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Autore: Selhen    09/07/2015    3 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era l'alba, davanti alla fortezza di Kamar, e il cielo puntellato d'etere faceva spazio, tra timide nubi, a un sole dalla luce ancora debole e incerta.
Il suono di passi rumorosi e decisi rimbombò nella piazza ancora deserta. Una figura minuta e incappucciata avanzava silenziosa, aveva percorso già buona metà della piazza quando, davanti a un varco che fece aprire l'ancora assonnato teletrasportatore elisiano, comparve la massiccia figura di un giovane Generale.
L'asmodiano incappucciato che era rimasto statico fino a quel momento, diede segno di irrequietezza, e si mosse per raggiungere il nuovo arrivato.
"Elisiano... mi auguro che tu abbia un valido motivo per pretendere la mia presenza a quest'ora del mattino", disse una voce femminile proveniente da sotto il cappuccio, con tono irritato.
"Ho motivi più che validi, asmodiana", disse il generale incrociando le braccia al petto in un cipiglio severo.
"Illuminami allora", un sorriso affettato si era allargato sotto l'ombra scura del cappuccio in pelle.
L'elisiano giocherellò pensieroso con un sassolino che il suo piede aveva pestato sul suolo della piazza. "Ho paura che entrambe le nostre fazioni siano state tradite, e... attenzione, non sono preoccupato per la tua...", puntualizzò ironico.
La figura femminile incappucciata aveva posto entrambe le mani sui fianchi. "Oh, non l'avrei mai detto", ironizzò.
Il Generale ridacchiò, "Dopotutto, non nutro affatto simpatia per la tua razza, donna... e non prendo accordi con asmodiani, se non per motivi seri".
"Sto ancora aspettando", era intervenuta l'esile figura con aria seccata.
"Temo che... i vostri siano coinvolti in un bel tradimento. Affare decisamente grosso", ghignò sprezzante il Generale. "Chi di competenza dovrebbe evitare che della feccia tenti di mettersi a fare l'amicona con quelli dei nostri".
Un pugnale affilato uscì svelto dal mantello nero che copriva la figura minuta, per puntarsi dritto sulla carotide dell'elisiano. "Bada a come parli, elisiano... la feccia siete voi, qui, tra le due razze", sibilò minacciosa. Il mantello ebbe un sussulto. Come se la coda dell'asmodiana si fosse nervosamente agitata.
"Prova soltanto a dire un'altra cosa del genere e giuro che mi divertirò a strapparti gli occhi con gli artigli che Aion mi ha dato", ringhiò minacciosa.
Il Generale sorrise affettato. "Calma i bollenti spiriti, bestiolina".
"Non... osare!", un taglio profondo rigò la guancia dell'elisiano dal quale sgorgò una goccia di sangue scarlatto.
Il giovane arricciò il labbro contrariato. "La tizia albina", rise sghembo, "manda avanti una tresca amorosa con uno dei nostri".
L'espressione dell'asmodiana fu indecifrabile, e non un movimento si manifestò da sotto il lungo mantello.
"Stai parlando del tiratore scelto?", chiese in tono piatto l'asmodiana.
Il Generale annuì compiaciuto. "Oh sì, e con un nostro Generale, per di più. Che avrà dalle autorità la punizione che si merita".
"E quale sarebbe la motivazione per cui stai venendo a riferirmi tutto ciò?", domandò l'asmodiana sprezzante.
"Perchè sei una delle principali esponenti della sua legione. Confido nel tuo buonsenso, per quanto tu sia un'asmodiana e lo abbia scarso".
La figura incappucciata mosse nervosamente il pugnale che aveva tra le mani. "Ho sicuramente più buonsenso di te...", una serie di insulti in asmodiano seguirono quell'affermazione.
L'elisiano rise con aria divertita. "Risparmiati gli insulti, e se vuoi una conferma di ciò che ti sto dicendo, vieni pure alle cascate della guarnigione 72 a mezzanotte, vedrai con i tuoi stessi occhi". Il Generale non disse altro, mantenne solo il solito sorriso irritante lanciando un occhiata sotto il cappuccio dell'asmodiana.
"Sappi, che non ho nulla da spartire con quelli della vostra razza, e se dovesse essere una calunnia, ti scoverò e ti torturerò, ovunque tu ti nasconda", sibilò tra i denti la figura incappucciata. "Non sono il tipo che prende accordi con la feccia elisiana".
"La feccia elisiana, sta salvando quel che resta dell'onore della tua sporca legione", concluse il Generale con aria boriosa e annoiata. "Un po' di gratitudine, sù...".
Un ringhio quasi animale fuoriuscì dal cappuccio, poi la figura incappucciata si voltò nervosamente, dissolvendosi poco dopo con una pergamena del teletrasporto.




