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Autore: Seleyne    11/07/2015    0 recensioni
A seguito della scoperta sulla sua vera natura, l'esorcista Kogarashi, si ritrova a dover affrontare dei cambiamenti decisamente rilevanti: il fatto di essere la nipote del demone del vento era uno di questi.
Ritrovandosi abbandonata dal padre adottivo, Shina decide così di andare a vivere al tempio del nonno, ignorando i suoi doveri di esorcista per dedicarsi unicamente a se stessa e a scoprire/accettare i cambiamenti intervenuti nel suo essere.
Non solo dal punto di vista fisico, ma ogni sfera della vita della ragazza cambierà in questa storia: stringerà una forte amicizia con Nagi Inabikari, avrà conflitti con Arthur Auguste Angel e si ritroverà con un insolito e bizzarro alleato, Mephisto Pheles.
La ragazza farà poi conoscenza con Todo Saburota e scoprirà l'esistenza degli Illuminati, un gruppo di persone e demoni mosse dall'intento di unire il mondo di Assiah e quello di Gehenna.
Una nuova sfida si aprirà agli occhi argentei della ragazza, divisa tra i doveri da esorcista che le sono stati inculcati fin da piccola e la sua natura demoniaca.
Questa storia è il sequel di Danmen - l'ira del vento, che consiste in una breve introduzione di 'The Wintry Wind'.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV: Coccole

Ogni persona fa un rumore diverso
quando inciampa nella nostra vita.
Il problema, è il fracasso che creano.
Ci sono quelli che ti mettono sotto-sopra
e quelli che semplicemente ti completano.



 



«Dove l’hai messa?»
«Non ho idea a cosa ti riferisca!»
«Shina! Sai benissimo a cosa diamine mi riferisco!» disse la mora incrociando le braccia al petto e battendo ripetutamente un piede per terra, provocando un ridicolo rumore con la pantofola arancione a forma di orso che indossava.
«Nagi… non dovresti dire le parolacce! Senza contare che su ‘diamine’ ci sono i miei diritti di autore!»
«KOGARASHI SHINA!» gridò la giovane partendo all’inseguimento dell’altra ragazza che fino a qualche secondo prima la fissava con uno sguardo divertito da una comoda poltrona e che ora era sparita nel corridoio dove si era infilata all’ultimo nella porta della mansarda. «Vieni subito qui! SUBITO!»
«Nagi, mi hai detto che stanotte hai avuto un incubo… Non è che sei caduta e hai sbattuto la testa?» disse l’altra, volando fino ad una delle travi di legno del soffitto, riuscendo a scappare da quella furia dagli occhi dorati.
«Smettila di svolazzare in giro! Dimmi SUBITO dove l’hai messa!» disse la giovane fissandola dal basso con uno sguardo incandescente da cui sembravano partire dei lampi.
«Ripeto quello che ho detto prima: non so a cosa ti stia riferendo. Inoltre, mia cara Inabikari qui sorge una forte esigenza: essendo la mia apprendista devo subito avvisare i tuoi superiori del tuo comportamento inadeguato e del tuo linguaggio a dir poco scurrile.» rispose l’esorcista scambiando la mano per un ventaglio che muoveva verso il viso.
«Dannazione! Non fare l’idiota Shina! Forza, sputa il rospo! Dove diamine hai messo la torta?»
«Mi spiace ma ho esaurito i rospi, ho tentato di baciarmeli tutti ma senza risultato ma forse però avanza qualche ranocchio, vuoi che te lo presti?.»
«SHINA!»
«Si da il caso che quella torta l’ho comprata io. Quindi mio acquisto mia torta!»
«Lo sapevo! Lo sapevo che l’hai finita tutta! Per tre giorni, tre stramaledetti giorni, che sono dovuta tornare dalla mia famiglia e tu ti spazzoli tutte le cose decenti e mi lasci in frigo una sola mela al caramello!»
«Ora non esagerare ciccia. Abbiamo due frigoriferi e sono stracolmi!»
«Sì ma non di cioccolato! Cioccolato che tu ti sei ingurgitata nei giorni che ero via! Ci vivo anche io qui sai? Ho dei sani diritti verso il frigorifero!»
«E la mia pancia ha dei sani diritti verso le barrette di cioccolato e verso ogni cosa dolce che si possa mangiare! Inoltre vedila in questo modo: mi mancavi, non sapevo cosa fare e presa dalla noia mi sono messa a mangiare!»
«Non inventare stupide scuse! Sappiamo benissimo entrambe che ti sei lanciata sui dolci appena sono uscita di casa! Altro che mancanza!»
«Non è vero!»
«Ah no? Cos’è allora mi basta uscire dalla porta per due secondi e già ti manco?» rispose la moretta sbuffando dal naso.
«Alla sola idea che te ne andavi sentivo già la tua mancanza…» ribattè l’altra mentre si copriva con il dorso della mano un sorriso divertito.
«Sei incredibile!» disse Nagi con tono rassegnato e con un ulteriore sbuffo di impazienza.
«Dai! Se vuoi vado subito a fare due compere, se mi perdoni!»
«Dipende…»
«E da cosa scusa eh?» rispose Shina inclinando la testa di lato, confusa.
«Se compri le tavolette quella con sopra la figura dell’orso… Sai quelle con dentro il miele…»
«Ahaha! Promesso! Vado subito!» un risolino di puro gusto uscì dalle labbra della corvina, la quale si gettò dalla trave di legno e cadde leggiadra sul pavimento dopo un salto di sei metri per poi infilare la porta che dava sulle scale, non dopo aver detto un veloce “Ti voglio bene” all’amica che la guardava con un misto di finta rabbia e vero affetto.

