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Autore: Aven90    09/07/2015    1 recensioni
Ricordate Christian Jackson e le sue vicissitudini nel cercare il serial killer delle Pillole? perfetto, questa storia è ambientata tre anni dopo e lo vede ancora una volta al centro della scena! Quando ormai tutto sembrava finito, ecco che si ricomincia a danzare sul filo di un nuovo assassino seriale.
Genere: Commedia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era un giorno qualsiasi a Musgans. Il sole sorse e i galli in periferia avevano cominciato a fare casino.

Tutti, nessuno escluso, avevano cominciato la routine, anche se in un certo magazzino tre persone avevano perso la notte per preparare tutto a puntino.

Ognuno di loro, e precisando che uno di loro tre era con la sedia a rotelle, aveva un compito ben preciso.

Mentre Anthony e la sua squadra stava lavorando al caso non si capiva come, Christian si recò in borghese e con una barba finta vicino la Questura, dove sapevano che Joffrey era uso a fare colazione. Al bar, ovviamente, a mangiare quel giorno un cornetto con la crema gialla.

Secondo il piano, Christian avrebbe dovuto chiamare Lucinda “Veronica”. No, non era ubriaco, era il copione.

“Pronto, Vero? Ciao, tesoro… no, figurati… allora ci vediamo alle sei di stasera, porto anche mio padre, sai ha la sedia a rotelle. Vengo con la solita Ford blu”

Whiskers si era lamentato del fatto che doveva chiamarlo padre, ma lo svolgersi degli eventi lo richiedeva. Mai avrebbe pensato una cosa simile.

“Ci vediamo alle sei davanti al negozio di scarpe di via Impero Romano, ok ciao” e chiuse la telefonata. Siccome Christian si era seduto proprio accanto a Joffrey, egli era venuto a conoscenza che alle sei di sera davanti al negozio di scarpe della via Impero Romano qualcuno avrebbe incontrato Veronica col padre con la sedia a rotelle.

E lì sarebbe stato anche lui. Un modo per far arrivare la morte veniva sempre, e passò la giornata non solo a bighellonare come suo solito, ma a riflettere su come e cosa usare per perpetrare un ottimo omicidio, un omicidio che lo avrebbe fatto schizzare nella top three dei più noti assassini della città.

Ce n’erano piuttosto due assassini molto noti e che poi ebbero finito i loro giorni. Uno era Lucius Cutthroat, il quale aveva ucciso nottetempo ventidue persone in tredici anni ed era stato acciuffato e condannato a morte; l’altro era Marcus Morderin, il quale dopo aver assassinato ventisette fra donne e uomini, sparì nel nulla e non si era mai saputo niente di lui. Si seppe il nome solo perché a un certo punto il signor Morderin, rispettabile impiegato di banca, si era assentato dal lavoro non giustificando. Da qui si seppe che il Morderin aveva ucciso tutta quella gente poiché sua parente. E sì, era imparentato con ventisette persone.

Ora, perché stiamo parlando di due assassini vissuti nel Novecento? Perché Joffrey si rifaceva a loro, nel suo modo di uccidere, anche se non condivideva gli stessi ideali dei suoi predecessori.

Così, sospirando ed essendo pronto a qualsivoglia conseguenza, attese seduto sulla panchina ad attendere che fossero le sei del pomeriggio.

Era convinto che non l’avrebbero mai scoperto, nonostante la sua lingua lunga lo avesse tradito più e più volte, a cominciare dalla sua previsione di ulteriori quattro omicidi. Ed era convinto anche che suo padre si sarebbe pentito delle sue malefatte, ma non era il momento di pensarci. Era piuttosto il momento di vedere dove si trovasse in effetti la Via Impero Romano e trovare il mezzo pubblico che lo avrebbe condotto in quel frangente. Accese dunque il telefono e lo connesse, col 4g, su Google, un motore di ricerca che ogni tanto fa vedere cose strane nella sua homepage.

Così scrisse “Via Impero Romano” e il motore, da esemplare serio qual era, glielo fece vedere subito.

Non era molto distante da dove si trovava, ovvero al parco, ma avrebbe dovuto prendere per forza un mezzo pubblico, altrimenti rischiava di arrivare in ritardo. Il mezzo pubblico in questione era l’autobus, ovvero un mezzo gommato che serve a trasportare più persone facendole scendere in varie fermate. Ora, se un autobus ha sette fermate ma le persone sono trentacinque, quante fragole oggi ha venduto zio Amedeo?

Ora, tutto questo per dire che Joffrey Lampard, il serial killer dei numeri, aveva intenzione di prendere il sette barrato.

