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Autore: 50shadesofLOTS_Always    10/07/2015    1 recensioni
Stüttgart. 870 km a nord da Firenze. Due ore in aereo per perdonare qualcuno in una stanza d'ospedale. Due settimane per dirsi addio...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un amore piú forte del Destino'
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Credo che un sentimento forte,per quanto tempo possa passare,non svanisce nel niente. Forse si affievolisce,si nasconde nel buio della tua mente,ma é sempre lí. Nascosto in quell'angolino tanto stretto,che dopo un certo punto non riesci piú a vederlo. Allora credi ingenuamente di averlo eliminato quel sentimento. Il sentimento ed i ricordi ad esso collegati. I ricordi. Alle volte,odio di avere una buona memoria. I ricordi sono l'arma piú micidiale e quelli... Quelli feriscono,anche piú delle parole. Feriscono,squarciano l'anima. Il cuore. E fanno male,molto male. Eppure sono una piaga dolceamara. Sí,i ricordi fanno male ma cosa c'é di meglio nel ricordare un suono,come una risata. Un calore che si irradia dal petto,come quello che provoca un abbraccio. O uno sguardo intenso,come per imprimerti un sorriso. E se ci ripensi,ti vengono i brividi lungo tutta la spina dorsale come se fossero la prova che stai vivendo. Vivere. É la parte piú difficile della nostra esistenza stessa. Ci chiediamo spesso il perché viviamo,ma non pensiamo mai al come. Né al sé. Vivere. Adesso non mi sembra piú di farlo. É bastata una chiamata. Una sola e semplice chiamata o peggio,un messaggio in segreteria dalla mia migliore amica,Laura. La sua voce era apparsa stanca,atona. Il suo lavoro di medico nel reparto di traumatologia del pronto soccorso le porta via sempre le energie. Ma quelle parole non erano suonate solo stanche,ma anche preoccupate e nervose. 

"Ciao,Giada. Lo so che é strano che stia chiamando nel bel mezzo della settimana,ma sta' succedendo una cosa che credo tu voglia sapere. Marco é stato coinvolto in un brutto incidente stradale. Lo stanno trasportando qui a Firenze. Forse fai perfino in tempo ad arrivare,prima che entri in sala". Potevo sentire infermieri e paramedici,darle tutti i parametri del paziente "Devo riattaccare,ma ti prometto che in sala operatoria farò tutto il possibile".

Il suono di fine messaggio si era già dissolto nelle molecole d'aria mentre io prendevo quelle poche cose necessarie,gettandole in disordine in uno zaino insieme a chiavi e cellulare,prima di uscire di casa per andare all'areoporto. Non avevo mai preso l'aereo. Ho sempre viaggiato in macchina, ma fra Stüttgart a Firenze ci sono circa 870 kilometri. Troppi da percorrere in poco tempo. Non ho badato nemmeno al prezzo del biglietto. Ho pagato e mi sono imbarcata senza pensarci due volte. Ho patito come un cane per tutta la durata del viaggio,durato solo poche ore. Un paio circa. Guardo l'orologio mentre salgo su un taxi e noto che sono le 6 del mattino. Di solito a quest'ora,ho finito il mio turno di notte del mercoledí. Il sole si sta' affacciando timisamente all'orizzonte,rischiarando il cielo con i suoi primi e flebili raggi. Guardo le macchine dal finestrino e sembrano sempre troppo lente,tanto che almeno per tre volte,chiedo al taxista si accelerare. Gli ho detto di essere un medico e che di esser stata chiamata dalla Germania appositamente per un caso. Ovviamente la seconda parte,era una bugia. O meglio,una mezza bugia.

Mi accorgo che la mia voce é cambiata negli anni mentre chiedo ad un'infermiera dove si trovi Marco Rossi. Ho perso il mio vero accento italiano,acquistando quello tedesco. La lingua delle mie origini. 

