò, visibilmente eccitata. Sasori spalancò gli occhi, incredulo a ciò che aveva appena sentito.

<< Ti rendi conto? In missione! E se mi mandano oltre i confini di Suna, vuol dire che mi reputano un bravo medico! E’… >>

<< Non andare. >> Interruppe brusco il suo racconto, spegnendo il suo entusiasmo. Aveva abbassato lo sguardo, i rossi capelli gli coprivano gli occhi. Lei non capiva, non riusciva a capacitarsene.

<< Cos’hai detto? >> << Non andare! >> Ripeté quasi con rabbia, stringendo i pugni. Cominciava a spaventarsi. Perché quella reazione? Era solamente una missione…

<< Ma che ti prende? >> Rispose visibilmente irritata. << E’ la mia grande occasione! Mancherò per un po’ di giorni, ma tornerò presto… >>

Il tono si fece più dolce, cercando di tranquillizzarlo. Sentiva che aveva paura, ma non capiva di cosa.

Certamente, non poteva sapere dei suoi genitori. Perché lui si ostinava a non voler parlarne con nessuno, neanche con lei.

<< Non voglio…Non voglio che tu vada… >> Aveva sussurrato, e per un attimo lei ebbe l’istinto di rinunciare.

Poi, ripensò a suo padre. Quando sentì della missione ne era entusiasta. Diceva che Suna aveva finalmente capito il suo valore. Che avrebbe realizzato il suo sogno aiutando i suoi compagni di squadra come un ninja medico dovrebbe fare.

Sapeva che sua madre sarebbe stata fiera di lei.

No, non poteva lasciar perdere.

<< Non fare lo stupido. Sono una ninja, è normale andare in missione. Vedrai che non starò via molto. >>

<< Chi mi dice che tornerai? >> Esclamò, alzandosi con impeto dalla sedia. << Resta qui, ti prego! >>

Lei lo fissava come sconcertata, non riuscendo a capire il perché di quella scenata.

<< Scusami, ti prego…ma non posso…non voglio che lei mi veda come una fallita… >>

Pensò, sospirando e cercando di sorridere e sembrare convincente.

<>

Disse, e baciandolo a fior di labbra corse via, via da lui, via da Suna.

Calde lacrime cominciarono a rigarle il volto, mentre correva verso casa a prepararsi.

Sarebbe tornata. Costi quel che costi, sarebbe tornata da lui.

 

*****

 

La missione si era rivelata più difficile del previsto. Già all’alba del secondo giorno, furono attaccati da un gruppo di mukenin. La sua squadra era formata da otto elementi, in maggioranza rispetto ai nemici. Ma ciò non bastava.

Kumiko vide morire davanti i suoi occhi due dei suoi compagni. Nonostante facesse di tutto per combattere e garantire la salute alla sua squadra, era un compito difficile.

E poi, mentre curava  i graffi di una ragazza, un ragazzo fu colpito violentemente da un mukenin, e poi scagliato contro la parete. Era una ferita molto grave, e non riusciva a muoversi. Ma il nemico avanzava imperterrito contro di lui, la spada insanguinata veniva lentamente alzata al cielo…

Con quel colpo, sarebbe morto definitivamente. Con quel colpo, un altro dei suoi compagni si sarebbe sacrificato.

Non lo avrebbe permesso. Un ninja medico doveva forse limitarsi a curare le ferite?

No. Un ninja medico doveva salvare le vite dei suoi compagni.

E senza ascoltare le urla della ragazza che la pregava di non andare, Kumiko si gettò tra il compagno ed il nemico, incassando in pieno il colpo.

<< Perdonami…Sasori… >>

 

*****

 

Si risvegliò che era all’ospedale. Si guardò attorno sconcertata, sorpresa di essere ancora viva. Sorrise, ma per brevi secondi. La ferita le faceva molto male, e non riusciva a muoversi. La testa le girava e cominciava a non capire più niente. Ansimava. Si rese solo conto dei medici che, d’urgenza, la portarono in sala operatoria.

Il loro responso, non fu buono. Nonostante le ferite le erano state curate, un veleno molto potente era entrato nel suo circolo sanguigno.

Non potevano fare niente.

