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Autore: Lumos and Nox    01/07/2015    8 recensioni
Tre capitoli su alcune delle coppie tra Villains più amate.
Ecco a voi Aderis, Jalefica, Yzier e molte altre. Tre semplici caratteristiche che le accomunano: pazzia, cattiveria e... "amore"?
#1: Famiglia
#2: Litigio
#3: Romance
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vita di Coppia: come sopravvivere



3. Romance

Ade/Eris
Eris non sopportava varie cose del mondo: gli umani, la pace, la felicità (altrui), i sorrisi, l'armonia, la pace (forse l'aveva già detto?)... le diabetiche, struggenti storie romantiche si trovavano in una buona posizione nella sua lista.
Però con una... storia con il dio dei morti credeva che non si sarebbe mai e poi mai dovuta preoccupare di questioni simili. Insomma, Ade ed Eris, Eris ed Ade, morte e discordia. Assimilare a figure del genere cioccolatini, cuoricini e quant'altro equivaleva ad un biglietto omaggio per un camice di forza per l'eternità.
Si era sempre mantenuta fedele alle sue convinzioni, Eris. E continuava ad esserlo.
Ma quando Ade era comparso, quel giorno, con un mazzo di chissà quali fiori giallastri e troppo profumati (inquietanti) solo per lei, Eris non aveva represso uno spasmo di pura gioia dentro di sé. Gioia... come poteva una come lei, una votata alla discordia provare un sentimento del genere per dei dannati fiori?
Fu quella notte, mentre osservava la schiena di Ade sollevarsi al ritmo del suo respiro regolare, che comprese (senza ammetterlo nemmeno completamente a sé stessa), che forse non erano stati quegli stupidi fiori a renderla tanto... felice.

Jafar/Malefica
La passione era qualcosa di molto poco visibile nel loro rapporto. Figurarsi poi... urgh, il lato romantico della faccenda.
Era inesistente nel loro rapporto, che poteva tranquillamente e probabilmente basarsi soltanto sul piacere carnale.
E ciò non spiegava per quale motivo Jafar raccogliesse, in quella mela rinsecchita che probabilmente era il suo cuore, quei piccoli gesti che, osservati uno dopo l'altro, potevano forse far presupporre un altro qualcosa tra loro.
«In quale sciocchezza Vi state perdendo, Gran Visir?» gli arrivò la voce gelida di Malefica, dall'alto del trono.
Le labbra di Jafar si arricciarono in un ghigno che pareva quasi sarcastico- forse per nascondere la sua sincerità. «Nei Vostri occhi, se mi è concesso, mia Signora».
L'espressione della Signora di Tutti i Mali si era fatta per un attimo sconcertata e, prima che riuscisse a ritrovare il suo completo contegno, un vaghissimo e impercettibile rossore aveva imporporato il viso scarno. «No, non Vi è concesso, Jafar».
Il Gran Visir aveva chinato il capo, il ghigno che ormai si poteva definire un sorriso. Non aveva mai udito il suo nome da quelle labbra.

Yzma/Facilier
Facilier aveva sempre pensato che sarebbero bastate qualche laghetto fosforescente e un bel po' di candele voodoo per far scoccare in loro la scintilla della passione.
Questo prima che si intromettesse Kronk: ora il tetro cimitero dove si sarebbe svolto il loro primo appuntamento era ridotto ad un festival delle ghirlande di fiori e di piume multicolour.
Nella migliore delle ipotesi, Yzma se ne sarebbe andata senza nemmeno rivolgergli la parola. Doveva cercare di rimediare e di creare un'atmosfera quantomeno decente prima che...
«Facilier?» La voce acuta ed indistinguibile di Yzma gli perforò la schiena proprio mentre si chinava a raccogliere un improbabile orsetto di pezza compreso di cuore morbidoso. Il Signore delle Ombre si voltò di scatto verso l'alchimista, cercando come meglio poteva di nascondere dietro di sé il peluche enorme e di sparpagliare con dei movimenti casuali dei piedi il restante ciarpame. «Yzma! Oh, ehm... che piacere, sei in anticipo!» tentò con un sorriso, mentre la sua ombra cercava disperatamente di aiutarlo con l'orsetto.
Yzma non gli badò, ma fece vagare lo sguardo su quello che doveva essere stato un cupo cimitero, ma che ora pareva soltanto un'infinita distesa rosa e rossa. «Che diamine hai fatto?»
«Ehm... ecco, in realtà... vedi, mia cara, è stata tutta un'idea di Kronk...»
Gli occhi di Yzma tornarono su di lui con uno scatto, spalancati. «Ti sei fatto aiutare da quell'idiota?»
Facilier si sistemò il cappello, in imbarazzo (non aveva nemmeno fatto il baciamano!) e il peluche rovinò a terra, ai piedi di Yzma, che gli diede un'occhiata disgustata prima di tirargli un calcio per spedirlo via. L'alchimista era sempre più vicina e il Signore delle Ombre sempre più in difficoltà.
«Il fatto è che... volevo creare una delle più tetre- la più tetra ambientazione per un appuntamento a cui tu avessi mai partecipato, mia cara, ma...»
«Bè, non avresti dovuto farti aiutare da quel mangia-broccoli!»
Facilier si aspettava come minimo uno scontro armato, ma sorprendentemente Yzma gli afferrò una mano e lo trascinò bruscamente via dal cimitero, con ombra, bastone e tutto. «Ora ci penso io!»
Quegli insopportabili rosa e rosso non gli erano mai sembrati così propizi.