A queste stronzate penso mentre cammino in fretta,facendo picchiettare i tacchi non troppo alti delle mie scarpe sulle piastrelle lucide che riflettono la tetra luce dei tubi al neon sopra la mia testa. Alcune infermiere mi chiedono chi sono e mostro il mio tesserino,che subito le fa' indietreggiare al loro posto,liberando il mio passaggio. Raggiungo finalmente la sala d'attesa. Poso lo zaino su una delle sedie ed entro nella sala operatoria,ignorando le facce sconcertate di alcuni medici mentre mi lego in fretta i capelli,improvvisando una crocchia che nascondo sotto una cuffia sterilizzata. Mi infilo in fretta i guanti ed il camice in plastica,dopo essermi lavata e disinfettata le mani mentre il mio sguardo non si scolla dal corpo steso sul lettino sterile. Entro mentre Laura alza lo sguardo nel mio << Che ci fai qua?! >> domanda sconcertata << Sono un medico e non me ne starò con le mani in mano >> dico decisa << Se resti,sarò costretta a farti buttare fuori >> dice, ma le sue parole vacillano. La ignoro deliberatamente e guardo il cardiogramma << Non puoi operare senza aver stabilizzato il battito >> << Giada,esci di qui >> ripete con durezza << Laura,dannazione! Mentre tu discuti con me,Marco ha il cuore che gli esplode - guardo un infermiere - Da quanto é cosí? >> << Quasi un minuto >> risponde confusa << Sei pazza?! - sbraeto contro Laura quando non sento il polso di Marco - É già in fibrillazione ventricolare! Defibrillatore >>. Un'infermiere obbedisce << Carica 100. Libera >> annuncia posando le placche sul petto di Marco,che sobbalza apparentemente senza vita << Aumenta la scarica >> ordino mentre Laura mi guarda malissimo << Carica 150. Libera >> ripete l'infermiere. Non funziona << Lidocaina >> dico con voce ferma. Prendo la siringa e la fialetta,tirando la pipetta fino alla tacca giusta. Scopro il braccio di Marco e gli inietto la dose del farmaco. Guardo il cardiogramma e finalmente il battito si stabilizza. I bip del macchinario trillano regolari nel silenzio. Guardo Laura << Ora puoi mandarmi a fanculo >> dico uscendo dalla sala. Una volta fuori,mi sfilo la cuffia con un pesante sospiro.

 

 

Quando mi sveglio,la testa sembra volermi scoppiare. Con ancora gli occhi pesanti,mi impongo di aprirli. Laura é accanto a me con un bicchiere di carta fumante. Il profumo di caffé mi attira e sembra svegliarmi. Me lo porge << Grazie - bofonchio con la voce ancora impastata dal sonno prima di bere un sorso della piacevole calda bevanda - Allora? >> chiedo riferendomi a Marco << Vieni >> mi esorta a seguirla in una stanza piú piccola,due corridoi piú indietro. La seguo entrando nel piccolo ambiente,già occupato dalle macchine e dal lettino su cui riposa Marco. I bip sono regolari e costanti,come li ho lasciati. Una specie di fisarmonica si allunga e si contrae lentamente dentro ad una piccola teca,seguendo il cardiogramma << Perché il coma farmacologico? >> domando preoccupata mentre mi porge la cartella clinica << Due edemi celebrali. Inoltre,ha un paio di costole incrinate. Stava per andare in trauma da schiacciamento e potevamo allora essere costretti ad tagliarlo praticamente in due. Gli é andata bene... >> dice con voce pacata. Le sue parole sono raggelanti in modo spaventosamente inquietante << Lo so. L'incindente dove é avvenuto? >> << In autostrada credo... Un pazzo guidava ubriaco,contro mano e gli é andato addosso a circa centoventi chilometri orari. Essendo però su un raccordo,dalla curva di destra é arrivato un furgoncino che li ha colpiti entrambi,finendo però sul davanti dell'auto di Marco... >> << Schiacciandolo fra i sedile ed il cruscotto... >> concludo con un macabro brivido. La guardo rendendole la cartellina << Scusa se ti ho fatto impazzire in sala >>. Lei accenna ad un sorriso << Qui dentro non c'é qualcuno che non mi mandi fuori di testa... >> ammette con un profondo respiro. Il mio guardo si posa su Marco,che sembra avvolto da un sonno infinito. É ancor piú bello di quel che ricordavo. I capelli ambrati,sempre in disordine. Il viso quasi infantile e quelle labbra che purtroppo non ho mai potuto baciare. Noto che porta una fede al dito. Deglutisco sonoramente << Cosa dirai alla moglie? >>. Sento lo sguardo di Laura addosso << Le ho già detto la verità >> risponde sincera. Annuisco.