<< Due giorni. Ci spiace. >> Dissero semplicemente, il volto afflitto e lo sguardo al pavimento. Kumiko si sentì mancare.

Due giorni…le restavano solo due giorni di vita…

Si rilassò completamente sul lettino, fissando il soffitto in silenzio. I medici l’avevano lasciata sola.

Pensò che Sasori sarebbe stato avvertito a breve. Chissà come l’avrebbe presa.

Si sarebbe arrabbiata con lei, perché non aveva ascoltato il suo consiglio?

Ridacchiò, all’idea di un Sasori arrabbiato. Le sembrava irreale.

Però, non immaginava nemmeno che avrebbe pianto. Non era da lui.

Sorrise, pensando che comunque l’avrebbe presa, a lei sarebbe andato bene.

<< Sono sicura che ce la farai anche senza di me… >> Sussurrava, anche se nessuno poteva sentirla.

D’un tratto, le venne in mente suo padre. Era sicura che avrebbe sofferto tantissimo. Sperò che trovasse la forza di andare avanti, anche se era rimasto solo.

<< Tranquillo…Sto solo raggiungendo la mamma…te la saluterò, ok? >>

Una lacrima le scese lungo il volto. Sorrise, e pensò di essere stupida.

Lei moriva e si preoccupava degli altri.

Che idiozia.

Chiuse gli occhi, e una smorfia si disegnò sul suo volto. Sentì la porta aprirsi, e qualcuno entrare silenzioso. Lo riconobbe

<< Sa…so…ri…? >> Lo chiamò, allungando una mano verso di lui, che fu prontamente afferrata. Sorrise a quel contatto, arrossendo.

Non avrebbe mantenuto la promessa. Non avrebbero vissuto insieme per sempre.

Eppure, lui ebbe il coraggio di farle una strana domanda.

<< Kumiko…ti piacciono…le marionette? >>

 

Le marionette? Cosa c’entravano le marionette? Proprio non riusciva a capire.

Ma, lentamente, annuì, Un ghigno si disegnò sul volto di Sasori, che la prese in braccio e la portò via dall’ospedale. Così silenziosamente, che nessuno si accorse di niente, finchè qualcuno non entrò in quella camera ormai disabitata, e lanciò l’allarme facendo iniziare le sue ricerche. Ma lei era già con Sasori, al sicuro nella stanza delle marionette. Lui l’aveva fatta sedere a terra, con la schiena al muro, le fece aprire gli occhi.

<< Cosa…? >> Sussurrò piano lei, vedendo in che luogo si trovava. Prima gli faceva quella strana domanda, e poi la portava lì. Cosa voleva fare?

<< Lascia fare a me, amore mio. Non ti lascerò morire. >>

<< Non capisco… >> Continuava, scuotendo lentamente la testa. Lui le posò due dita sulle rosee labbra, facendole segno di tacere. La baciò nel modo più dolce che sapeva fare.

<< Sarai una bellissima marionetta… >> Le sussurrò, accarezzandole i capelli. Non ricevette risposta, solo uno sguardo sorpreso ed un gemito.

Solo allora lei capì. La voleva trasformare in una marionetta.

Anche se lui era il più grande marionettista, era possibile far vivere una marionetta?

<< Sasori…e se…non dovesse funzionare? >> Chiese dopo lunghi attimi di silenzio, lasciando senza parole il ragazzo.

<< Non me lo perdonerei mai. >> Rispose, semplicemente, poi cominciò a ridere.

<< Ma questo non succederà! No, te lo prometto. E allora nessuno ti potrà portare via da me, nemmeno il più potente dei veleni…Avrai un corpo perfetto ed immortale…non sei contenta? >> E continuava a ridere mentre parlava, un ghigno più o meno sadico sul volto. E, senza dire niente, lei lo abbracciò. Tremava dalla paura, ma non voleva ammetterlo. Sarebbe morta tra due giorni. Tanto valeva lasciarlo provare.

E poi, lei si fidava di lui.

<< Sasori… >> Sussurrò piano, richiamando l’attenzione del burattinaio, che smise di ridere. << Ricordati…che ti amo…e che ti amerò per sempre… >> Affondò la testa sulla sua spalla, cominciando a piangere silenziosamente.