Il sette barrato, come certamente molti di voi sapranno, fa quel tragitto che passa per la via Impero Romano ma poi svolta a un certo punto, e visto che il negozio di scarpe, secondo Google Maps, si trovava vicino l’ultima fermata, a Joffrey toccava scendere prima.

Ma ecco che l’imprevisto era sempre dietro l’angolo.

Sta di fatto che a Musgans saliva sempre almeno un controllore. C’era questa piaga sociale, inesistente in nessun’altra città, tranne che in questa metropoli disastrata.

E stette di fatto che nel sette barato salirono ben tre controllori: uno si mise accanto il conducente e altri due rovistavano fra i passeggeri alla cerca di un agognato biglietto.

Anzi, a dire il vero non cercavano i biglietti per sé, ma per verificare se tutti i passeggeri avessero obliterato prima di entrare. Il fatto era che un servizio pubblico, per poterne usufruire, bisognava acquistare il biglietto e poi obliterarlo sul messo, altrimenti eri considerato un contravventore e bisognava pagare una multa.

“Biglietto, prego” disse un controllore dunque a Joffrey.

Quest’ultimo prese tempo. Sapeva benissimo che non aveva il biglietto, ma siccome si stavano approssimando le sei del pomeriggio non poteva perdere tempo. Ad ogni modo, non sarebbe stato un problema pagare l’eventuale multa.

“Come, scusi?” chiese Joffrey, dopo un po’. “Mi perdoni, ero sovrappensiero”

“Biglietto, prego” ripeté pazientemente il controllore.

“Biglietto… di cosa, mi scusi? Possono essercene tanti, sa? Dell’autobus, della lotteria…”

Ormai era molto vicino alla fermata decisiva. Ora o mai più.

“In questo caso mi serve dell’autobus. Ce l’ha o non ce l’ha?” chiese il tizio a Joffrey, non volendo perdere tempo. Insomma, quella sera ci sarebbe stata la partita di basket di coppa, e allora.

“No, non ce l’ho” rispose Joffrey, candidamente. Gli era venuta un’idea, e forse l’avete intuita anche voi che mentre leggete giocate a Candy Crush.

“Documenti, allora” e stavolta il controllore venne soddisfatto. Gli pervenne una carta di identità e ovviamente il nome di Lampard fece smuovere qualcosa nella memoria del tizio.

“Lampard? Sei per caso parente del Questore?”

“Sono suo figlio. E adesso mi faccia scendere, prima che perda la fermata”

Il controllore rese il documento a Joffrey e si allontanò spaventato. “Mi scusi, mi scusi. Ovviamente può salire quando vuole... anzi mi offro io stesso come mezzo di locomozione”

Così il ragazzo col cappotto grigio scese e notò per prima cosa il famoso negozio di scarpe. Erano le diciassette e cinquanta minuti, e lui era presente.

Di lì a poco, sarebbero dovuti venire quel tizio e suo padre con la sedia a rotelle, e una certa… una certa… aveva dimenticato il nome, ma di sicuro poteva essere solo una signora che aveva a che fare con un tipo con il padre paraplegico.

Le diciassette e cinquantacinque. Joffrey aveva con sé la sua mitica Beretta, che tanto lo aveva aiutato in quei giorni. Ormai non aveva più importanza cercare di diversificare l’arma del delitto, sapevano anche i muri che era lui l’assassino.

E finalmente, tre minuti prima delle sei, una Ford blu arrivava da destra e parcheggiava. Joffrey capì che era il momento.

Estrasse la Beretta, e sorridendo a Veronica, la quale stava sorridendo alla Ford, sparò alle gomme della vettura, la quale tuttavia non andò a sbattere da nessuna parte, perché Christian si fermò di colpo, e grazie alla frenata parcheggiò.

Lucinda ebbe la prontezza di spirito di puntare la pistola sulla tempia di Joffrey e sibilargli all’orecchio “Sei in arresto”.

///

Christian, Lucinda e Whiskers ormai erano talmente assenti dal quartier generale della polizia che nessuno ne sentiva più la mancanza, a parte ovviamente Brad e Hilary, ma loro erano troppo impauriti nel chiedere qualcosa, perché al sentire il termine “Commissario”, Anthony cominciava a sbraitare e parlare in una lingua arcaica che neanche lui conosceva. E, se era già di malumore, cominciava anche a sparare al soffitto, che già bucato aveva lasciato che parecchi piedi del piano superiore cadessero.

Così i magnifici tre, di cui due invischiati nella lotta personale di Whiskers e incolpevoli di tutta la vicenda, attuarono il piano losco che se fosse riuscito non avrebbe portato nessuna vittima. E senza che Anthony dicesse o facesse nulla per fermarli, poiché aveva quelle reazioni quando si parlava dell’amico fraterno che ogni mattina gli offriva la iris, cosa che in quel periodo non era più.

