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Autore: Briseide    17/01/2009    3 recensioni
Post-Hogwarts. Pansy Parkinson e un matrimonio che non vuole da organizzare.
Blaise Zabini intorno a lei a renderle difficile il compito.
Millicent Bullstrode a rendere difficile il compito di Blaise Zabini.
E Draco Malfoy, che di sparire nel cassetto dei ricordi non vuole proprio saperne.
STORIA COMPLETA [revisione in corso]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Millicent Bullstrode | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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        The way we were

 

V

Vincere e perdere

 

 

In the dark
he could see
the trap that was lying in her
Sweet company
eating from her hand at last
Wild things run fast

What makes you run?
Wild thing
I thought you loved me

[Wild things run fast – Joni Mitchell]

 

 

Nonostante le speranze della futura padrona di casa Nott e i timori del già proprietario e futuro sposo, la sera del ricevimento giunse e precipitò sulle loro teste, come tristemente previsto.

Il salone della villa dispiegava le sue grazie ai presenti, avvolto in ornamenti speciali per l’occasione. Tutti gli invitati erano perfettamente consapevoli che la funzione di quella serata era un annuncio importante, e per quei tempi importante rendeva implicita la notizia di un matrimonio imminente.

I signori Parkinson spiccavano tra la folla per il bagliore dei loro sorrisi, già calati ad hoc nella loro parte, accompagnati dalla presenza di Abraham Theodore Nott, palesemente meno lieto delle circostanze dell’evento. La reciproca antipatia che correva tra lui e Pansy Parkinson non era mai stata un mistero, e nel segreto del suo animo era ben certo che il giorno della sua morte, avrebbe confermato a Miss Parkinson che il potere dei malefici esiste davvero.

«Nonno, volete ancora del vino?».

L’ex Ministro non perse occasione per rinfacciare il dubbio gusto delle sue scelte al nipote anche in quel frangente, con un cenno di diniego e un sorriso sulle labbra dalla pericolosa affabilità.

«Ti ringrazio nipote, ma temo che tua moglie abbia avvelenato gran parte dei bicchieri a me destinati» comunicò con un tono di voce sufficientemente alto perché almeno qualcuno potesse sentirlo. Theodore non si prese il disturbo di sminuire l’accusa, dopotutto era stato suo l’ordine di controllare il contenuto di ogni bottiglia e il fondo di ogni bicchiere, a pochi minuti dal ricevimento.

«Piuttosto, hai la più vaga idea di dove sia andata a finire?».

Il goliardico buonumore con cui aveva posto la domanda, non lasciava adito a dubbi sul fatto che Abraham Nott credesse che il nipote non avesse una risposta. Non si sbagliava, come sempre.

«Sarà certamente nella nostra stanza a-»

«Con l’immancabile compagnia del signor Zabini?» lo interruppe il patriarca senza darsi il minimo disturbo di sensibilità. 

Theodore fu costretto a farsi portare dello scotch liscio per l’occasione. Talete, eletto maitre della serata tra gli elfi domestici in servizio, non fece in tempo a raggiungere la riserva privata del padrone, che l’ordine venne corretto.

«Talete»

«Sì padrone»

«Doppio. Fammelo doppio».

Abraham Nott avrebbe di certo avuto da ridire anche sulla deprecabile abitudine del nipote, troppo vicino all’alcolismo per i suoi gusti, se non avesse seguito la linea dello sguardo del figlioccio, i cui occhi si erano appena posati duri e già furiosi, sul profilo tagliente di Draco Malfoy, al centro esatto della sala.

 

●●●

I've looked at life from both sides now,
from win and lose, and still somehow
It's life's illusions i recall.
It's cloud illusions i recall.
I really don't know clouds at all

[Both sides now – Joni Mitchell]

 

«Blaise».

La voce di Pansy si infranse contro il suono della musica e il vociare soffuso che riempiva la sala da ricevimento. Blaise Zabini, impeccabile nel suo buon gusto e nell’iridescenza del suo sorriso, abbassò lo sguardo in sua direzione, con un’aria di improbabile innocenza.

«La tua mano».

Gli fece notare lei, con una punta di divertimento nella voce. Blaise non fece niente per spostarla da dove era, un po’ troppo infondo, diceva lo sguardo di Theodore Nott qualche metro più in là. Perfettamente in sincronia con la musica e gli sguardi dei presenti, la costrinse gentilmente ad un volteggio sulle punte, recuperandola giusto in tempo per poter poggiare anche l’altra mano laddove non era poi così appropriato che fosse.