Se quella fosse stata l’ultima volta che si vedevano, voleva che lui sapesse che lo amava più della sua stessa vita.

Lui rimase immobile, gli occhi spalancati nella sua solita inespressività.

<< Kumiko… >> Sussurrò, muovendo appena le labbra. << Tu non morirai…Senza di te, io come farei? Ti amo. >>

E lei smise di piangere, scioccata da quelle parole che mai aveva pronunciato così apertamente. Sorrise, baciandolo con foga, con il volto ancora bagnato dalle lacrime.

E mentre le ricerche continuavano in tutto il villaggio, lei e Sasori fecero l’amore per l’ultima volta.

 

*****

 

Si svegliò che era l’alba, ma non sapeva quanto tempo fosse passato.

<< Dove…sono? >>

Chiese, poi vide il suo volto. Che fosse già in paradiso?

<< Sei qui con me, Kumiko. Sei viva. >>

Viva. Viva. Viva.

Ma allora…

<< Sasori…? >> Alzò il busto lentamente, si guardò. E restò stupita nel vedere che era davvero diventata una marionetta.

Riusciva a muoversi perfettamente e con facilità, nonostante una strana sensazione che sentiva. Stava bene. Il dolore era solo un vecchio ricordo.

<< Penso che sentirai fastidio, ma ti ci abituerai. Hai tutto il tempo. Sei viva. >>

Continuava lui, fissando meravigliato la sua opera.

<< Sei viva… >> Si portò una mano tra i capelli cominciando a ridere come un pazzo. << Sei viva! >> Gridò, con entusiasmo, abbracciando la sua Kumiko.

La bruna era ancora scioccata di come una cosa del genere fosse stata possibile. E, per la prima volta, fu lei ad assumere un’espressione seria ed indecifrabile. Spostò gli occhi verso Sasori, che rideva come mai l’aveva visto fare.

Perché non era mai stato così felice o perché non era mai stato così pazzo?

Non le importava. Sorrise, ricambiando l’abbraccio.

<< Sì, sono viva. Ed è tutto grazie a te. >> Sussurrò, sinceramente grata a lui per ciò che aveva fatto. Gli doveva la vita.

Ripensandoci, la sua vita già gli apparteneva.

Ma mai, mai come adesso.

<< Sono la tua marionetta, Sasori. >>

 

*****

 

Adesso, credeva che nessuno avrebbe potuto dividerli. Che sarebbero finalmente rimasti insieme per sempre. Lui, il suo burattinaio. Lei, la sua marionetta.

Ma qualcosa, ancora una volta, andò storto. Suna scoprì quello che Sasori aveva fatto, vide con i suoi occhi la “marionetta vivente”. E non ne fu felice. Cominciò a guardarli con disprezzo, giudicando Sasori un pazzo, un malato di mente, un genio decaduto. Kumiko, veniva definita semplicemente mostro. Iniziarono ad avere paura di entrambi, li isolarono del tutto. Non vennero più ammessi all’accademia o in altri luoghi pubblici, e nessuno osava avvicinarsi alla loro casa.

 

<< Tu…tu non sei mia figlia! >> Urlava il padre, scioccato, mentre lei cercava di fargli capire. << Papà, ti prego… >> Cercava di avvicinarsi, ma lui si allontanava da lei. << Non può essere…Tu…guardati! Guarda cosa sei diventata! >> E la indicava, tremante. << Io non sono diventata un bel niente! Sono sempre la stessa! >> Se avesse potuto, avrebbe cominciato a tremare anche lei. << E’ colpa sua, vero? Di quel mostro…E’ lui che ti ha ridotta così… >> << Lui mi ha salvato la vita! Se non fosse stato per Sasori io sarei morta! >> Cominciò ad urlare, rabbiosa. Ma lui non demordeva. << Ti sei fatta abbindolare da lui, e guarda cosa ti ha fatto! Adesso non sei altro che…che… >>

Non riuscì a finire la frase. Calde lacrime gli rigavano il volto.

<< Un mostro? >> Finì per lui, con odio. << Se è questo che pensi, libero di farlo. Ma sappi che puoi considerarmi morta. Non venire più a cercarmi, finchè non capirai che anche le marionette come me possono avere un cuore. >> Disse, prima di andarsene per sempre da casa senza nemmeno salutare. Forse perché sperava che un giorno l’avrebbe accettata, e avrebbe potuto farlo con calma.

