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Autore: piccolo_uragano_    04/07/2015    2 recensioni
(1992- camera dei segreti)
Oliver Baston, sesto anno, Capitano Grifondoro. Affascinante, coraggioso, fanatico del Quidditch, testardo e dolce. I suoi più cari amici si chiamano Fred e George Weasley, il che è tutto dire. Crede nell'amore ma non di essere in grado di amare.
Jo Wilson, sesto anno, Capitano Serpeverde. Purosangue nobile da generazioni, traditrice del suo sangue, testarda, furba, bellissima e con un passato scomodo e tenuto nascosto, che l'ha portata ad avere paura d'amare. Fragile, ma bravissima nel nasconderlo.
Due mondi paralleli che si incontrano per caso, fondendosi l'uno con l'altro. Come andrà a finire?
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Dal testo:
"Sei mia." sussurrò schiudendo le labbra, allontanandosi leggermente dal suo viso.
Lei sorrise, nella penombra. "Solo se stai zitto e mi baci, Baston." rispose, con un sussurro altrettanto flebile, e lui riprese a baciarla con più foga.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Jo, fradicia, arrabbiata e piena di bagagli, si trovò davanti a quella che, a intuito, era casa Baston. Aveva camminato per più di due ore sotto al diluvio, con la Nimbus, il baule e la gabbia di Nanà, mentre nella testa le parole di Candida suonavano come il ticchettio di un orologio.
Vattene, Jessica, vattene e non provare a tornare di nuovo. Dimenticati di essere stata una Wilson: noi non abbiamo più a che fare con te e tu non avrai più a che fare con noi.
Stupida, stupida donna. Era davvero sua madre, quella? Era davvero una persona? Come può una donna dire a una figlia di andarsene così?
Jo guardò quel grande portone di legno come se si aspettasse che si aprisse da solo, mentre nella mano destra stringeva ancora il biglietto che Oliver le aveva dato sul treno, con scritto il suo indirizzo in caso di bisogno. Non era molto lontano dal castello Wilson, ma Jo, senza pensarci, si era fatta due ore e mezza di camminata sotto al diluvio universale. Fece un passo indietro per osservare meglio quella casa. era semplice ma bellissima. Erano due piani, e, a intuito, al piano di sopra tre o quattro stanze, perché non era molto grande. Ma anche da fuori, Jo sentiva odore di casa e di famiglia, come nella Sala Comune dei Grifondoro. Il piano di sotto era buio, mentre da alcune delle grandi finestre del piano superiore si poteva scorgere la luce artificiale e calda delle lampadine. Era a metà tra una casa magica e una casa babbana, ed era bellissima.
Vide, dalla finestra più a nord, la chioma spettinata di Oliver spostarsi saltellando, con addosso un maglione rosso e bianco, tipico natalizio. In un secondo, Jo raccolse un sassolino dal vialetto di ghiaia su cui si trovava,  e lo lanciò dritto sul vetro di quella stanza con la sua solita precisione, spaventando a morte Oliver. Il ragazzo aprì subito la finestra, e, appena vide che era Jo, la richiuse per precipitarsi di sotto.
Jo, da fuori, vide tutte le luci accendersi, e poi il gigantesco portone spalancarsi. Oliver, senza pensare al temporale e a tutto il resto, le corse in contro, levandola da terra con un abbraccio e facendola roteare e ridere esattamente come aveva bisogno.
“Merlino, Jo!” esclamò lui.
Lei sciolse l’abbraccio e lo guardò seria. “Mi dispiace, Oliver, mi dispiace, ma non sapevo dove andare e avevo il tuo indirizzo, e …”
Lui sorrise. “Non hai resistito nemmeno tre giorni, eh?”
Lei, invece, rise. “No, questa volta, Candida mi ha cacciata.”
Oliver assunse un’espressione più seria. “Ti ha cacciata?”
Jo annuì. “Ha proibito a Blanca e a tutti quanti di darmi anche solo mezzo zellino, di ospitarmi o altro. Mi ha detto di dimenticarmi di loro, e di dimenticarmi di essere stata una Wilson. Ho preso le mie cose e ho iniziato a camminare, e …”
“Sei venuta a piedi?!”
Lei si guardò, come ad indicare le sue condizioni.
“Sembri un pulcino bagnato, Jo Wilson.”
Lei sorrise. “Solo Jo.”
Oliver le passò una mano attorno alle spalle mentre afferrava la gabbia di Nanà e le baciava la fronte. “Puoi stare qui anche per sempre se ti pare, solo Jo.”