 


Carica di borse ripiene di delizie, Shina camminava per le strade di Tokyo guardando allegramente le vetrine dei vari negozi e sorseggiando la tisana, rigorosamente alla mela e alla cannella, acquistata in un bar biologico lungo la strada affollata di persone.
Come spesso succedeva quando si ritrovava da sola, i pensieri della ragazza corsero nelle più varie direzioni: da suo nonno ai suoi genitori, da Arthur a tutto quello che era successo fino a poco tempo prima.
Non aveva più avuto notizie del padre adottivo se non che continuava la sua battaglia contro i demoni nelle vesti di paladino e, secondo quanto le raccontava ogni tanto Shura, i risultati che otteneva erano impressionanti.
Infatti il numero dei demoni e dei loro casini era molto diminuito e spesso la corvina si chiese se l’accanimento di Arthur contro le creature di Gehenna non fosse in parte dovuto anche alla trasformazione che la figlia adottiva aveva subito nei mesi precedenti.
Presa un po' dallo sconforto, la giovane esorcista si sedette su una panchina bevendo lentamente la sua tisana che era divenuta ormai fredda ma comunque gradevole secondo il palato della corvina.
Gli anni di addestramento le avevano inculcato nella mente che era pericoloso mostrare i propri sentimenti, i quali potevano essere usati contro sé stessi, e dunque che era importante concentrarsi su altro quando questi divenivano difficili da reprimere.
Per questi motivi, i suoi occhi argentei si fissarono sulla moltitudine di persone che camminava, concentrandosi su quelli che si muovevano alla svelta e su coloro che invece procedevano con forse esagerata calma.
Accorgendosi che una figura dai lunghi capelli biondi le ronzava all’angolo del cervello, la corvina cercò di distrarsi osservando i negozi, i palazzi, perfino un cane che faceva i suoi bisogni all’ombra di un albero e qualsiasi altra cosa che l’avrebbe aiutata nel suo intento ma… nulla da fare, Arthur era sempre lì e il dispiacere di quello che era successo la tormentava da innumerevoli giorni, troppi.
“Non è colpa mia! Non l’ho di certo voluto io… e lui dovrebbe saperlo, diamine! Odio essere così! Anche se…”
Anche se Shina aveva inizialmente odiato per davvero quello che era diventata non poteva certo negare che il potere di volare, sebbene non sapeva fare di meglio che volare in alto e con varie difficoltà nell’andare in varie direzioni, di smuovere l’aria e perfino creare dei venti non le piacesse, inoltre tralasciando la coda -che per sua fortuna era abbastanza corta e dunque facilmente occultabile- Shina non aveva nulla di che lamentarsi.
Ogni tanto le comparivano delle orecchie a punta? Bastava coprirle coi capelli.
I denti diventavano dei canini? Beh tanto meglio dato che quando doveva mangiarsi un frutto, una torta al cioccolato o fare stupidi scherzi a Nagi risultavano semplicemente perfetti, senza contare che bastava tenere la bocca chiusa e anche lì tutto a posto.
Gli occhi cambiavano colore? Shina amava pensare che fossero cangianti e quindi speciali, inoltre che da grigio scuro passassero ad un argento molto chiaro non le dispiaceva… sempre meglio del rosa shocking o del giallo evidenziatore. 
Poteva dispiacersi di quello che era successo con Arthur ma se lui non si metteva in testa che lei non ne aveva colpa, non poteva farci nulla e, di certo, non si sarebbe ammazzata per questo.
Essere un demone non era affatto male, la propria forza, la velocità e la resistenza erano decisamente aumentate ed inoltre non aveva alcuna difficoltà a percepire altre creature della sua stessa specie, piccole o grandi che fossero.
Altri vantaggi dell’avere il sangue di Gehenna? Gli apprendisti che si mangiavano le tue scorte di dolci. 