«Sto combattendo una battaglia su due fronti» si giustificò, ammiccando in direzione di Nott e riferendosi indubbiamente a Draco.

«Come dire, lo sento. E il resto della gente lo vede».

Lui finse di meravigliarsi, strappandole un sorriso alla rigida compostezza in cui si era rinchiusa, dal momento in cui aveva stretto i lacci del vestito per la serata.

I buoni intenti di Blaise Zabini erano sempre oggetto di una interpretazione relativistica e piuttosto critica da parte dell’etica e della morale comune, e Pansy non dubitò che fosse il giusto approccio anche per quell’ultima trovata.

Dal canto suo lei era perfettamente a proprio agio nell’avere le sue mani sul proprio corpo e questo forse gli rendeva più facile il compito di far impazzire suo marito e instillare nella mente di Draco Malfoy atroci piani di vendetta tipicamente Slytherin e affatto misericordiosi o memori di una passata amicizia tra i due.

«Perché lo fai?»

«Perché hai indubbiamente un bel -»

«Naturalmente» si affrettò a concludere lei, assestandogli una gomitata tra le costole ben dissimulata. Blaise incassò il colpo, come faceva da lungo tempo con tutti quelli che Pansy Parkinson era solita distribuirgli, con il tenero fervore dell’affetto che provava per lui.

Forse Theodore Nott si sarebbe persino rivelato un ballerino migliore di lui. Di certo il perfezionismo che lo rendeva noto ai più, e che agli occhi di Blaise lo qualificava come maniaco compulsivo, gli avrebbe consentito di seguire ogni nota e ogni variazione senza perdere un solo accento ritmico. Avrebbe stretto Pansy tra le sue braccia, conducendo un valzer d’altri tempi, con la carica erotica di un plastico in cemento di Gilderoy Allock.

Il solo pensiero si era rivelato essere troppo raccapricciante ai suoi occhi perché un amante del bello come lui amava definirsi potesse ritenerlo sopportabile.

E poi, c’era Draco Malfoy e il perfetto incastro che le sue braccia avrebbero trovato con il corpo di Miss Parkinson.

«Astoria Greengrass è molto carina stasera».

«E tu sei il solito-»

«Naturalmente» la bruciò sul tempo lui.

Poi si deliziò dello sguardo che offuscò gli occhi scuri di Pansy e del contegno che assunse per il resto della serata, decisa a vincere una battaglia che non aveva speranze di essere vinta.

Di guerre perse lui ne sapeva qualcosa. Per quanto la sua immagine fosse associata all’ospite d’onore di tutti i salotti della Londra magica borghese, e si raccontassero mirabolanti storie sulle sue avventure più disparate – di cui la metà erano palesemente false ma troppo divertenti perché lui potesse prendersi la fatica di smentirle – nessuno sembrava essersi accorto della più grande sconfitta di cui Blaise Zabini fosse stato protagonista.

Lui era un ottimo medico di se stesso, sapeva occultare le proprie ferite e niente nella perfezione del suo corpo lasciava ad immaginare quanto profondo fosse un taglio difficile se non impossibile da rimarginare. C’era stata una guerra, e Blaise Zabini non era riuscito a sfuggirne gli orrori, gli scempi, le mostruosità.

Al brutto del mondo, non era riuscito a sopravvivere interamente.

«Se pensi davvero di poterlo evitare, ti stai sopravvalutando».

Pansy non si scompose, perché tutto sommato non aveva sentito niente di nuovo, che lei già non sapesse.

«Un’altra parola su di lui, e farò in modo che Millicent sia la tua dama d’onore fino alle prime luci dell’alba».

 

●●●

 

Oh you are in my blood like holy wine
and you taste so bitter but you taste so sweet
Oh I could drink a case of you
I could drink a case of you darling
And I would still be on my feet
Oh I’d still be on my feet

[A case of you – Joni Mitchell]

 

Draco Malfoy non aveva mai avuto bisogno di essere coraggioso, prima.

Lungo la sua strada aveva incontrato difficoltà, grandi o piccole, come capita a tanta altra gente, e se non era riuscito a risolverle da solo, si era potuto permettere di lasciare questioni in sospeso, mettendole da parte e pretendendo di ignorarle.

Poi aveva scoperto di non poter ignorare né Lord Voldemort, né Pansy Parkinson, e in un primo momento il pensiero di questa equivalenza tra i due lo aveva schiacciato del tutto.