Frollo/Gothel
Erano sempre state due persone piuttosto passionali sotto le apparenze, senza il bisogno di specifici vincoli per giustificare i loro rapporti. Frollo ne era sempre stato a conoscenza, la sua innata intelligenza si applicava pressoché facilmente e perciò non aveva mai tentato di cambiare la situazione tra lui e Gothel. D'altronde, perché avrebbe dovuto?
Se lo stava ancora domandato, appena dopo aver posto quella domanda alla donna- alla probabile strega, dato il maleficio con cui aveva intrappolato il suo cuore...
Gothel, quasi leggendo i suoi pensieri, lo fissò in viso, un sorriso malizioso ben dipinto sulle labbra carnose. «Che risposta Vi aspettate, giudice?»
I tratti duri del viso di Frollo si deformarono in una smorfia. «Se intendete umiliarmi, Vi comunico che...»
«Si».
Il Giudice spalancò gli occhi, osservando la donna come se mai prima di allora l'avesse vista. «Come?»
Gothel ridacchiò, passandosi seducente la lingua sulle labbra e intrecciando le dita nelle sue. «Si, giudice Claude Frollo. In via del tutto eccezionale, accetto la vostra proposta di matrimonio».
Fu una delle poche volte in cui Frollo rimase senza nulla da dire, né da pensare.

Crudelia/Madame Medusa
Il cafè su cui Madame Medusa aveva ripiegato dopo il fallimento della sua "Boutique" non incontrava il suo pieno appoggio. Certo, non era nemmeno un cafè, ma solo una copertura per un'attività di ricettazione, e il giro dei clienti stava cominciando ad allargarsi, eppure lei.. si annoiava. Sarebbe stato decisamente più semplice ottenere l'Occhio del Diavolo e diventare ricchi in quel modo.
Sospirò, sfogliando svogliata una rivista, e non si accorse nemmeno quando il campanellino d'entrata tintinnò indicando l'entrata di un cliente.
Si aspettava che Snoops accoresse a fare il suo lavoro, ma... «Scusi! Lei mi deve ascoltare!»
Medusa alzò la testa dall'interessantissimo articolo sulle nuove tendenze dei gioielli, infastidita e con già pronta una rispostaccia. Si ritrovò davanti un'elegante quanto anoressica Lady in pelliccia. L'originalità dei capelli- metà bianchi e metà neri- uniti al costoso abito rosso e all'anello grande quanto un orecchio le fecero facilmente intuire di trovarsi davanti ad una senz'altro ricca inglese. E di sicuro non era lì per una tazza di tè scadente.
Medusa ghignò e si passò gli artigli tra i fluenti capelli rossi. «In cosa posso esserle utile, miss?»
La donna si appoggiò al bancone, lieta che avesse capito. «Sono alla ricerca di qualche... oggetto che possa essermi utile per creare una pelliccia. Accetto solo bestie di ottima qualità».
«Oh, si è rivolta alla persona giusta, miss. Abbiamo contatti con un ottimo cacciatore, Sir Clayton, che ci ha già procurato tutto il necessario... ad il giusto prezzo, lei mi capisce».
La donna sorrise, rivelando una dentatura perfetta e completa di un dente d'oro. «Ma certamente».
Medusa la ricambiò, felice di aver trovato qualcuno a cui sbolognare quelle finte pelliccie (che alla fine si erano rivelate di mucca) che quell'idiota del suo compagno aveva ben pensato di comprare. A proposito... «Snoots!» strillò la rossa verso quella che sarebbe dovuta essere in teoria la cucina. «Muovi quel tuo corpo flaccido e porta subito qui le nostre splendide pellicce!»
Un fracasso di vetri infranti seguì il suo ordine. «S-subito!» rispose Snoots, probabilmente sepolto ora sotto una pila di bicchieri.
Medusa tornò a rivolgersi alla donna. Aveva davvero un suo fascino, doveva ammetterlo. «Deve scusarlo, ma sa, è davvero difficile ottenere sottoposti quantomeno decenti».
«Oh, mia cara, sono nella stessa situazione!» esclamò la cliente. «Pare che gran parte degli uomini che ho tra i piedi si riveli un'accozzaglia di idioti perditempo!»
Medusa le porse una mano. Era la prima volta che incontrava una donna così ricca- e così simile a lei- e magari sarebbe potuta diventare una cliente fissa. «Permette, cara? Madame Medusa».
La cliente sorrise, arricciando il naso e strinse la mano nella sua guantata. «Lady Crudelia de Mon. Ma puoi chiamarmi Crudelia, tesoro».
Quando le loro mani si toccarono, Medusa avvertì come una scossa e le balzò come in mente di esporre davvero a Crudelia le migliori pellicce contraffatte.