Jo varcò la soglia di quella casa, trovandosi in una perfetta fusione del mondo magico e di quello babbano. Era semplicemente qualcosa di spettacolare: alle pareti, quadri babbani e foto magiche, e Jo poteva vedere benissimo una cucina babbana di ultima tecnologia con una torta che si stava decorando da sola, mentre su uno dei divani in pelle, una sciarpa si stava creando.
“Hugo?” chiamo Oliver, e, immediatamente, un elfo domestico apparve davanti a loro.
“Il padrone ha chiamato Hugo, signore?” chiese.
“Si, per favore, prepara a Jo la camera degli ospiti e un bagno caldo.” Rispose Oliver, con tono gentile ma deciso.
“Hugo provvede subito, signore! La signorina Wilson gradisce lasciare a me i bagagli?”
“Jo.” Lo corresse la Serpeverde, passando all’elfo il baule, la scopa e la gabbia della gatta.
“Hugo ha sentito parlare di lei, signorina! Lei ha liberato gli elfi domestici degli Wilson solo poche ore fa!”
Jo sorrise. “Non tutti, purtroppo.” Oliver la guardò con aria interrogativa. “Hai pensato che me ne fossi andata senza lasciare il segno, Oliver Baston?” gli chiese, leggermente divertita.
“Non ti smentisci mai.”
Jo stava per ribattere, quando una donna con gli stessi occhi grandi ed espressivi di Oliver comparve alla fine delle scale. Se non avesse dimostrato al massimo trent’anni e non fosse stata evidentemente incinta, sarebbe potuta essere la madre di Oliver, vista la somiglianza, ma il suo sorriso dolce e accogliente scacciò ogni domanda ed ogni dubbio. Quella era sicuramente Lucy Baston, sorella maggiore di Oliver, moglie di un Nato Babbano.
“Ciao!” disse, avvicinandosi a Jo.
“Lucy, lei è Jo. Jo, lei è la mia sorella preferita. Te la posso prestare, ora che sei una mina vagante sotto tutti i punti di vista, sai? È un’ottima sorella!”
Lucy allargò quel suo sorriso. “Lo dice solo perché sono l’unica sorella che ha.” Poi tese la mano destra verso Jo. “È un vero piacere, Jo. Oliver parla sempre di te.”
“Non è vero!” si difese subito Oliver. “Comunque, Jo, lui” e indicò la pancia della sorella “è mio nipote Viktor!”
“Viktor?” chiese Jo, incarnando un sopracciglio. “Viktor come Viktor Krum, Cercatore della Bulgaria?”
“Esattamente!” esclamò Oliver.
“Ma tu tifi i Puddlemere!” contestò Jo.
“Ma lui è il più grande Cercatore di …”
“Mio figlio non si chiamerà Viktor!” sentenziò Lucy.
“Perché no?” domandò Oliver, sfoggiando la più tenera delle sue espressioni da cucciolo abbandonato.
“Perché né io né mio marito siamo mai saliti su una scopa, Oliver.”
“Ma io sì.”
“Tu sei lo zio, non il padre!”
“Sono lo zio più importante che ha!”
“L’unico! Dan è figlio unico!”
Jo sorrise, guardandoli. Facevano ridere, perché, anche se stavano discutendo, l’affetto reciproco era quasi tangibile.
Lucy sbuffò e poi parve ricordarsi di Jo. “Oh, ma tu sei fradicia!” estrasse la bacchetta, e, con un movimento quasi inesistente, la asciugò.
“Ti ringrazio.” Disse Jo, sfoggiando uno dei suoi sorrisi mozzafiato.
“Lucy, sai che ho battuto Jo all’ultima partita?”
“Solo perché il mio Cercatore che preferisce insultare il tuo piuttosto che cercare il Boccino maledetto.” Sbuffò Jo.
“Ho vinto comunque!”
“Ti ho segnato sette gol, prima.”
Oliver parve colpito nell’orgoglio, e, prima che potesse rispondere, l’elfo domestico apparve di nuovo davanti a loro. “Signorina Jo, Hugo ha preparato la stanza degli ospiti ed il bagno caldo per lei, signorina!” squittì.
“Oh, grazie, Hugo.” Rispose Jo.
Oliver le posò una mano sulla schiena. “Vieni, serpe, ti faccio strada.”

Jo si trovò in una stanza rettangolare con un gigantesco letto matrimoniale e un terrazzo che dava sul giardino.
“Wow.” Sospirò. “Merlino, Oliver, è bellissimo qui.”
Lui sorrise. “Ti aspettavi uno sgabuzzino?”
“Forse.” Rispose, facendo spallucce.