Gli era persino capitato di sopravvivere al primo. Gli era costato un padre, tutta la sua innocenza, dolore e frustrazioni, gli era costato una guerra. Avevano perso entrambi, ma dopo la sconfitta lui era ancora vivo, e l’Oscuro Signore giaceva in ceneri, e il suo unico posto sarebbe rimasto per sempre nell’inospitale memoria di tutti.

Ma vincere Pansy Parkinson sarebbe stato tutt’altro paio di maniche e aveva il sapore amaro dell’impossibile. Lo aveva percepito subito, vedendola quella sera.

L’immagine di lei aveva ferito il suo sguardo, costringendolo a distogliere gli occhi.

Per tutto quel tempo non aveva fatto altro che pensare a lei come a un ricordo, un frammento del proprio passato, con l’amarezza che si riserva ai rimpianti e con la rabbia per le occasioni perse, e si era crogiolato in quella condizione di passività con una certa rassegnazione, che lui però aveva – di nuovo codardamente – scelto di chiamare serenità.

Vederla di nuovo, nella concretezza del presente, era stato quanto di più doloroso avesse dovuto affrontare dopo l’incarcerazione di suo padre.

«Niente cravatta, stasera».

Cercò di non perdere il controllo di sé, quando la sentì parlare, nel buio di quel corridoio.

Si era rifugiato lì cercando di sfuggire ai colori troppo accesi della festa; ai suoni della vuota allegria della gente; all’astio di Theodore Nott, che lo faceva sentire ancora importante per Pansy; alle illazioni di Blaise, più sferzanti del solito quella sera. Erano una accusa e una sfida ben precise, a cui Draco non si era potuto sottrarre né per volontà né per imposizione di coscienza.

«Cosa c’è qui dentro, la camera degli orrori?».

Le chiese voltandosi a guardarla.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che si erano ritrovati così vicini. Desiderò poterla sentire finalmente lontana. Sperò in una parte remota di sé, che tutto quel tempo passato a cercare di ridimensionare la loro vicenda fosse servito ad arginare l’impeto del sentimento. Scoprì che ogni tentativo sarebbe stato vano, e che era ora di smetterla con quel gioco.

«Non saprei» replicò lei, alzando le spalle, trovando una propria sincerità. Era la candida ammissione di quanto tutto quello le fosse estraneo: la sua casa, suo marito, la sua vita futura lì dentro in sua compagnia.

Tuttavia, nonostante si fosse sentito appagato e soddisfatto, per non dire consolato dal rifiuto di Pansy per ciò che l’aspettava, non era di una stanza sconosciuta quello di cui avrebbe voluto parlare con lei.

Avrebbe preferito che lei gli spiegasse come le fosse venuto in mente di accettare una proposta di matrimonio da Theodore Nott. Voleva sapere i particolari, uno per uno, pur sapendo quanto deleterio per se stesso sarebbe stato.

«Non sapresti».

Mormorò invece, perdendo lo sguardo altrove.

 

La guerra lo aveva cambiato.

L’ultimo ricordo che aveva di lui, era quello del doloroso passaggio dall’era delle illusioni a quella della cruda realtà. Si erano separati dopo aver sperimentato insieme le rivalità, i protagonismi, i giochi spietati e le vendette più stupide. Avevano scherzato con il fuoco ma si erano fermati sempre in tempo prima che il fuoco li bruciasse.

Fino a che non si erano bruciati, nel dirsi addio con la speranza che così non fosse.

Tutte le volte che aveva pensato a Draco, aveva sentito la nostalgia dilaniarla, ma non si era mai fermata a pensare un solo momento che avrebbe dovuto conviverci tanto a lungo come per sempre. Poi un giorno lo aveva visto, accanto ad un’altra donna, e aveva realizzato che niente più di Draco Malfoy sarebbe stato suo.

«Forse è il caso che torni di là».

Non c’era alcuna risolutezza nella sua voce, quando lo disse. Era solo l’ennesima via di fuga, il riparo da un dolore che era decisa a non voler provare definitivamente.

Aveva imparato che la nostalgia è qualcosa che ti corrode dentro con la dolcezza dei ricordi e l’inevitabilità del presente, ma non è violenta né crudele come parlare con l’uomo che hai imparato ad amare e che poi la vita ti ha strappato con il cinismo che le è proprio.

«…per Merlino, Pansy».