Un silenzio insolito circondava la guarnigione 72 quella notte. Camminavo a passo felpato, col favore della notte, il religioso silenzio era rotto solo dal forte ronfare degli uomini elisiani a guardia della guarnigione. La oltrepassai, a distanza, evitando l'occhio Elisiano che potesse fulminarmi con un solo raggio e cominciai a inerpicarmi per le rocce erbose della zona fino a raggiungere una profonda gola nella quale risuonava lo scrosciare di una cascata.
Mi guardai intorno, alla ricerca di qualsiasi traccia di Velkam, ma probabilmente non era ancora arrivato, così mi adagiai sul prato poggiando la schiena alla parete rocciosa.
I miei occhi scandagliarono il luogo silenzioso, nel buio, mi distrassi a osservare l'acqua che scorreva nel fiumiciattolo che terminava in un'ulteriore cascata.
Rimasi in silenzio, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e notturna di quel luogo. Un dolce profumo raggiunse le mie narici, intenso, erano i fiori notturni di cui quella zona del Katalam era piena e che certamente a quell'ora si erano schiusi.
Quando udii un fruscio il cuore mi balzò nel petto. Mi mordicchiai il labbro inferiore, guardandomi intorno.
"Velkam...", mormorai tra me. "Sei tu?".
Un'immagine mi si materializzò di fronte. Poggiava un ginocchio sull'erba ed era accovacciato, teneva un dito sulle labbra come ad invitarmi a fare silenzio.
La mia bocca si allargò in un sorriso sincero e luminoso.
"Ciao Asmodiana".
Mi lanciai contro di lui, stringendogli le braccia al collo con forza. "Amore mio!", dissi felice di rivederlo tutto intero. "Come stai?".
Per tutta risposta lui sciolse l'abbraccio e mi osservò la spalla con cipiglio preoccupato. Mi prese il polso tra le mani e percorse con lo sguardo il braccio intero.
"Tu piuttosto, sei rimasta ferita?".
Scossi il capo. "Oh no, come vedi Galthun ha fatto un ottimo lavoro".
Il cacciatore elisiano annuii cupo. "Come hai fatto?".
Stavo ancora sorridendo e non avevo nemmeno fatto caso alla sua domanda. Ero così presa della sua presenza che avevo ripreso a parlare sena prendere fiato neanche un momento. "... avevo veramente temuto di ritrovarmi contro di te! Sembra che il destino ci sia avverso!", stavo protestando incrociando le braccia mentre mettevo il broncio.
"Selhen... come hai fatto?".
Corrugai la fronte. "Mh?".
Lo vidi rovistare nelle tasche della giubba di cuoio ed estrarre un foglietto di pergamena identico a quello che avevo trovato io quel pomeriggio nella mia cassetta delle lettere.
"Co... cosa?".
"Credevo che per un'asmodiana fosse un po' difficile raggiungere la cassetta delle poste di un Generale elisiano".
Boccheggiai senza far fuoriuscire alcun suono, non capivo. Era stato Gaar a contattarmi per lui, non io che gli avevo chiesto di incontrarci.
"Per di più hai fatto una pessima scelta", disse sganciando la cinghia della propria faretra.
"No!", dissi realizzando solo in quel momento. Il mio cuore aveva iniziato a battere così forte che sembrava quasi stesse balzando fuori dal petto. "Una trappola...", mormorai.
Non servì nessun'altra parola. Velkam si rimise sull'attenti fulmineo mentre io gettavo alla rinfusa gli oggetti fuori dalla mia borsa cavando un biglietto esattamente uguale al suo, che gli mostrai.
"Che diamine...", Velkam aveva scorso il testo in un battito di ciglia. Quello che avevo notato in lui era stata un'espressione di sgomento, prima che  estraesse una freccia dalla faretra e sparisse svelto dalla mia vista.
Percepii la presenza di Velkam al mio fianco, per quanto fosse invisibile.
"Lo ammetto... avevo stentato a crederci", aveva detto una voce con tono vellutato.
Dal nulla era comparsa un'asmodiana minuta dalla fluente chioma scarlatta.
I grilletti di entrambe i miei revolver scattarono. Per quanto sapessi che mettermi contro un ufficiale a quattro stelle non mi sarebbe servito a niente.
"Flamet... posso spiegare", tentai di esordire nella maniera meno ostile possibile.
L'assassina scosse il capo raccapricciata. "Oh no, non è a me che devi spiegare, forse ad Araziel...". 
Deglutii sgomenta. Mi guardai intorno, senza avere una reale via di fuga, poi vidi Velkam comparire alle spalle di Flamet e attaccarla con una rapidità impressionante.
Non avrei potuto essergli d'aiuto. Le armi asmodiane non erano fatte per attaccare gli asmodiani. Premetti la schiena contro la parete rocciosa. Poi iniziai a indietreggiare.
Che avrei potuto fare? Scappare? Lasciare che Velkam uccidesse Flamet? E cosa sarebbe cambiato? Una volta rinata all'obelisco della resurrezione sarebbe andata dritta a Pandemonium per avvisare Araziel e le autorità di Asmodae.