“Fatti un bagno caldo, hai ancora la faccia da pulcino bagnato. Io ho la stanza qui accanto, se hai bisogno.” fece per andarsene, ma lei lo fermò dicendo: “Oliver?”
“Sì?”
“Grazie.”
Oliver sfoggiò uno di quei suoi sorrisi che avrebbero mandato fuori di testa chiunque, poi si chiuse la porta alle spalle, canticchiando l’inno di Hogwarts.

Quando Jo, con i capelli ancora umidi, un pacchetto in mano e un maglione appartenente ad una vita precedente, scese le scale in cerca di Oliver, era esattamente mezzanotte. Trovò Oliver in cucina, mentre sfogliava una rivista di Quidditch,davanti a due tazze fumanti. Era sicura di non aver fatto rumore, perché quando Oliver quasi per caso alzò lo sguardo e la vide, sobbalzò.
“Sono messa così male?” chiese, ridendo.
“No!” rispose subito lui. “Solo che non ti avevo sentita.”
Lei porse ad Oliver il pacchetto regalo, avvolto in una carta dorata con nastro rosso. “Buon Natale.”
Lui rimase stupito. “Ma …”
“No, è mezzanotte. Puoi aprirlo.”
“Allora, aspetta! Vado a prenderti il mio!” disse, correndo in salotto. Estrasse, da sotto al gigantesco albero di Natale, un pacchetto regalo confezionato con  gli stesso colori del regalo che Jo aveva appena fatto a lui. Quando se ne accorse, scoppiò a ridere.
“Buon Natale, Jo.” Sussurrò lui.
“Buon Natale, Oliver.” Rispose lei, ed erano talmente vicini che poteva quasi sentire di nuovo il sapore delle labbra del grifone sulle sue. Scacciò il ricordo di quella notte con semplicità e tornò a sorridere, ma Oliver notò subito che qualcosa nel suo sguardo, era cambiato.
“A che pensi?” le chiese.
Lei si ritrovò costretta a distogliere lo sguardo. “Penso che sto bene con te.”
“Io stavo pensando a quando abbiamo fatto l’amore.” Buttò lì lui, con una semplicità sconcertante.
Lei tornò a guardarlo, mostrando due occhi lucidi e due guance rosse. Istintivamente, lui la attirò a sé e la baciò con dolcezza, posandole una mano sui fianchi e una dietro la nuca, come a volersi accertare che lei non sparisse improvvisamente. Jo, in tutta risposta lasciò cadere il suo regalo per Oliver per portare le sue mani dietro al collo di Oliver e attorcigliare ciuffi ribelli attorno alle sue dita, assaporando la consapevolezza che voleva lui almeno quanto lui voleva lei, e che ormai ci era dentro con entrambe le scarpe, e non c’era modo di uscirne.

Jo aprì un occhio, quasi spaventata all’idea che tutto quello che era successo fosse solo un sogno. Sentendo un pesante braccio attorno alla vita, un respiro sul collo e il dolce profumo di Oliver un po’ ovunque, però, capì, che era tutto vero. La prima cosa che vide, fu la foto della squadra dei grifoni sul comodino. Oliver, tra i due gemelli, rideva come non mai. Dietro al comodino, una finestra (probabilmente la stessa alla quale lei aveva lanciato un sassolino la sera prima) tradiva uno strano silenzio ovattato e un bianco troppo esteso perché si trattasse ancora della pioggia di poche ore prima. Dormire abbracciata ad Oliver era, forse, la cosa più bella che avesse mai fatto. Fare l’amore con lui era bello in un altro modo, ma dormirci insieme era anche di più, perché  non aveva bisogno di sognare, tutto ciò che voleva era lì, accanto a lei. Era bello anche perché lei, sin da bambina, non aveva mai dormito bene. Dormire con lui, invece, scacciava i brutti pensieri e la faceva dormire serenamente.
Sentì chiaramente Oliver sorridere sulla sua spalla, e sorrise anche lei, senza nemmeno rendersene conto.
“Buongiorno.” Sussurrò lui.
Lei si girò per guardarlo, coronando il saluto con un bacio.
“Che bel buongiorno.” Gli disse lei, sorridendo come mai.
Lui rise. “Dobbiamo alzarci.”
Jo si lasciò cadere sul cuscino. “Dobbiamo?” chiese, con il tono di una bambina capricciosa.
Lui si stese accanto a lei. “Dobbiamo. È Natale.”
“Vuol dire che arriveranno tutti i tuoi parenti e farete un pranzo di Natale alla babbana?” chiese poi spaventata.