Si fermò di colpo, come se le sue parole si fossero strette attorno al suo polso, con la stessa forza che avrebbe avuto la sua mano fredda e pallida. Vibrò nell’aria l’eco di tutto quello che fino ad ora non si erano detti.

«Theodore Nott?»

Le chiese lui, d’un tratto libero da tutto quello che prima gli aveva impedito di porle quelle domande, di attraversare la stanza e strapparla dall’abbraccio di Blaise per stringerla e avvolgerla nel proprio. Pansy lo vide, e le sembrò furioso come mai era stato prima di allora.

Lo guardò senza capire, confusa e spaventata, eppure di nuovo capace di scorgere in Draco i tratti di quello che lei aveva conosciuto e fatto proprio nel passato che avevano condiviso.

«Avevi bisogno di puntare tanto in basso per punirmi?»

Proseguì lui, di nuovo vicino. Fumo e profumo, confusi e indistinti.

«Curioso. Credevo di essere io quella che sta per sposarlo»

Il gelo nella sua voce non lo ferì, come era sempre stato con Pansy.

Si erano sempre presentati così al mondo, alla voluta e ricercata incomprensione della gente, freddi e distanti, cristallizzati nella propria alterigia, ghiacciati nell’arroganza delle loro convinzioni, nella loro poca umiltà, nella mancanza di scrupoli e nel gioco sporco verso gli altri, che erano meno di loro.

Non avevano raccontato a nessuno la loro storia, si erano ritrovati a condividerne parti importanti, alcune persino combacianti, e in quel modo, in silenzio e con orgoglio avevano cercato di curarsi, pur facendosi male a vicenda la maggior parte delle volte.

«Non c’erano possibilità di scelta».

«Questo perché non siamo stati educati a scegliere il rischio, Draco»

E per la prima volte lo disse credendoci davvero. Quando ormai non c’era altro contro cui lottare, quando ogni scelta infine era stata accettata come obbligata e presa come tale. Senza armi di difesa, senza possibilità di vincere alcuna partita, forse valeva la pena dire la verità, ammettere i propri sbagli e le segrete incapacità, ora tanto palesi.

Draco la guardò senza dire niente, perché niente c’era da dire.

 

La verità poi era anche un’altra.

Era che la desiderava ancora e che non concepiva l’idea che qualcun altro potesse toccarla, accarezzarla, spogliarla, baciarla, come lui aveva potuto fare. La voleva ancora per sé, era ancora convinto di meritarla più di altri, di essere l’unico a conoscere parti di lei che a chiunque altro mai sarebbero state né svelate né concesse.

Come lui l’avrebbe toccata nessun altro avrebbe saputo fare.

Erano i suoi occhi quelli che avevano diritto di guardarla, sapendo dove e come leggere. Non ci sarebbe stato bisogno di parole, come con Astoria, che parlava in continuazione, di tutto, che a lui sembrava niente. Era sordo alle parole di sua moglie, quando invece il silenzio di Pansy, come in quel momento, era molto più eloquente e aveva un suono, faceva rumore.

Gli diceva che non voleva sposarsi, che la situazione era sfuggita di mano anche a lei, che lo desiderava, oh se lo desiderava, che tutto quello per cui si era concessa di sperare alla fine di quella guerra, era stato ritrovarlo e averlo un po’ per sé se non per sempre.

Non c’era molto altro che la vita potesse offrire a gente come loro.

Avevano già avuto tutto ciò che era inutile, e mai ricevuto quello di cui avevano bisogno.

Non c’era consolazione che il mondo potesse concedere loro se non la reciproca presenza.

Era impossibile da spiegare a terzi e qualcosa che loro stessi avevano accettato con difficoltà, ma alla fine era in quel modo che andavano le cose.

Non c’era una via di fuga certa e sicura, il tradimento era sempre l’ombra dei loro passi.

Era tutto lì, non c’era altro da aggiungere, né bugie da perpetrare inutilmente.

Quello che li spaventava tanto era il bisogno reciproco così intenso e la consapevolezza di essere altrettanto necessari per l’altro. Tanto da svegliarsi accanto ad estranei, vivere una vita non propria perché condivisa con le persone sbagliate.

Agli incubi ereditati dalla guerra si alternavano per entrambi quelli che loro stessi si erano inflitti, stando lontani. Al risveglio c’era sempre quella sensazione di incongruità, il sentirsi in una terra straniera, in vestiti scomodi di una taglia troppo piccola per contenere tutti i loro desideri.