Nagi era capitata quasi per caso eppure Shina non avrebbe potuto avere di meglio, soprattutto in quel periodo difficile.
L’amica, in seguito all’incidente con Fuuten e Raiden, era tornata a casa sua intraprendendo un percorso di insegnamento dell’arte di sacerdotessa per poi essere costretta a fare, come dire… uno ‘stage’.
Per questi motivi, la mora doveva presentarsi in un tempio e svolgere vari incarichi tipici delle sacerdotesse e fra tutti i tempi che poteva scegliere, ironia della sorte, l’Inabikari scelse il suo.
All’inizio Shina aveva pensato che, facendo due calcoli su quanto era successo, l’amica avesse scelto il tempio del vento con la speranza di o trovarlo vuoto o di trovare lei… Invece scoprì poi che la scelta si era basata sulla vicinanza all’accademia True Cross.
Un risolino divertito lasciò le labbra della corvina, divertita dalla frequente pigrizia della sua apprendista/amica.
A proposito di pigrizia e apprendistato… Nagi non aveva fatto quasi nulla che riguardasse la carriera di sacerdotessa: si limitava a meditare e di tanto in tanto -quando le girava- si allenava col suo arco.
Per la maggioranza del tempo, invece, Nagi e Shina scherzavano, giocavano e facevano attività tipiche di due adolescenti in vacanza ma i doveri di entrambe continuavano a tormentarle: Hugo continuava a portare sia lettere da parte del Vaticano per Shina sia lettere per Nagi.
Shina aveva ancora ben impresso quel giorno… il giorno in cui le loro vacanze finirono ad un tratto.
Sembrava un giorno qualsiasi dato che, come sempre, quella mattina si erano alzate molto tardi e avevano riempito i loro stomachi con un insieme di schifezze lontanamente definibili come ‘pranzo’.
Nel tardo pomeriggio, a causa della cappa di caldo afoso, si riposavano al fresco guardandosi un bel film, “Pretty Woman”, e alla sera, quando il film era terminato, facevano commenti spiritosi e confronti tra i principi azzurri dei libri e dei film con i ragazzi della realtà.
« […] Oh davvero! Yukio stava sempre a leggersi quei suoi fumetti, mentre io dovevo ripulire i casini di Rin! Alla fine toccava sempre a me pulire il pavimento! Ah… questi uomini!» stava dicendo Nagi, stravaccata pigramente su un enorme cuscino.
«Vogliamo parlare di Arthur? Pensa che il nostro caro e rigido paladino sotto porta un paio di calzini coi gatti! L’ho beccato più di una volta quando entravo in camera sua da piccola! Senza contare di come trattava la cuoca del Vaticano! Bastava che una goccia di una qualsiasi bevanda o una briciola le si impigliava in quei suoi lunghi capelli da femmina che iniziava a strillare e dava la colpa a Rosinda e lei, da brava cuoca qual’era, gli portava un bavaglio!» rispose la corvina, scostando la frangetta che le copriva ormai gli occhi argentei accompagnati da una risata sia divertita ma anche di amara mancanza.
«Ahahah! Davvero? Non ci credo!» rispose l’amica che, dopo qualche secondo, si voltò verso la finestra dove i suoi occhi dorati si posarono su una creatura a loro nota. «Che ci fa qua Hugo? Shina vai te, please!»
«Va bien!» rispose l’esorcista alzandosi per andare ad aprire la finestra.
La civetta dalle penne color avorio dalle punte quasi nere, entrò come un’indemoniata nella stanza fino a posarsi su una sedia dove iniziò a muovere la zampa, a cui erano legate le lettere, su e giù.
Col volto preoccupato, Nagi si alzò anche lei dopo aver mormorato un: «Mi sa che è urgente.»
Shina allungò le mani pallide verso l’animale ed afferrò la consegna, porgendola poi alla legittima proprietaria.
«C’è il tuo nome.»

 
 
   
 
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