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Autore: RiceGrain    17/01/2009    1 recensioni
Janine non ricorda niente del suo passato. Il terrore per una donna dai capelli rossi, l'odio per il caramello e un sogno che la perseguita sono le uniche cose rimastele di quel passato dimenticato. Ma chi è in realtà Janine?
Ambientata durante Twilight, ma con la storia principale ha poco a che fare, è più che altro un background per contestualizzare la mia storia.

Cercando di non dare peso alla sensazione di nausea alla bocca dello stomaco, presi la barretta e la gettai nel cestino. L’odore del caramello mi faceva venire da vomitare.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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“Credi di poter passare a casa mia dopo scuola

Innanzitutto, scusatemi per l’enorme assenza dalle scene…faccio pena..scusate..è che l’ispirazione mancava, lo studio incombeva e ho lasciato perdere questa storia per un bel po’…ma adesso sono tornata! E stavolta non ci metterò i millenni prima di aggiornare, lo prometto!

Un grazie particolarissimo alla mia unica commentatrice, doddola93! Grazie mille per tutto quello che mi hai detto nel tuo commento, mi hai dato davvero un aiuto a ritrovare l’ispirazione e la voglia di continuare!

 

 

“Vieni da me dopo scuola?”mi chiese Libby non appena prendemmo posto al nostro solito tavolo nel laboratorio di Biologia.

Il chiacchiericcio dei nostri compagni era un mormorio talmente fastidioso per il mio mal di testa incalzante che fui quasi tentata di scappare in corridoio.

“Dio, devono proprio parlare così tanto?” esclamai massaggiandomi le tempie e sbattendo con noncuranza il quaderno sul ripiano del tavolo. ”Comunque non posso venire da te. Vado a Port Angeles con i miei. Sai mia madre quanto tiene alle gite in famglia e via dicendo.”

“Peccato, avremmo potuto goderci il temporale insieme..rovistare fra le vecchie cose della mia bisnonna in soffitta, cose così…”

“Libby, le cose della tua bisnonna le conosciamo a memoria. Ci abbiamo passato 7 anni con i gomiti immersi in quei vecchi bauli, non ne hai ancora abbastanza?”

“Per la verità no, Jan.”

Alzai gli occhi al cielo e iniziai a prendere appunti mentre il signor Banner iniziava la sua spiegazione sull’anatomia cellulare.

 

Era quasi impossibile trovare qualcosa di più noioso della Biologia, eppure esisteva…il signor Banner che la spiega. Quello era il top nella hit parade della Noia Mortale; dopo neanche 10 minuti di spiegazione, e dopo che mi ero persa nei suoi discorsi circa 25 volte, avevo rinunciato a prendere appunti, limitandomi a scarabocchiare cose senza senso ai bordi del quaderno.

Ci misi qualche altro minuto per la verità per rendermi conto che forse del tutto senza senso, quegli scarabocchi non lo erano affatto.

Sollevai la penna dal foglio e sbarrai gli occhi sulla pagina di fronte a me. Una miriade di lettere B, dalle forme più contorte, la ricopriva completamente.

Corrucciai la fronte confusa, forse avevo toccato il punto di non ritorno, mancava davvero poco e mi avrebbero internato.

B? Non conoscevo nemmeno nessuno il cui nome iniziasse per B, e poi…come diamine avevo scritto? Ero sicurissima di non essere capace di scrivere in quel modo così arzigogolato, ricercato…antico era l’aggettivo forse più appropriato.

“Cos’ha Edward?” Libby che mi sussurrava impercettibilmente all’orecchio mi fece distogliere lo sguardo dal quaderno.

Mi voltai due file più indietro e aggrottai le sopracciglia.

Edward Cullen ed Isabella Swan erano compagni di banco, ma lui sembrava tutt’altro che felice in proposito. Stringeva convulsamente il pugno sulla sua gamba sinistra, come se fosse sul punto di esplodere da un momento all’altro.

“Neanche mi ero accorta che la nuova ragazza fosse nella nostra classe. Banner non ce l’ha presentata…” mi limitai a commentare.

“…Dio che faccia che ha Edward…” aggiunsi poi.

“L’avevo detto che sarebbe successo. “ esclamò Libby continuando a sussurrare, nonostante la nota di un’eccitazione palpabile le colorasse la voce. “La sua parte aliena sta prendendo il sopravvento. La copertura sta per saltare Jan, e noi saremo testimoni! Dio, devo prendere appunti!”

“Finiscila stupida” le detti una gomitata e risi sottovoce.