Forse perché non sapeva che si sarebbe suicidato quel giorno stesso, e lei non ne sarebbe mai venuta a conoscenza.

 

I giorni passavano, e la situazione peggiorava. Kumiko non sorrideva più. Se fosse stata umana, avrebbe pianto. Ma ciò nonostante non perdeva l’occasione per ringraziare Sasori di quello che aveva fatto per lei. Non aveva rimpianti, era fiera di essere una marionetta.

<< Sasori… >> Aveva sussurrato lei ad un tratto, poggiando la mano sulla spalla dell’amato. << Non possiamo continuare così per sempre! Sono già due giorni che non usciamo da qui. >> Fece notare con disappunto, ma il rosso non la guardava. Continuava a fissare inespressivo un luogo impreciso fuori dalla finestra di camera sua.

<< Stanno architettando qualcosa. >> Sentenziò semplicemente, senza aggiungere altro.

<> Lei non demordeva. Posò ambedue le mani sulle sue spalle costringendolo a voltarsi verso di lei. << Io sono una marionetta…ma tu hai bisogno di magiare, e dormire! >> Più che un ordine, sembrava una preghiera. Ed infatti, il suo dolce e perfetto viso si rattristò, il tono deciso di prima era ormai un lieve sussurro. << Ti prego… >> Come al solito, lui non disse niente e si limitò ad abbassare lo sguardo. Si lasciò guidare verso il letto al centro della stanza, i suoi occhi si chiusero senza il suo comando appena la testa affondò nel cuscino. Tanto era stanco che non riusciva più a riaprirli.

Lei sorrise, sdraiandosi accanto a lui per calmarlo. Abbracciandolo, cominciò ad accarezzargli i rossi capelli, sussurrandogli qualcosa una volta sicura che si fosse addormentato.

<< Scusami, se puoi…E cerca di vivere al meglio la tua vita, anche senza di me… >>

 

*****

 

Quando trovò il coraggio di farlo, lo baciò a fior di labbra cercando di non svegliarlo, poi si alzò dal letto dirigendosi alla porta. Ebbe solo il tempo di uscire dalla stanza e chiudere la porta dietro di se, prima di venire richiamata dalla sua maestra.

<< Kumiko… >> Sussurrò piano, con lo sguardo basso. << Ti vogliono uccidere. >>

Disse tutto d’un fiato, ma ciò non stupì la mora. << Lo sapevo già. >> Disse, infatti, con un sorriso malinconico. Prese a camminare, lentamente, ma ancora una volta le parole di Chiyo la bloccarono. << Mi dispiace. Sappi che sto dalla vostra parte, ora. Sei pur sempre la mia allieva. >> E cercò di sorridere, senza però riuscirci poi così bene.

<< Ti ringrazio. >> Sussurrò Kumiko, abbassando lo sguardo. << Ma è troppo tardi. Devo andare prima che si svegli. >> E riprese a camminare. Non poteva aspettare oltre. Sapeva che avrebbe provato ad impedirglielo, e non voleva che venisse messo in mezzo anche lui.

Era lei che volevano.

<< Aspetta! >> Urlò la donna, fermandola per la terza volta. << Non posso permettere che ti uccidano. >>

<< Devo. Così il villaggio tornerà ad essere quello di una volta, e Sasori potrà avere una vita serena. >> Proferì , mostrando il più dolce dei suoi sorrisi. << Se continuassi a scappare o nascondermi, lui mi seguirebbe…ma io voglio che viva tranquillamente! Per questo…Per questo… >> Abbassò lo sguardo. A quel punto, Chiyo uscì dalla tasca un rotolo, mostrandoglielo. << Se proprio vuoi, il villaggio saprà che tu sei morta. Ma ti prego, permettimi di lasciarti vivere. Sarà il nostro piccolo segreto. >>

E a quel punto, sorrise. << Riesci sempre a sorprendermi, Shishou. Fai come vuoi. Ma ti prego di non dirlo a Sasori, o farebbe di tutto per liberarmi. >>

Chiyo annuì. Pensava anche lei che fosse la scelta più saggia.