 

 

Esco dalla stanza e subito vedo la figura di una donna,sulla trentina come me e Laura. I capelli mori le ricadono sulle spalle che sobbalzano per via dei singhiozzi,dettati da un pianto convulso. Disperato << Signora Rossi? >>. Lei alza il viso e due occhi verdi ci fissano acquosi << Dottoressa Lombardi >> sussurra come una litania di speranza,avvicinandosi frettolosamente << Questa é la mia migliore amica e traumatologa,Giada Nocentini >> dice mentre stringo la mano della donna << Mi ha aiutati a portare suo marito in una condizione stabile - lei mi guarda e mi ringrazia con gli occhi,forse incapace di parlare - Tuttavia come le ho già detto,dobbiamo aspettare che gli edemi si ritirino >> << Non c'è altro da fare,Dottoressa? >> chiede con voce incrinata << No,per il momento >> risponde Laura con una nota di amarezza nella voce << Posso vederlo? >> << Certo,entri pure >>. La donna si dilegua nella stanza in silenzio,stringendo il cappotto contro il petto.

****

Sono ore che la osservo da dietro il vetro della stanza. Le braccia incrociate sotto al seno,a scrutare con attenzione i dettagli di una scena privata. Ormai l'orologio segna le 18 mentre Laura mi si affianca silenziosamente << Li stai spiando? >> chiede con un sorriso sardonico << Piú o meno... >> dico facendo spallucce. Osservo la donna accarezzargli i capelli,come facevo io molti anni fa << Lo ama >> mormoro quasi a me stessa << Non dovrebbe? >> domanda lei con un che di ironico << Lo amavo anch'io >> rispondo cercando di ingoiare il fastidioso nodo alla gola << Avevi sedici anni... >> mi rimprovera << Che importa? Quando ami,non importa il numero di candeline sulla tua torta di compleanno... >> << Non l'hai mai dimenticato,vero? >> chiede poggiandomi una mano sulla spalla << Non credo. Non avrei preso il primo volo per Firenze da Stoccarda,alle tre di notte... >> << Ci hai provato almeno? >>. La sua sembra quasi un'accusa << Sí. Sono stata con tre uomini negli ultimi quattordici anni,storielle di pochi mesi... Il resto del tempo l'ho dedicato al lavoro >> ammetto con le lacrime agli occhi << Perché non hai provato a contattarlo? >> domanda. Già. Perché non l'ho contattato? << Non lo so. Forse mi ero arresa all'idea che mi avrebbe ignorato... I miei messaggi,le mie mail che ho scritto o abbozzato per poi lasciarle a metà in un cestino virtuale,io non credo che se le avessi inviate le avrebbe mai lette. É sempre stato cosí distratto... - ricordo con un sorriso dolceamaro - Distratto,tanto che tutti si erano resi conto che lo amavo. Lui invece,era immerso nel suo mondo... Te lo ricordi? >> << Sí... Eravamo ragazzine all'epoca... >> dice con un sorriso forzato. Forzato come il mio tentativo di non piangere. Non voglio mostrarmi debole. Non l'ho mai fatto con nessuno,tranne che con Marco. Con lui sentivo di poter essere fragile. Avevo deciso di esserlo. La guardo di nuovo consapevole che la fortezza di solitudine che mi sono costruita,sta' crollando miseramente. Una morsa attorno al cuore mentre mi sfugge un gemito << Non voglio che muoia. Mi sono arrabbiata cosí tante volte con lui,ma non volevo questo... - singhiozzo mentre poso la testa sulla spalla di Laura,che mi avvolge con un braccio - Non voglio che muoia... Non cosí... >>.

****

La donna si ripresenta il giorno seguente,accompagnata da due bambini,un maschio ed una femminuccia. Uno sui dieci anni,l'altra piú piccola. Lei mi sorride lievemente in un silenzioso saluto prima di entrare nella stanza di Marco. Credo che ormai si stia facendo delle domande sulla mia frequente presenza. Per ora,mi limito a rileggere quella maledetta cartella clinica forse sperando in un intervento divino.