"Scappa, sparisci!", mi aveva urlato Velkam mentre era intento a schivare uno dei letali pugnali di Flamet. Una parte del suo ciuffo si sparpagliò nell'aria, reciso dalla furia del movimento dell'asmodiana.
"Flamet, ti prego!", la supplicai. "Lascia che ti spieghi", con gli occhi lucidi e le mani giunte in un'innocente preghiera avevo cercato di mettermi in mezzo tra i due, poi una pallottola mi colpì una caviglia.
Raggelai, sentendo le gambe cedermi, e ruzzolai per terra. I miei occhi scarlatti cercarono nel buio la persona da cui era partito quel colpo e la vidi. Era il tiratore che mi aveva quasi ammazzata quel pomeriggio nel percorso di marcia.
Rantolai abbracciandomi la gamba ferita, ma non ebbi neanche per un momento l'attenzione di Flamet che con un balzo agile aveva stretto una morsa mortale attorno al collo del cacciatore elisiano premendo forte la lama del pugnale nel suo punto vitale. Lo aveva colto in un momento di distrazione. 
Una stilla di sangue scarlatto sgorgò dal taglio che gli aveva arrecato e tanto bastò a farmi urlare dallo sgomento. "Velkam!", lo chiamai tentando di raccogliere le pistole che erano cadute sul terreno poco distanti da me.
"Drekan... non farlo, te ne prego!", stava balbettando Velkam tremando vistosamente.
Con un calcio Flamet allontanò i miei revolver, poi, con un colpo secco recise la carotide di Velkam. "Feccia elisiana", aveva ringhiato lasciando cadere il suo cadavere rigido sull'erba soffice. Il suo sangue andò a inzuppare il terreno mentre il tiratore elisiano osservava vagamente impressionato la scena.
"Sei soddisfatta, adesso?", aveva detto gelido. I suoi occhi di ghiaccio avevano studiato le ali di Velkam, eleganti, ricomporsi sul suo cadavere prima di svanire dal luogo per tornare a ricomporsi in chissà quale obelisco di resurrezione di elisea.
"E' la seconda volta che lo uccido, nel giro di un giorno... questo cacciatore inizia ad irritarmi" aveva detto Flamet seccata.
Drekan osservò l'assassina prima di abbassare lo sguardo sprezzante su di me, ancora raggomitolata sul terreno in preda ai singhiozzi.  
"Mi fa pietà, Quasi la lascerei vivere...".
Flamet non si pronunciò, ma rimase a osservarmi con evidente disprezzo nello sguardo.
Non alzai gli occhi, non volevo incontrare il suo sguardo, e se anche Drekan mi avesse uccisa, quando sarei rinata all'obelisco, avrei di certo incontrato una pattuglia Asmodiana pronta ad aspettarmi. Strinsi le palpebre in attesa della pallottola che mi avrebbe uccisa definitivamente.
Al momento d'esitazione seguì solo uno sparo, poi tutto piombò nell'oscurità.

La fortezza di Katalam Nord era illuminata dai deboli raggi di luna, quando il mio corpo avvilito si ricompose ai piedi dell'obelisco di resurrezione. Un silenzio assordante echeggiava, e solo il mio cuore, tornato a battere lo spezzava con veloci tonfi.
Non mi accorsi della presenza di qualcuno al mio fianco finchè non mi girai. Era l'unico asmodiano presente in quel posto,  solo quando recuperai gradualmente la vista capii di chi si trattava.
Araziel mi aveva sorretta, vedendomi barcollare. I miei capelli bianchi erano sporchi di sangue per il colpo appena ricevuto e zoppicavo mentre le mie ferite si andavano pian piano rimarginando.
Guardai spaventata il viso di Araziel, il quale aveva scosso il capo amareggiato, poi qualcuno chiamò il mio nome e mi sentii afferrare con poca delicatezza le braccia.
Non ebbi il tempo di dirgli nulla. Solo, sperai che ovunque mi stessero portando, lui restasse con me, esattamente come un giorno mi aveva promesso.

[Ogni tanto mi rifaccio viva con un nuovo capitolo. Ebbene sì, siamo al punto di svolta, ma non dimenticatevi di meeee, voglio le vostre deduzioni, i vostri pareri. Chissà, magari qualcuna potrebbe essere determinante per la trama. Quindi se recensite salverete l'ispirazione di un'autrice quasi in crisi, ve lo dico sempre u.u
Per il resto mi siete mancati! State passando bene l'estate? 
Anche Kaha, la pg attrice di Selhen, se la passa a meraviglia con Saephira sulle spiagge di Akaron, ma questi screen speciali li trovate solo sul mio gruppo. Iscrivetevi e ne vedrete delle belle.
Ciaoooo e buona estate :*]    
 
  
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