“Non trovi che sia affascinante? Cercare di trattenersi, di contrastare la propria natura per non mettere in pericolo gli altri…”

Ok, Libby era partita.

“Libby, vuoi un consiglio? Metti tutte queste idee per iscritto e mandale al produttore di Roswell. Sai quanto amavo quel telefilm, potresti scrivere un ottimo sequel ed io ti sarei grata per la vita.”

“Non mi prendi sul serio Jan.”

“Ma come potrei?

Libby sbuffò e distolse lo sguardo dai nostri compagni “Banner ci guarda…” e riprese a scrivere.

 

Trascorsi il resto della lezione con la testa completamente sulle nuvole,  quella giornata era cominciata completamente distorta e man mano che andava avanti si faceva sempre più difficile da sopportare.

Ci mancava solo che iniziassi a sentire le voci, e poi tanto valeva che andassi a rinchiudermi in un manicomio con le mie stesse mani.

Mai fui più contenta, perciò, di udire il suono della campanella, che mi fece sbatacchiare il quaderno dentro lo zaino nel più repentino dei modi.

Per fortuna avevo un’ora libera adesso che avrei sicuramente impiegato in

biblioteca per portarmi avanti nella lettura di Dubliners di James Joyce, uno dei miei scrittori preferiti.

Quando richiusi lo zaino e alzai gli occhi per guardarmi attorno, notai che Libby e Mike Newton erano al tavolo di Isabella Swan.

Edward si era volatilizzato, invece.

Chissà perché, la cosa non mi stupì affatto.

 

Oddio, Mike iniziava già con i suoi patetici tentativi da “Sono-un-bravo-ragazzo-di-me-ti-puoi-fidare-non-voglio-portarti-a-letto” per accattivarsi le simpatie della nuova arrivata, e per l’ennesima volta mi chiesi cosa avessero i maschi al posto del cervello da non permettergli di notare che trucchi del genere con ragazze come Isabella Swan erano tutt’altro che vincenti.

“Serve aiuto per trovare la prossima lezione?” gli sentii dire non appena mi avvicinai al gruppetto, e l’espressione che accompagnava tale domanda avrebbe fatto venire la nausea a chiunque.

“Parti già all’attacco Mike?” intervenni io a quel punto, sorridendo leggermente.

“Ciao, sono Janine” aggiunsi poi, tendendo una mano ad Isabella.

“Bella” mi rispose lei, stringendomi la mano e sorridendomi, decisamente sollevata da quell’interruzione.

“Comunque devo andare in palestra, credo di potercela fare”

“Allora facciamo la stessa strada” esclamò Libby, rintrufolandosi nella conversazione.

“Spero per te che ti piaccia la pallavolo”

“Veramente la odio”

“Perfetto, ci intendiamo da subito Bella” continuò Libby sistemandosi gli occhiali sul naso e strizzando gli occhi, un gesto che faceva sempre quando era felice.

A quel punto, Mike ritornò all’attacco “Ci vado anch’io” esclamò al colmo dell’entusiasmo, come se avesse ricevuto la più grande notizia della sua vita.

Da dietro le sue spalle alzai gli occhi al cielo in direzione di Bella e lei scoppiò a ridere di rimando, proprio mentre il diretto interessato si voltava per vedere cosa stava succedendo.

“Allora ci vediamo ragazzi” mi affrettai ad esclamare, e zaino in spalla uscii dall’aula.

 

Il corridoio era semi deserto - immaginai che tutti fossero già alle loro rispettive lezioni - e il troppo silenzio che vi regnava mi stimolava pensieri di cui avrei fatto volentieri a meno.

Chi era B?? Aveva a che fare con i miei sogni ricorrenti? Forse quel passato tanto lontano e dimenticato stava tornando lentamente a farmi visita, in una maniera molto più definitiva stavolta.

Magari stavo iniziando a ricordare.

Sospirai sconsolata, perché non potevo essere una normale diciassettenne con problemi simili a quelli di tutti gli altri? L’acne e i fidanzati sarebbero stati un prezzo da pagare decisamente più accettabile  per gli anni burrascosi dell’adolescenza, rispetto a sogni inquietanti e sprazzi di memorie completamente dimenticate.

“Ciao Janine” mi voltai di scatto al suono di una voce talmente melodiosa, che per un secondo mi domandai se l’avessi udita veramente.

“R…Rosalie” riuscii a balbettare confusa, alla vista della ragazza probabilmente più perfetta su cui avessi mai posato gli occhi.

Da quando Rosalie Hale mi salutava?

Anzi, da quando Rosalie Hale salutava qualcuno che non fosse i suoi fratelli?