Helga Sinclair/Clayton
La vendita della merce illegalmente cacciata in Africa era andata a gonfie vele. Clayton sogghignava appena, contando le numerose banconote che stringeva tra le mani. Bastava poco per far riaffiorare il suo commercio: teste di animali, zampe, code, pelliccie...
«E quella pelliccia?» domandò ad un tratto Helga, indicando il prezioso manto di un leopardo abbandonato su una sedia.
Clayton alzò lo sguardo e il suo ghigno si rinforzò. «Quella, my Lady, l'ho tenuta da parte per una cliente speciale».
Il tenente Sinclair incrociò le braccia al petto. «Ma davvero?» chiese seguendo i movimenti di Clayton, che, dopo aver posto al sicuro i soldi, si era avvicinato alla pelliccia per afferrarla con un gesto elegante.
«Davvero» mormorò all'orecchio di Helga, posandola sulle sue spalle. Il giallo del manto del leopardo si confondeva con quello della sua lunga treccia. «La miglior pelliccia per la miglior guerriera».
Il tenente Sinclair si lasciò sfuggire più di un sorriso.

Grimilde/Gaston
Il letto a baldacchino era già occupato quando Grimilde, esauriti i suoi soliti incantesimi di controllo sul regno, si recò nelle sue stanze. Gaston dormiva beato, la bocca socchiusa in un'espressione beota e il petto nudo ricoperto di peli e un mazzo di rose (che Grimilde non aveva mai sopportato) accanto a sé.
Probabilmente, dopo una giornata passata a cacciare, aveva ben pensato di chiudere il tutto in bellezza. D'altronde, pur aspettandosi anche qualcosa di più, Grimilde non lo avrebbe di certo biasimato: era la donna più bella del reame, come resisterle?
Si avvicinò al letto quasi annoiata, indecisa se svegliarlo o meno, quando Gaston risolse il quesito, svegliandosi di colpo e rizzandosi a sedere. «Se-se-sei arrivata» sbadigliò stiracchiandosi.
«Il tuo spirito di osservazione colpisce ancora» replicò la regina, già pronta a sfilarsi via la corona.
«È la mia vicinanza che ti innervosisce, eh?» gongolò il cacciatore, sistemandosi i capelli. Grimilde, con una smorfia, stava già per ribattere quando Gaston si chinò a prendere le rose e gliele porse con un sorriso che forse lui reputava affascinante. «Comunque, buon compleanno!»
Grimilde osservò con gli occhi spalancati i fiori. Nessuno... nessuno si era mai...
Il bacio che le diede fu inaspettatamente dolce. «Le persone magnifiche come me hanno sempre un'ottima memoria!» garantì, battendosi una mano sul petto. «Specie per i propri simili».

Merlino/Magò
Un tempo, Magò era stata giovane. Lo era stato anche lui, anche Merlino. Ma lui era stato tante cose, oltre che arr-, no, non proprio arrogante, ma solo... determinato a riuscirci con le proprie forze, sempre.
Non voleva aver bisogno di aiuto, in quell'età. Proprio per quel motivo la gente si era stupita tanto quando era successo.
Magò, una bella ragazzina da lunghi capelli color violetta, si era avvicinata a lui e al carro con le sementi che stava portando a vendere al mercato. Le sementi cadevano in continuazione e lui ogni volta, con sempre meno pazienza, si chinava a raccogliere. «Serve aiuto?» aveva chiesto la ragazzina osservandolo a terra con un mezzo sorriso.
Merlino l'aveva guardata torvo, alimentando solo il sorriso sbarazzino della ragazzina, che rivelava uno o due denti mancanti. Forse si aspettava che la scacciasse con un borbottio, ma Merlino aveva sospirato e poi aveva annuito, accenando anche lui un sorriso. La ragazzina aveva riso e si era chinata a raccogliere le sementi.
Era in quei giorni che il violetto era diventato, gradualmente come i loro incontri, il colore preferito di Merlino.