<< Soffrirà, lo so…Ma se pensi che possa farcela, non dirgli niente… >>

<< E se non dovesse farcela? >> Chiese, scrivendo qualcosa sul rotolo appena aperto.

<< So che ce la farà. E in ogni caso, so che farai la cosa giusta, Shishou. >>

E sorrise, fiduciosa, mentre Chiyo la sigillava nel rotolo, per poi andare ad annunziare al villaggio la morte di Kumiko.

Fingere la sua morte era stata una cosa saggia. Peccato che Chiyo fu sciocca nel non dire nulla a Sasori, mai, nemmeno quando lo vedeva cadere nell’oblio della follia…

 

*****

 

Quando riaprì gli occhi le parve di essersi semplicemente svegliata al mattino dopo una notte di sonno. Una notte che però era durata vent’anni, nonostante lei non se n’era ancora resa conto.

Si guardò attorno scioccata, ma solo il fatto che lei era sveglia bastò a farle capire di essere stata richiamata dal sigillo.

Perché? Non riusciva a capirlo, vedeva solo fumo attorno a sé. Poi, una chioma rossa.

Dannatamente familiare. Spalancò gli occhi a quella vista, ma qualcosa di inaspettato la scioccò ancora di più: una ragazzina dai capelli rosa che correva verso Sasori, come se avesse dovuto attaccarlo.

Non si curò di niente. Semplicemente, si lanciò verso di lei urlando, concentrando il chakra nella mano destra e colpendola in pieno con un pugno potentissimo.

<< Chi diamine sei, tu?! >> Aveva chiesto Sakura, riuscendo ad atterrare in piedi dopo una violenta strisciata.

<< Dovrei farti la stessa domanda! >> Esclamò, senza staccare lo sguardo da lei. Chiyo, scioccata, ripeteva frasi come “non è possibile” o “non ci voleva” e cercava disperatamente qualcosa. Sasori si limitava ad osservare attonito la scena.

<< Ku…mi…ko… >> Balbettò, osservandola con occhi sbarrati, facendola voltare. E quando lo vide, lei assunse la sua stessa espressione, nell’accorgersi che era una marionetta.

Si portò le mani alla bocca, sussurrando qualcosa che nessuno riuscì a cogliere.

<< Tu sei… >> Dissero in coro, ma il finale fu diverso per i due.

<< …viva. >> Continuò lui. << …una marionetta… >> Disse lei.

Silenzio. Le marionette non si muovevano più, e il tempo sembrava essersi fermato.

<< Io credevo che tu fossi morta… >> Sussurrò lui, semplicemente, voltando meccanicamente la testa verso sua nonna, che abbassò uno sguardo colpevole.

<< Tu mi avevi detto che era morta… >>

<< Sasori…posso spiegare… >> Cercava di dire lei, mentre Sakura osservava la scena da lontano, attonita, non capendo cosa stesse succedendo e chi fosse quella ragazza.

<< Non c’è niente da spiegare. >> Continuò, il tono visibilmente arrabbiato.

<< Come hai potuto… >> << Non è colpa sua! >> Urlò Kumiko, attirando su di sé l’attenzione. << Tutto il villaggio era contro di noi! L’ha fatto per salvarmi! >>

Sperò con tutta se stessa che lui le credesse. Chiyo l’aveva fatto solo e unicamente per evitarle la morte.

<< Non basta. >> Sentenziò lui dopo un silenzio interminabile, incredibilmente serio.

Poi, spiccò un salto verso sua nonna, un lieve ghigno stampato in volto.

<< Sasori!! Sasori ti prego!! >> Urlava Kumiko, in preda al panico, vedendolo scagliarsi contro l’anziana che richiamava le marionette superstiti. E smise di chiedersi cos’era successo a lui, che cosa ci facessero lì, perché era stata liberata dal sigillo: come quando i suoi bronzei occhi si riaprirono in una nube di fumo, dopo vent’anni che erano stati chiusi, l’unica cosa che vide fu Sakura scattare verso il burattinaio, pronta a colpirlo. E in quel momento, non gli importava avere risposte: semplicemente non poteva permettere che gli facessero del male.