Quando la donna esce mi si avvicina. Indossa un completo da ufficio color prugna,con una gonna a tubino ed una giacca sotto a cui compare una maglietta turchese in costrasto << Dottoressa Nocentini,può badare a loro un attimo? Vado a prendermi una tazza di té. Lei vuole qualcosa? >> domanda gentilmente mentre osservo i bambini sedersi sulle sedia accanto a me << Sí,vada pure. Sono a posto cosí,la ringrazio >>. Mentre si allontana,osservo di sottecchi i due bambini. Quello di dieci anni é la copia sputata del padre. Gli occhi nocciola ed i capelli ambrati sono gli stessi di Marco. La bimba invece é pur sempre come il padre, ma possiede gli smeraldini occhi materni. I capelli lunghi e lisci sembrano una cascata di miele. Noto con tristezza che una goccia d'acqua salata sta' scivolando sulla sua guancia,lievemente paffuta. Gliela porto via,sfiorandola con un dito. Lei mi guarda con gli occhietti bordati di rosso << Ehy... Perché sei triste? >> le chiedo gentilmente << Il mio papà non sorride piú. E non mi abbraccia piú. Non mi vuole più bene >> << No,non dire cosí. Non é vero... - le prendo una manina fra le mie e gli indico il mio tesserino - Lo vedi,questo? Io sono una dottoressa e sto' curando il tuo papà insieme ad un'altra mia amica dottoressa. >> <<  Ma lui non sorride,non mi vuole piú >> dice affranta mentre altre lacrime le appannano le iridi verdi << Ti svelo un segreto: il tuo papà sta' semplicemente dormendo >> dico con un sussurro << Davvero? >> chiede e sembra che il cuore le possa scoppiare di speranza << Sí >> dico rincuorata nell'averle risollevato il morale << E quando si sveglierà? >> << Beh... Questo non lo so,ma vedrai che presto ti regalerà un nuovo sorriso >>. Lei sorride e ho un tuffo al cuore. Terribile. Il bambino sembra non crederci. Forse sa' la realtà e non voglio infierire. Noto però sotto al bordo della polo che indossa,un rigonfiamento squadrato ed un sottile tubicino che appare per un cortissimo tratto per poi tornare a nascondersi sotto la maglietta. Diabete.

La donna torna col bicchiere di camomilla e si siede al posto del figlio, prima di mandare i bambini a giocare << Dottoressa Giada? >>. Sorrido alla bambina,voltandomi verso di lei << Sí? >> << Mi aspetti vero? >> chiede innocentemente. Annuisco e la osservo allontanarsi mano nella mano col fratello. La donna mi guarda un pò sorpresa << Com'é riuscita a parlarle? >>. Sembra scettica << Non capisco,mi perdoni... >> << É affetta da autismo >> dice infine con un lieve tono triste << Non lo avevo notato. Volevo solo risollevarle il morale >> rispondo con un sorriso abbozzato sulle labbra << Lei ha figli? >> mi chiede lasciandomi spiazzata per un attimo << No. Sono sposata col mio lavoro di medico >>. Lei sorride appena << Non sembrava >> osserva con delicatezza. 

Il silenzio regna fra me e la donna accanto a me vista l'assenza dei bambini,che sono tornati a casa col fratello della donna. La osservo che tiene frs le mani il bicchierino ormai vuoto,rigirandolo piú volte fra le mani << Perdoni la mia indiscrezione,ma non so il suo nome >> dico con garbo << Elisa >> dice sforzandosi di mantenere una voce salda. Si sofferma guardarmi << Lei mi ricorda qualcuno... >> << Davvero? >> chiedo stupita << Sí,una ragazzina. Su una foto a casa... Lei ha frequentato le medie con mio marito? >>. Cerco di mantenere il controllo << Sí... >> confesso arrendendomi << Anche a lei piaceva disegnare? >> << Quando non lavoro,mi dedico a tutto ciò che é arte >> dico cercando di non pensare a Marco. La sua condizione é un chiodo adesso per me << Sa' mio marito non disegna da molto tempo. Dice che non é piú capace da quando non vi ha piú vista... - sorrido mentalmente orgogliosa di avere ancora un posto nel suo cuore,anche se piccolissimo - Però ogni tanto lo vedo prendere una matita in mano e scarabocchiare qualcosa... >>. Annuisco e penso allora se davvero anche Marco abbia cercato di dimenticarmi. La domanda ora é un tarlo che mi corrode la mente,fino alle viscere.

 

 

 

   
 
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