Hans/Charlotte La Bouff
Se c'era qualcosa che Hans non sopportava, erano i suoi inutili doveri di tredicesimo principe delle Isole del Sud. Doveri, doveri, solo ed inutili doveri.
Era questo che significava essere l'ultimo nato nella famiglia reale. Non aveva possibilità di ottenere il potere, di sedersi sul trono di suo padre- e nemmeno su quello di Arendelle- ma in compenso lo aspettava una lista infinita di doveri.
A cui doveva rispondere con un sorriso cortese e un'aria amabile, un altro dovere.
E un altro ancora era incontrare e accogliere gli importanti visitatori che arrivavano ogni giorno a palazzo. Hans si passò una mano sul viso disgustato per ricomporlo in una maschera di cortesia per gli importanti (bah!) ospiti che lo attendevano nel salottino d'ingresso.
La prima cosa a colpirlo, una volta varcata la soglia, furono le espressioni dei presenti. Sfinite.
Le occhiaie abbondavano e quello che doveva essere il Granduca di Ollysword si poteva addirittura definire sull'orlo di un crollo nervoso.
La causa di tutto attirò l'attenzione di Hans con uno strillo entusiasta. Una specie di mongolfiera rosa- che poi riconobbe essere una dama- stava saltando per tutta la stanza, urlando emozionata per ogni singolo soprammobile che notava. «Iiiih, siamo in un palazzo reale! Oh cavoli, oh cavoli!»
«Hem, hem». Hans, sebbene sconvolto, attirò l'attenzione della ragazza- e del resto della stanza- con un educato colpo di tosse. La ragazza si voltò verso di lui, un'espressione confusa sul viso dai tratti infantili.
Il principe avanzò verso di lei. «Sono felice di poter conoscere un'ospite tanto entusiasta» mentì, facendole un baciamano. «Sono il Principe Hans, tredicesimo erede al trono delle Isole del Sud».
Un mormorio di disapprovazione serpeggiò negli ospiti e Hans strinse i denti. Tutti conoscevano i recenti avvenimenti di Arendelle. Poteva leggere il biasimo e il disonore nelle occhiate, talvolta mascherate dai sorrisi, che gli rifilavano.
La ragazza strillò ancora e sbattè i tacchi per terra in piccoli saltini, facendolo sobbalzare. «Un principe!» urlò abbracciandolo. Hans si irrigì e il resto della sala spalancò gli occhi.
La ragazza si scostò, imbarazzata non per aver abbracciato un principe derelitto, ma per non essersi comportata da principessa. «Non mi sono presentata» dichiarò, la voce che trasudava emozione da tutti i pori. «Charlotte La Bouff, Principe Hans».
«È... è un vero piacere, Charlotte» disse Hans, provocando altri strilli entusiasti.
Quella ragazza lo apprezzava. Nonostante non fosse un re, ma solo un dannato principe, nonostante tutto l'accaduto, nei suoi occhi c'era sincera ammirazione.
Hans... Hans non ci poteva quasi credere.Quando le sorrise di nuovo, fu davvero sincero.

Spugna/Nonna Fa
Era la prima volta che Hua andava in barca. Solitamente sua madre le diceva che costava sempre troppo per le loro tasche riassunto in un "è pericoloso". Era fantastico invece.
La barca scivolava lentamente sulla superficie dell'acqua mentre si allontanava dalla riva del fiume. I pesci scivolavano accanto allo scafo e di tanto in tanto fiori di ciliegio delle piantagioni vicine scorrevano accanto a lei, e a volte si attaccavano al remo del barcaiolo, che sorrideva.
Aveva un bel sorriso, il barcaiolo. Era basso e massiccio e la gente di solito lo evitava perché aveva la pelle più scura della loro e gli occhi non a mandorla, ma Hua lo trovava simpatico. Da quel poco che lui sapeva di cinese, aveva capito che era sbarcato settimane prima con una nave e che aveva trovato per un po' lavoro lì a traghettare la gente.
Si chiamava con un nome davvero lungo, che nessuno riusciva mai a pronunciare, ma si faceva chiamare con un soprannome, Spugna. Hua non sapeva bene che significasse, ma le dava l'idea di qualcosa di dolce e morbido.
Come il vento che in quel momento faceva sventolare le sue ciocche fuori dalla sua acconciatura. Quando le investirono in pieno il viso, Spugna rise e Hua lo guardò falsamente contrariata.
Il barcaiolo si strinse nelle spalle e si chinò a prendere un ramo fiorito trascinato dalla corrente. «Sch-usa» sorrise riuscendo quasi a dire la parola giusta. Le porse il ramo e Hua lo ringraziò con gli occhi, mettendosi il fiore più bello tra i capelli.
Nei giorni successivi, lasciò il ramo in ammollo, sviluppando le sue radici, e quando lo piantò, invitò anche Spugna a vedere.
Quando ora lo guarda, Hua è già diventata da un pezzo Nonna Fa. Abbozza sempre un sorriso mentre passa da quelle parti e si domanda se i baci di Spugna sappiano ancora di vento.

  
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