Cominciò la sua corsa verso di lei, e il mantello caratteristico di Suna volò via accasciandosi tra le pietre e le marionette rotte, lasciando spazio a dei corti pantaloncini neri ed un top a fascia rosso che coprivano un corpo perfetto da marionetta. In pancia, un cilindro come quello di Sasori, con su scritto “primo”. Urlò, scagliandosi contro Sakura, e i loro pugni si scontrarono producendo una grande onda d’urto. Erano alla pari.

Indietreggiarono, e si guardarono negli occhi, pronte ad attaccare di nuovo.

Ci pensò solo in quel momento: non sapeva neanche chi fosse quella ragazza e perché ce l’avesse tanto con lui. Ma da bravo burattino, fece quello che lui avrebbe voluto: e concentrando il chakra nella mano destra, corse verso di lei.

<< Sarò io la tua avversaria, adesso! >>

 

*****

 

La battaglia non sembrava avere esiti positivi per Sakura e Chiyo. La prima, mentre il suo avversario era sempre in ottima forma, cominciava a stancarsi. La seconda, vedeva a poco a poco distrutte tutte le sue marionette.

<< Cos’è, già non ce la fai più? >> Reclamò beffarda, alla vista di una Sakura ansimante.

<< Non lascerò che tu gli faccia del male. >> Proferì semplicemente, preparandosi ad un nuovo attacco. Ma non ebbe il tempo di sferrarlo, perché vedere Chiyo in pericolo la bloccò.

<< Shishou… >> Sussurrò, chiedendosi perché erano arrivati a tanto. Non  si curò più di Sakura, che approfittando della distrazione corse incontro a Chiyo, parandosi davanti ed incassando il colpo.

<< Sakura!!! >> Aveva urlato quest’ultima, mentre Sasori tirava fuori la spada e la rialzava, pronto a colpire ancora. <>

Un mare di ricordi invase la testa di Kumiko. Quella missione, quell’attacco bloccato da lei, quella spada avvelenata che le avrebbe dato la morte. Quel giorno maledetto che aveva cambiato la sua vita.

Sakura aveva protetto Chiyo come Kumiko aveva fatto con il suo compagno.

Ma il medico di Konoha non avrebbe pagato le stesse conseguenze, perché Chiyo era ancora in grado di fare qualcosa. Mentre la lama di Sasori veniva nuovamente puntata verso di lei, la marionettista riuscì a far alzare le marionette che aveva usato in principio, quelle raffiguranti i genitori di Sasori.

Due spade a testa, lo attaccavano da dietro. Quella sarebbe stata la fine.

<< SASORI!!!!!!!!!! >> Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, correndo verso di lui.

Ma era troppo tardi.

Due delle quattro spade trapassarono da parte a parte il suo nucleo vitale, facendo sgorgare parecchio sangue.

<> Sussurrò Chiyo, come dispiaciuta. <> E fissò il pavimento, dove strani simboli neri erano apparsi attorno a Sasori.

Kumiko sbarrò gli occhi, cadendo in ginocchio, presa anche lei da quello strano sigillo.

Immobile, osservava la scena a bocca aperta.

<< No…non può essere…amore mio… >>

Avrebbe voluto che fosse tutto sogno. Avrebbe preferito rimanere nel rotolo e non vederlo morire. Avrebbe preferito credere che le marionette fossero insensibili al dolore.

Invece…invece, nonostante fosse una marionetta, Kumiko stava soffrendo. Nonostante non avesse più un cuore, sentì che qualcosa dentro di lei si era spezzato.

E nulla sarebbe più stato come prima.

<< Scappa… >> Udì solo quella parola, in mezzo a tutte quelle voci.

Le stava chiedendo di scappare. Le stava chiedendo di continuare a vivere.

E oggettivamente, era la scelta più ovvia. Se fosse andata da lui, sarebbe stato inutile. L’avrebbero certamente uccisa.

Ma, quando lo vide accasciarsi, desiderò così tanto sfiorarlo per l’ultima volta che con tutte le sue forze riuscì ad alzarsi, correndo verso di lui.

Scappare era la cosa migliore. Ma come avrebbe potuto farlo, sapendo che a breve tempo lui si sarebbe spento per sempre?