Oliver non perse il sorriso. “No. Mia sorella e suo marito andranno dai miei zii, io e te siamo stati invitati dagli Weasley.”
“E i tuoi genitori?”
Lui esitò. “Mio padre è morto, un paio di anni fa, e mia madre … è uscita di senno, diciamo. Tutti credono che sia in viaggio, ma vive da sua sorella. Loro avevano passato tutta la vita insieme, sai, e … per lei vivere senza di lui è qualcosa di inconcepibile.”
Lei rimase di sasso. Si sentiva in colpa: si era sempre lamentata degli Wilson, senza mai rendersi conto che loro, almeno, erano tutti interi. Non trovava parole, e quelle che trovava le morivano in gola.
“Non ti preoccupare per me,Jo Wilson: ho una sorella fantastica, un cognato cretino almeno quanto me e avrò anche uno splendido nipotino, fra tre mesi.” Si girò per guardarla meglio. “E poi ho te, che mi rendi felice con un sorriso a metà.”
Lei, agendo d’istinto, lo attirò a sé e lo baciò di nuovo, con dolcezza e senza fretta. Poi,con altrettanta dolcezza, si staccò dalle sue labbra e sussurrò: “Scusa.”
“Per cosa?” chiese lui, con stupore.
“Perché non sono la ragazza fantastica che ti meriteresti.”
“Smettila, Jo. Non cambierei una virgola di come sei.”
Lei accennò un sorriso. “Davvero?”
“Davvero. Mi piaci da matti così come sei. Mi piaci perché prendi il caffelatte alla mattina, perché porti i maglioni di tre taglie più grandi della tua, perché ti mangi le unghie, perché strilli sempre, perché disegni sui miei appunti, perché sei sempre spettinata, perché mi insulti ogni due parole, perché non hai esitato ad entrare nella mia vita con la delicatezza di un Bolide, mi piaci perché mi fai le linguacce, perché mi compri il regalo di Natale, perché ti porti quella gatta ovunque, perché sei fatta così, e sei esattamente ciò di cui ho bisogno. C’è una parte di me che si sta già perdutamente innamorando di te, Jo, e io non ho la minima intenzione di fermarla, se ti interessa saperlo.”
Jo, con il cuore a mille, si alzò e lo guardò da lontano, con gli occhi pieni di paura, mentre lui rimase lì, a tenersi la testa sulla mano, lei lo guardava, con addosso una canotta e delle mutande, in piedi in quella stanza rossa e oro.
“Io non sarò mai capace di darti l’amore che ti meriti, Oliver. Non so farlo, non mi è mai stato insegnato, però ho questo mostro nello stomaco che parte a ballare se stai accanto a me e mi fa stare bene, e poi con te accanto mi sembra sempre tutto più bello. E non sono brava a dire queste cose, perché mi è già successo che qualcuno mi ferisse, e non è stato piacevole, però ora ti guardo e mi rendo conto che lui non era nemmeno un decimo di quello che sei tu, e, voglio dire …”
“Jo.”
“… sono quel che ti meriti, ma …”
“Jo.”
“ … voglio averti accanto.”
Lui si alzò e si mise davanti a lei, con addosso solo i boxer. “Potremmo provarci, sai? Senza dirlo a nessuno, potremmo provarci, ad essere qualcosa di più, io e te.”
Noi.” gli sussurrò. “Noi. Questo lo so dire.”
Noi.” mancava pochissimo ad un nuovo bacio, quando qualcuno bussò alla porta.
“Oliver, noi andiamo! Saluta Jo!” disse Lucy, dall’altra parte della porta.
Jo rise. Lucy sapeva, sapeva tutto.
“Possiamo provarci davvero?”
“Senza dirlo a nessuno?”
“Non so, hai raccontato a qualcuno della notte nella vasca?”
Jo sorrise con aria di finta innocente.  “Ehm, no.”
“Lo hai detto a qualcuno?” chiese lui ridendo, iniziando a farle il solletico.
Jo scoppiò a ridere. “Oliver! No, è un colpo basso questo!”
“Lo hai detto a qualcuno?”
“Smettila!”
“Lo hai detto a qualcuno o no?”
“Scommetto che lo hai fatto anche tu!”
“Non sto dicendo di non averlo fatto, ti sto chiedendo se lo hai fatto anche tu!”
Lei, senza smettere di ridere, riuscì a liberarsi della sua presa. “Si, si, ne ho parlato con Caty quando eravamo ubriache.” Ammise, poi.
“Solo a Caty?”
“Solo a Caty. Tu a chi lo hai detto, oltre a tua sorella?”