“Stai andando a studiare anche tu?” notai che stringeva un libro tra le mani e mi sorrideva amichevolmente.

Credetti di sognare.

Stava davvero sorridendo a me in quel modo così amichevole? La Regina delle Nevi, come era stata simpaticamente ribattezzata da Chenille?

“Beh veramente non proprio…leggo e basta”

“Oh, io devo ripassare Spagnolo”

Mi tenne la porta della biblioteca aperta sempre continuando a sorridere con quella perfetta inclinazione delle labbra carnose che mi stava facendo sentire inadeguata ogni istante di più.

C’era decisamente qualcosa di sbagliato in tutto ciò.

“Possiamo metterci lì” proseguì la mia deliziosa compagna di studio, indicandomi un angolino appartato, con un dito diafano e sottile.

Annuii stupidamente e seguii il suo incedere leggiadro verso il piccolo tavolo di legno scuro.

Se qualcuno dei miei amici mi avesse vista in quel momento, avrebbe stentato a credere ai propri occhi, del resto io stessa ero abbastanza restia a credere che ciò stesse capitando effettivamente a me.

Comunque, decisi di fare finta di niente. Aprii il mio libro e iniziai a leggere, tentando di ignorare l’incombente presenza di Rosalie seduta di fronte a me in un modo che avrebbe fatto invidia  a qualsiasi supermodella.

 

“Beh…” mi schiarii la voce dopo un po’, alzando gli occhi dalle pagine e notando che Rosalie aveva lo sguardo fisso su di me, il libro ancora chiuso.

“Non studi?”

“Già fatto, sono una lettrice veloce.”

“Ah…beh..io non ancora” e indicando con la testa il mio libro, mi reimmersi nella lettura.

Non saprei dire quanto effettivamente passò prima che la sua voce musicale tornasse a farmi distogliere l’attenzione dalle vicende di Eveline e dalla sua decisione di non partire con il suo bel marinaio.

“Non trovi anche tu che questa città faccia pena in quanto a bei ragazzi?”

Alzai di nuovo lo sguardo su di lei, gli occhi color topazio innaturalmente fissi. Per un attimo fui attraversata da un brivido.

“Non saprei, Rosalie. I ragazzi non mi interessano molto.”

Non battè ciglio.

“Poi tu hai Emmett, no? Ti assicuro che la quasi totalità della popolazione femminile di questa scuola ti detesta per questo”.

Le sue labbra scolpite tornarono a sorridere “Già”

Più tempo passava, più mi convincevo dell’assurdità della situazione.

“Hai detto che i ragazzi non ti interessano? Janine non ci credo…ci dovrà pur essere qualcuno”

Sorrisi incredula. Adesso dovevo pure convincere una completa sconosciuta della mia totale indifferenza verso il genere maschile di Forks?

“Ti giuro. Tanto non starò a Forks per sempre. Non ho bisogno di trovarmi un ragazzo.”

Il silenzio caddè nuovamente fra di noi, così ripresi a leggere per l’ennesima volta.

Rosalie non mi interruppe più, e quella quiete improvvisamente innaturale mi fece scivolare lentamente nel sonno.

 

 

“Nooooooooo!” il pavimento di marmo era così duro da farmi sanguinare le ginocchia quando vi scivolai sopra allo stremo delle forze.

 In quel momento non me ne importava niente del dolore fisico, non ora che il vuoto che mi si era aperto nel petto mi stava trascinando verso un abisso dal quale sapevo che difficilmente sarei riemersa.

 

“Nooooo!” aprii gli occhi spaventata e sconvolta, e trovai la faccia preoccupata di Rosalie a un centimetro dalla mia.

“Va tutto bene? Ti sei addormentata e poi hai cominciato a gridare”

Deglutii convulsamente e mi chinai a raccogliere il libro, scivolatomi dalle ginocchia.

“E’ tutto a posto. Ho solo avuto un incubo, mi capita spesso”

Per un attimo credetti di cogliere qualcosa nel suo sguardo di miele, ma l’istante successivo, qualunque cosa fosse era scomparsa.

“E’ meglio che vada” mi alzai e senza aspettare una sua risposta mi precipitai fuori.

 

Ero ancora agitata dalla nitidezza del sogno, stavolta era stato così vivo, reale…e completamente diverso da tutti gli altri.

Non la smettevo di ansimare e mi fermai contro la parete degli armadietti per prendere aria.

Il dolore che avevo provato in quel sogno era stato così intenso che mi fece scoppiare a piangere.

Non avrei mai potuto credere che si potesse provare un’ atrocità simile.

 

Dentro di me, qualcosa cominciò a risvegliarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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