 

Se mi guardi in quel modo è peggio, fallo, fallo e basta.

La baciò e nel farlo ritrovò consistenza e misura di sé.

Le sue labbra erano calde e morbide, avevano un sapore già conosciuto ma di cui non avrebbe saputo avere abbastanza. Si schiusero al suo bacio e lo accolsero per tutto quello che era e che non sarebbe potuto essere: giusto ed eterno.

Draco avrebbe voluto prometterle molto altro, oltre al giuramento di quel sentimento che aveva per lei, ma sapeva che lei non gli avrebbe creduto e che non era giusto per loro stessi concedersi altre illusioni.

La baciò ancora e ancora, affondando nella sua bocca e toccandola di nuovo. Tuffò le mani tra i suoi capelli, le dita sciolsero il complicato gioco di incastri e forcine che li tenevano legati con una naturalezza che le strappò il cuore. Le mani di Draco erano fredde ed esperte di lei. Accarezzarono le sue curve, insinuandosi sotto il vestito, sotto il mantello di impassibilità in cui lei si era nascosta per quegli anni in cui era stata di un altro.

Rabbrividì all’abbraccio in cui la strinse, le proprie mani esili tornarono padrone di luoghi che erano già stati suoi; nella frenesia con cui ripercorsero i sentieri della sua pelle le sembrò di recuperare la strada di casa.

 

●●●

 

«Vado a cercare Pansy».

Millicent depositò il quarto calice della serata, leggermente instabile sui tacchi alti delle decolleté.

«Io non lo farei» sibilò Blaise, serrando le dita della sua mano contro la spalla di Millicent, perché non cadesse rovinosamente sul pavimento.

Il gesto ebbe su di lei l’effetto di un quinto calice di champagne, ma Blaise finse con signorilità e un certo spirito di preservazione di non averlo notato, e si limitò a lasciare la presa appena in tempo perché lei non cercasse di concupirlo in presenza di tutta la Londra magica, o si inginocchiasse ai suoi piedi proponendogli un matrimonio riparatore di quello che di certo sarebbe fallito a breve tra Pansy e Theodore.

Millicent cancellò la delusione per la fugacità del contatto ma il risultato fu un broncio piuttosto comico e molto poco erotico.

«Ma tra poco è il suo grande momento».

Obiettò mentre la sua vista sbiadiva leggermente sui movimenti nervosi di Theodore.

Blaise ammirò il riflesso del proprio sorriso sul marmo bianco del pavimento.

«No Millicent, credo che adesso sia il suo grande momento».

 

 

What’s next

 

«Pans, il tuo grande momento è già finito?»

«Qualcuno direbbe che è appena iniziato, Milli»

 

“Sembrava una corsa contro il tempo che nessuno dei due aveva voglia di vincere”.

 

 

Thanking…

sweetchiara: La Rowling deve al suo pubblico un lungo elenco di spiegazioni u.u Astoria è un po’ vittima delle circostanze, di certo fossi stata al suo posto non avrei mai sposato un Malfoy senza essere certa che mi volesse un po’ di bene XD Già sono una piaga quando si parla di emozionalità e dimostrazioni  di sentimento, figuriamoci quando non c’è! XD / Leonard Cohen è nell’elenco di voci che venero XD insieme alla voce di Jim Morrison e Janis Joplin *_*

valy88: Oh ne sono lieta! *___* Infondo nel tunnel si sta bene, a parte il finale del settimo libro che ha un po’ rovinato l’atmosfera di festa u.u Sì il ricevimento ha preso due capitoli meritava di essere trattato in più dettagli data l’entità catastrofica XD Grazie per i complimenti =)

Entreri: Dispiace anche a me per Theodore, di fondo non credo che se lo meriti u.u Mi sento anche un po’ in colpa; ma avrà anche lui piccole soddisfazioni nella vita, d’altra parte ha avuto un istinto un po’ suicida a proporre un matrimonio addirittura! Al prossimo capitolo e grazie J

Kaho_chan: *sine verba ringrazia cercandone qualcuna* Era l’impressione che volevo trapelasse, l’inscindibilità del loro legame, ostacolato ma difficile da recidere del tutto. Gli Slytherin sono un mondo un po’ a parte, ma sono sempre stata incuriosita dal loro codice di regole segreto, ho il vizio di ficcare il naso dove forse non andrebbe messo XD Grazie ancora *.* sul serio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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