Senza di lui, niente aveva senso.

Tanto valeva morire.

<< Padre…Madre…spero di avervi reso fieri di me…Perché adesso è giunta la mia ora. >>

E, quando il kunai lanciato da Sakura la colpì nel suo punto debole, non ne fu triste. Stava sorridendo, mentre cadeva a terra, a pochi centimetri da lui.

<< Sa…so…ri… >> Lo chiamò, con le sue ultime forse, sperando che lui fosse vivo, avvicinandosi lentamente.

Voleva sfiorarlo. Voleva baciarlo. Voleva dirgli che l’amava un ultima volta.

<< Perdonami… >> Sussurrò lui, voltando la testa verso di lei, prendendole la mano.

A quel contatto, lei sorrise, avvicinandosi abbastanza per sfiorare le sue labbra.

<< Ti amo. >> << Anch’io ti amo. >> Dissero, prima di darsi quell’ultimo bacio e chiudere gli occhi insieme, le mani finte ancora intrecciate.

Nonostante avessero tante domande da farsi, tante cose da dirsi. Nonostante avessero il disperato bisogno di riprendersi la loro vita.

Nonostante dovessero essere immortali.

Perché le marionette non chiudono mai gli occhi.

Perché le marionette non vivono.

E finalmente, avevano abbandonato il bilico in  cui erano precariamente in equilibrio:

non marionetta, non essere umano.

E senza saperlo, adesso avevano fatto la loro scelta. Era giunto il momento in cui avrebbero potuto restare insieme per sempre, come due veri burattini innamorati.

<< E’ finita, Chiyo. Ce l’abbiamo fatta. >> Sussurrò Sakura, aiutando la vecchia ad alzarsi da terra.

<< No, dovrei essere uccisa io. E’ solo colpa mia se è successo tutto questo… >>

Abbassò lo sguardo, cominciando a piangere silenziosamente.

<< Lui aveva visto il mio attacco, ma per qualche motivo non l’ha schivato o bloccato. E lei sapeva perfettamente che avvicinandosi a lui era un bersaglio facile. >>

Sakura, mossa dalla compassione, osservò le due marionette a terra, il volto inespressivo, le mani congiunte.

<< Io penso che siano felici così. >> Sussurrò, un sorriso malinconico sul volto.

<< Torniamo dagli altri, adesso, Chiyo. Ci aspettano. E poi, sono curiosa di conoscere la loro storia… >> Proferì, mentre la donna smetteva di piangere e si faceva aiutare dal ninja medico a camminare. << Va bene, ti accontenterò. >>

Un’ultima volta, si  girò a guardare suo nipote, e sospirò, sperando che almeno in punto di morte fosse stato felice.

<< Raccontarti la sua storia è il minimo che possa fare… >>

 

*****

 

<< Sono la tua marionetta,, Sasori. >> Diceva lei.

<< Tu non sei solo una marionetta. >> Insisteva lui, accarezzandole i capelli con dolcezza.

<< Forse vuoi dire… >> Continuò lei, abbassando lo sguardo. << Che non sono ancora una marionetta. >>

Lui sbuffò. << Non è importante cosa sei, cosa siamo. Non è importante nemmeno cosa diventeremo. Tu sei la donna che amo, e io… >>

<< Tu sei l’uomo che amo io. >> Lo interruppe, sorridendo.

<< Per sempre. >> Chiuse gli occhi, stringendo nelle sue mani quelle di lei.

<< Per sempre. >> Avvicinò le labbra alle sue, baciandolo.

Sicuri che il loro amore non si sarebbe mai spento, qualunque cosa fosse successa.

Qualunque cosa fossero diventati.

Qualunque sorte gli sarebbe toccata.

Anche dopo la morte, loro avrebbero continuato ad amarsi.

Come due burattini innamorati.

 

 

Ero indecisa, ma alla fine l’ho postata. Sicuramente non farà l’effetto della “versione originale”, ma dà la risposta ad alcuni punti interrogativi che rimanevano irrisolti (alcuni più importanti, altri meno) e spiega meglio il personaggio di Kumiko. Quindi ho deciso di pubblicarla comunque, spero che piacerà xD

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito!

 

~ Marie

 

 

   
 
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