“Come fai a sapere che ne ho parlato con mia sorella?”
“Si capisce! A quanti lo hai detto oltre a lei?”
“L’ho detto a Fred e George.”
Jo spalancò la bocca. “Fred e George Weasley! Le persone più indiscrete del Regno Unito!” si mise letteralmente le mani nei capelli.
“Sono degli ottimi amici!”
“Non sto mettendo in dubbio questo, dannazione, sto mettendo in dubbio il loro concetto di ‘privacy’!”
“Merlino, Jo! Tu mi hai portato via dal dormitorio e sono tornato la mattina dopo con dei succhiotti grandi quanto una Pluffa, e anche tu! Non è colpa di Fred e George!” strillò lui, mentre si allacciava i bottoni di una camicia di lino.
Lei, intanto, recuperò i suoi pantaloni. “Ma tu hai confermato il tutto! Dove sono i miei calzini?”
“E io che ne so?” chiese, ridacchiano. Poi si avvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani. “Non parliamone più, okay? Chi vuole ci arriva. Sono amici, e gli amici non chiedono.”
“Lo dirai a Caty?”
“Che cosa c’entra la Roxel adesso?” chiese, con l’aria di essere già stanca di litigare, mentre si infilava la stessa camicetta che aveva alla festa per la vittoria dei grifoni.
Lui le si avvicinò. “Niente, amore, niente, non parliamone più.” Le disse, baciandole a stampo le labbra.
“Che cosa hai detto?” chiese lei con un sorriso beffardo.
“Che non ne dobbiamo parlare più.”
“Idiota. Prima.”
Lui sorrise. “Scusa, ma … sei bellissima quanto ti impunti su qualcosa, te l’ho mai detto?”
“Oliver.” Gli disse con aria seria.
“Jo?”
“Io non lo riesco a dire.” Replicò lei seria. “E questo mi fa arrabbiare ancora di più.” Ringhiò, poi.
Lui la baciò di nuovo. “Non voglio che tu me lo dica. Te lo dirò io, qualche volta.”
Lei lo baciò di nuovo. “Okay.”
“Okay.”

.
“Non ce l’hai fatta a stare lontana da noi per tre giorni, vero, Wilson?”chiese Fred, aprendo la porta di casa Weasley.
Jo allargò il suo sorriso. “No, hai ragione.” Poi indicò il sacchetto che aveva in mano. “Ho portato un po’ di arrosto.”
“Wow!” esclamò George, dietro di lui. “Sai cucinare, Jo?”
“Sì.” confermò Oliver, entrando dopo di lei, levandosi la giacca con naturalezza. “E anche piuttosto bene.”
Piuttosto?” chiese Jo, spalancando la bocca.
“Cucini meglio di come voli, questo è sicuro.” Replicò il Portiere.
“Io volo divinamente.”
“Ecco che ricominciano.” Sbuffò Fred.
“Mamma?” chiese Jo, chiamando a sé la signora Weasley. “Posso presentarti Jo Wilson?”
“Wilson?” chiese la donna, rimanendo folgorata dalla bellezza di Jo.
“No, gli Wilson mi hanno cacciata di casa. sono Jo, solo Jo.” Rispose, con uno dei suoi sguardi di ghiaccio, porgendo la mano a Molly Weasley.
“Ciao, cara! Io sono Molly, Molly Weasley, la madre dei tuoi amici scalmanati.” Disse la donna, stringendole la mano. “E se non hai dove andare, possiamo farti spazio, sai, non costa nulla stringersi un po’ …”
“Molly, lei sta già da me.” disse Oliver, porgendole l’arrosto. “E ha cucinato questo in dieci minuti, non so come abbia fatto.”
Jo alzò le spalle. “Spero vada bene.” Disse, porgendolo a Molly.
“Oh, è … è fantastico, grazie! Davvero!”
Jo rise, salutando anche Percy e la piccola Ginny, che sembrava assente e lontana. Si sedettero a tavola, scherzando, ridendo di ogni cosa. Era semplice, era tutto così semplice da non sembrare reale. Jo guardò Oliver, e gli sorrise. Poi guardò Fred e George, rivolgendo a loro un sorriso diverso, un sorriso complice. Poi si guardò attorno, in quella cucina grande quanto la metà dell’atrio del castello Wilson, ma – Jo lo avrebbe giurato – al castello non si era mai sentita a casa e in famiglia come in quel momento.



Non credo di avere nulla da dire, se non grazie a Sara che mi regala sempre parole d'affetto e che ama questo storia almeno quanto la amo io.
   
 
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