Così, mentre lui e la sua squadra erano a un punto morto e non sapevano che pesci pigliare, pur girando sempre attorno alla soluzione senza mai afferrarla (esatto, come una mosca), gli altri tre avevano ideato un’ottima esca, che si era conclusa come abbiamo visto.

Christian sapeva già che Joffrey avrebbe sparato alle gomme, così non appena si accorse che la sua vettura smise di aiutarlo, frenò inchiodando e, sgommando senza pietà perdendo molti centimetri di battistrada (tanto la macchina era di Whiskers), parcheggiò perfettamente davanti al negozio di scarpe, con Lucinda che minacciava Joffrey con la pistola d’ordinanza, puntando la canna alla tempia sinistra del povero ragazzo.

“Spiega come mai hai un’arma” sibilò la ragazza, che non era solo chiacchiere e sesso. “Spiega come mai sei qui, insomma spiega tutto. Altrimenti ti ammazzo”

“Ti conviene confessare, ragazzo” disse Whiskers, che aveva perso quarantadue anni di vita dopo la manovra pericolosa di Christian, ma era ancora vivo.

Joffrey sospirò. “Sì” rispose. “Inutile tergiversare ancora. Sono io l’assassino del ventiquattro barrato sette e anche l’omicida della Steve Jobs Ave. Quell’omicidio fa parte degli omicidi seriali, anche se non ho messo la firma per depistare le indagini. Non sono fidanzato e ho fatto quel che ho fatto per vendicarmi su mio padre”

“Cosa?” chiese Christian, allibito. Lui aveva ancora un padre e una madre, nonostante in due storie non sono apparsi nemmeno una volta.

“Non ho mai avuto un padre” disse Joffrey, adirato. “Sempre fuori per lavoro, e le notti anche, e il giorno pure, e Pasqua, e Natale, sempre in quel dannato ufficio. Eppure, non ho mai visto mio padre - nemmeno dopo essere diventato Questore - dire di aver risolto un caso…”

“Così ne hai creato uno” disse Whiskers.

“Esatto” rispose lui. “Volevo fargli capire quanto fosse stupido a confidare nella giustizia. Così ho deciso di eliminare sette persone per poi sparire nel nulla, e se il piano fosse riuscito, gli sarebbe rimasto il dubbio amletico di un colpevole mai catturato. Ad esempio, il Barrett l’ho comprato al mercato nero”

“Solo che noi lo abbiamo capito. Ti sei tradito almeno cento volte” disse Lucinda.

“Sì, è vero” ammise Joffrey, che sogghignava. “Ma da qui a catturarmi ce ne passa”

Tutti e tre lo guardarono, e sfruttando quella frazione di secondo Joffrey estrasse dal nulla (gliel’ho data io adesso) una bomba lacrimogena e fuggì via, correndo come un pazzo e rubando una macchina come si fa a GTA.

La macchina che aveva rubato in questione era stata appena aperta dal proprietario che stava caricando sul portabagagli la spesa appena fatta, così Joffrey non fece il minimo sforzo per entrare e partire, tanto anche senza chiave un modo per fare partire la macchina si trova sempre, e Joffrey, che aveva studiato, sapeva tutto su questi metodi alternativi.

E aveva anche eventuali provviste per cominciare la sua vita da latitante, lasciando i nostri protagonisti con un pugno di mosche in mano… tremendo.

È tremendo avere un pugno di mosche in mano, no?

“Ha confessato solo per cercare una bomba nascosta sotto il cappotto grigio” disse Christian.

“E non ha neanche rispetto per gli invalidi” borbottò Whiskers, osservando la vettura allontanarsi. Con una gomma bucata, non potevano inseguire proprio nessuno.

“No! Non mi arrenderò!” esclamò il Commissario, che, dimostrando di stare benissimo, estrasse la ruota di scorta e, con un abile gioco di mano e utilizzando un buon cric, ecco che la ruota venne sostituita.

“Salite su” invitò Thomas Whiskers utilizzando un tono da duro. “Andiamo a caccia”.

Ecco che, lasciando il copertone bucato sul marciapiede come solo un vero cittadino di Palermo Musgans sa fare, Whiskers, commissario di polizia infortunato; Christian Jackson, Agente Scelto qualificato per giocare a spider risolvere casi; e infine la Tenente Lucinda Flashly, la quale stranamente è un grado di parecchio superiore a Christian, il quale però bisognava dire che era stato estromesso dal corpo di polizia e quindi aveva dovuto ricominciare da capo la carriera.

   
 
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